TRENTA, Stefano
– Nato intorno al 1410 da Federigo di Matteo Trenta e da Caterina di Stefano di Poggio, apparteneva a una famiglia dell’élite mercantile che, proveniente presumibilmente da Casabasciana (Lucca, Biblioteca statale, 1136, p. 335) e radicata a Lucca dall’inizio del Trecento, aveva ricoperto le massime cariche cittadine dopo la riconquista della libertà (1369).
Intraprese la carriera ecclesiastica e studiò a Siena e a Bologna, ove il 21 luglio 1446 conseguì il titolo di utriusque iuris doctor: nel ms. 858 della Biblioteca statale di Lucca è conservata l’orazione da lui pronunciata in tale occasione. Già il 25 ottobre 1440, per quanto non avesse ancora ricevuto l’ordine sacro, fu proposto dal Capitolo come candidato alla successione del vescovo Lodovico Maulini, ma il pontefice nominò Baldassarre Manni (Lucca, Archivio capitolare, Manuali, GG 2, cc. 127r-129r). Nel marzo del 1447 fu inviato dal governo cittadino a Roma per rendere omaggio al nuovo pontefice, Niccolò V, assai legato a Lucca. Il 10 maggio fu incaricato di chiedere la restituzione di Pietrasanta, occupata dai genovesi (Archivio di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, 532, n. 32, c. 14v). Contrastò le iniziative che tendevano a sottrarre la Versilia alla giurisdizione episcopale lucchese, con grave danno per l’onore della città (ibid., c. 21). Cercò di coinvolgere il papa nelle trattative di pace tra la Repubblica di Lucca e gli Estensi, che avevano occupato la Garfagnana.
Fu arcidiacono della cattedrale dal 18 dicembre 1447, subentrando a Filippo Calandrini (il fratello uterino di Niccolò V, eletto arcivescovo di Bologna). Dopo l’improvvisa morte di Manni (18 gennaio 1448), il pontefice lo nominò suo successore, su proposta unanime del capitolo (Lucca, Archivio capitolare, Manuali, GG 2, c. 176v), condivisa dagli anziani lucchesi, che sottolinearono le sue doti morali e culturali e la sua capacità politica di tutelare la libertà della repubblica (Archivio di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, 532, parte III, cc. 36v-37v). Consacrato il 4 marzo, il 19 prese possesso della diocesi facendo sosta nella basilica suburbana di S. Pier Maggiore, ove promise di fronte al vicario capitolare Lazzaro Guinigi di rispettare le immunità del capitolo (Lucca, Archivio arcivescovile, Libri antichi, 98, cc. 1r-2r). Il 10 aprile fu chiesto al pontefice, come era consuetudine, l’invio del pallio «de corpore beati Petri» (ibid., Collazioni, 1, c. 9). Il 16 aprile Trenta nominò visconte il suo parente Silvestro del fu Gregorio Trenta, incaricandolo di recuperare, se possibile, i castelli e le terre del Valdarno e della Valdera da tempo sottratte all’episcopio (ibid., c. 10). Il 4 maggio aprì il sinodo diocesano, promulgando costituzioni nelle quali si intravvede la volontà di regolamentare in modo rigoroso l’assegnazione dei benefici ecclesiastici: proprio con Trenta inizia nell’Archivio storico diocesano la serie delle Collazioni, che inaugura una «nuova e più razionale gestione del patrimonio della chiesa lucchese» (Concioni, 2012, p. 10).
Riconfermando le norme già emanate nel Trecento dal vescovo Berengario, i decreti sinodali vietarono ai chierici di allontanarsi dalla diocesi senza l’autorizzazione del vescovo; li obbligarono a presentarsi almeno tre giorni prima della data fissata per l’ordinazione per essere esaminati; imposero ai patroni l’obbligo di dimostrare i loro diritti di giuspatronato, e ai chierici che aspiravano a un beneficio di presentare una supplica scritta, fornendo tutti i dati richiesti.
