Vedi POMPEIANI, Stili dell'anno: 1965 - 1996
POMPEIANI, Stili (v. vol. VI, p. 356)
Il carattere storico dei quattro stili distinti nel 1873 da A. Mau è stato a volte malinteso; si è anche dubitato della loro sequenzialità, mentre si riteneva possibile la contemporaneità del III e del IV stile. Tuttavia la confutazione di quel sistema è ostacolata dalle conferme allo stesso apportate dalle nuove scoperte, che consentono al massimo di anticipare di due decenni le transizioni dal I al II stile e dal II al III.
Il Mau aveva riconosciuto con acutezza i mutamenti formali prodottisi nel corso del tempo, anche se è sconcertante la sua definizione che uno stile possa essere designato sulla base di un motivo decorativo (cfr. anche il c.d. stile a candelabro, v. oltre). Da un punto di vista metodologico ha ancora senso oggi parlare di quattro s. p., ove li si intenda sotto un profilo strettamente storico, quali epoche dominate da gusti differenti, con passaggi non rigidamente definiti. È solo per esigenze pratiche che essi possono essere «definiti» sulla base di determinati criteri che, seppur validi in linea di principio in una data epoca, non erano di certo applicati sempre in maniera uniforme. Le decorazioni della fase finale di uno stile sono più affini a quelle della fase iniziale dello stile successivo che a quelle della fase iniziale dello stile in questione; con questo, tuttavia, esse condividono ancora determinati elementi costitutivi, che non saranno più tipici nell'epoca successiva. Decidere il momento della «fine» di uno stile è dunque una questione discrezionale, a patto, tuttavia, che un mutamento di gusto non sia determinato solo su base formale, ma provato storicamente.
Al di là della posizione del Mau, attualmente la ricerca si confronta in modo particolare con le seguenti problematiche:
per una comprensione storica dei mutamenti formali è di fondamentale importanza poter disporre, nella cronologia evolutiva dello stile, di solidi punti di riferimento quanto più possibile vicini a datazioni reali.
I fenomeni di passaggio vanno esaminati con particolare attenzione, allo scopo non tanto di separare in maniera astratta due epoche, quanto di riconoscere il processo creativo di una trasformazione.
È necessario esaminare le motivazioni storiche di un mutamento stilistico e di indagare manifestazioni parallele in altre categorie dell'arte figurativa e in tutte le forme d'espressione storicizzabili.
La valorizzazione anacronistica delle decorazioni più antiche, e quindi la loro conservazione, il loro restauro, fino ai casi di parziale riproduzione, non può essere interpretata come pluralismo stilistico, in cui tutto è ammesso contemporaneamente, ma come atteggiamento selettivo dello stile di un dato periodo nei confronti di quelli delle epoche precedenti. Le motivazioni di tale atteggiamento vanno chiarite caso per caso.
5) Da molto tempo i quattro s. p. sono considerati punti di riferimento nella storia della pittura murale romana, anche al di fuori della Campania. In realtà, sempre più di frequente si rilevano analogie con essi in tutte le Provincie dell'impero romano. Ciò è importante per una migliore comprensione sia della coerenza di principio dell'evoluzione stilistica, sia delle differenze regionali e sociologiche.
I stile. - A. Mau era del parere che le decorazioni murali più antiche nelle città campane imitassero le incrostazioni marmoree policrome le quali, a loro volta, si sarebbero ispirate - anche se mai in senso strettamente realistico - a costruzioni greche in pietra da taglio. Nella maggioranza dei casi ortostati e fasce, specchiature, cornici, ecc. erano realizzati in stucco colorato a rilievo. Le suddivisioni delle pareti più semplici erano affidate a incisioni nella superficie liscia dello stucco. Da quando fu noto che decorazioni parietali affini erano eseguite nel II sec. a.C. a Delo, Pergamo e Priene e che gli esempi più antichi di suddivisione plastica delle pareti interne risalgono al IV sec. a.C. (Atene, Colofone, Olinto, Samotracia) o agli inizî del III (Kallipolis, Seuthopolis), la definizione «primo stile pompeiano» dovette sembrare anacronistica. Al suo posto fu coniata la nozione, troppo generica, di «structural style» (M. Rostovzeff, R. P. Hinks) o quella più corretta di «masonry style» (F. E. Brown, V. I. Bruno), oppure «Mauerwerkstil» (A. Andreou) o ancora «farbiger Quaderstil» (O. Deubner). Anche la denominazione «stile a incrostazione» e la relativa implicazione storica sono diventate invise agli studiosi, forse a torto, in quanto la prima marmorizzazione colorata di listelli di zoccoli, lastre di ortostati e pannelli non è intesa quale rappresentazione realistica dell'opera muraria. Verosimilmente l'incrostazione marmorea era praticata già nel IV sec. a.C. (Plin., Nat. hist., XXXVI, 47).
Il I stile non può essere considerato una tipologia decorativa atemporale (A. Laidlaw) per il fatto che suddivisioni in stucco di pareti interne ed esterne in sostituzione di una vera architettura in marmo sono testimoniate anche nei secoli successivi (anche se in forme stilisticamente quanto mai diverse). Esso va esclusivamente inteso come stile caratteristico di un'epoca e, in quanto tale, non circoscritto alla sola Campania, sebbene nella sua espressione italico-meridionale esso rappresenti uno stile regionale.
La suddivisione architettonica plastica delle pareti stuccate trae origine dalla suddivisione policroma a zone, in uso in epoca precedente (tombe etrusche tra il VI e la metà del IV sec. a.C.) e praticata anche in seguito, in special modo all'interno delle tombe. A. Andreou ha elaborato una utile tipologia dei diversi, ma contemporanei, schemi di suddivisione parietale in Grecia tra il IV e il I sec. a.C. Il I stile sancisce un tipo di suddivisione della parete in plinto o zoccolo, zona mediana (a sua volta tripartita) e zona superiore che caratterizzerà l'intero sviluppo della pittura murale antica. Lo zoccolo liscio è chiuso in alto da una fascia in rilievo; la zona mediana, situata all'altezza degli occhi dello spettatore, è divisa in ortostati e file di quadrati e limitata in alto da una cornice aggettante o, più di rado, da un intero architrave; la zona superiore si presenta spesso liscia e monocroma, ma negli esempi più tardi presenta una prospettiva aperta, vista attraverso una fila di semicolonne e lesene. Attraverso combinazioni e rapporti proporzionali diversi, i pochi elementi indicati riescono a produrre un sorprendente numero di varianti, ulteriormente accresciuto da un uso variato dei colori e delle marmorizzazioni policrome, nonché dei kymàtia dipinti e di altri ornamenti. Attraverso l'illusione suggerita da una favolosa ricchezza di tipi di marmo pregiato e la giocosa distribuzione degli elementi costruttivi, il I stile raggiunge un effetto artistico affine a quello dei modi decorativi di epoca successiva e che trasfigura la realtà nonostante la tangibilità del rilievo plastico.
