ARCAICO, Stile
Il termine a., usato nella lingua italiana fin dal sec. XVII e risalente ai grammatici latini della tarda antichità, è invalso nell'uso archeologico negli ultimi decennî del secolo scorso, e precisamente nelle opere di M. Collignon, Caractères généraux de l'archaïsme grec, in Rev. Arch., 1885, VI, 271-292; J. Overbeck, Zur archaischen Kunst, in Berichte Sächs. Gesellsch. Wissensch. Leipzig, p. 1 ss.; H. Brunn, Griechische Kunstgesch., II. Bd., Die archaische Art, 1897. In opere anteriori degli stessi autori, quali la Geschichte d. griech. Künstler (Braunschweig 1853), del Brunn, e la Geschichte d. griech. Plastik (Lipsia 1881), dell'Overbeck, questo termine non è ancora impiegato e all'epoca che con quel termine sarebbe stata più tardi definita si allude con varie perifrasi. Sono identificate, con lo stile a. quelle opere dell'arte greca comprese fra il 650 e il 480 a. C. o fra il 1000 e il 480, secondo alcuno che vi include anche la fase geometrica (Ducati). Caratteri stilistici comuni alle opere arcaiche (onde la definizione di stile a.) sono la frontalità, la rigidità, l'assenza di interessi e di ricerche naturalistiche e luministiche; determinazione spirituale comune è la prevalenza del "simbolo" sulla forma (Hegel, Estetica, che peraltro non usa ancora il termine a., bensì quelli di arte eginetica e etrusco-antica). Allo stile a. (la cui ultima fase, detta dell'arcaismo maturo, coincide con gli ultimi decenni del VI ed i primi del V sec. a. C.) viene posto come estremo limite convenzionale il 480 a. C., la data della "colmata persiana" dell'acropoli di Atene, che segna altresì, con l'inizio dello stile severo, la nascita della classicità. La definizione dello stile (nei suoi dati più esteriori e considerato come una fase ancora "imperfetta" dell'arte greca) traspare già dalle fonti antiche (ad esempio Cic., Brutus, 18, 70 s.).