L’anno successivo Trenta iniziò la visita pastorale, poi proseguita da Matteo da Pontremoli, vescovo di Tana (Azov), nel 1465-67; nel 1473 visitò personalmente i pivieri di Diecimo e Pieve Fosciana (Lucca, Archivio arcivescovile,Visite pastorali, 8-10). Promosse il senso di appartenenza alla diocesi convocando periodicamente il clero e comandando a tutti i chierici titolari di benefici in città di partecipare alle processioni cittadine (ibid., Libri antichi, 105, c. 73, 1459 gennaio 4). Cercò di ridimensionare i privilegi della chiesa di S. Frediano (S. Frediano, 1458 aprile 18), ma convalidò i privilegi papali che ribadivano i diritti del priore nei confronti delle chiese dipendenti (S. Frediano, 1473 marzo 16). Nel 1476 si accordò con i frati agostiniani di Lucca: due sacerdoti della chiesa di S. Salvatore in Muro da essi dipendente avrebbero partecipato ai riti del giovedì santo in cattedrale, senza pregiudizio per l’autonomia degli agostiniani (S. Agostino, 1476 aprile 10). Avviò una collaborazione costruttiva con il capitolo, coinvolgendolo in alcune decisioni e scegliendo come collaboratori diversi canonici della cattedrale. Accompagnò la volontà di riaffermare le norme canoniche sulla residenza del clero con una certa flessibilità pastorale, concedendo deroghe per periodi limitati e dispense ai chierici forestieri (Lucca, Archivio arcivescovile, Collazioni, 1, c. 27r, 27 luglio 1448). Cercò di salvaguardare i diritti delle pievi ribadendo l’obbligo per i cappellani delle chiese dipendenti di recarsi il sabato santo presso la matrice per la benedizione del fonte battesimale (ibid., c. 61r, 1449 marzo 29). Nel 1475 approvò le nuove costituzioni del convento dei cappellani lucchesi (Lucca, Archivio arcivescovile, Beneficiati, M 80).
Utilizzò come vicari generali chierici di formazione giuridica, spesso di provenienza forestiera, come Corradino di Reggio, Filippo di Novara, Jacopo de Balugola di Modena. Ampliò il palazzo vescovile. In quanto conte palatino creò alcuni notai. Anche da vescovo continuò a svolgere importanti missioni diplomatiche per conto della repubblica, presso il re di Sicilia Alfonso d’Aragona (Archivo de la Corona de Aragón, Cancelleria, reg. 2600, c. 142v, 1455 maggio 17) e presso i pontefici Pio II (agosto 1458), Callisto III e Paolo II. Il 1° ottobre 1459 sottoscrisse, come rappresentante della Repubblica, la promessa degli Stati italiani di sostenere la crociata antiturca promossa da Pio II. Non riuscì però a ottenere dagli Estensi la restituzione della Garfagnana.
Anche i pontefici gli affidarono importanti incarichi. Fu inviato come legato papale a Vienna (1459) per placare i contrasti tra Federico III e il re di Boemia (Baluze-Mansi, 1761, pp. 490-494); poi presso il re Edoardo IV d’Inghilterra (1467-68), con il compito di raccogliere le decime per la crociata e di favorire un superamento dei contrasti con il duca di Borgogna. Invitò gli arcivescovi di Canterbury e di York a tutelare la libertà ecclesiastica contro i tentativi di sottoporre il clero alla giurisdizione civile (ibid., pp. 496-500). Su incarico di Pio II (che aveva già concesso un’indulgenza ai lucchesi nel 1459) nel 1462 collaborò con l’arciprete Nicolao da Ghivizzano per ripartire le elemosine pervenute alla Chiesa di Lucca in occasione dell’indulgenza concessa per la solennità dell’invenzione della S. Croce, e in parte spettanti alla S. Sede.
Governatore di Viterbo e del Patrimonio di S. Pietro, operò anche presso la Penitenzieria apostolica. Intrattenne frequenti rapporti epistolari con il cardinale Iacopo Ammannati, che divenne poi il suo successore: in una lettera (ep. 414, ottobre 1469) il cardinale dichiarò di non amare la prodigalità di Trenta, che accoglieva gli ospiti «non sacerdotali modo, sed regio luxu», ma apprezzò il fatto che come governatore di Viterbo non gravasse la provincia con un seguito troppo numeroso. Nell’ottobre del 1471 Ammannati, legato in Umbria, dichiarava di ritenere improponibile la cooptazione di Trenta, che, di origine sociale ben più elevata della sua, aveva già ricoperto importanti incarichi come legato papale a latere (ep. 479).
Utilizzò sistematicamente, nell’intitolazione, la formula «Dei et apostolicae sedis gratia», ormai consolidata. Ma nei suoi registri compare, accanto all’indicazione dell’anno di pontificato, quella del suo presulatus, ciò che evidenzia una forte autocoscienza vescovile.
Dotato di robusti interessi culturali ottenne in prestito da Michele di Giovanni Guinigi un codice dei Moralia di Gregorio Magno (Polica, 1988, p. 42). Commissionò alcuni antifonari dell’Opera di S. Croce, nonché due salteri nuovi «alla moderna», menzionati nell’inventario della biblioteca capitolare del 1492 insieme a «uno antifonario alla moderna con l’arme del veschovo 30» (Guidi - Pellegrinetti, 1921, pp. 266, 268). Nella Biblioteca statale di Lucca è conservato il Messale miniato dal Maestro del libro d’ore Boucicaut a Parigi intorno al 1410: commissionato da Lorenzo Trenta, esso riporta la nota di possesso del vescovo.
