TUCCI, Stefano
TUCCI (Tuccio), Stefano. – Nacque a Monforte (Messina) nel 1540, da famiglia contadina (E. Aguilera, Provinciae Siculae..., 1737, p. 359).
Sugli studi giovanili abbiamo soltanto una notizia, di fonte gesuitica: «Haveva studiato humanità e rethorica un poco quando entrò» (Roma, Archivum romanum Societatis Iesu, Sic. 59, c. 159r). L’ingresso nella Compagnia di Gesù avvenne a Messina nel 1557. Qui, nel collegio di S. Nicolò, chiamato Mamertino, studiò la retorica, il greco e l’ebraico.
Tucci visse gli anni siciliani tra Messina e Palermo; già allora si segnalò per la forza della vocazione e la capacità intellettuale, ma anche per essere nell’aspetto e nel parlare «un poco rustico» (ibid., c. 77r, n. 28). La descrizione lasciataci della sua figura lo rappresenta come un uomo basso, dal viso enorme e di colorito scuro, avente una brutta voce e, appunto, aspetto e modi rustici (Bibliotheca..., a cura di N. Southwell, 1676, p. 751).
A Palermo fu maestro dei novizi, come risulta da un’Informazione del 9 gennaio 1560 (Sic. 59, c. 113r). In quella città, stando alla lettera inviata al preposito generale Diego Laínez il 24 febbraio 1561, Tucci, al pari di molti gesuiti del tempo, maturò la decisione di recarsi missionario in India (Saulini, 1999, pp. 60 s). Il suo desiderio non fu esaudito.
Ripartì presto per Messina, come provano due lettere quadrimestri da lui inviate a Roma, centro culturale e organizzativo della vita della Compagnia, e datate rispettivamente 1° settembre 1561 e 1° gennaio 1562; esse sono anche testimonianza degli ottimi rapporti intercorrenti tra i gesuiti e i viceré di Sicilia (Litterae..., 1932, pp. 466-480, 661-664). Un’Informazione del gennaio del 1567 conferma la cultura di Tucci e notifica altresì: «Le 4 tempora di Natale fu ordinato sacerdote. Legge ora una letione di rethorica» (Sic. 59, c. 159r).
Tornato a Palermo, il gesuita scrisse al generale vicario, Jerónimo Nadal, esprimendogli il desiderio di recarsi a Roma per approfondire gli studi teologici. Nelle lettere, datate 26 dicembre 1571 e 9 febbraio 1572, precisava di avere insegnato, dal momento dell’ingresso nella Compagnia, umanità, retorica e filosofia, e rivelava che a ostacolare la partenza dalla Sicilia fu Juan Jerónimo Doménech, prima come padre visitatore, poi come padre provinciale (Saulini, 1999, pp. 64-66). C’era a quel tempo, da parte dei vescovi, la tendenza a non favorire le partenze dalla Sicilia, ma contro Tucci giocò anche la comunicazione, pervenuta al generale, della sua scelta di studiare filosofia autonomamente, del suo essere un «perfetto autodidatta» (Scaduto, 1992, p. 226).
Le suddette lettere informano dei compiti svolti dallo scrivente nella sede palermitana; oltre ad adempiere ai doveri, propri di un gesuita, di confessare e predicare e a insegnare filosofia nel collegio, fu per un anno, prima del dicembre del 1571, precettore del figlio del viceré don Ferdinando de Ávalos. Gli impegni gravosi minarono la salute del padre al punto che disperò di poter partire per Roma. Entro il 1572 riuscì però a trasferirvisi per non tornare più in Sicilia.
