STUFA (fr. poêle; sp. estufa; ted. Ofen; ingl. store)
Per le stufe in generale, v. riscaldamento.
Arte.
Le stufe non sono un patrimonio di tutti i paesi a clima freddo. Esse sono ignote non soltanto al sud, ma anche all'ovest dell'Europa: ché in Italia, in Francia, nella Penisola Iberica, in Inghilterra, in Olanda il riscaldamento avviene per lo più per mezzo di caminetti. E anche nelle terre tedesche e slave l'uso delle stufe predomina nella regione alpina, attraverso cui raggiunge la Svizzera francese.
In Italia quell'usanza è limitata naturalmente alla cerchia delle Alpi, ma assume un'importanza tutta speciale in quanto che è precisamente d'attorno a tale zona che sembra ragionevole ricercare le prime origini della stufa, i cui precedenti sono nei sistemi tubulari di riscaldamento usati dai Romani, che si poterono perpetuare e modificare nell'età barbarica e bizantina. I tubi di terracotta impiegati per la fabbrica delle vòlte nelle costruzioni ravennati sono somigliantissimi ai vasi cilindrici che vediamo inseriti nelle stufe di tipo più antico. Dalla Lombardia gli elementi costitutivi delle stufe sarebbero penetrati nelle Alpi, dando origine ai nuovi manufatti. Certo la terminologia delle valli Atesine rispetto alla stufa mostra origine latina di epoca remota. Stufa è vocabolo di derivazioue romanza (mentre la Stube tedesca, ossia la stanza riscaldata a stufa, pare risalga ad altra etimologia). Come dal latino cacabus (nel significato di pentola inserita nelle stufe) è venuto il tedesco Kachel, così le formelle nel dialetto trentino si chiamano olle, il quale vocabolo vi ha perduto invece il significato originario di pentola. Le cornici vi si dicono cronelle. Fornaciai sono ricordati nei documenti della regione già nel sec. XIII; singole formelle e intere stufe di tipo arcaico si sono trovate più volte nella Venezia Tridentina, ove tale industria vi ebbe un continuato e tipico sviluppo, con caratteri di precedenza sulle regioni contermini. Tutto ciò contribuirebbe a comprovare la verosimiglianza della tesi che determina il versante meridionale delle Alpi centrali come il luogo di origine della stufa, ben presto diffusasi quindi verso il nord.
La stufa nella sua struttura generale consta di un manufatto, destinato per lo più ad essere collocato in un angolo della stanza. La camera stessa, nei paesi del settentrione, è molto spesso pavimentata, soffittata e rivestita di assi di legname; soltanto le due pareti in prossimità della stufa e il piancito ad essa sottostante sono tenuti sgombere di legno, ad evitare pericoli d'incendio. La stufa è cava all'interno, dove il fuoco circola attraverso alcuni condotti di terracotta; si accende per una bocchetta in basso, la quale non di rado è in comunicazione, attraverso alla parete, con l'esterno, di modo che l'accensione avviene dal di fuori; ed è traforata da cunicoli che assolvono la funzione di piccoli forni e servono per trasmettere più facilmente il calore alla stanza; in alto comunica direttamente o indirettamente col tubo del camino. L'attrezzatura della stufa si completa, specialmente negli ambienti rustici, con panche per sedere o con piccoli letti per adagiarsi al tepore di quel fornello; e anche con stenditoi per asciugare gl'indumenti.
