STORIA AUGUSTA .Documenti
STORIA AUGUSTA (XXXII, p. 790).
Documenti. - Il numero dei pretesi documenti contenuto nelle biografie sale a 154, comprendendovi discorsi, lettere, senatoconsulti, acclamazioni e lettere circolari del senato, acclamazioni del popolo, editti imperiali; oltre a 10 iscrizioni. Fra le vite del I gruppo, solo quella di Commodo ne ha uno, il quale, cosa degna di rilievo, ha colorito di autenticità. Al contrario, nelle biografie principali e secondarie del II gruppo i documenti mancano solo in poche (in quelle di Elio, di Vero, di Geta, di Eliogabalo, di Gallieno); abbondano nelle vite attribuite a Pollione (in tutto 27) e raggiungono il massimo in quelle che portano il nome di Vopisco con il numero di 59.
Ora sull'attendibilità di questi pretesi documenti, detratti naturalmente i 61 discorsi per cui la questione dell'autenticità non esiste nel vero senso della parola, lo scetticismo è generale e ben fondato. Laddove un tempo li si utilizzava senza diffidenza, tolti solo i dubbî espressi su qual cuno di essi dal Tillemont e dal Borghesi, l'esame critico iniziato per una parte dallo Czwalina e condotto su tutti dal Peter, da Ch. Lécrivain e da L. Homo è giunto invece al risultato che nella quasi totalità essi sono apocrifi. Ci troviamo in presenza di invenzioni, dovute secondo i più a chi scrisse le biografie, spiegabili con l'uso già introdottosi e che aveva incontrato il favore del pubblico di mescolare al racconto atti ufficiali o sedicenti tali, con il desiderio di dimostrare amore per l'esattezza e per la verità, ma principalmente con la mancanza di documentazione sufficiente ed ecco perché i pretesi documenti abbondano in quelle biografie per le quali il materiale era scarso, e non poteva certo fornire tutti i particolari desiderati sulla vita di imperatori che come quelli del periodo dell'anarchia militare erano in generale arrivati al potete supremo dopo una carriera percorsa nei ranghi dell'esercito.
Su questo argomento, come sul raggruppamento delle biografie, l'accordo fra i moderni è unanime o quasi. Le opinioni sono invece tutt'altro che concordi su due questioni principali: quella delle fonti e l'altra riguardante il tempo della composizione e gli autori della Storia Augusta, problema che è connesso strettamente al primo e che potrebbe trovare la sua soluzione definitiva solo se si riuscisse a risolvere in maniera sicura l'altro.
Fonti. - Se dovessimo credere alle affermazioni che si trovano nel testo, per la composizione della Storia Augusta non solo sarebbero state utilizzate le opere di storici sulla cui esistenza non c'è dubbio, come Mario Massimo, Erodiano, Dessippo, ma anche quelle di moltissimi altri autori, che però quasi tutti sono nominati soltanto nella storia Augusta, cosa che ha fatto dubitare della loro esistenza effettiva, anche per qualcuno che pur potrebbe essere ammesso come reale quale Cordo. Naturalmente inoltre le citazioni non possono provare senz'altro un uso diretto degli autori che sono ricordati e d'altra parte si deve ritenere che alle volte manchi proprio l'indicazione della fonte principale. Non sono degne poi di alcuna considerazione le asserzioni della Storia Augusta secondo le quali sarebbero stati frugati gli archivî e le biblioteche.
Data quindi l'importanza delle affermazioni della Storia Augusta, i moderni si sono moolto affaticati a rintracciare le fonti, giungendo però a risultati che sono spesso contrastanti o ipotetici.
