STELLE (XXXII, p. 676)
Origine dell'energia irradiata dalle stelle. - I recenti progressi della chimica nucleare hanno portato molta luce sopra l'origine dell'energia irradiata dalle stelle. Già nel 1936 l'Armellini scrisse che la spiegazione doveva ricercarsi in fenomeni subatomici; e cioè nella disintegmzione e trasformazione della materia. Ora la chimica nucleare moderna ha confermato questa ipotesi e l'ha precisata, affermando che le sorgenti dell'energia stellare (almeno per la grande maggioranza delle stelle e cioè per quelle appartenenti alla main sequence "sequenza principale"; v. XXXII, p. 362) risiedono principalmente nella trasformazione dell'idrogeno in elio. Per le stelle "giganti", che debbono oggi considerarsi come stelle eccezionali, di dimensioni molto maggiori e densità e temperatura più bassa delle stelle ordinarie della sequenza principale, sembra invece che l'energia sia prodotta da trasformazioni nucleari più semplici: ad es., protone-protone; protone-litio, ecc. Per le "nane bianche", stelle di altissima densità, non si hanno ancora idee precise.
Ricordando che l'atomo d'idrogeno si compone di un protone e di un elettrone, che l'atomo di elio si compone di due protoni, due neutroni e due elettroni e che gli elettroni hanno massa trascurabile mentre la massa del neutrone è pressoché identica a quella del protone, vediamo subito che un atomo di elio dovrebbe avere un peso quattro volte superiore a quello dell'atomo d'idrogeno. Invece la chimica c'insegna che il peso atomico dell'idrogeno è 1,008, mentre quello dell'elio è 4,000. Ne segue che, nella trasformazione dell'idrogeno in elio, si ha una perdita di materia (detta oggi contrazione di massa) eguale a circa 1/130; o, in altre parole, ne segue che quando un grammo d'idrogeno si trasforma in elio, si producono soltanto 0,993 grammi di elio; e cioè si ha una perdita di massa di circa 7 milligrammi. Ed è appunto questa massa che si trasforma in energia.
Poiché l'energia prodotta E è legata alla massa scomparsa m dalla nota equazione fisica:
dove c è la velocità della luce, ponendo nella [1] c = 3.1010 ed m = 0,007, si ricava subito E = 6.1018 erg = 1,5.1011 calorie.
Sapendo che per ogni grammo d'idrogeno che si trasforma in elio si producono centocinquanta miliardi di calorie, possiamo grossolanamente formarci un'idea sopra la durata della vita stellare. Ad es., le osservazioni piroeliometriche mostrano che il Sole irradia annualmente nello spazio circa 3.1033 calorie e quindi (poiché la massa solare è di circa 2.1033 grammi) ogni grammo di materia solare irradia, in media, una caloria e mezzo all'anno. Ne segue che, se il Sole fosse oggi composto interamente di idrogeno e se la sua irradiazione rimanesse costante, esso potrebbe durare ancora per circa cento miliardi di anni.
In realtà, il Sole non è composto soltanto d'idrogeno e l'irradiazione solare (come è stato dimostrato da B. Bok, G. Gamow ed altri) cresce col diminuire dell'idrogeno e con l'aumentare dell'elio (che continuamente si produce) fino a giungere ad un massimo, circa quindici volte maggiore dell'irradiazione attuale, quando l'elio sarà divenuto circa dieci volte più abbondante dell'idrogeno. La durata del Sole sarà quindi molto minore di cento miliardi di anni.
Ovviamente, quando l'irradiazione solare sarà divenuta quindici volte maggiore, anche la Terra riceverà una quantità di calore quindici volte maggiore dell'attuale. E un teorema di fisica, dovuto a Stefan, mostra che la temperatura terrestre sarà allora di circa trecento gradi sopra zero, e cioè all'incirca quella del piombo in fusione. Gli oceani si ridurranno in vapore e ogni traccia di vita, vegetale ed animale, sarà spenta sopra la Terra. Poi, consumato anche il poco idrogeno restante, la produzione di energia solare diminuirà rapidamente fin quasi a cessare; e la Terra, dopo questo bagno di fuoco, resterà immersa nel freddo e nella notte.