Il dispiego delle forme è naturalmente commisurato al grado di rappresentanza dell'ambiente, mentre la suddivisione della parete è fortemente influenzata dalle dimensioni dello stesso e dalla compiutezza della parete. Le forme decorative dei cubicula sono di dimensioni più contenute rispetto a quelle degli atri, ma già in questo stile, come in quelli successivi, non vi è un rapporto obbligato tra decorazione e tipo di utilizzazione funzionale dell'ambiente. La superficie parietale del peristilio è suddivisa in sezioni tramite lesene, corrispondenti alle colonne reali. I piccoli ambienti mostrano su tutte le pareti file di ortostati e di blocchi. A questo punto è opportuno stabilire un'importante differenza tra decorazioni greche e romane. In Grecia ogni parete viene considerata come un'unità a sé stante, in Italia le file di blocchi scorrono da una parete all'altra superando gli angoli, a dimostrare che la severa struttura non ê intesa come realtà tettonica, ma come decorazione che non viene interrotta dai limiti dell'ambiente. È opinione generalmente accettata che il I stile italico imposti lo schema parietale greco su un alto zoccolo, pertanto gli ortostati diventano i campi della zona mediana.
La gamma cromatica è calda e variata. I colori preferiti sono l'ocra, le tonalità tra il rosso e il viola, il verde scuro, il nero e il bianco, a volte il blu. Le fantasiose imitazioni marmoree ricorrono alla stessa tavolozza; nel caso di blocchi e ortostati monocromi, sulle pareti greche l'alternanza dei colori procede a strati, su quelle italiche è vivacemente variegata. Le rappresentazioni figurate sono completamente subordinate al tipo di ripartizione architettonica. Se a Delo il fregio, situato all'altezza degli occhi dello spettatore, può contenere raffigurazioni miniaturistiche quali, p.es., giochi di eroti o scene tratte da commedie, a Pompei i soggetti figurati si trovano finora soltanto sulle superfici dei blocchi; si tratta in genere di scene mitologiche, di figure emergenti dal fondo che imita il marmo o di oggetti come, p.es., un panno pendente dinanzi all'ortostate. La netta prevalenza del carattere architettonico plastico della decorazione parietale fa sì che le grandi rappresentazioni figurate si concentrino nei mosaici pavimentali (a Pompei, p.es., la Casa del Fauno).
La cronologia del I stile pompeiano non è ancora accertata. Il graffito nella Basilica datato al 78 a.C. (CIL, IV, 1842) costituisce un terminus ante quem troppo tardo. Rimane tuttora valida l'ipotesi di un'evoluzione da forme semplici verso forme più complesse e illogiche, postulata per il I stile da A. Mau nel 1873 anche se alcuni dubitano di poter riconoscere un'evoluzione stilistica quale che sia (Laidlaw, Andreou). Tuttavia, nel frattempo, gli scavi condotti in Italia hanno fornito nuovi punti d'appoggio: testimonianze di I stile iniziale sono state riportate alla luce a Morgantina (III sec. a.C.) e a Fregellae (secondo quarto del II sec. a.C.); la decorazione parietale nel Tempio della Fortuna a Preneste può essere attribuita soltanto alla seconda metà del II sec. a.C. Finora l'unico esempio di I stile a Roma è quello rinvenuto all'interno di una casa sulle mura dell'Aventino in opus quasi reticulatum, dunque databile alla fine del II sec. a.C.; già intorno al 100 a.C. affreschi di II stile sono eseguiti su una struttura muraria analoga nella Casa dei Grifi sul Palatino. Nella stessa Pompei non esistono reperti databili con sicurezza. A giudicare dal capitello di lesena dell'ala, la decorazione parietale in I stile dell'atrio, dell'ala e del tablino della Casa di Sallustio (VI 2, 4) è da attribuire al più tardi al secondo quarto del II sec. a.C. La costruzione e la decorazione della Basilica risalgono probabilmente al 130/120 a.C., la Casa del Fauno fu ricostruita in modo radicale verso la fine del II sec. a.C. e ricevette la sua sontuosa decorazione in stucco che, per senso delle proporzioni e per il susseguirsi delle lastre, si avvicina già agli schemi del II stile. Nella Casa del Labirinto la decorazione di I stile appartiene alla seconda fase costruttiva della residenza, da collocare intorno all'anno 100 a.C. Pompei non ha fornito testimonianze di I stile successive alla fondazione della colonia (80 a.C.).
Dunque, il c.d. I stile ha inizio in Grecia nella prima metà del IV sec. a.C., e con l'Ellenismo si diffonde in Spagna (Azaila, Botorrita) e in Palestina (Tel Anafa); in Italia la sua durata non va oltre gli inizî del I sec. a.C. Pur nelle sue varianti regionali, esso rappresenta il sistema decorativo tradizionale dell'oikoumène ellenistica, ancora riconosciuto come autonomo da Roma, che nel II sec. a.C. dominava già tutta l'area mediterranea.
II stile. - Il I stile riusciva a realizzare plasticamente particolari decorativi come astragali e kymàtia lesbî con mezzi esclusivamente pittorici; nella sua fase tarda potevano essere dipinti anche i bordi in ombra o i cassettoni di scorcio. Affidare la resa dell'intera suddivisione parietale non allo stucco a rilievo, ma alla pittura illusionistica era tuttavia qualcosa di qualitativamente nuovo. Il II stile circoscrive l'impiego dello stucco ai bordi delle pareti e delle lunette. Già nell'esempio più antico (Casa dei Grifi sul Palatino, Roma) non ci si accontentò di dipingere a ombreggiature gli ortostati, le specchiature e le cornici; le potenzialità pittoriche furono impiegate per rappresentazioni complicate, p.es. lo zoccolo con avancorpi visti dall'alto, colonne e pilastri posti dinanzi a muri tramezzi, soffitti a cassettoni in visione prospettica dal basso e frontoni di prospetto. Un tale incremento del rilievo della parete non era di certo attuabile solo con l'impiego dello stucco. La resa prospettica di diversi piani spaziali sovrapposti condusse presto a un'ulteriore evoluzione (livello Ib), ossia vedute prospettiche su sale e cortili con colonnati, su giardini, su marine o semplicemente a vedute del cielo azzurro in lontananza, apparentemente situati dietro la parete. Questa forma di rappresentazione illusionistica dello spazio non è tuttavia concepita come ampliamento dello spazio reale, ma come spazio figurativo riferito alla parete in questione. L'accesso è sempre chiuso in basso dallo zoccolo, e anche là dove esso forma una rientranza, vi è sempre un listello o un gradino a· interrompere l'ideale continuazione del pavimento reale. Ogni parete è incorniciata da lesene e pilastri che, divisi in due metà dall'angolo della stanza, si piegano ad angolo retto da una parete a quella contigua. La prospettiva, sapientemente controllata dai pittori, ha solo raramente un punto di fuga centrale. In special modo nelle pareti lunghe, gli scorci si dispongono paralleli, oppure vi sono diversi punti prospettici all'interno delle stessa parete. Questa caratteristica è solo di rado imputabile a errori, derivando invece da una cosciente considerazione dell'effetto decorativo generale da diversi punti di osservazione. Nonostante questo rifuggire dalle limitazioni imposte da un sistema, può esservi un punto prospettico (per lo più situato nella parte più interna dell'ambiente) dal quale le diverse prospettive si uniscono in un quadro armonico.