Oltre quanto si è detto a questo proposito (v. p. 791) si ricorda qui, riguardo all'utilizzazione di Eutropio, che E. Hohl ha modificato la sua opinione: mentre prima riteneva con la scuola del Dessau che Eutropio fosse stato adoperato dalla Storia Augusta, ora invece si è unito a N.H. Baynes nel far risalire i passi ritenuti derivati dal Breviario alla fonte comune di Eutropio e della Storia Augusta, affermando che la dipendenza da Eutropio è stata molte volte asserita, mai però dimostrata. Negli ultimi tempi però l'uso di Eutropio è stato sostenuto anche da A. Alföldi e da W. Hartke, i quali hanno aggiunto alla serie delle fonti due nuovi nomi, rispettivamente quelli di Ammiano Marcellino e di Rufio Festo.
Per le biografie secondarie non esiste un problema delle fonti particolare, perché esse derivano dallo stesso materiale usato nelle altre o sono considerate come una compilazione basata direttamente sulle vite principali corrispondenti del I e del II gruppo.
Età della composizione e autori. - La Storia Augusta era stata accettata come era giunta nella tradizione manoscritta e utilizzata senza diffidenza, se pur con critiche sui suoi gravi difetti, quando, sul finire del secolo XIX, H. Dessau sferrava l'offensiva contro la sua credibilità e contro l'attribuzione delle biografie a 6 autori diversi del tempo di Diocleziano e di Costantino. Egli trovava nell'opera anacronismi, riferimenti a personaggi importanti della fine del sec. IV, ignoranza di particolari inspiegabile se le biografie fossero state scritte nel tempo in cui gli autori dicono di essere vissuti e, basandosi su questi argomenti come sull'uso per lui indiscutibile di Vittore e di Eutropio, sostenne che la Storia Augusta era l'opera scritta senza un fine particolare da un solo autore, il famoso "falsario" del tempo di Teodosio, il quale per dare autorità alla sua creazione, per mascherare le sue invenzioni, la assegnò a un tempo anteriore e per uno scopo non chiaro decise di attribuire le biografie a 6 diversi autori. la tesi del Dessau dell'unico autore trovò consenso in O. Seeck, il quale però si distaccò dal Dessau nell'affermare il fine politico della Storia Augusta e nel portarne la nascita in età ancora posteriore, verso il 410.
Contro il Dessau si posero subito E. Klebs e E. von Wölfflin: il primo ne impugnò alcuni argomenti e si valse delle peculiarità che distinguono i varî gruppi delle biografie per difendere il numero e l'età tradizionale dei 6 scrittori, ammettendo soltanto che nei manoscritti vi siano inesattezze nell'attribuzione di alcune vite; il secondo si basò sulle diversità di lingua e di stile, che dovrebbero provare la molteplicità degli autori; egli riteneva però che la raccolta fosse opera di un redattore, il quale avrebbe fatto inoltre parecchie aggiunte. L'ipotesi di un unico autore del tempo teodosiano fu respinta anche da T. Mommsen: egli considerò la storia Augusta come costituita della collezione di varie biografie scritte al tempo di Diocleziano e di Costantino da diversi autori, che non sono tutti quelli indicati dai manoscritti (secondo il Mommsen, Vulcacio Gallicano non era mai esistito e dei tre nomi Sparziano, Capitolino, Lampridio, uno, che non si poteva precisare, doveva sparire); suppose che la raccolta fosse messa assieme verso il 330 da un editore generale, che era l'autore di un gruppo di biografie principali e delle vite secondarie e fosse poi sottoposta alla fine del sec. IV a una revisione generale da parte di un altro editore, che era da considerarsi responsabile delle aggiunte, delle ripetizioni e del disordine che si riscontra nella narrazione, come pure di molte delle parole e delle espressioni che dànno alla fraseologia dell'insieme l'apparenza dell'unità. Oppositore deciso del Dessau e del Seeck fu H. Peter, che difese la tradizionale assegnazione a 6 scrittori; egli si accostava al Mommsen solo nell'ammettere che le vite conservate nella collezione pervenutaci risultavano da una selezione, fatta circa il 330 da un editore che rielaborò l'una più, l'altra meno delle biografie e le ampliò con aggiunte; contro il Mommsen però il Peter negava la seconda redazione della fine del sec. IV.
