ITALIOTA, Stile
ITALIOTA, Stile. − È lo stile delle manifestazioni artistiche attribuibili a quelle popolazioni che gli antichi designarono come italiote, e cioè dei coloni greci trapiantatisi a partire dal IX-VIII sec. a. C. nell'Italia meridionale, designata col nome di Magna Grecia. Coloni che, pur di stirpi originariamente diverse e soggetti a influssi varî dalla madrepatria, dal retroterra e dagli indigeni con cui stabilirono ben presto una pacifica convivenza, maturarono, in virtù di particolari condizioni di ambiente, talune caratteristiche comuni e talora autonome rispetto all'arte ellenica da consentire la denominazione di stile italiota. Denominazione, però, che, se va mantenuta in un ambito geograficamente preciso i cui limiti sono segnati dalle indicazioni stesse delle fonti antiche, è stilisticamente alquanto generica, poiché si consegna soprattutto all'affiorare degli elementi non greci attraverso quelli delle varie correnti artistiche cui gli Italioti, a seconda della loro stirpe, delle contingenze e delle vicende storiche, furono soggetti. Da questi incontri, comunque, nacque uno stile caratterizzato da una potente vitalità espressiva, da un'esuberanza figurativa, da un naturalismo talora semplicemente aneddotico talaltra rozzamente e salacemente umoristico: uno stile aspro e disarmonico, originale per la sua capacità di nuove forme espressive e per talune improvvise rotture con la tradizione ellenica e, d'altra parte, non confondibile con la produzione italica vera e propria (v. italica, arte).
Lo stile i. comincia a delinearsi fin dal VII sec. con statuette ancora di influsso dedalico ma si afferma nel VI sec. con il complesso architettonico e scultoreo dell'Heraion del Sele, con i templi di Paestum, ove l'arte dorica, come su tutto il litorale tirrenico, trova una sua espressione singolare nella persistenza di talune arcaicità (ad esempio il numero dispari delle colonne sulla fronte e la fila di colonne centrali della Basilica di Paestum), nella colossalità delle forme, in alcune peculiarità ornamentali (come ad esempio le foglie che ornano il collarino del capitello delle colonne della Basilica e del Tempio di Cerere sempre a Paestum) e in taluni "ionismi". Sul litorale ionico, a Locri, a Taranto, ci si ispirerà più decisamente a moduli ionici; ma anche qui gruppi fittili, pìnakes (la scarsità del marmo incrementò la produzione delle terrecotte), templi, manifestarono dei caratteri autonomi rispetto alla koinè ionico-arcaica. Come autonoma e floridissima fu l'arte della moneta. Al tempo delle guerre persiane una nuova ondata di Ioni emigrò nella Magna Grecia è l'epoca splendida di queste contrade, quella che vide a Reggio la scuola del bronzista Pythagoras, esule da Samo ma ribattezzato Reggino, creatore di statue atletiche ove ricerche di ritmi astratti (v. symmetria) si fondevano a intenti naturalistici (Plin., Nat. hist., xxxiv, 59: hic primus nervos et venas expressit, capillumque diligentius), a Taranto sculture come la dea seduta di Berlino, probabilmente, il cosiddetto Trono Ludovisi e una serie di rilievi minori in pietra tenera e di bronzi che si diffusero in tutto l'Adriatico. Tra la fine del V sec. e l'inizio del IV si inizia in Magna Grecia la fioritura di una ceramica locale a figure rosse differenziata in varie correnti e cioè àpula, lucana e campana. È una ceramica che ispirandosi a quella antica di stile fiorito ne riproduce i moduli ed i miti con una sovrabbondanza decorativa, una ricchezza delle forme e dei colori, un'assenza di ethos, proprie della vena popolaresca in cui si innesta. Scarse le firme di artisti: per la ceramica àpula (v. apuli, vasi) si conosce quella di Lasimos; in quella lucana (v. lucani, vasi) Assteas e Pythos riaffermarono nelle scene fliaciche di molti dei loro vasi quel gusto per la parodia e la caricatura che era stato fin dall'inizio uno dei tratti più salienti e peculiari dello stile i. (v. fliacici, vasi).
Con la metà del IV sec. la potenza delle città italiote si indebolisce: alla decadenza politica corrisponde un affievolimento delle manifestazioni artistiche; le popolazioni dell'entroterra, Sabelli, Oschi, Lucani e poi i Romani si impadroniscono delle città greche. Ma talune caratteristiche dello stile i. riappariranno fra le più efficaci componenti dell'arte romana.