Promosse le arti e la cultura umanistica a Lucca nel momento in cui sembrava decollare lo Studio generale. In quanto cancelliere imperiale e apostolico dello Studio conferì il dottorato in diritto canonico e civile a vari ecclesiastici e laici, richiamando il valore della conoscenza. Fu strettamente legato a Gian Pietro d’Avenza, che per un anno (sino alla morte il 3 ottobre 1457) insegnò lettere classiche a Lucca e gli dedicò un discorso in occasione della festa del Volto santo: nominato suo esecutore testamentario (Lucca, Biblioteca statale, 1746, c. 4r) ne commissionò il monumento sepolcrale.
Giovanni Bartolomeo Carminati da Brescia dedicò a Trenta un’orazione funebre, conservata nel ms. Ottob. lat. 1510, che contiene anche altri discorsi forse riconducibili al vescovo. Trenta, destinatario di un’elegia di Bernardino Bernardi (ibid., 1449, cc. 116v-118v), è menzionato in termini elogiativi anche nel carme dedicato a Nicolao da Noceto da Antonio di Baldassarre da Vallico di sotto (Donati, 2011, p. 163).
Il 23 febbraio 1467 concesse a Nicolao da Noceto la cappella di S. Regolo nella quale era stato sepolto suo padre Pietro. Il codice Strohm, che conserva in modo frammentario un corale, potrebbe essere un dono di Giovanni Arnolfini al vescovo per la nuova cappella della S. Croce (Strohm, 1990, pp. 66, 122 s.).
Il 21 marzo 1466 donò i suoi beni al fratello Cristoforo, e il 2 novembre 1476 cedette con un codicillo vari diritti ai figli di quest’ultimo (Archivio di Stato di Lucca,Testamenti, 18, ser Bartolomeo Guarguaglia, cc. 60v-61r), menzionati anche nel testamento successivo del 9 settembre 1477 (Lucca, Archivio arcivescovile, Diplomatico, ++ S 31).
Governatore delle Marche dal novembre del 1476, si ammalò nell’agosto del 1477 e morì il 18 settembre a Cingoli.
Già il 16 agosto gli anziani chiesero al pontefice di concedere al popolo lucchese la facoltà di indicare, in caso di morte, un successore. L’8 ottobre il suo corpo fu trasferito a Lucca. Il suo episcopato appare caratterizzato da una certa attitudine riformatrice, da un notevole impegno culturale e da quella forte solidarietà politica con il governo cittadino che in varia misura caratterizzarono anche gli altri vescovi lucchesi del Quattrocento.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico. Miscellanee, 1459 giugno 12; S. Croce, 1462 settembre 16; Acquisto Traballesi, 1471 aprile 18; S. Agostino, 1476 aprile 10; Anziani al tempo della libertà, 532, n. 32, cc. 10r-11r (marzo 1447), 14v-15r, 1447 maggio 10; 36v-37v; n. 34, cc. 9v-10, 13v, 1477 agosto 16; Carte di Tommaso Trenta, 17, cc. 189-190; 21; Testamenti, 18-19; Lucca, Archivio storico diocesano, Archivio arcivescovile, Diplomatico, ++ S 31, 1477 settembre 9; * V 81; Collazioni, 1-3; Libri antichi, 98, 102-112; Visite pastorali, 8-10; Archivio capitolare, Manuali, GG 2, cc. 127-129, 176v-177r; Regesti dell’Archivio di Stato in Lucca, IV, Carteggio degli Anziani (1430-1472), a cura di L. Fumi, Lucca 1907, ad ind.; V, Carteggio degli Anziani (1473-1492), a cura di E. Lazzareschi, Pescia 1943, pp. 30 s., 45, 49; ASL, Biblioteca manoscritti, 22 (Bernardino Baroni, Alberi di famiglie), pp. 165-167; Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, registri, 542, pp. 258-260; Comentario della Vita del Vescovo Stefano Trenta, nell’Archivio privato Trenta.
Manoscritti: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Ottob. lat. 1510, cc. 42v-49v; Lucca, Biblioteca statale, 33 (A.P. Berti - B. Baroni, Memorie degli scrittori lucchesi), cc. 447r-448r; 848 (F. Bendinelli, Acta Lucentium et eorum accidentia), c. 136; 858, c. 7rv; 1136 (Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi del canonico Giuseppe.Vincenzo Baroni), pp. 335-381; 1137, p. 9; 1449, cc. 116v-122v; 1200 (Storia di Lucca di G.B. Sesti), cc. 189, 192v-194r, 198v; 1746 (Notizie cavate da un giornale di Roberto di Pagano del Portico), cc. 2, 4, 7, 12-14, 18, 21-22, 25; 1792 (Scritti vari del P. G.B. Franceschini), cc. 408v, 432r, 451v; 2589 (F. Bendinelli, Abbozzi), parte III, c. 295; 3164 (Storia di Lucca di Niccolò Tucci), cc. 316-323.
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