Il punto di vista conservatore fu difeso in Italia da G. Tropea e sopra tutto dal De Sanctis che oppose alla tesi radicale del Dessau l'argomento di gran peso che nella Storia Augusta non c'è traccia dell'età teodosiana, ma vi si rispecchiano le condizioni del tempo dioclezianeo-costantiniano; in Francia da Ch. Lécrivain, che si limitava a respingere in parte la ripartizione delle biografie data dai manoscritti e considerava la raccolta, nella forma in cui è giunta a noi, dovuta all'opera di uno dei 6 biografi (Capitolino) che nella seconda metà del regno di Costantino aggiunse alcune biografie secondarie e sottopose l'insieme a un rimaneggiamento importante ma non completo. Ma in Germania andò prevalendo la tendenza opposta, fatta eccezione per il Diehl, che si unì da una parte al Klebs e al Wölfflin quanto alle peculiarità che distinguono i varî autori, dall'altra al Peter nell'ammettere l'opera di un redattore finale, che fu forse uno degli autori stessi (Capitolino), il quale verso il 330 compose la raccolta mediante la scelta di diverse biografie già esistenti e rielaborò completamente tutto il corpus cercando di dargli un carattere unitario, senza però riuscirvi per mancanza di senso critico.
Fra i seguaci del Dessau è da ricordare soprattutto E. Hohl che in un primo tempo ne difese ardentemente la tesi e volle identificare il "falsario" teodosiano in Vopisco e lo considerò un retore che apparteneva al circolo di Simmaco e si nascose dietro i 6 nomi fittizî e dietro una falsa età perché mirava a rappresentare senza pericolo la storia degl'imperatori quale appariva agli ultimi pagani in modo da indurre alla tolleranza verso il paganesimo.
Quanto alla data della composizione O. Hirschfeld propose il tempo di Graziano; K. Menadier sostenne che dal punto di vista della numismatica la Storia Augusta non poteva essere anteriore alla seconda metà del sec. IV; J. Hasebroek adottò la datazione del Seeck.
Il punto di vista del Dessau fu accolto anche da A. Rosenberg, secondo il quale la Storia Augusta fu opera di un letterato che la scrisse verso il 375 per far concorrenza agli scrittori popolari di biografie imperiali e soprattutto a Mario Massimo; perciò, data anche la mancanza del materiale necessario, egli si abbandonò alla sua fantasia inventando particolari di ogni genere e fabbricando documenti; per ingannare poi il pubblico finse di aver pubblicato un'opera caduta in dimenticanza sugli imperatori e attribuì le sue biografie a 6 immaginarî autori, ricorrendo anche all'espediente delle dediche a Diocleziano e a Costantino.
La teoria dell'unico autore fu sostenuta anche da A.v. Domaszewski. il quale però, basandosi su ipotesi che sono state definite fantastiche, per il tempo della composizione si spinse ancor più lontano del Seeck, collocando la nascita della Storia Augusta nel sec. vI, al tempo di Gregorio di Tours e affermò inoltre, cosa non meno sorprendente, che il falsario doveva essere di nascita gallica.
Una tesi complicata e che del resto non ha incontrato il favore di nessuno è quella di W. Soltau: la Storia Augusta sarebbe nata dall'unione di 4 gruppi di biografie fatta circa il 400 da un editore generale che vi aggiunse di suo le vite secondarie e rielaborò il resto della raccolta.
Una nuova soluzione, indubbiamente acuta, del problema, è stata proposta non molto tempo fa da N.H. Baynes: egli ha dimostrato l'infondatezza degli argomenti su cui si basavano le datazioni del Dessau e del Seeck e ha sostenuto che la Storia Augusta era un'opera destinata al gran pubblico, scritta in un solo tempo, da uno o forse più autori, con uno scopo determinato, quello di esaltare Giuliano l'Apostata, quando questi era ancora tollerante verso i cristiani, e di far propaganda in favore delle sue idee politiche e religiose. Quindi dovrebbero riferirsi a Giuliano numerosi fatti attribuiti ad altri imperatori, molteplici allusioni, confronti e contrasti; così si spiegherebbero le idee religiose che si manifestano nella Storia Augusta, l'importanza data alla Gallia l'esaltazione degli usurpatori gallici, l'elogio del senato; nella biografia di Severo Alessandro il ritratto di questo imperatore sarebbe stato fatto con l'attribuirgli leggi e riforme dell'Apostata. La Storia Augusta sarebbe quindi da datarsi verso il 362-363.