Costituzione delle stelle; teorema fondamentale. - Fisicamente, le stelle debbono considerarsi come giganteschi globi gassosi, in cui si genera energia per trasformazione dell'idrogeno in elio ed in cui i gas (dato l'alto grado di ionizzazione e quindi il piccolo volume a cui si riduce l'atomo, privato degli elettroni esterni) ubbidiscono alla legge dei gas perfetti, anche sotto notevole densità; almeno astraendo dalle stelle nane bianche, che hanno densità straordinariamente elevate. Ora le moderne vedute sopra l'origine dell'energia stellare, hanno permesso di precisare le equazioni che governano l'equilibrio dei gas stellari ed hanno condotto ad un teorema di fondamentale importanza nell'astrofisica, secondo cui una stella (supposta sferica) risulta pienamente determinata, quando si conoscano la sua massa totale M e la sua composizione chimica, alle diverse distanze x dal centro. Si dimostra infatti che, con questi dati, è possibile calcolare: la quantità totale di energia irradiata dall'astro, il suo raggio (che è quel valore di x per cui la densità si annulla) e quindi la sua temperatura effettiva (e cioè la temperatura assoluta di un corpo nero avente eguale raggio e irradiante la stessa quantità di energia), il suo colore, ecc., nonché la pressione p, la densità ρ e la temperatura assoluta T ad una distanza qualsiasi x dal centro.
Sia O il centro dell'astro, supposto sferico, Q un punto qualsiasi nel suo interno a distanza x dal centro ed S una sfera di centro O e raggio OQ. Se indichiamo con m(x) ed E(x) la massa contenuta in S e la quantità di energia che vi si genera nell'unità di tempo, avremo le due equazioni evidenti:
dove h è il coefficiente di generazione dell'energia, funzione della composisione chimica, della temperatura e della pressione, e quindi funzione della x. D'altra parte, poiché la gravità g nel punto Q è eguale ad fm/x2, dove f indica il coefficiente attrattivo della legge di Newton, si ha dalla meccanica l'equazione di equilibrio:
Ma la pressione p è eguale alla pressione p′ del gas, aumentata della pressione p″ dell'energia raggiante. Ora questa ultima è data da aT4/3 essendo a la costante energetica, mentre la prima (poiché i gas sono allo stato di gas perfetti) è eguale ad RTρ/μ, dove R è la nota costante dei gas e μ il peso atomico o, meglio, la media dei pesi atomici della miscela. Abbiamo allora:
Infine, poiché il flusso di energia uscente da S è proporzionale alla superficie di S, al gradiente della pressione dell'energia
e alla velocità della luce c e poiché esso deve essere eguale ad E(x), abbiamo:
dove k è il coefficiente di opacità, dipendente dalla composizione chimica e quindi funzione di x. Il segno negativo indica che l'energia va da alta a bassa temperatura.
In totale abbiamo cinque equazioni, che permettono di determinare le cinque funzioni incognite E (x), m (x), p (x), ρ(x), T(x), quando si conoscano h, k, μ in funzione della x. Poiché nel sistema figurano tre equazioni differenziali del primo ordine, nell'integrazione (che in generale si può eseguire soltanto approssimatamente, con i metodi dati dal calcolo) compaiono tre costanti arbitrarie. Si ha però evidentemente m(0) = E(0) = 0, onde basta la conoscenza di un solo dato (per es. la massa totale) affinché la soluzione risulti determinata.
Trovata ρ in funzione di x, il raggio r dell'astro risulta, evidentemente, eguale a quel valore di x per cui ρ(x) = 0. D'altra parte, l'energia totale irradiata dall'astro è eguale ad E(r), onde l'energia ε che l'astro irradia per ogni centimetro quadrato della sua superficie esterna, sarà E(r)/4πr2. Chiamando allora con Te la temperatura effettiva dell'astro (da cui dipende il colore, il tipo spettrale, ecc.) e con σ la costante di Stefan, si ha dalla fisica ε = σ T4e, onde anche Te risulta determinata, ecc.