Gli scorci prospettici, così caratteristici del II stile, sono tuttavia esclusivamente riservati agli ambienti più rappresentativi di una casa o di una villa. A Pompei gran parte delle pareti in II stile mostra ripartizioni architettoniche conchiuse che si allontanano in modo sempre più evidente dallo schema del I stile, per sviluppare una notevole gamma di variazioni. Eccezion fatta per corridoi e ambienti secondari, che ricevevano una decorazione molto semplice, con sistemi lineari privi di sfumature, non è possibile evidenziare un nesso strettamente funzionale tra determinati tipi di decorazione e i diversi ambienti. Soltanto l'alcova nei cubicula e la parte di fondo dei triclini sono separate dalla parte anteriore dell'ambiente, decorata più semplicemente mediante mezzi pilastri dipinti. Per il resto vale la regola già indicata da Vitruvio (VII, 4, 4), che sottolinea l'opportunità di graduare le decorazioni secondo le funzioni e l'importanza delle stanze. Quindi oeci e triclini di rappresentanza, come pure i cubicula signorili, possono essere decorati con le più sfarzose architetture prospettiche, mentre gli atri presentano sistemi parietali chiusi, spesso con ortostati scuri, esprimendo una dignità contenuta; gli altri ambienti si differenziano tra loro per il ricorso ampio o parsimonioso a elementi architettonici.
Si è voluta ricercare l'origine delle prospettive architettoniche parietali del II stile nella pittura da palcoscenico, e in esse si è addirittura voluta vedere la rappresentazione di interi scenarî teatrali. Se è vero che il nuovo stile decorativo non avrebbe potuto evolversi con tale rapidità senza l'esperienza della pittura da palcoscenico, che a partire dal V sec. a.C. impiegava lo scorcio, le ombreggiature e la prospettiva architettonica con sempre maggiore raffinatezza, tuttavia i sistemi architettonici si sviluppano a partire dagli schemi parietali di I stile senza copiare un'architettura precisa; il loro carattere più spiccato è sin dall'inizio quello di composizioni giocose, curiose, atte a stimolare nello spettatore molteplici associazioni, che nella fase finale si accompagnano a una certa ironia. Superando così di gran lunga il I stile, dallo sfarzo degli oggetti rappresentati, dalle visioni prospettiche e dagli accessori inseriti sempre in maggior numero, che danno un senso sia di piacere immediato sia di solennità sacrale, scaturisce la magia incantata di una realtà esagerata, di un mondo artistico immaginario. Le «scaenarum frontes tragico more aut comico seu satyrico», citate da Vitruvio (VII, 5, 2) per le pareti ampie, non si identificano con tali sistemi architettonici parietali autonomi, ma con le quinte di tre tipi di dramma da intendersi, come l'autore spiega in un altro passo (v, 6, 9), quali rappresentazioni di palazzi, città o paesaggi. Se ne possono indicare alcuni esempî anche a Pompei, p.es. nelle vedute di città dell’oecus corinzio 43 nella Casa del Labirinto (Pompei VI, 11, 8-10) e nel cubiculum M della Villa di Boscoreale o ancora nello scenario bucolico nello stesso ambiente.
Di altro genere sono i paesaggi citati da Vitruvio per la decorazione di pareti particolarmente lunghe: vedute dall'alto di formazioni di terreno caratterizzate da morbidi passaggi, gruppi di edifici o figure umane schizzate con mano rapida. L'esempio più antico è il paesaggio nilotico nella zona superiore dell'atrio della Villa dei Misteri a Pompei, il più recente è il c.d. fregio giallo nella Casa di Livia sul Palatino e gli ambienti C, F, G, nella villa sotto la Farnesina a Roma. Prima che, nella fase tarda, tali paesaggi divengano immagini misteriose, visibili attraverso le edicole centrali o come vignette all'interno dei campi, essi sono evidenziati in rappresentazioni monocrome all'interno delle lastre marmoree quasi fossero rilievi. Una forma particolare e rara di paesaggio, che in luogo di una struttura architettonica abbraccia l'intera parete in una rappresentazione unitaria, è il paesaggio marino con figure mitologiche (Pompei, Villa di Diomede), o la veduta di giardino animata solo da uccelli (Villa di Livia a Primaporta).
Nella prima fase del II stile, anche la pittura figurativa viene integrata nello schema spaziale unitario della ripartizione parietale. Con un certo arbitrio, le figure mitologiche vengono, per così dire, private della loro autonomia per essere trasferite nell'immediata illusione spaziale della parete (Villa dei Misteri, oecus 5; Villa di Boscoreale, oecus H). Tuttavia, già nella seconda fase le immagini di tradizione ritornano nel loro contesto, seppure in un primo tempo ancora nell'ambito della veduta prospettica dell'edicola centrale (Pompei, Casa degli Epigrammi, V 1, 18 y; Roma, Casa di Livia). Le sole composizioni figurative indipendenti della prima fase sono i quadretti a dittico poggiati sulle cornici quasi fossero oggetti reali.
L'evoluzione stilistica è più evidente se si analizzano le sfarzose vedute architettoniche. Fino al chiudersi della fase le si accrescono la complessità delle prospettive architettoniche e le dimensioni della veduta centrale. Successivamente si afferma una tendenza contraria: il motivo centrale assume sempre più le caratteristiche di un quadro a sé stante, le vedute possono aprirsi anche nei campi laterali, mentre tornano in evidenza le superfici della parete. L'apparato architettonico diviene via via più delicato e dalle forme manieristicamente allungate, destinato a essere in parte sostituito da composizioni vegetali fantastiche (IIb). Già nella fase le l'ordine architettonico si arricchisce di motivi e soggetti vegetali. Nel Ila e in special modo nel IIb, si riscontrano sempre più spesso volute deformazioni, mentre i sistemi parietali si animano di esseri fantastici di natura mista, che finiscono per assumere, in modo del tutto non realistico, funzione tettonica.