La tesi del Baynes è stata respinta dal Lécrivain e dal De Sanctis. Contro di essa vengono a porsi anche W. Hartke il quale, ammettendo l'uso di Rufio Festo, ha creduto di poter fissare come terminus post quem il 371 o 372 e A. Alföldi, che basandosi non solo sull'utilizzazione di Eutropio ma supponendo anche quella di Ammiano Marcellino, colloca la nascita della Storia Augusta tra il 382 e il 400. Se la dipendenza da tali fonti potesse dimostrarsi in modo inconfutabile è certo che la teoria del Baynes diventerebbe insostenibile e infatti, valendosi di un tale argomento, il Kornemann si è sentito autorizzato a condannarla senza appello. Invece contro Hartke e Alföldi ha preso recentemente posizione, in favore del Baynes, E. Hohl, sostenendo che si può solo fissare come sicuro terminus post quem il 360.
Ad ogni modo il punto di vista conservatore è andato perdendo sempre più i difensori soprattutto in Germania dove dopo il Diehl non se ne trovano più, anzi il Hohl ed E. Kornemann lo considerano definitivamente tramontato, ed esistono solo seguaci del Domaszewski e del Dessau; fra gli ultimi c'è anche il Norden che di recente ha creduto di veder confermata la teoria del Dessau dall'uso per lui sicuro di un discorso di Simmaco in un passo della biografia di Probo.
Ma non si può affermare che la tesi opposta abbia trionfato dappertutto: infatti il De Sanctis e il Lécrivain sono rimasti fedeli alle loro opinioni; L. Homo continua ad ammettere l'esistenza dei 6 autori e considera la raccolta opera di un redattore il quale si limitò semplicemente a mettere insieme varî gruppi di biografie; M. Besnier ritiene preferibile il parere del Mommsen. È certo intanto che la tesi radicale, pur valendosi di argomenti forti e che dànno da pensare, cozza tuttavia contro difficoltà gravi che non è riuscita a eliminare, tanto che il Rostovzev, pur stimando esatto il nucleo della teoria, ha affermato che il problema relativo alla data della composizione delle biografie è ancora in piena oscurità. Anche a tacere delle caratteristiche per cui pur nell'indiscutibile uniformità dell'insieme alcuni gruppi di biografi si distinguono, nessuno ha dato una spiegazione soddisfacente al perché dei 6 nomi e delle apostrofi a Diocleziano e a Costantino. Se inoltre si vuole attribuire alla Storia Augusta una tendenza particolare è difficile che questa possa essere riscontrata in maniera evidente e sicura in tutto il corpus; ad ogni modo in tal caso la soluzione migliore sarebbe quella proposta dal Baynes.
Si può concludere affermando che il problema difficile e complesso non è stato finora risolto, né è possibile prevedere se mai lo sarà, in maniera accettabile per tutti.