È da notare che se h, k, μ si suppongono costanti, si trova facilmente che la pressione dell'energia, in ogni punto interno, è proporzionale alla pressione del gas; e cioè si ritrova la soluzione approssimata di Eddington, che fu esposta a p. 687 della voce stelle. Basta infatti osservare che, in tal caso, la [2] e la [3] ci mostrano che il rapporto dm/dE è costante, quindi, poiché m(x) ed E(x) si annullano al centro, m(x) risulta proporzionale ad E(x), onde si torna alla dimostrazione data a p. 687.
Modernamente, il teorema è stato verificato sperimentalmente da G. P. Kuiper, servendosi di stelle dell'ammasso delle Pleiadi, che - provenendo dalla condensazione di una medesima nebula - presentano certamente una composizione chimica quasi identica. Costruendo opportuni diagrammi cartesiani, in cui si prende per ascissa la massa, G. P. Kuiper ha trovato che la temperatura effettiva, la grandezza bolometrica assoluta (e cioè la quantità totale di energia emessa), ecc., quali risultano dalle osservazioni, sono funzioni univoche della massa stessa; e cioè, graficamente, si hanno curve tagliate sempre in un solo punto da parallele all'asse delle ordinate.
Nuove ricerche sul diagramma di H. Russell. - Lavori recentissimi (tra cui il grande atlante degli spettri stellari, pubblicato nel 1942 dall'Osservatorio di Yerkes per cura di W. W. Morgan, E. Kellmann ed altri) hanno completato la classificazione stellare di H. Russell, che fu esposta a p. 687 della voce stelle. Oggi le stelle vengono quindi suddivise in:
a) Stelle supergiganti, di grandezza assoluta di circa -6,5 pari ad una luminosità reale circa trentamila volte superiore a quella del Sole. Sono stelle eccezionali, di dimensioni enormi e densità estremamente bassa, che possono appartenere a quasi tutti i tipi spettrali.
b) Stelle giganti, già indicate nel diagramma di H. Russell. La loro grandezza assoluta, che veniva posta eguale a circa −1 dal Russell, sembra invece variare un poco col tipo spettrale; e cioè partendo da circa −3 (corrispondente ad una luminosità circa duemila volte superiore a quella del Sole) per le giganti bianco-azzurre del tipo spettrale B, si giunge ad 1 (luminosità ottanta volte quella solare) per le giganti gialle del tipo G, e quindi si torna a circa −1 (luminosità circa duecentocinquanta volte quella solare) per le giganti rosse del tipo M.
c) Stelle subgiganti, di color giallo e tipi spettrali G e K. Hanno grandezza assoluta circa 3 (luminosità circa sei volte superiore alla solare) e sembrano colmare in parte la lacuna esistente tra le giganti e le nane di questi tipi spettrali.
d) Stelle normali, o stelle della sequenza principale, già indicate nel diagramma di Russell col nome, che oggi sembra debba abbandonarsi, di stelle nane. A queste appartiene il Sole.
e) Stelle nane bianche, di color bianco, temperatura effettiva di circa 10000, tipo spettrale A, densità elevatissima e piccole dimensioni.
I recenti progressi della statistica stellare hanno poi mostrato che le stelle subgiganti, giganti, e più ancora supergiganti, sono relativamente rare: forse appena l'uno per cento del totale. Le stelle nane bianche, che anni or sono si credevano rarissime, hanno mostrato invece una notevole frequenza; si crede oggi che esse costituiscano circa il dieci per cento degli astri. In ogni modo si conferma che la grande maggioranza (probabilmente circa il 90%) delle stelle è costituita da quelle appartenenti alla sequenza principale, che appunto perciò vengono oggi considerate come stelle normali. Tra queste, il maggior numero è costituito dalle nane del tipo spettrale M; piccole stelle di color aranciato, di bassa temperatura effettiva (circa 3000 gradi) e di debole luminosità, anche centinaia di volte inferiore a quella del Sole.
