SUAHELI
. Sono detti generalmente Suaheli i Negri che occupano il tratto della costa orientale dell'Africa, fra la penisola somala e il fiume Rovuma. Il loro nome proviene dall'arabo sawāḥil, plurale di sāhil "costa". È una razza mista di Negri Bantu, Arabi e Persiani, e tale si rivela nel colore più chiaro della pelle e nei tratti più fini del viso in confronto agli autentici Negri dell'interno. I Suaheli esercitano la pesca, l'agricoltura (diffidata agli schiavi e alle donne) e il commercio. L'abitazione è costituita da una capanna a pianta rettangolare, con pareti di rami intrecciati ricoperte d'argilla; i tetti sono ricoperti da foglie di palma da cocco. Nella capanna si trova un letto costituito da un telaio ricoperto con stuoie, più raramente viene usato anche un tavolo. L'arredamento si compone di vasellame europeo di porcellana, di recipienti di confezione locale, grossi cucchiai fatti con gusci di noci di cocco, arnesi destinati a raschiare le noci di cocco e mortai di legno. I più poveri portano una fascia intorno ai lombi, i più abbienti vesti maomettane o europee. Le donne usano una stoffa di cotone incrociata al disopra del seno. I capelli vengono tagliati cortissimi o addirittura rasi; si notano però anche acconciature artificiose. Le donne specialmente portano ricchi ornamenti: collane d'argento, di perline, di conchiglie, di noccioli, di chiodi di garofano, ecc., braccialetti di corno o di filo d'ottone, cerchi d'argento ai piedi. È praticata la circoncisione secondo l'uso maomettano. Meritevoli di ricordo gli orefici, che fabbricano pregevoli lavori su modelli indiani. L'arte fabbrile ha raggiunto presso i Suaheli un grado abbastanza elevato. Sebbene i Suaheli si dicano maomettani, nella loro religione si sono mantenute molte credenze pagane. Durante le danze e le feste il principale strumento musicale è il tamburo. Le grandi spedizioni carovaniere dei Suaheli nell'interno del paese hanno contribuito alla diffusione della cultura costiera, influenzata in molte sue manifestazioni dalla civiltà arabo-persiana.
Il suaheli o suahili (swahili, secondo la grafia più comune) appartiene alla grande famiglia delle lingue bantu (vedi), ma ha subito l'influenza dell'arabo, dal quale ha preso molte parole, adattate però alla fonetica propria che non ammette sillabe chiuse.
Come le altre lingue bantu, non possiede genere grammaticale, ma divide i sostantivi in numerose classi (8), distinte da prefissi, diversi in ogni classe per il singolare e il plurale; gli aggettivi, i numerali e il pronome della 3ª persona assumono il prefisso della classe del sostantivo a cui si riferiscono. La coniugazione avviene per mezzo di affissi; e per mezzo di suffissi si ha una ricca serie di forme verbali ampliate con funzione: relativa, causativa, reciproca, inversiva, ecc.
La costruzione è diretta; però nel verbo il complemento oggetto è rappresentato da un infisso pronominale messo tra il prefisso pronominale del soggetto e il verbo: così, per es.: wa-tumwa w-a-chukia m-simamizi m-kali "gli schiavi, essi lo odiano, il sorvegliante acuto".
Il suaheli conta numerosi dialetti: di essi, quello dell'isola di Zanzibar, chiamato ki-unguja, è considerato il più puro; il dialetto di Lanm, al nord, è più arcaico e somiglia molto alla forma chiamata ki-ngozi, in cui sono scritti canti che risalirebbero al sec. XIII e che tuttora è adoperata in poesia. Il suaheli sembra debba la sua origine ai discendenti delle donne indigene e degli arabi stabilitisi sin dall'inizio dell'era cristiana sulla costa di fronte all'isola di Zanzibar, e deriverebbe dalla lingua pokomo, parlata sul fiume Tana, nella colonia del Kenya. Gli Arabi lo diffusero sino alla regione dei Grandi Laghi e gli Europei lo portarono nel bacino del Congo, facendone la lingua ausiliare del commercio in tutta questa vasta regione; inoltre esso è la lingua ufficiale delle colonie del Kenya e del Tanganica.
Il suaheli ha una letteratura poetica che, come si è detto, rimonterebbe al sec. XIII con le poesie attribuite a Liongo Fumo, oltre a una ricca letteratura popolare di conti, proverbî e canti.
Affini al suaheli sono considerate le seguenti lingue parlate nella regione costiera delle colonie del Kenya e del Tanganica e che si seguono da N. a S.: Pokomo, Nika, Taveta o Taita, Kamba, Jaga, Shambala, Pare, Digo, Bondei, Kama e Zarango; ancora più a S., nelle isole Comore: lo Ngazidia, lo Nzwani e il Mwali.
Bibl.: O. Baumann, Usambara, u. seine Nachbargebiete, Berlino 1891; C. Velten, Sitten u. Gebrauche der S., Gottinga 1903; F. Stuhlmann, Handwerk u. Industrie in Ostafrika, Amburgo 1910. Per la posizione della lingua suaheli, v. le opere citate alla voce bantu. - Tra le numerose grammatiche: E. Steere, A Handbook of the Swahili Lang., Londra 1871 (più volte ristampato); A. C. Madan, Handbook of the Swahili Language, ivi 1894; id., Swahili (Zanzibar) Grammar, 2ª ed., Oxford 1921; W. v. Saint Paul Illaire, Suaheli-Handbuch, Berlino 1890; C. Sacleux, Grammaire Swahilie, Parigi 1909; id., Grammaire des dialects swahilis, ivi 1909; C. Meinhof, Die Spr. der Suaheli, Berlino 1910; E. Carcoforo, Elementi di somalo e di ki-swahili parlato al Benadir, Milano 1912; C. H. Stigand, Grammar of dialectic Changes in the Kiswahili Language, Cambridge 1915; A. Reichart e M. Küsters, Elementary Kiswaheli Grammar, Heidelberg 1926; S. Delius, Grammatik der Suaheli-Sprache, Berlino 1928; J. e L. F. Whitehead, Manuel de Kingwana, le dialecte occidental de Swahili, Wayika 1928; B. J. Ratcliffe e H. Elphinstone, Modern Swahili, Londra 1932; C. Velten, Praktische Suaheli-Grammatik, 5ª ed., Magliaso 1934; Dictionary of the Swahili Language, Londra 1882; 2ª ed., riv. da C. Binns, ivi 1925; C. G. Büttner, Wörterbuch der Suaheli-Sprache, Berlino 1890; C. Sacleux, Dictionnaire français-swahili, Zanzibar 1891; A. C. Madan, English-Swahili Dictionary, voll. 2, Oxford 1894-1903; C. Velten, Suaheli-Wörterbuch, voll. 2, Berlino e Magliaso 1910-33; A. C. Cavicchioni, Vocabolario italiano-swahili, Bologna 1923.