La fatica che ormai dura da quasi mezzo secolo ha raggiunto fra i pochi risultati sicuri quello di mettere in dubbio la ripartizione tradizionale, specie per le biografie che sono attribuite a Sparziano, Capitolino e Lampridio, e di rendere plausibile l'idea che, pur ammettendosi la molteplicità degli autori, si deve contare sull'opera di un redattore a cui è dovuta la raccolta che ci è pervenuta: in questo convengono anche molti oppositori della tesi estremista. L'indagine moderna inoltre ha messo in evidenza la differenza di valore che esiste fra le biografie principali della prima e quelle della seconda serie, e fra queste tutte e le secondarie, la natura e l'attendibilità dei pretesi documenti; essa è valsa infine a gettare un'ombra di sospetto su gran parte della raccolta. Diffidenza pienamente giustificata. Infatti, nonostante le professioni di fede che si incontrano nelle biografie sul valore etico della storiografia, le dichiarazioni che tutti gli sforzi sono stati rivolti alla ricerca della verità e che questo fine è stato raggiunto con la critica delle fonti e con l'impiego di tutto il materiale, compreso quello documentario, il biasimo esplicito agli autori amanti delle frivolezze e delle oscenità, tutte affermazioni che non hanno nessun valore e che sono soltanto usuali strumenti della retorica, la Storia Augusta si rivela come un'opera in cui abbonda la retorica più ampollosa, in cui occupano gran posto quelle quisquilie e quegli aneddoti che sono stati condannati come indegni della storiografia altamente etica, in cui si ricorre alle volte alle oscenità peggiori per stimolare i bassi istinti dei lettori, in cui si trovano invenzioni d'ogni genere ed errori così grossolani che talvolta sono perfino sbagliati i nomi dei personaggi dei quali si pretende di dare con lusso di particolari la stessa vita privata, in cui insomma appaiono in misura eccezionale tutti i difetti peggiori della storiografia romana.
A ragione quindi oggi si attribuisce alla Storia Augusta un valore ben diverso da quello che le davano un tempo gli storici dell'Impero come il Tillemont, il Gibbon, lo Schiller, i quali, pur criticandone i difetti e pur dichiarandone gli autori indegni del nome di storici, in generale ne accoglievano le notizie. Adesso invece si procede con la massima cautela nell'accettarle quando manchino i mezzi per controllarne l'attendibilità, specialmente se esse sono fornite dalle biografie del secondo gruppo. Siccome però anche nella seconda parte della Storia Augusta alcune notizie importanti, non conservate dalle altre fonti letterarie, hanno trovato conferma nei documenti epigrafici, bisogna guardarsi dal cadere nell'eccesso di uno scetticismo totale ed assoluto che la Storia Augusta con tutti i suoi difetti non merita.
Codici. - Il più antico è il Palatinus-Vaticanus 899 del sec. IX (P); il suo più antico apografo è il Bambergensis E. III. 19 dello stesso secolo; a P risalgono direttamente o indirettamente i più degli altri manoscritti. Formano invece un gruppo a sé, non derivando dal Palatino, i codici che si indicano con Σ: Admontensis 297 del 1439, Chigianus H. VII. 239, ora nella Biblioteca Vaticana, del secolo XV, Parisinus Latinus 5807 (il "Regius" di Casaubon), Vaticanus Latinus 1897 del sec. XIV, Vaticanus Latinus 1898 del sec. XV.E. Hohl ha dimostrato che P e risalgono a uno stesso esemplare e ha confutato la tesi sostenuta da S.H. Ballou (The manuscript tradition of the historia Augusta, Lipsia-Berlino 1914), della dipendenza di Σ da P.
Cfr. specialmente Th. Mommsen, in Hermes, XXV (1890), p. 281 segg. Ges. Schr., VII, Berlino 1909, p. 352 segg.; H. Dessau, in Hermes, XXIX (1894), p. 393 segg.; E. Hohl, in Klio, XIII (1913), pp. 258 segg., 387 segg. e XV (1918), p. 78 segg.; id., in Bursian, Jahresb. über die Fortschritte der klass. Altertumswissenschaft, CLXXI (1915), p. 130 segg. V. anche A. Ronconi, in Studi italiani di filologia classica, n. s., IX (1931), p. 25 segg. L'ipotesi recentemente sostenuta da J.W. Crous (in Römische Mitteilungen des Archäologischen Instituts, XLVIII, 1933, p. i segg.), che l'umanista B. Marliani aveva sott'occhio un testo della Storia Augusta più completo di quello conservato nei manoscritti che ci sono pervenuti si è rivelata senza fondamento: cfr. G. Pasquali, in Studi italiani di filologia classica, n. s., IX (1933), p. 161 segg.; Ch. Huelsen, in Rheinisches Museum, LXXXIII (1934), p. 176 segg.; G. Barbieri, in Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa, s. 2ª, II (1933), p. 372 segg.; G. De Sanctis, in Rivista di filologia, 1934, p. 133 segg.