Anche i colori forniscono indicazioni sulla fase stilistica. Inizialmente la tavolozza non si distingue da quella del I stile. A partire dal Ib, e in particolare dal lc, la gamma cromatica diviene più ricca e l'impiego di colori dispendiosi, quali il blu e il cinabro, più frequente. Nell'insieme i colori sono caldi e luminosi, specialmente nella fase le, in cui, nonostante il realismo, grazie alla lucentezza e alla marcata ombreggiatura l'effetto pittorico risulta più accentuato che in precedenza. Nella fase II i colori si schiariscono ulteriormente; alla fine prevarrano le tonalità sfumate e fredde, e gli effetti di luci e ombra rimarranno non tanto per una definizione plastica dell'oggetto, quanto per uno straniamento pittorico e per accentuare un senso generale di inquietudine.
Nello studio della cronologia relativa del II stile i maggiori meriti vanno riconosciuti a H. G. Beyen. La sua suddivisione nelle fasi Ia,b,c e IIa,b e l'analisi degli elementi di datazione sono state a giusto titolo riconosciute come valide dagli studiosi. La sua cronologia assoluta è invece reputata troppo bassa. È tuttavia opportuno ricordare che quando Beyen elaborava il suo schema non era ancora nota la Casa di Augusto, che doveva essere strettamente collegata con il Tempio di Apollo Palatino, votato nel 36 a.C., e terminato nel 28 a.C. Le sue pitture, a cavallo tra le fasi Ila e IIb, sono da datare intorno al 30 a.C. D'altro canto, è stato nel frattempo dimostrato che nella Casa dei Grifi a Roma la muratura più recente su cui poggiano gli affreschi è in opus quasi reticulatum, testimoniato già alla fine del II sec. a.C. In base a queste considerazioni e ai confronti datati dei mosaici della dimora, si può stabilire come termine cronologico di partenza il 100 o, al più tardi, il 90 a.C. Le decorazioni parietali dei templi repubblicani sotto il Campidoglio di Brescia (Brixia) dovettero essere eseguite poco dopo l’89 a.C. e sono da riportare alla fase Ib. La decorazione della Villa dei Misteri a Pompei è successiva all'assedio dell'89 e forse anche alla fondazione della colonia nell'8o a.C. A Delo gli inizî del II stile sono accertabili già prima del 69 a.C., a Glanum, in una forma più matura, intorno al 50 a.C. (graffito del 32 a.C.), a Masada il II stile tardo è posteriore al 36 a.C. e a Herodion è attestato dopo il 24 a.C. Forse la villa sotto la Farnesina a Roma fu costruita da Agrippa come dono di nozze per Giulia nell'anno 19 a.C. Per ora non disponiamo di altri punti di riferimento. Tuttavia, la datazione dell'ultimo stadio (lIb) del II stile trova conferma in Vitruvio, che nel suo trattato, terminato intorno agli anni '20 dello stesso secolo, si scaglia contro l'irrazionalità dei suoi motivi decorativi.
Dai dati esposti sinora risulta la seguente tavola cronologica:
la 100-80 a.C. c.a:
Roma, Casa dei Grifi (100-90 a.C.)
Ib 8ο-70 a.C. c.a:
Brescia, Tempio Repubblicano (dopo l’89 a.C.)
Pompei, Villa dei Misteri (dopo l'80 a.C.)
Ic 70-50 a.C. c.a: Pompei, Casa del Labirinto (70-60 a.C.)
Boscoreale, Villa di Fannius (60 a.C. c.a)
Oplontis, Villa (60-50 a.C.)
Glanum
Ila 50-30 a.C. c.a: Pompei, VI 17,41 (50-40 a.C.)
Pompei, Casa delle Nozze d'Argento (40 a.C.) Pompei, Casa degli Epigrammi (40-30 a.C.)
Pompei, Casa del Criptoportico Pompei,
Casa di Obellius Firmus
IIb 30-20 a.C. c.a: Roma, Casa di Livia Masada (dopo il 36 a.C.)
Roma, Aula Isiaca Herodion (dopo il 24 a.C.)
Roma, Villa sotto la Farnesina (20 a.C. c.a)
Portici, Villa
Pompei, Caserma dei Gladiatori.
Il II stile non è affatto circoscritto a Roma e alla Campania. Sono sempre più frequenti le segnalazioni di scoperte effettuate in Italia peninsulare e in Sicilia, nella Francia meridionale, in Spagna (Ampurias) e, recentemente, in Grecia (Amphipolis, Delo). Esempi di II stile sono testimoniati addirittura in Egitto (Alessandria), a Cipro (Nea Paphos) e in Palestina (costruzioni erodiane). È incontestabilmente lo stile decorativo della tarda repubblica. Solo la sua origine è oggetto di discussione: l'Oriente greco (Fittschen) o Roma (Strocka, Wesenberg) mentre Tybout assume una posizione conciliante. Indubbiamente i particolari rivelano i precedenti ellenistici (pitture da palcoscenico, che non ci sono pervenute, architetture dipinte nei monumenti funerarî, p.es. a Lefkadià), tuttavia alcuni elementi (basi, capitelli) e la collocazione degli ortostati situati al di sopra degli alti zoccoli sono di origine italica. La rivoluzionaria trasformazione del solido sistema del I stile in un gioco pittorico dalle infinite possibilità poté aver luogo, intorno all'anno 100 a.C., soltanto nel nuovo centro del mondo mediterraneo, in una Roma politicamente e socialmente molto instabile. La forte competitività tra le famiglie eminenti e tra i singoli homines novi portò a una smodata crescita delle esigenze di rappresentanza, che nel II stile trovavano il loro mezzo di espressione. È comprensibile che a tale scopo si facesse ricorso a motivi architettonici sia italici sia orientali; altrettanto comprensibile è lo sviluppo di tradizioni locali, non appena il II stile divenne di moda anche al di fuori dell'Italia.
