STRONGHILIONE (Στρογγυλίων, Strongylion)
Scultore greco, probabilmente ateniese. Alcune opere di bronzo sono ricordate da scrittori antichi: di originale rimane soltanto la firma sui blocchi d'un basamento in marmo pentelico trovati all'Acropoli, e il tipo della scrittura si può datare alla seconda metà del sec. V a. C.
Un commentatore greco d'Aristofane, riportando la dedica di Cheredemo figlio d'Euangelo, da Koile, che accompagna il nome dell'artista anche nell'epigrafe, ci fa sapere che il monumento rappresentava il "cavallo di legno" del mito iliaco, alle cui dimensioni allude il poeta nella commedia Gli uccelli (v. 1128), data nel 414: la base si può calcolare, in pianta, circa m. 5,60 × 1,90. Pausania (I, 23, 8) non menziona Str., ma dà un cenno descrittivo del cavallo e vanta lo scultore per la maestria nel modellare buoi e corsieri: perciò qualcuno ritenne probabile che fosse di sua mano il toro, dedicato, pure sull'Acropoli, dall'assemblea dell'Areopago, e passato in proverbio come cosa mirabile. Il Periegeta ricorda poi quattro statue di divinità femminili. A Megara (I, 40, 2), in un tempio, l'Artemide Salvatrice, simile alla figura omonima di Pagai (ivi, 44, 4): su monete dei tempi romani, emesse dalle due città, si vede la dea, in veste succinta da cacciatrice, che procede correndo con una face in ciascuna mano. Il simulacro avrebbe ricordato un miracolo avvenuto durante l'invasione persiana, nel 479. Nel santuario dell'Elicona (IX, 30, 1) tre Muse, collocate con tre altre di Cefisodoto, certamente il seniore, e tre d'un tale Olimpiostene. Benché Pausania non indichi la tecnica, si può credere che fossero pure dei bronzi. A Roma furono singolarmente famosi due lavori di Str. (Plinio, Nat. Hist., XXXIV, 82): il "fanciullo di Bruto", denominato dall'uccisore di Cesare che ne era stato proprietario e ammiratore, e l'Amazzone "dalle belle gambe" (εὔκνημος), della quale era così entusiasta Nerone, da farsela portare nel bagaglio quando viaggiava. Dovevano essere sculture abbastanza piccole: Marziale (XIV, 171) dice che il "fanciullo" era una statuetta (sigillum), e poco più poteva essere l'altro bronzo, se tanto facilmente lo spostavano. Una copia della eucnemos si volle riconoscere nella piccola figura equestre, trovata a Ercolano, con l'asta alzata come per colpire un nemico: ma l'identificazione è puramente ipotetica, com'è malcerto ogni tentativo di ricollegare Str. a una scuola o a un determinato indirizzo d'arte.
Bibl.: H. Brunn, Gesch. des griech. Künstler, I, Stoccarda 1889, p. 187 seg.; Per i testi: J. Overbeck, Antike Schriftquellen, Lipsia 1868, nn. 857-892, oltre i commenti a Pausania nelle ediz. di Blümner e Hitzig, I, Berlino 1896; di Frazer, Londra 1913; e a Plino, in The elder Pl.'s chapters, ecc., di K. Jex-Blake con intr. e commento di E. Selbers, Londra 1896. Per l'iscrizione, E. Loewy, Inschriften griech. Bildhauer, Lipsia 1885; O. Jahn e A. Michaelis, Arx Athenarum, Bonn 1901, p. 118, n. 149. Per il bronzo d'Ercolano, Guida del Museo Nazion. di Napoli, a cura di A. Ruesch, Napoli 1912, p. 354.