In proposito, esaminando le stelle contenute in una sfera avente per centro il Sole e per raggio circa trecento anni di luce (e cioè le stelle contenute nello spazio bene accessibile ai nostri equatoriali) si è trovato che sopra una popolazione di circa centocinquantamila stelle, appena mille e cinquecento sono giganti, subgiganti o supergiganti, mentre oltre centomila sono stelle nane di tipo spettrale M. Si può quindi dire oggi che l'Universo, od almeno il nostro Sistema galattico, è largamente disseminato di piccole stelle rossastre.
Interpretazioni moderne del diagramma di H. Russell: nuove idee sopra l'evoluzione stellare. - La scoperta delle sorgenti della energia irradiata dalle stelle ha oggi costretto ad abbandonare l'idea (pur tanto suggestiva) che il diagramma di Russell corrisponda ad un ciclo evolutivo; e cioè che una stella, durante la sua vita, percorra tutto il diagramma di Russell, passando da gigante rossa (appena formata) a nana rossa, poco prima dell'estinzione definitiva. Basta infatti pensare che, nella trasformazione dell'idrogeno in elio, si perde appena il sette per mille della massa, onde la massa di un astro rimane presso a poco costante durante tutta la sua vita; e che le osservazioni astronomiche mostrano come le giganti rosse abbiano masse molto superiori (spesso anche venti volte) a quelle delle nane rosse.
Oggi il diagramma di Russell riceve una spiegazione assai semplice, fondata sul teorema che si è sopra riportato. Infatti, poiché tutte le caratteristiche stellari (per stelle di analoga composizione chimica) dipendono soltanto dalla massa dell'astro, se noi costruiamo un diagramma cartesiano prendendo per ascissa e per ordinata due diverse caratteristiche stellari (p. es., il tipo spettrale e la grandezza assoluta, come si fa nel diagramma di Russell), i punti immagini degli astri esaminati non possono riempire tutto il piano, ma debbono necessariamente costituire un insieme ad una sola dimensione; e cioè debbono disporsi lungo una curva. Ed è appunto ciò che si vede nella sequenza principale che abbraccia la grandissima maggioranza delle stelle. Le stelle giganti, supergiganti, nane bianche, ecc. sarebbero stelle eccezionali, di composizione chimica diversa o in cui si producono reazioni nucleari differenti dalla trasformazione dell'idrogeno in elio delle stelle normali.
Secondo le idee moderne, l'evoluzione stellare dovrebbe svolgersi nel modo seguente. Al formarsi di un astro, per condensazione di una nebula gassosa, si produce un notevole riscaldamento del gas (specie nelle regioni centrali del nuovo astro) per effetto del noto fenomeno della trasformazione adiabatica. Questo riscaldamento dà origine alle reazioni nucleari più semplici (protone-protone) le quali, a loro volta, col calore prodotto, permettono d'iniziare la trasformazione dell'idrogeno in elio.
Da allora, restando la massa dell'astro presso a poco costante, tutta la sua evoluzione dipende soltanto dalla variazione della sua composizione chimica, la quale consiste principalmente nell'impoverirsi sempre più d'idrogeno e nell'arricchirsi di elio. Si dimostra allora (ed una prima dimostrazione di carattere generale venne data nel 1930 da G. Armellini, in Rendiconti dell'Accademia dei Lincei e più tardi in forma più esplicita da G. Gamow ed altri, precisando che la trasformazione della massa in energia dipendeva dalla reazione nucleare che trasforma l'idrogeno in elio) che la temperatura effettiva dell'astro è funzione crescente del tempo, fino a raggiungere un certo massimo; dopo di che essa diviene decrescente e s'inizia il declino dell'astro.