STRICNINA
. C21H22O2N2. Scoperta da Pelletier e Caventou (1818) nella fava di S. Ignazio (semi della Strychnos Ignatii), poi nella noce vomica (semi della S. nux vomica): si trova pure nella corteccia della falsa angostura, ecc. Stricnina e brucina, quasi sempre associate, sono i due alcaloidi principali di varie specie di Strychnos (loganiacee) dell'India e delle Filippine, in cui la vomicina è l'alcaloide secondario (fava di S. Ignazio: 1,5% stricnina, 0,5 brucina; noce vomica: 0,9-1,9 stricnina e 0,7-1,5 brucina; semi del commercio: 2,5 in media di stricnina + brucina). Nelle stricnacee dell'America Meridionale, spesso usate per avvelenare le frecce, si trovano i cosiddetti alcaloidi del curaro, ancora troppo poco conosciuti.
Stricnina e brucina si estraggono quasi esclusivamente dalla noce vomica, in cui sono salificate con gli acidi malico e caffetannico: si spostano con calce, si estraggono con toluene, da cui si asportano dibattendo con acido solforico diluito e precipitandole con un alcali. Le acque madri da cui è stata ottenuta la stricnina servono all'estrazione della brucina.
Cristallizzata dall'alcool la stricnina è in prismetti bianchi o in polvere fondente a 268°, pochissimo solubile in acqua; però la soluzione reagisce alcalina e ha intenso sapore amaro (ancora percepibile a 1:700.000); il migliore solvente è il cloroformio. È base terziaria, monoacida, non satura, che forma sali ben cristallizzati. È tra le sostanze più tossiche; perciò essa e i suoi sali devono essere usati con molta cautela in terapia (granuli da 1 mg.); entra talora nella confezione di paste per avvelenare animali dannosi o molesti. Resiste agli agenti della putrefazione, per cui, in caso di veneficio, può essere riconosciuta anche dopo lungo tempo dalla morte; la si caratterizza specialmente con la sua azione fisiologica (tetanizzante). Sensibilissima (fino a 1/1000 mg.) è la reazione colorata che essa dà con acido solforico e bicromato potassico (azzurro-violarosso-verde). L'acido nitrico non la colora in rosso: il persolfato, insolubile, può servire al riconoscimento microscopico.
Tutti i sali di stricnina sono velenosissimi: in terapia si usa di preferenza il nitrato C21H22O2N2•HNO3, più raramente il solfato (C21H22O2N2)2•H2SO4•5H2O o il cloridrato C21H22O2N2•HCl•2H2O; spesso si ricorre all'estratto (16% di alcaloidi totali) o alla tintura (0,25% di alcaloidi) di noce vomica.
La brucina C21H20(OCH3)2O2N2•4H2O: p. f. 178° (anidra), pure scoperta da Pelletier e Caventou (1819), è dimetossi-stricnina; ha proprietà tossiche un po' meno accentuate della stricnina, da cui si distingue per l'intensa colorazione rossa che dà con tracce di acido nitrico. Non ha impiego in terapia.
L'alcaloide è convulsivante energico, mortale per l'uomo già alla dose di 4 centigrammi. Azione caratteristica è l'eccitamento del midollo spinale, l'esaltamento dei riflessi tale che il minimo stimolo periferico della sensibilità generale o dei sensi specifici è sufficiente a determinare un accesso tetanico. Precede nell'uomo uno stato di eccitazione psichica con aumento di tutte le sensibilità generali e speciali. Nell'accesso l'atteggiamento del corpo è dato dalla prevalenza di taluni muscoli su certi altri, così gli arti superiori sono flessi, mentre gli inferiori e il tronco sono fortemente estesi, in modo da aversi l'opistotono. Gli apparati periferici motori e sensitivi non sono influenzati dalla stricnina; il cervello e il midollo allungato non sono essenziali per la manifestazione delle convulsioni; la localizzazione dell'azione è nel midollo spinale. L'applicazione del veleno, fatta solamente sulle radici anteriori, non provoca convulsioni. Lo stesso accade se, distrutte col fenolo le radici posteriori sensitive, si bagna con la stricnina il midollo (S. Baglioni). Il tetano è riflesso. Per questo la mancanza di ogni stimolo, più che gli antidoti, di cui il migliore è il cloralio, può vincere l'avvelenamento.
L'uso che si fa della stricnina nelle paralisi motorie periferiche, negli stati di atonia del tubo digerente, nelle ambliopie e amaurosi, nel trattamento dei traumatizzati e feriti gravi come tonico generale, deve essere condotto con grande prudenza poiché già 5 mgr. per iniezione ipodermica possono dare sintomi premonitorî. Inoltre la stricnina per il durevole stato di eccitamento dell'asse cerebrospinale come per la lentezza della sua eliminazione può essere pericolosa. L'alcaloide (nitrato) si usa alla dose di 1-2 mgr.; la raschiatura e polvere del seme a gr. 0,10 pro dose; estratto gr. 0,05; tintura da 2 a 10 gocce per volta.
L'avvelenamento di stricnina non è frequente: può essere accidentale o dovuto a un accumulo terapeutico. La dose letale minima per l'uomo adulto è di gr. 0,04. In relazione con l'azione farmacologica, generale della stricnina, di provocare un aumento dell'eccitabilità nervosa riflessa, il quadro tossico è dato in prevalenza da sintomi nervosi. La coscienza persiste integramente, compaiono contrazioni spastiche degli arti, trisma, rigidità della nuca, opistotono. Nei muscoli sono visibili contrazioni fibrillari; la deglutizione e la respirazione sono difficoltate; il viso assume un'espressione rigida e ansiosa. La pressione sanguigna è aumentata sia per una vasocostrizione generalizzata sia per le convulsioni. S'osserva tachicardia e polipnea. Solo quando il tetano s'estende ai muscoli respiratorî gli atti respiratorî sono impediti e sopravviene l'asfissia. La temperatura è notevolmente aumentata. La morte avviene per paralisi respiratoria e cardiaca. La terapia di questo grave avvelenamento consiste più nell'evitare le pericolose influenze del tossico sui centri bulbari che nell'eliminare prontamente il veleno. Riposo assoluto. Nei casi gravi la somministrazione di alte dosi di cloralio (5-6 gr. pro dose, da ripetersi anche fino a conseguimento dell'effetto) per via rettale è da anteporre allo svuotamento gastrico e al lavaggio che potrà effettuarsi con vantaggio in secondo tempo. Utile come il cloralio è la paraldeide, a dosi un po' maggiori. Quando gli accessi convulsivi non cedano e diventino più frequenti si ricorre alla etero- o cloroformonarcosi.
Tra gli emetici si preferirà l'apomorfina, il tannino; la soluzione iodoiodurata, tra gli antidoti chimici. Utili i purganti e i diuretici. La respirazione artificiale e le inalazioni di ossigeno sono l'ultimo rimedio da tentare quando esista paralisi respiratoria.