storia economica
L’Italia dall’Unità agli anni 2000
Prima del 1861 l’Italia era stata un’area assai dinamica, ma non uno Stato. Sul suo suolo hanno trovato origine molteplici civiltà, tra le quali hanno lasciato maggiore segno quella romana e quella dell’epoca dell’Umanesimo e del Rinascimento, con le sue città-stato. In questi due periodi, l’Italia è stata al centro della storia, offrendo al mondo innovazioni culturali, scientifiche e istituzionali che si sono rivelate cruciali per gli sviluppi successivi. Dopo il Rinascimento, gli Stati italiani entrarono in una fase di declino economico, mentre la stella dell’Olanda, prima, e della Gran Bretagna, poi, si imposero a livello internazionale. Con il Risorgimento, l’Italia cercò di riprendere contatti con le aree economicamente più dinamiche del mondo, cosa che le riuscì solo dopo l’unificazione. La storia economica dell’Italia unificata può essere divisa in 4 periodi.
Fino alla Prima guerra mondiale, l’Italia fu impegnata nel completamento dell’unificazione geografica e nella costruzione delle condizioni istituzionali per l’avvio dell’industrializzazione. La finanza pubblica venne interamente ridisegnata da Q. Sella e M. Minghetti, l’istruzione rinnovata dalla legge Casati; la riorganizzazione del sistema bancario fu più faticosa e, solo nel 1893, vide la luce la Banca d’Italia (➔), seguita dalle prime banche universali, come la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano. I rapporti con l’estero furono dapprima definiti da trattati di stampo liberista, ma poi tornarono a un moderato protezionismo. Si può far partire dalla fine del 19° sec. il decollo industriale italiano, che ebbe luogo tuttavia in una parte ristretta del Paese, detta ‘triangolo industriale’ (Torino-Milano-Genova). Tutti i settori industriali moderni si svilupparono notevolmente, in particolare l’elettricità, con generatori mossi dalla cascate d’acqua, la siderurgia, la meccanica, comprese le locomotive, le navi a vapore, le automobili (la FIAT fu fondata nel 1899) e i primi modelli di aerei. L’industria chimica vide i suoi inizi con i fertilizzanti sintetici.
La Prima guerra mondiale interruppe questa crescita e diede inizio al secondo travagliato periodo della storia economica italiana, caratterizzato dal fascismo, dalla crisi del 1929 e dalla Seconda guerra mondiale. Si tratta di un periodo in cui faticosamente il processo di industrializzazione continuò, con connotati però fortemente statalisti (le corporazioni, l’autarchia, la creazione di IMI e IRI) e con una rilevante compressione dei consumi privati. L’agricoltura fu oggetto di due interventi contraddittori: la battaglia del grano, che ritardò la specializzazione colturale più adatta al suolo italiano, e la bonifica integrale, che invece ebbe effetti benefici, ma non nel Mezzogiorno del Paese (➔ anche meridionale, questione; meridionalismo). La partecipazione alla Seconda guerra mondiale, in alleanza con la Germania, trovò l’Italia del tutto impreparata a un conflitto di simili proporzioni anche a causa dell’autarchia e della scarsa disponibilità di materie prime importate.
La ricostruzione venne propiziata dai forti legami che i nuovi governi repubblicani instaurarono con gli Stati europei e, soprattutto, con gli Stati Uniti. Il Piano Marshall (➔ Marshall, piano) fu utilizzato produttivamente, allargando le infrastrutture necessarie alla crescita, e l’Italia fece parte dei Paesi fondatori del processo di integrazione europea, partecipando alla CECA (➔) e al MEC (➔ mercato comune). I tassi di crescita raggiunti dall’economia italiana fino alla fine degli anni 1960 furono tra i più elevati in Europa (➔ anche miracolo economico), e restarono consistenti anche dopo le crisi petrolifere, fino agli inizi degli anni 1990, portando il Paese nel ristretto club delle nazioni più industrializzate del mondo, sia pur con alcune peculiarità, come la piccola dimensione delle imprese. Al triangolo industriale si aggiunsero le regioni del Nord-Est del Paese, seguite poi anche da quelle centrali, con un originale modello di sviluppo basato sui distretti industriali (➔ distretto industriale), agglomerati di piccole imprese specializzate in un prodotto. Il Sud Italia ebbe un paio di decenni di forte miglioramento, che si bloccò però alle prime difficoltà internazionali. Il welfare state (➔ benessere, Stato del) venne migliorato e generalizzato, con un’inadeguata copertura di tassazione; questo diede avvio a una forte accumulazione di debito pubblico (➔ p), soprattutto negli anni 1980, che ha portato a tensioni e problemi che ancora perdurano.
Nei primi anni 1990 ha avuto inizio un periodo assai insoddisfacente per l’economia italiana, che ha fatto perdere al Paese molte posizioni, fino a causare una situazione di crisi acuta. Numerosi sono stati i tentativi di riforma del sistema politico e legislativo, che non hanno dato i frutti sperati, perché timidi e contraddittori. Nessun governo ha avuto il coraggio di ridurre in maniera consistente il debito pubblico, con la conseguenza di una forte ingessatura delle politiche economiche. L’Italia ha trovato molte difficoltà ad adattarsi alle liberalizzazioni imposte dalla globalizzazione, così come alla creazione di migliori condizioni per quell’investimento estero (entro e fuori dal Paese) che è ormai cruciale per sostenere lo sviluppo. La conseguenza di tutto ciò è stata un crollo del tasso di crescita, con una forte disoccupazione giovanile e gravi problemi di finanza pubblica, resi più acuti dalla ‘crisi dei debiti sovrani’ iniziata nel 2011 nell’area euro.