Le stufe più antiche e primordiali e quali sono usate tuttora dalla popolazione più povera, sono costruite in muratura, possibilmente con materiale refrattario, intonacate all'esterno. Qua e là vi possono essere inseriti tubi di terracotta, a fondo chiuso, che servono a meglio propagare l'irradiazione del calore e permettono d'introdurvi le mani a riscaldarsi. Di qui era facile il passaggio - in ordine di tempo - alle stufe completamente costituite da numerose mattonelle di terracotta fra loro accostate, munite di tale incavo: il quale viene sempre più riducendosi in profondità, fino a scomparire affatto; e le formelle sono ormai lisce, o lavorate a motivi ornamentali, di scopo non più pratico ma decorativo. Esse sono quasi sempre vetriate a vernice verde (o anche bianca, gialla, bruna, ecc.). Più tardi alle piccole mattonelle si sostituiscono le piastre di grandi dimensioni. E il materiale in cotto può anche essere sostituito - dal Cinquecento in poi - da quello di ghisa.
Le prime stufe di muratura, quali si conoscono dal sec. XIV in avanti, hanno forma essenzialmente rettangolare con copertura semicilindrica, a baule. Quelle più evolute, a formelle di ceramica, si sviluppano ulteriolmente, ampliandosi di dimensione e complicandosi nelle singole parti. Il sostegno inferiore può essere costituito sia da zoccolatura ad archi, sia da grandi mensoloni di pietra inseriti nelle muraglie, sia da pilastrini di ferro, di marmo, o di ceramica, che assumono poi anche la forma di animali (leoni), di cariatidi umane, di figure grottesche, ecc., prendendo lo spunto dai sarcofaghi, dai pergami, dai pilieri delle chiese. Il pavimento sottostante si ricopre di pietre o di mattonelle, talora variopinte; le quali possono anche foderare le pareti attigue. Superiormente si sviluppa la cosiddetta torricella, talvolta rotonda, tal'altra quadrata, tipicamente coronata di un motivo di merlatura o di falconatura a giorno. Reminiscenze arcaiche possono foggiare quella sopraelevazione a forma semicilindrica; concessioni al gusto gotico l'adornano di pinnacoletti e di guglie; presentimenti barocchi la ricoprono invece di cupolino. Lo smussamento degli angoli, che subentra ben presto, può essere attenuato dall'apposizione o di colonnine tortili o di figure diverse (putti, cariatidi, guerrieri, turchi, ecc.). Esso impone un po' alla volta alla torricella la pianta poligonale, la quale si propaga anche allo zoccolo di base. E la stufa si trasforma in un complesso sui generis, capace di modellarsi a seconda di tutti i gusti più variati e bizzarri suggeriti dall'arte barocca e dalla moda rococò, fino a camuffarsi sotto le mentite spoglie di mobili eterogenei. L'ultima evoluzione stilistica, in armonia con i dettami neoclassici di grande severità, è dovuta all'impero. Poi è la decadenza finale.
Nei primi tempi il rivestimento esterno delle stufe era costituito di formelle quadrate, tutte eguali, e da pezzi di cornice suscettibili di essere variamente usati a comporre fornelli di qualunque forma e grandezza. Per ovvie ragioni di solidità, le formelle angolari erano costituite da un quadrato e mezzo e collocate in modo che le connessure si alternassero da una fila all'altra. Più tardi si accentuò il divario di forma tra le mattonelle della parte inferiore della stufa e quelle della sopraelevazione. Posteriormente ancora, nelle forme più evolute e complesse, la stufa, pure costruendosi a pezzi separati, risultava ormai precedentemente fissata così nel numero come nella disposizione dei singoli suoi elementi. Abbiamo così stufe essenzialmente architettoniche; stufe a decorazione statuaria e plastica a grande risalto; stufe ad effetto coloristico e via via. Ma la scelta non ha fine, quando si passi ai soggetti fantastici, alle mode, ai paesaggi, alle cacce, ai guerrieri, ecc. E ancor una volta è facile rilevare come tali motivi siano nel più stretto rapporto con i modelli prediletti dalle altre arti, diffusi specialmente per il tramite delle incisioni.