III stile. - A. Mau glorificava il III stile come l'apice della pittura parietale pompeiana, poiché esso, rinunciando alla rappresentazione illusionistica di incrostazioni marmoree o prospettive architettoniche, persegue per la prima volta (pur rifacendosi a schemi tradizionali) finalità esclusivamente ornamentali. Lo studioso vi evidenziava la bellezza della semplicità «caratteristica di un gusto raffinato e altamente evoluto». La tendenza propria del tardo II stile a suddividere la superficie parietale con elementi architettonici sempre più sottili fu portata avanti dal III stile fino a produrre un ordinamento completamente nuovo della parete. Lo zoccolo non presenta più rientranze e aggetti, gli scorci architettonici non compaiono più nella zona mediana; e vengono tollerati solo nella zona superiore in una forma miniaturistica assolutamente non realistica. La zona mediana presenta una pacata partizione paratattica in campi con o senza vignette, separati da elementi verticali (colonnine, candelabri), oppure mostra nella parte centrale un'edicola non tridimensionale che fa da cornice e dà risalto a un'immagine figurata autonoma. La forma più delicata di suddivisione parietale è definita dal Mau, in base al suo motivo caratteristico, «stile a candelabro». Tuttavia, non si tratta di uno «stile» autonomo, quanto di un semplice tipo di decorazione affermatosi tra la fine del II stile e gli inizî del III che ripartisce la parete chiusa in campi per lo più paratattici, separati da elementi estremamente sottili. Inoltre le strutture architettoniche non rispondono ad alcun canone proporzionale o realistico, a meno che non si pensi alle effimere decorazioni fisse in legno o metallo. I minuti ornamenti costituiti da motivi cristallini o piante e fiori stilizzati, vicini al repertorio decorativo classico e addirittura arcaico, contrastano con le pacate superfici colorate, incorniciate con precisione. Il fondamentale carattere di calma e semplicità, determinato dalle componenti indicate precedentemente, è estremamente raffinato. La ricercatezza trova espressione nella severa simmetria, nella linearità della rappresentazione di tutti gli elementi e nel risalto conferito ai piccoli motivi ornamentali. Anche i soggetti figurati e le scene all'interno dei quadretti centrali sono conformi al nuovo stile: le figure rivelano contorni accentuati e spesso si stagliano su un fondo chiaro privo di spazio. La loro plasticità è resa mediante piccoli tratti lineari di pennello, con lumeggiature. Le composizioni hanno il carattere di rilievi ed evitano movimenti bruschi. I colori utilizzati nei quadri, come pure nelle prospettive architettoniche, sono freschi e stemperati, non mancano tuttavia il rosso fuoco, il giallo e il nero, per campire le superfici più ampie. Pur con varianti di grande fantasia, nessuna parete di III stile rinuncia alla suddivisione tramite elementi di separazione, cornici e linee, originariamente di tipo architettonico, in seguito di forme più o meno astratte. La pittura di paesaggio è limitata a vignette, pìnakes o quadri centrali. In quest'ultimo caso si tende a perfezionare in modo particolare un paesaggio consistente in più parti, nel quale sono inserite in ordine sparso, talvolta in sequenza, scene mitologiche/miniaturistiche. Neanche la pittura di giardino, che riscuote favori crescenti, rinuncia a una rigida suddivisione in campi per mezzo di elementi architettonici. Quali nuove possibilità decorative sono accennati, inizialmente sui soffitti, girali di vite (Roma, sepolcro di Pomponius Hylas) e motivi a tappeto di fiori (Pompei I 6, II [2]). I quadri centrali, comparsi per la prima volta nel II stile tardo, erano molto apprezzati; i formati sono varî. I pittori traevano i soggetti dal repertorio della pittura ellenistica su tavola, apportando loro delle modifiche nel senso classicistico già descritto. Viene ora sistematicamente rispettata la relazione formale e contenutistica dei quadri centrali con l'ambiente (programma pittorico). Caratteristiche di questo stile sono anche le vignette miniaturistiche figurate nei campi laterali nonché le scene con piccole figure nelle predelle al di sotto e nei fregi al di sopra dei campi della zona mediana.
La durata e lo sviluppo del III stile sono ancora controversi, sebbene F. L. Bastet, M. de Vos e W. Ehrhardt, nonostante la discutibilità di alcune singole datazioni, abbiano riordinato il materiale spesso frammentario. Si dispone di ben pochi capisaldi cronologici: la camera sepolcrale della Piramide Cestia, costruzione che in base alla menzione di M. Vipsanio Agrippa come erede dovette essere terminata prima del 12 a.C., fu dipinta intorno al 20 a.C. Nella Casa del Centenario (Pompei IX 8, 3.6), un graffito consente di datare alcuni ambienti decorati in uno stile omogeneo (specialmente il triclinio 41) al periodo antecedente il 15 d.C. Gli affreschi di III stile andati perduti nell'atrio e nel tablino della casa Pompei VI 14, 5 recavano diversi graffiti con indicazioni sul consolato databili tra il 17 e il 29 d.C. (CIL, IV, 1552-1556). L'intonaco conservatosi nel sepolcro di Pomponius Hylas a Roma appartiene, in base all'iscrizione più antica (CIL, VI, 5540), al periodo compreso tra il 19 e il 37 d.C. Un graffito inciso su una colonna della sala Ν della palestra di Pompei risale a prima del 42 d.C., quindi la decorazione della stessa deve essere considerata più antica. Allo stato attuale non disponiamo di altri punti di riferimento. La datazione degli affreschi in III stile nella Villa di Agrippa Postumo a Boscotrecase è controversa: la datazione all'11 a.C. del marchio di un mattone della copertura non può costituire la prova che gli affreschi più recenti della residenza siano coevi a esso. È invece più probabile che i dipinti siano stati eseguiti poco prima o poco dopo l'esilio di Agrippa Postumo (7 d.C.). Le diverse interpretazioni della sua iscrizione non consentono di affermare nulla di certo sugli affreschi dell'edificio di Eumachia a Pompei. I più recenti studi sulla storia costruttiva dell'edificio (K. Wallat) datano quest'ultimo e le sue decorazioni a epoca tardo-augustea o agli inizî dell'età tiberiana.
Una cronologia relativa delle pareti in III stile non trova supporto in uno sviluppo lineare e chiaro, quale fu quello del II stile. Gli esempî più antichi (Villa Imperiale) semplificano e sopprimono la corposità delle forme del II stile tardo; le pareti più recenti (tablini delle case di M. Lucretius Fronto, V 4, a, e di L. Caecilius Iucundus, V 1, 26) mostrano ibride forme di passaggio al IV stile, annunciato da sporadici elementi vegetali ed effetti pittorici. Nell'epoca augustea media e tarda, il III stile appare sobrio e parsimonioso, ma con uno spiccato gusto miniaturistico, ricco di elementi raffinati. Le caratteristiche dell'evoluzione dello stile nelle epoche di Tiberio e di Caligola sono, p.es., l'ingrandimento dei motivi ornamentali, la crescente animazione delle composizioni mediante l'inserimento di elementi vegetali fortemente stilizzati (piante nello zoccolo, rami ondulati con foglie), l'incremento e lo scaglionamento delle architetture irreali, l'uso di colori più caldi. Non vi è alcuna prova che il III stile si sia protratto oltre gli anni '40 del I sec. d.C.
