STEFANO VIII
Eletto nel luglio (forse il 14) del 939, S. era un romano, cardinale prete del titolo dei SS. Silvestro e Martino. È solo frutto di tradizioni molto tarde la notizia di una sua origine tedesca e di una sua elezione per volontà di Ottone I, allora re di Germania. La sua scelta si dovette invece, come quelle del suo predecessore e dei suoi immediati successori, alla volontà di Alberico, "princeps" di Roma e signore indiscusso della città dal 932 al 954. Uomo di preghiera e irreprensibile nella vita privata, S. proseguì nella politica di Leone VII, favorendo e appoggiando il movimento della riforma monastica anche a Roma e nell'Italia centrale, in ciò sostenuto da Alberico, il quale pare fosse sinceramente interessato a questo aspetto della vita ecclesiastica. Per il resto, l'attività del pontefi- ce dovette svolgersi lontano dalla città, in territori e in questioni che non interferivano direttamente con le sorti del "princeps" romano. I pochi documenti pervenutici, o di cui si ha traccia in fonti coeve, testimoniano un privilegio dato al monastero di S. Maurizio a Magdeburgo, fondato nel 937 da Ottone I, l'esenzione concessa al monastero di recente fondazione di S. Salvatore in Tolla, nella diocesi di Piacenza, su richiesta dell'abate Ariberto (ottobre 939), l'elezione del vescovo Giovanni di Nola, avvenuta su consiglio e insistenza di Oddone di Cluny (940), la conferma a Rotilde, che era badessa del monastero di Bouxières nella diocesi di Toul, di privilegi e possedimenti (dicembre 941) e l'opera di mediazione in una lite sorta tra Oddone abate di Déols e Gerungo arcivescovo di Bourges, alla cui diocesi il monastero di Déols apparteneva, a proposito del possesso della località di Vouillon. Più significativo di questi atti, che si possono definire di normale amministrazione, fu l'intervento pacificatore svolto da S. nelle questioni del Regno franco nel corso dell'ultimo anno di pontificato. Il figlio di Carlo il Semplice, Luigi IV d'Oltremare, era stato eletto re nel 936 ma poco più tardi aveva dovuto affrontare la ribellione di alcuni suoi vassalli, che si era estesa a tal punto da mettere in pericolo le sorti del Regno. Capofila del movimento di rivolta erano il conte Eriberto II di Vermandois e Ugo il Grande, duca dei Franchi, figlio di re Roberto I. All'inizio del 942, S. inviò Damaso come suo legato in Francia, con l'incarico di riportare la pace; nel documento papale, che Damaso recava con sé (non pervenuto ma il cui tenore è noto attraverso il riassunto che ne fa Flodoardo di Reims nei suoi Annales), si invitavano i principi franchi e le popolazioni di Francia e di Borgogna a riconoscere nuovamente come loro re Luigi IV, pena la scomunica. La missione non ebbe immediatamente buon esito, ma fu l'occasione perché l'inviato papale si rendesse conto esattamente della situazione e potesse informarne Roma. Pochi mesi più tardi una legazione proveniente da Reims ottenne da S. che riconoscesse di nuovo Ugo di Vermandois come arcivescovo della città. Questi, che era figlio del conte Eriberto II, già eletto e riconosciuto arcivescovo nel 925 da Giovanni X, quando aveva appena cinque anni, nel 931 era stato deposto e sostituito, in circostanze ancora poco chiarite, dall'arcivescovo Artoldo, che godeva dell'appoggio di Raoul I, re del Regno franco occidentale, e di Ugo il Grande, allora marchese di Neustria, ma non aveva cessato di reclamare il proprio diritto, tanto che in un sinodo tenutosi a Soissons nel 941 aveva ottenuto che Artoldo fosse proclamato usurpatore della cattedra episcopale. Nel giudizio d'appello a Roma, il papa ritenne regolare la posizione di Ugo e decise di reintegrarlo nella sua carica. La questione poteva apparire come esclusivamente ecclesiastica, ma la decisione di S. (giustificata e corretta sotto il profilo giuridico e di giustizia) ebbe ripercussioni anche in campo politico e contribuì ad agevolare grandemente la pacificazione nel Regno franco occidentale, dal momento che andava a favore del figlio del principale antagonista di Luigi IV. Le fonti non sono concordi nel ritenere se la delegazione di ritorno a Reims abbia riportato con sé, insieme al pallio arcivescovile, un'altra lettera di S., oppure se questa sia stata inviata successivamente. In ogni caso, vi fu un ulteriore intervento del pontefice, con il quale si ribadì la minaccia di scomunica ai principi franchi se non avessero cessato le ostilità e riconosciuto di nuovo Luigi IV come loro re, e se non avessero inviato legati a Roma entro il Natale dello stesso anno. La sopravvenuta morte di S., alla fine dell'ottobre 942, non gli permise di concludere l'opera, ma nel novembre dello stesso anno un patto di amicizia fu stipulato fra Luigi IV d'Oltremare e Ottone I re di Germania, e contestualmente Eriberto II di Vermandois e Ugo duca dei Franchi si sottomisero a re Luigi. Una notizia del Chronicon di Martino di Troppau (ripresa da altri ed entrata in una redazione tarda del Liber pontificalis nel Quattrocento) riferisce che S. sarebbe stato "mutilatus a quibusdam Romanis" (p. 431). Tale atto sarebbe stata la conseguenza della presunta non estraneità del pontefice ad una congiura e a un tentativo di ribellione (raccontato solo da Martino, che scrive nel sec. XIII) contro Alberico, avvenuto nell'ottobre 942; il papa, come detto, sarebbe morto di lì a poco proprio in seguito alle ferite ricevute. La notizia non ha altri riscontri, e le diverse riprese del racconto in altre fonti non sono scevre da incongruenze e contraddizioni tali da lasciare dubbi sulla veridicità dell'affermazione. S. fu sepolto in S. Pietro. Fonti e Bibl.: P.M. Campi, Historia universale […] di Piacenza, I, Piacenza 1659, p. 486; P.L., CXXXII, coll. 1089-92; Pontificum romanorum [...] vitae ab aequalibus conscriptae, a cura di I.M.B. Watterich, I, Lipsiae 1862, p. 671; Martino di Troppau, Chronicon pontificum et imperatorum, a cura di L. Weiland, in M.G.H., Scriptores, XXII, a cura di G.H. Pertz, 1872, p. 431; Flodoardus, Historia ecclesiae Remensis, in P.L., CXXXV, coll. 296-301, anche in M.G.H., Scriptores, XXXVI, a cura di M. Stratmann, 1998, pp. 415-21; Id., Annales, in P.L., CXXXV, coll. 437-38; Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé-G. Wattenbach-S. Loewenfeld-F. Kaltenbrunner-P. Ewald, I, Lipsiae 1885, pp. 457-58; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 244; J.F. 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