Edizioni. - Editio princeps di Bonus Accursius, Milano 1475. Seguirono le due edizioni di Venezia del 1489 e del 1490, l'edizione aldina di Venezia del 1516 e di Firenze del 1519 e quella di D. Erasmus, Basilea 1518. Sono poi degne di ricordo le edizioni di Is. Casaubon, Parigi 1603; J. Gruter, Hannover 1611; Cl. Salmasius, Parigi 1620, Londra 1652; quella di Leyda del 1671 (con le note di Casaubon, Salmasius e Gruter); di U. Obrecht, Strasburgo 1677. Edizione con traduzione inglese di D. Magie, nella collez. "The Loeb Classical Library", voll. 3, Londra-New York 1922-1932.
L'edizione critica, nella collezione Teubneriana, di H. Peter (voll. 2, Lipsia 1865 e 2ª ed., ivi 1884), è stata sostituita da quella di E. Hohl, in voll. 2, ivi 1927.
Lessico: C. Lessing, Scriptorum Historiae Augustae Lexicon, Lipsia 1901-1906. Trad. ital. nella collezione Antonelli, Venezia 1858.
Bibl.: È impossibile dare qui la bibliografia completa, oltre a quella già citata: ci limitermo quindi a indicare gli studî principali e quelli più recenti.
H. Dessau, Über Zeit und Persönlichkeit der Scriptores Historiae Augustae, in Hermes, XXIV (1889), pp. 337-392; id., Über die S. H. A., ibidem, XXVII (1892), pp. 561-605; O. Seeck, Die Entstehungszeit der S. H. A., in Jahrbücher für classische Philologie, 1890, pp. 609-639; id., in Rheinisches Museum, n.s., XLIX (1894), pp. 208-224; id., in Gesch. d. Untergangs d. ant. Welt, VI (1920), pp. 33 segg., 309 seg.; Th. Mommsen, Die Scriptores Historiae Augustae, in Hermes, XXV (1890), pp. 228-292 (Gesammelte Schriften, VII, Berlino 1909, pp. 302 segg.); E. Klebs, Die Sammlung der S. H. A., in Rheinisches Museum, n. s., XLV (1890), pp. 436-464; id., Die S. H. A., ibid., XLVII (1892), pp. 1-52, 515-549; E. von Wölfflin, Die S. H. A., in Sitzungsb. der philos.-philol. und hist. Classe der bayer. Akad. d. Wiss., 1891, pp. 465-538; H. Peter, Die S. H. A., Lipsia 1892; id., Die gesch. Litteratur über die röm. Kaiserzeit, II, ivi 1897, pp. 338-340; G. De Sanctis, Gli S. H. A., in Rivista di storia antica, I (1896), pp. 90-119; G. Tropea, Studi sugli S. H. A., Messina 1899; Fr. Leo, Die griechisch-römische Biographie, Lipsia 1901, pp. 269-304; Ch. Lécrivain, Études sur l'Histoire Auguste, Parigi 1904; Diehl, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, coll. 2051-2110; E. Hohl, Vopiscus und die Biographie des Kaisers Tacitus, in Klio, XI (1911), pp. 178-229, 284-324; id., Vopiscus und Pollio, ibid., XII (1912), pp. 474-482; id., Das Problem der H. A., in Neue Jahrbücher für das klass. Altertum, XXXIII (1914), pp. 698-712; id., Über den Ursprung der H. A., in Hermes, LV (1920), pp. 296-310; O. Hirschfeld, Kleine Schriften, Berlino 1913, specialmente pp. 887-891; K. Menadier, Die Münzen und das Münzwesen bei den S. H. A., in Zeitschrift für Numismatik, XXXI (1914), pp. 1-144; J. Hasebroek, Die Fälschung der Vita Nigri und Vita Albini in den S. H. A., Berlino 1916; A. von Domaszewski, in Sitzungsberichte der heidelberger Akademie der Wissenschaften (Phil.