Bastet e de Vos suddividono il III stile (come Beyen il II) in due fasi, per un numero complessivo di cinque stadî:
la (20-10 a.C., «III stile iniziale»)
Ib (10-1 a.C., «III stile in evoluzione»)
lc (1-25 d.C., «III stile in pieno vigore»)
Ila (25-35 d.C., «III stile in declino»)
IIb (35-45 d.C., «forme ulteriori del III stile»)
Restano tuttavia vaghi i criterî utilizzati per la definizione dei singoli stadî all'interno di questo modello evolutivo. È più semplice una suddivisione schematica in tre stadi, senza nette demarcazioni:
III stile iniziale:
Roma, Piramide Cestia / c.a 20 a.C. (ante 12 a.C.)
Pompei, Villa Imperiale / 20-10 a.C.
Oplontis, Villa, ambienti 8, 10 bis, 12, 17, 22, 25, 30 / 20-1 a.C.
Pompei, Casa del Centenario, ambiente 41 / 10-1 a.C.
III stile medio:
Boscotrecase, Villa di Agrippa Postumo / 1-10 d.C.
Roma, Auditorium di Mecenate / 1-10 d.C. Pompei,
Villa dei Misteri, tablino / 10-20 d.C.
Pompei, VII 3, 29, Casa di Spurius Mesor, triclinio t / 10-20 d.C.
Pompei, VII 9, 1.43, Edificio di Eumachia / 10-20 d.C.
Roma, Tomba di Pomponius Hylas / 19-37 d.C.
Pompei, VII 4, 59, Casa dei Bronzi, ambienti i, l, m, 0 / 20-30 d.C.
Pompei, VI 11, 8-10, Casa del Labirinto, bagno 20-22 / 20-30 d.C.
III stile tardo: Pompei, IX 9, 18, Casa di Sulpicius Rufus, ambiente e / 35-40 d.C.
Pompei, II 7, Palestra, ala Ν / 35-40 d.C. (ante 42 d.C.)
Pompei, VI 14, 20, Casa d'Orfeo, triclinio 1 / 35-40 d.C.
Pompei, IX 1, 22, Casa di Epidius Sabinus, triclinio t' / c.a 40 d.C.
Pompei, VII 4, 56, Casa del Granduca, tablino 11 / c.a 40 d.C.
Pompei, 16, 15, Casa dei Cei / 35-45 d.C.
Pompei, V 4, a, Casa di M. Lucretius Fronto / 40-45 d.C.
Pompei, V ι, 26, Casa di L. Caecilius Iucundus, tablino i / 40-45 d.C.
Indiscutibilmente concepito in Italia, il III stile si diffuse con molta rapidità e senza i ritardi presunti in passato, dal suo centro alle provincie. Nel corso del tempo si è accresciuto il numero di esempi dalla Gallia; singole testimonianze provengono dalla Spagna, dal Reno e dal Norico (Magdalensberg). Nelle provincie orientali i rinvenimenti sono per il momento assai scarsi: Corinto, Tomba di Vize (Tracia, anteriore al 44 d.C.) e Gerusalemme.
Il III stile si afferma nel secondo decennio del principato come intenzionale superamento del manierismo caratteristico del II stile tardo. Il carattere classicistico-eclettico, l'assenza di tratti patetici e pittorici, la raffinata semplicità e precisione corrispondono perfettamente all'ideologia augustea, quale si espresse anche in altre forme d'arte. L'epoca di Tiberio (14-37 d.C.) rappresentò la continuità e il graduale consolidamento, riflessi nell'irrigidimento e nell'arricchimento dell'immutato apparato formale. Il breve regno di Caligola (37-41 d.C.) forse segnò una svolta. Uno stile nuovo, il IV, poté essere concepito soltanto sotto Claudio.
IV stile. - A una comprensione dell'ultimo degli s. p. è stata finora di ostacolo proprio la profusione delle testimonianze pervenuteci, dovuta al fatto che la gran parte delle decorazioni campane risale agli ultimi anni o decenni prima dell'eruzione del 79 d.C. Fino a che il Mau non indicò i criteri per distinguere i tre stili che lo precedettero, il multiforme IV stile aveva determinato l'immagine e condizionato la valutazione della pittura parietale pompeiana. È tanto più deplorevole il fatto che Mau, non apprezzando questo stile, non ne approfondì le particolarità come aveva fatto per i tre precedenti. Il persistere delle numerose dispute sul carattere del IV stile, sugli inizî, sulla durata e sulla sua fine fa sì che a tutt'oggi non sia ancora stata scritta una monografia dedicata all'ultima maniera decorativa di Pompei; molti studiosi si impegnano nel vano tentativo di definire un'evoluzione tipologica, in luogo di verificare il mutamento di gusto nell‘habitus stilistico e inquadrarlo storicamente. Se il III stile fu e rimase classicistico, il IV fu il suo esatto contrario. In esso si fa di nuovo ricorso a colori caldi, ombre scure e luci brillanti, al tratteggio malfermo del pennello; è, in breve, uno stile pittorico e sacrifica linearità e chiarezza a vantaggio dei contrasti, quali quelli tra campi piatti e vedute caratterizzate da profondità spaziale, o tra dettagli realistici e insiemi surreali. Esso predilige forme e ornamenti dinamici, in modo particolare elementi vegetali di andamento curvilineo (volute, viticci, fiori, ghirlande) e animali (cigni, delfini, grifoni e altri). Un motivo raramente assente, anche nelle decorazioni più modeste, è la bordura filigranata nelle sue infinite variazioni. Tutte queste innovazioni non possono essere interpretate quale ulteriore sviluppo del III stile, che avrebbe così rinunciato ai suoi principi fondamentali, ma come intenzionale ritorno al II stile tardo (IIb), che tuttavia non produsse mai vere e proprie imitazioni. Poiché le caratteristiche tipologiche del III stile furono in gran parte conservate, seppur con una prevalenza dell'organico-ornamentale e dell'irrazionale, il IV stile si pone come modo decorativo completamente nuovo, con un repertorio quasi inesauribile. Gli schemi compositivi del III stile continuano a essere applicati, ma con delle variazioni: la suddivisione della parete in tre o cinque parti con edicola centrale, la bipartizione delle pareti più strette, le zone lisce e, soprattutto, la scompartizione della zona mediana in campi e lesene, all'interno delle quali, come nelle epoche precedenti, sono rappresentati candelabri, girali e altri ornamenti, oppure vedute su architetture fantastiche. Troviamo ancora gli zoccoli, per lo più lisci e suddivisi in campi spesso decorati con cespi di piante, le cornici interne e le vignette nei campi laterali della zona mediana, i quadri centrali più o meno in risalto e, infine, le fantasie architettoniche della zona superiore. Le novità sono rappresentate da (rare) prospettive architettoniche nella zona mediana, che possono estendersi anche allo zoccolo e fungere da sfondo a scene di soggetto mitologico; grandi quadri con giardini e paesaggi (spesso con battute di caccia o scene con pigmei) all'interno di cornici simili a finestre, ma prive di suddivisione interna; nuovi, sebbene ancora rari, sono anche i motivi di tappezzeria o fregi ornamentali nella zona mediana. Per quanto concerne la decorazione dei soffitti, si prediligono ora gli schemi circolari e diagonali. Lo stile pittorico e le composizioni movimentate caratterizzate da profondità spaziale tradiscono nei quadri figurati un'ispirazione che si rifà ai modelli della tarda età classica e dell'ellenismo, ma solo raramente è possibile ipotizzare copie fedeli.