Fu nell’isola che esaurì l’attività di drammaturgo, scrivendo sei tragedie latine. Le prime tre, Nabucodhonosor, Goliath, Juditha, scritte tra il 1562 e il 1564, sono di argomento biblico, al pari della coeva produzione teatrale gesuitica (Saulini, 2002, pp. 49-84). La novità è rappresentata dalla successiva trilogia, conclusa nel 1569, Christus nascens, Christus patiens, Christus judex: per la prima volta il Cristo, re dei martiri, fu protagonista di tragedie che s’inseriscono nell’eredità del dramma antico. L’aver calato il messaggio cristiano nelle forme della tragedia classica fu il primo passo verso la riforma, di grande significato nella storia del teatro, che segnò la nascita della tragedia cristiana (Valentin, 2004, p. 435; Tuccius, 2011, p. LI).
Al Collegio romano Tucci completò gli studi negli anni 1573-75, mentre era prefetto agli studi nel seminario romano; negli anni 1575-77 insegnò teologia scolastica a Padova e gli allievi ne trascrissero le lezioni, pubblicandole a sua insaputa in un Tractatus de Trinitate (Roma, Archivio della Pontificia Università gregoriana, F.C. 1434A, cc. 87r-304r). Negli anni 1577-79 insegnò teologia morale a Loreto e negli anni 1579-82 teologia scolastica al Collegio romano dove, il 27 luglio 1579, accolse con un’orazione papa Gregorio XIII in visita (Saulini, 2009, pp. 162-167).
Nel 1583 il preposito generale, Claudio Acquaviva, inserì Tucci nella commissione incaricata di redigere la Ratio atque institutio studiorum Societatis Iesu. Pur impegnato nei lavori, a Roma il gesuita fu rettore della Penitenzieria, negli anni 1591-93, nonché incaricato di risolvere casi di coscienza (Saulini, 1999, pp. 76 s.) e oratore papale. In tale veste fu chiamato a pronunciare il sermone della parasceve, privilegio riservato a pochi maestri teologi. La Compagnia lo incaricò del discorso d’accoglienza a Gregorio XIII che, il 28 ottobre 1584, inaugurò, con una fastosa cerimonia, il nuovo edificio del Collegio romano (García Villoslada, 1954, p. 153); per lo stesso Gregorio, durante la novena per le esequie pontificali egli pronunciò l’orazione funebre, davanti al Sacro Collegio, il 17 aprile 1585 (Saulini, 2009, pp. 167-172, 172-182, 192-197).
Il 21 aprile 1586 Acquaviva inviò ai prepositi provinciali, con lettera d’accompagno, la prima edizione della Ratio studiorum; da quel momento ebbero inizio le revisioni (Lukács, 1986, pp. 160-162). Molto del lavoro sulla questione speculativa era toccato, e sarebbe toccato in seguito, a Stefano Tucci. Dall’esame dei relativi manoscritti, risultano suoi il trattato De opinionum delectu (F.C. 1434B, cc. 1r-268r), il Commentarius in propositiones definitas (F.C. 1434C, cc. 1r-266r) e il Commentarius in propositiones liberas ex 1a par. S.ti Thomae (F.C. 179522, cc. 1r-237r), frutto della revisione inviata al generale con lettera del 6 settembre 1588.
Il teologo scelse la soluzione cosiddetta mista: alcune regole d’indirizzo destinate ai professori e un catalogo contenente sia le proposizioni libere sia quelle definite. Si accettava la dottrina di Tommaso d’Aquino e si rifiutavano nuove opinioni, mentre rimanevano imprescindibili le Constitutiones volute dal fondatore della Compagnia, Ignazio di Loyola. Tucci perseguì la ricerca di una dottrina solida, ma anche la salvaguardia dell’unità dei gesuiti, una posizione sostanzialmente in linea con quella di Acquaviva, il quale dovette affrontare più volte contrasti e divisioni all’interno dell’Ordine.
Relativamente alla Ratio, Tucci fu per il generale un interlocutore privilegiato, ma franco anche quando non ne condivideva le posizioni, e fu da quegli sempre sostenuto in caso di polemiche; lo prova lo scambio epistolare tra i due (Lukács, 1992, pp. 611-615). Il teologo lavorò ancora alla revisione che avrebbe prodotto la Ratio del 1591, continuò a interloquire con il generale e a fronteggiare gli attacchi. Nel 1589 infatti, formulò una risposta a tre docenti del Collegio romano, confermando le proprie posizioni (Lukács, 1992, pp. 33-39).
