STOBI (Στόβοι, Stobi)
Antica città della Peonia, alla confluenza dell'Assio (l'odierno Vardar) con l'Erigone (l'odierno Crna Reka), nel luogo dell'attuale borgata di Pusto-Gradsko. Dovette la sua importanza all'eccellente posizione commerciale e strategica, su un basso ma ripido costone dominante le vallate dei due fiumi all'incrocio di due grandi strade, la strada del Vardar traversante la Penisola Balcanica da nord a sud (il tratto da Stobi a Salonicco è conosciuto già da Polibio) e la diramazione della via Ignazia conducente da Stobi, lungo l'Erigone, verso Sofia sul Danubio. Nella storia Stobi è menzionata per la prima volta in occasione della spedizione di Filippo II nel 359 a. C. contro i Peoni; nel 270 a. C. sotto Antigono Gonata la città passò alla Macedonia, alla quale fu ritolta dai Dardani nel 229 a. C. con la sconfitta di Demetrio II; rioccupata, insieme con tutta la regione fino al Veles nel 217 a. C. da Filippo V, e potentemente fortificata, divenne il fulcro delle operazioni macedoniche contro i Dardani; questi riuscirono a strapparla un momento dopo Cinoscefale nel 197 a. C., ma furono prontamente ricacciati da Filippo accorso con un forte esercito. Dopo la spartizione della Macedonia in seguito alla battaglia di Pidna nel 168 a. C., Stobi col resto della Peonia a ovest dell'Assio fu compresa nella III regione sotto la capitale Pella, perdendo una buona parte del suo territorio sulla riva sinistra del fiume; ai Dardani, che avevano reclamato la città, fu concesso di acquistarvi, probabilmente a prezzo di favore, il sale. Più tardi ebbe diritti municipali, e fu assegnata alla tribù Emilia. Per tutto il periodo romano dovette essere assai fiorente di commerci, e batté una serie di coniazioni monetali dai Flavî fino a Eliogabalo. Nella spartizione della Macedonia in due parti avvenuta nel 386 d. C. fu fatta capitale della Macedonia II Salutarh. Ebbe poi a soffrire moltissimo delle invasioni barbariche. Dopo Giustiniano sembra essere stata incorporata nella provincia Dardania. Sede di vescovato almeno dal tempo del concilio di Nicea (325 d. C.), è sempre menzionata ancora nella storia paleocristiana, ma dovette decadere, e andare in rovina, nel basso Medioevo.
Per la sua posizione strategica divenne centro di operazioni durante la guerra mondiale; da allora vi vengono eseguiti considerevoli scavi, che hanno rimesso in luce specialmente il teatro romano del secolo II-III d. C., la chiesa episcopale, e varî altri edifici paleo-cristiani.
Bibl.: J. G. v. Hahn, in Denkschriften d. Akad. Wien (phil.-hist. Kl.), 1867, p. 158 segg.; L. Heuzey, in Revue Archéologique, 1873, pag. 34 segg.; id., Mission Arch. en Macédoine, p. 331 segg.; B. Saria, Bull. de la Soc. scient. de Skoplje (Glasnik), I, p. 287 segg. (in serbo); id., XVI. Bericht d. röm.-germ. Komm., p. 97 segg.; R. Egger, in Österr. Jahresh., XXIV (1929), p. i segg.; B. Saria, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, A, col. 47 segg.; id., in Österr. Jahresh., XXVIII (1933), p. 112 segg.; H. Goldmann, in Am. Jour. Arch., XXXVII (1933), p. 29) segg.