L'onnipresenza della pittura murale torna a essere limitata, per la prima volta dagli inizî del II stile, dalla realizzazione di analoghi sistemi di divisione della parete in stucco (p.es. Pompei, Terme Stabiane; Ercolano, Terme Suburbane; Villa di Domiziano a Castelgandolfo) o mosaico (ninfei a Pompei e a Ercolano), anche se per esigenze dettate dalle condizioni ambientali. Vere e proprie incrostazioni nello zoccolo (frequentemente imitate nel IV stile tardo) contendono lo spazio a una sempre meno prestigiosa pittura murale, così pure, nelle volte, le decorazioni in stucco e a mosaico.
Grazie alla cospicua quantità delle testimonianze pervenuteci, le differenze qualitative all'interno del IV stile possono essere definite con maggiore chiarezza rispetto agli altri stili. Nelle residenze aristocratiche (p.es. Pompei I, 10, 4, Casa del Menandro), oltre alle antiche regole di adeguatezza, le decorazioni degli ambienti di rappresentanza si distinguono da quelle dei vani secondari in base a un diversificato dispendio economico. Nelle dimore del ceto medio-basso (p.es. Pompei VI 15, 7.8, Casa del Principe di Napoli), la gamma di variazioni è assai più contenuta, tuttavia anche per queste vale la stessa regola. La crescente trascuratezza e la superficialità derivante dalla routine non si spiegano solo in base alla gerarchia degli ambienti e alle esigenze o alle condizioni finanziarie del committente; esse costituiscono altresì un fenomeno progressivo del IV stile. Sono stati compiuti molti sforzi volti a stabilire l'identità dei laboratori e identificare le opere di pittori che, con poche eccezioni, non apponevano la firma sul proprio lavoro. Le proposte convincenti sono ben poche. Se un'analisi accurata consente di riconoscere lo stile personale di un pittore in diversi dipinti, è difficile circoscrivere con chiarezza il repertorio dei motivi utilizzati da una data bottega, la cui composizione era probabilmente molto fluttuante. Si può ipotizzare l'esistenza di cartoni con tipi di figure e scene, nonché di varianti architettoniche e di motivi ornamentali. Una simile scorta di forme, tuttavia, non poteva rimanere a lungo di impiego esclusivo di una bottega. Sicuramente il IV stile presentava al suo interno una differenziazione su base sia locale (p.es. tra Pompei ed Ercolano), sia regionale (p.es. le provincie del Reno, rispetto alla Campania), tuttavia non è dimostrabile in modo sistematico.
Sulla cronologia del IV stile non si è ancora raggiunto un accordo. Beyen ne data gli inizî già agli ultimi anni del regno di Tiberio, Schefold all'acquisizione della piena sovranità da parte di Nerone, nel 59 d.C. Sebbene vi sia un certo consenso nell'affermare che il nuovo stile era fiorente nelle città campane; già prima del terremoto del 62 d.C., si discute ancora, per singoli casi, se il sisma del 62, tramandatoci dalle fonti, o un altro di cui non si ha notizia, ma teoricamente possibile, sia da considerare quale terminus ante sive post quem per il danneggiamento o per il presumibile restauro di una decorazione. In effetti una serie di reperti non consente di ipotizzare una relazione tra danni e restauri se non in rapporto al terremoto del 62 d.C. (p.es. Pompei VI 15,1, Casa dei Vettii, alae h, i; VI 15, 7.8, Casa del Principe di Napoli; IX 7, 20, Casa dello Specchio, triclinium i; I 6,4, Casa del Sacello Iliaco, danneggiata durante l'esecuzione delle pitture, quindi sommariamente restaurata e abitata a lavori non ultimati). Fortunatamente disponiamo di reperti databili con una certa sicurezza a prescindere dal suddetto evento catastrofico: dalle navi da parata di Caligola del lago di Nemi provengono mosaici con bordure filigranate risalenti agli albori dello stile. Le pitture del soffitto della c.d. Domus Transitoria, sottostanti il palazzo dei Flavi sul Palatino, possono essere datate su base numismatica ed epigrafica a età Claudia. Motivi di IV stile sono attestati nel Magdalensberg (ambiente k), nella città che precedette la Virunum fondata da Claudio. Un graffito (perduto) nell’oecus 19 della Casa del Menandro a Pompei (I 10,4), in cui si fa menzione del console ordinario Antistio Vetere, in carica nel 55 d.C., potrebbe essere stato inciso negli anni '50 del I sec. Il IV stile, che informa la decorazione dell'intera dimora, mostra restauri in diversi punti, probabilmente successivi al 62 d.C. Un'intera parete in IV stile dal centro antico di Gerusalemme deve considerarsi anteriore alla distruzione dell'anno 70 d.C. Una testimonianza particolarmente precisa da un punto di vista cronologico è la pittura eseguita ex novo in un IV stile maturo nella Casa delle Nozze d'Argento a Pompei, V 2 i, in cui un graffito datato al febbraio del 60 d.C., inciso su una colonna del peristilio, fornisce la cronologia per le pitture di questo e degli altri ambienti decorati nel medesimo stile. In base alla capigliatura del tipo Agrippina Minore della figura di Venere che dà il nome alla dimora, gli affreschi della Casa della Venere in conchiglia, Pompei II 3, 3, risalgono agli inizî dell'età neroniana. Il dipinto del Macellum di Pompei (VII 9, 7.8) è, secondo recenti studi sulla sua storia costruttiva (K. Wallat), di esecuzione anteriore al terremoto del 62 d.C. La Domus Aurea di Nerone a Roma, costruita tra il 64 e il 68 d.C., presenta molte decorazioni in IV stile avanzato. In base alle impronte di monete lasciate nell'intonaco ancora fresco dello zoccolo dell'atrio, tutte le pitture della Casa della Caccia antica a Pompei (VII 4, 48) risalgono al periodo successivo al 71 d.C.; per lo stesso motivo le pitture, assai modeste, del grande lupanare di Pompei (VII 12, 18) sono da considerare posteriori al 72 d.C.
Tavola cronologica:
Roma, c.d. Domus Transitoria I dopo il 41 d.C.
Stabiae, Villa d'Arianna, atrio / 45-50 d.C.