-hist. Klasse), 1916, nn. 7 e 15; 1917, n. 1; 1918, nn. 6 e 13; 1920, n. 6; W. Soltau, Die echten Kaiserbiographien. Der Weg zur Lösung des Problems der S. H. A., in Philologus, LXXIV (1917), pp. 384-445; J. Geffcken, Religionsgeschichtliches in der Historia Augusta, in Hermes, LV (1920), pp. 279-295; A. Rosenberg, Einleitung und Quellenkunde zur römischen Geschichte, Berlino 1921, pp. 231-241; J. Schwendemann, Der historische Wert der vita Marci bei den S. H. A., Heidelberg 1923; G. Costa, Un libello anticristiano del sec. IV?, in Bilychnis, XII (1923), pp. 127-133; N. H. Baynes, The Historia Augusta. Its Date and Purpose, Oxford 1926; id., in The Classical Quarterly, XXII (1928), pp. 166-171; A. Jardé, Études critiques sur la vie et le règne de Sévère Alexandre, Parigi 1925; L. Homo, Les documents de l'Histoire Auguste et leur valeur historique, in Revue Historique, CLI (1926), pp. 161 segg. e CLII (1926), p. i segg.; A. Alföldi, in Zeitschrift für Numismatik, XXXVIII (1928), pp. 156-168, 170, 172-174; W. H. Fisher, The Augustan Vita Aureliani, in Journal of Roman Studies, XIX (1929), pagine 125-149; W. Reusch, Der historische Wert der Caracallavita in den S. H. A., in Klio, Suppl. XXIV (1931); M. Besnier, in Mélanges Glotz, I, Parigi 1932, pp. 89-91; W. Hartke, De saeculi quarti exeuntis historiarum scriptoribus quaestiones, Lipsia 1932, pp. 16-19, 50-57, 60-63; R. Werner, Der historische Wert der Pertinaxvita in den S. H. A., in Klio, XXVI (1933), pp. 283-322; E. Kornemann, in Einleitung in die Altertumswissenschaft, III, 2, Römische Geschichte, 3ª ed., Lipsia e Berlino 1933, pp. 155-157; M. Rostovzev, Storia economica e sociale dell'impero romano, trad. it., Firenze 1933, pp. 480-507-512; G. Barbieri, Il problema del cosiddetto ultimo grande storico di Roma, in Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa, s. 2ª, III (1934), pp. 525-538; E. Hohl, Zur Historia-Augusta-Forschung, in Klio, XXVII (1934), pp. 149-164; P. Damerau, Kaiser Claudius II. Goticus, in Klio, Suppl. XXXIII (1934), pp. 1-24; E. Norden, Alt-Germanien, Lipsia e Berlino 1934, pp. 31-37; P. Lambrechts, Le problème de l'Histoire Auguste, in L'antiquité classique, III (1934), pp. 503-516; A. Momigliano, Severo Alessandro archisynagogus, in Athenaeum, XXII (1934), pp. 151-153; H. G. Ramsay, A third century A.C. building program, in L'Antiquité classique, IV (1935), pp. 419-48; V (1936), pp. 147-76; A. Stein, Tenagino Probus. (Ein Beitrag zur Glaubwürdigkeit der Historia Augusta), in Klio, XXIX (1936), pp. 237-42; G. Barbieri, Sulle falsificazioni della vita di pertinace negli "S. H. A.", in Studi italiani di filologia classica, XIII (1936), pp. 183-206; M. L. Trowbridge, Folklore in the S. H. A., in Classical Philology, XXXIII (1938), pp. 69-88. Cfr. anche E. Hohl, in Jahresber. über die Fortschritte der klass. Altertumswiss., CCLVI (1937), pp. 127-56.