Di stufe antichissime non abbiamo che testimonianze documentarie: come di quelle del convento di S. Gallo in Svizzera verso l'820. I tubi chiusi in fondo e le formelle concave prive di decorazione che si sono trovati specialmente negli scavi, non sono facilmente databili. Le prime mattonelle decorate di cui si conoscono esempî pare non risalgano più indietro del sec. XIV. Ma le più vecchie stufe complete che si conservano appartengono al pieno periodo gotico, quando la stufa del Castelletto di Merano (metà del sec. XV) costituisce uno degli esemplari più antichi, e il capolavoro del genere è offerto dal sontuoso fornello nella "stufa d'oro" della reggia arcivescovile di Salisburgo (1501). Nel Rinascimento, che naturalmente per tale genere di manifatture c'inizia soltanto col secolo XVI, le varietà si moltiplicano, ed è possibile, a seconda dei singoli paesi, di riconoscere peculiari varietà sia nella forma, sia nella tecnica, sia nella decorazione. Una di queste scuole, di carattere precorritore, va riconosciuta nella Venezia Tridentina, dove si ritrovano tuttora i più vecchi esemplari (datati dal 1532 in poi) delle formelle lisce a figurazioni dipinte in turchino, di derivazione dall'arte italiana. Della Svevia sono caratteristiche invece le stufe con annesso una specie di trono, pure in maiolica, cui si sale per mezzo di gradini; e così via. I pezzi più interessanti sono per lo più raccolti nei singoli musei, tanto di carattere artistico, quanto laografico. Ma non mancano le stufe tuttora conservate in situ, specialmente nelle regge, nei castelli, nei palazzi e nelle ville patrizie. È tuttavia raro il caso che le stufe rappresentino il loro stato primitivo; per lo più bisogna ammettere che esse furono disfatte e ricostruite più volte, e non di rado anche modificate più o meno radicalmente.
Degli autori di parecchie stufe i documenti ci hanno tramandato il nome; sia che l'opera loro si specializzasse nella parte tecnica, sia che nella decorazione artistica, sia che - come una volta avveniva assai spesso - l'artefice accoppiasse l'una all'altra abilità. Quegli artisti sono noti del resto per la loro attività anche in altri campi della pratica ceramica o di quella pittorica. Citiamo per semplice esemplificazione i membri della famiglia Pfau in Svizzera (Winterthur), il ceramista Hans Resch in Tirolo, Hans Kraut nella Selva Nera, il fonditore Filippo Soldan nell'Assia per le stufe in ghisa. In età più recente, piuttosto che il nome dell'artista ci è stato tramandato quello della fabbrica che si era specializzata in forniture di stufe. E troviamo simili officine operanti per decennî e decennî in uno stesso luogo, ove la bontà del materiale disponibile e la fama tradizionalmente acquistata permetteva loro una prospera operosità. Ma nell'età nostra la fabbricazione delle stufe ha assunto carattere quasi affatto commerciale; e le vecchie tecniche hanno ceduto il campo ai nuovi tipi, soprattutto dei fornelli di ferro. Oggi, soppiantate le vecchie stufe nuovi sistemi di riscaldamento, il loro sviluppo artistico si può consideram conchiuso. (V. tavv. CXXXVII-CXL).
Bibl.: W. Lübke, Über alte Öfen in der Schweiz, in Mittheilungen der antiquarischen Gesellschaft in Zürich, XV (1865); A. Walcher v. Molthein, Bunte Hafnerkeramik der Renaissance in den österreichischen Ländern, Vienna 1906; A. Ambrosiani, Zur Typologie der älteren Kacheln, Stoccolma 1910; W. Stengel, Studien zur Geschichte der deutschen Renaissance-Fayencen, in Mitteilungen aus dem german. Nationalmuseum, Norimberga 1911; A. Kippenberger, Die Kunst der Ofenplatten, Düsseldorf 1928; A. Walcher v. Molthein, Altes Kunsthandwerk, Vienna 1928; G. Gerola, La stufa del Castelletto di Merano, in Dedalo, XI (1930-31), pp. 88-101.