Stabiae, Villa San Marco, peristilio superiore / c.a 50 d.C.
Pompei, VI 15, 1, Casa dei Vettii, alae h, i / c.a 50 d.C.
Pompei, I 10, 4, Casa del Menandro / 50-55 d.C.
Pompei, VI 15, 7.8, Casa del Principe di Napoli / 50-60 d.C.
Pompei, V 2 i, Casa delle Nozze d'Argento / poco prima del 60 d.C.
Pompei, VII 9, 7.8 Macellum I poco prima del 62 d.C.
Pompei, I 6,4 Casa del Sacello Iliaco / 61-62 d.C.
Pompei, VI 15,1 Casa dei Vettii, restanti pitture / poco dopo il 62 d.C.
Pompei, VI 16,7 Casa degli Amorini Dorati / poco dopo il 62 d.C.
Roma, Domus Aurea / 64-68 d.C.
Gerusalemme, Mirgov Ladakh Street / prima del 70 d.C.
Pompei, VII 4, 48 Casa della Caccia Antica / dopo il 71 d.C.
Pompei, VII 12, 18, Grande Lupanare / dopo il 72 d.C.
Se gli inizî del IV stile possono collocarsi con certezza nell'epoca di Claudio, il suo tramonto non può essere determinato con precisione data l'assenza di reperti posteriori al 79 d.C. Sussistono molti indizî sul fatto che le tendenze classicistiche dell'epoca di Traiano avrebbero introdotto dei mutamenti stilistici anche nella decorazione parietale. Le pareti datate all'età adrianea (Tivoli, Villa Adriana; Roma, Villa Negroni; Ostia, Casa di Apollo) presentano un aspetto molto diverso.
Non è stato ancora proposto un modello di sviluppo del IV stile che abbia ricevuto consensi unanimi, poiché il periodo compreso tra gli anni 40 e il 79 d.C. può dare adito, dal punto di vista delle tipologie, alle ipotesi più diverse. Si può tuttavia notare una svolta nell'organizzazione e nell'esecuzione del repertorio delle forme, di per sé rimasto pressoché uguale. Il IV stile Claudio genera un'impressione di freschezza e di novità, è molto ricco ma attento ai dettagli decorativi. Esso manifesta un gusto spiccato per i contrasti tra accentuata spazialità e assoluta piattezza. Il IV stile di età neroniana porta l'illusionismo a un livello di eleganza e raffinatezza, mitiga i contrasti e dispone della maggior parte delle varianti di schemi formali ormai di uso comune. Con Vespasiano si afferma la predilezione per gli effetti puri; le forme si appesantiscono e i dettagli divengono più grossolani.
Decorazioni in IV stile, riconoscibili dai listelli filigranati o dai motivi tipici quali candelabri o cespi nello zoccolo, sono attestate in tutte le provincie occidentali. La sua diffusione in Oriente è testimoniata per il momento da un numero esiguo di reperti (Alessandria, Efeso, Gerusalemme). Il IV stile nasce nei primi anni del regno di Claudio (41-54 d.C.) come risposta cosciente e contraria al III stile, irrigiditosi all'epoca di Tiberio; sono ipotizzabili sperimentazioni ibride all'epoca di Caligola (37-41 d.C.). Il ritorno alle forme e al gusto del II stile tardo (IIb) è più comprensibile se lo si pone in relazione ai tentativi sistematici di Claudio di riallacciarsi ad Augusto. L'irrigidimento e gli abusi dell'epoca di Tiberio e di Caligola dovevano essere superati da un nuovo ed energico inizio. Naturalmente un fenomeno di carattere così generale, quale è lo stile di un'epoca, è da considerare prodotto non soltanto di una concezione politica, ma anche della mutante mentalità coeva. Allo stesso tempo esso rappresenta una risposta psicologicamente indispensabile all'ormai superato III stile, così come il II lo era stato per il I e il III per il II.
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IV Stile: W. j. Th. Peters, La composizione delle pareti dipinte nella Casa dei Vetti a Pompei, in MededRom, XXXIX, 1977, pp. 95-128; A. Barbet, Les bordures ajourées dans le IVe style de Pompéi. Essai de typologie, in MEFRA, XCIII, 1981, pp. 917-988; W. J. Th. Peters, P. G. P. Meyboom, The Roots of Provincial Roman Painting. Results of Current Research in Nero's Domus Aurea. Roman Provincial Wall Painting of the Western Empire, Oxford 1982, pp. 33-74; W. J. Th. Peters, La composizione delle pitture parietali di IV stile a Roma e in Campania, in La regione sotterrata dal Vesuvio. Atti del Convegno Intemazionale, Napoli 1979, Napoli 1982, pp. 635-645; E. M. Moormann, Rappresentazioni teatrali su scaenae frontes di quarto stile a Pompei, in Pompei, Herculaneum, Stabiae, I, 1983, pp. 73-117; V. M. Strocka, Casa del Principe di Napoli (VI 15, 7.8) (Häuser in Pompeji, I), Berlino 1984; id., Ein missverstandener Terminus des Vierten Stils. Die Casa del Sacello Iliaco in Pompeji (I 6, 4), in RM, XCI, 1984, pp. 125-140; W. Ehrhardt, Casa dell'Orso (VII 1, 44-46) (Häuser in Pompeji, II), Berlino 1988; W. C. Archer, The Paintings in the Aloe of the Casa dei Vetti and a Definition of the Fourth Pompeian Style, in AJA, XCIV, 1990, pp. 95-123; G. Cerulli Irelli, Der letzte pompejanische Stil, in G. Cerulli Irelli e altri, Pompejanische Wandmalerei, cit., pp. 233-238; R. Thomas, Zur Chronologie des 3. und 4. Stils, in KölnJbVFriihGesch, XXIV, 1991, pp. 153-158; V. M. Strocka, Neubeginn und Steigerung des Principáis. Zu den Ursachen des claudischen Stilwandels, in V· M. Strocka (ed.), Die Regierungszeit des Kaisers Claudius (41-54 n. Chr.). Umbruch oder Episode?, Magonza 1994, pp. 191-220; id., Die Chronologie des Vierten Stils, von keinem Erdbeben erschüttert, in Th. Fröhlich (ed.), La regione vesuviana dal 62 al 79 d. C.: problemi archeologici e sismologici, Boscoreale 1993, Monaco 1994, pp. 175-181; H. Eristov, Les éléments architecturaux dans la peinture campanienne du quatrième style, Roma 1994. - Singole località: Efeso: V. M. Strocka, Die Wandmalerei der Hanghäuser in Ephesos, Vienna 1977, pp. 93-96, 103. - Gerusalemme: Ν. Avigad, Discovering Jerusalem, Gerusalemme 1984, p. 99.
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