Tucci fu teologo, spesso consultato, di Clemente VIII, eletto papa nel 1592. Proprio in quell’anno si manifestarono nel gesuita i segni del male (Sic. 190, cc. 65v-66r) che gli impedì di partecipare ai lavori che il 29 marzo 1599 produssero l’edizione definitiva della Ratio studiorum, formalizzazione del metodo pedagogico che pose i gesuiti tra i protagonisti del passaggio dalla cultura medioevale a quella moderna.
Malato, Tucci visse, negli anni 1593-94, a Tivoli, dove fu esaminatore di casi di coscienza, insegnante e rettore. Con l’aggravarsi delle condizioni di salute, negli anni 1595-97 cercò tranquillità e riposo nella casa di Frascati (Lamalle).
Morì a Roma, il 21 gennaio 1597, per una natta, forma tumorale tipica del cuoio capelluto (Sic. 189, pp. 2 s., 190, c. 65v).
Fonti e Bibl.: Documenti sono conservati in: Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana: F.C. 1434A, cc. 87r-304r, 1434B, cc. 1r-268r, 1434C, cc. 1r-266r, 179522, cc. 1r-237r; Archivum romanum Societatis Iesu: Sic. 59, cc. 77r, n. 28, 113r, 159r, Sic. 189, pp. 2 s.: Necrologio - 21 di gennaro, P. Tuccio, Sic. 190, cc. 65v-66r: Eloggio del p. Stefano Tuccio della Compagnia di Giesù; Schedario unificato Lamalle, s.v. Tucci Stephanus. Altre indicazioni archivistiche in Bibliotheca scriptorum Societatis Jesu, opus inchoatum a R.P. Petro Ribadeneira continuatum a P. Philippo Alegambe, a cura di N. Southwell, Romae 1676, pp. 751-753; E. Aguilera, S.J., Provinciae Siculae Societatis Jesu ortus, et res gestae ab anno 1546 ad annum 1611, I, Panormi 1737, pp. 352-361; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, VIII, Bruxelles-Paris 1898, coll. 263-265; Dicionario histórico de la Compañia de Jesús, IV, Roma-Madrid 2001, pp. 3845 s.
Litterae quadrimestres (1561-1562), Roma 1932, pp. 466-480, 661-664; R. García Villoslada, S.J., Storia del Collegio Romano dal suo inizio (1551) alla soppressione della Compagnia di Gesù (1773), Romae 1954, p. 153; L. Lukács, Ratio atque institutio studiorum Societatis Iesu (1586 1591 1599), Roma 1986 pp. 160-162; Id., Collectanea de Ratione studiorum Societatis Iesu (1588-1616), Roma 1992, pp. 21-39, 611-615; M. Scaduto, S.J., Storia della Compagnia di Gesù in Italia. L’opera di Francesco Borgia 1565-1572, Roma 1992, pp. 226 s., 344-361; M. Saulini, Tredici lettere inedite del p. S. T. S.J. (1540-1597), in Archivum historicum Societatis Iesu, LXVIII (1999), 135, p. 47-77; Ead., Il teatro di un gesuita siciliano. S. T. S.J., Roma 2002; Ead., Tra Erasmo e Cicerone. L’eclettismo oratorio di S. T. S.J., in Archivum historicum Societatis Iesu, LXXVIII (2009), 155, pp. 141-221; J.-M. Valentin, Le drame de martyr européen et le Trauerspiel. Caussin, Masen, Stefonio, Galluzzi, Gryphius, in Id., L’école, la ville, la cour, Paris 2004, pp. 419-460; S. Tuccius S.J., Christus nascens, Christus patiens, Christus iudex, a cura di M. Saulini, Roma 2011.