TIEPOLO, Stefano
– Nacque a Venezia nel 1484, figlio secondogenito di Paolo e di Maria Contarini.
Assieme al fratello maggiore Piero, nato nel 1483, e al terzogenito Andrea, nato nel 1487, dovette superare la sventura che colpì la famiglia nel 1496 con la morte del padre nel naufragio delle galere di Fiandra, di cui era capitano. I rovesci finanziari indussero Stefano e i fratelli a chiedere al Senato, nel marzo del 1513, un condono per le ‘tanse’ non pagate. Furono però assai sfarzose, con un pranzo per trecento nobili invitati, le nozze di Tiepolo, nell’aprile del 1517, con Cecilia Priuli, di Bernardo (Sanuto, 1882-1902, XXIV, col. 196). Dal matrimonio sarebbero nati i figli Benetto, Paolo, Ermolao, Bernardo e Andrea e le figlie Andriana e Chiara.
Il giovane Tiepolo condivideva i gusti umanistici del tempo: assieme ad altri gentiluomini partecipò nell’agosto del 1512 e nel febbraio del 1513 alle recite in volgare del Miles gloriosus e dello Pseudolus plautini (Sanuto, 1879-1902, XIV, col. 641, XV, col. 535). Al tempo stesso praticava con devozione forme tradizionali di pietà e nel 1519 si recò con altri patrizi in pellegrinaggio a Gerusalemme (ibid., XXVIII, coll. 57 s.).
Dopo i primi incarichi pubblici, come savio agli Ordini nel 1512, nella Quarantia criminale e in magistrature economico-finanziarie (cottimo di Damasco nel 1516, Cinque savi alla mercanzia nell’ottobre del 1520 e di nuovo nel 1529, Dieci savi alle decime nel 1526), la carriera di Tiepolo decollò alla fine degli anni Venti. Già membro del Senato, nel gennaio del 1530 fu eletto fra i tre avogadori di Comun straordinari che ebbero l’incarico di visitare la Terraferma per un anno: riscosse debiti di imposte non pagate e pose le basi per il clamoroso processo all’ex provveditore straordinario in campo Paolo Nani e ad altri patrizi e funzionari accusati di gravi ruberie in tempo di guerra. Marino Sanuto testimonia che Tiepolo parlò con eloquenza davanti alle Quarantie: al termine di un lungo processo iniziato nel gennaio 1531, il 6 marzo 1532 ottenne la condanna di Nani alla relegazione perpetua a Capodistria. Tre giorni dopo il Senato e il Maggior Consiglio premiarono Tiepolo con l’elezione all’ambita carica di provveditore generale a Cipro, seguita poi dalla nomina a luogotenente, suprema autorità dell’isola. Il governo di Tiepolo fu però funestato da una epidemia: egli stesso nel 1533 si ammalò e fu sul punto di morire, ma poi si riprese. Rientrò dall’isola nel 1535. Nel gennaio del 1536 e nel giugno del 1537 fu eletto savio di Terraferma.
In quello stesso anno 1537 una tragedia si abbatté sul suo casato: la figlia Chiara sposò Pietro Paolo Massolo, figlio di Lorenzo, patrizio veneto originario di Candia, e della celebre Elisabetta Querini (cara a Pietro Bembo e a Giovanni Della Casa). Chiara portò in dote la rilevante somma di 4000 ducati, ma dopo pochi mesi venne trucidata dal marito che fuggì e, inseguito dall’ira dei Tiepolo, si fece monaco in un monastero cassinese del Mantovano. L’inimicizia con i Massolo non ostacolò la carriera politica di Tiepolo che nel 1538 fu eletto bailo e provveditore generale a Corfù, col compito di recare conforto agli isolani stremati dal recente assedio turco. Nel 1542, mentre stava ricoprendo ancora una volta la carica di savio di Terraferma, il Consiglio dei dieci lo elesse fra i «tre Inquisitori sopra la rivelatione dei segreti», funzione in cui fu confermato il 7 ottobre: in tale veste diede seguito alla denuncia dell’ambasciatore Alvise Badoer in merito a un gravissimo episodio di spionaggio a favore dei turchi e della Francia, che aveva compromesso le trattative di pace con l’Impero ottomano, e partecipò alle condanne a morte del segretario ducale Niccolò Cavazza, dell’arciprete di Murano Giovan Francesco Valier e di Agostino Abbondio, e al bando del segretario Costantino Cavazza.
Nell’aprile del 1543 la Serenissima, timorosa delle mosse di Solimano il Magnifico che aveva armato una notevole flotta, nominò Tiepolo capitano generale da Mar. Nel novembre del 1543, avendo Solimano informato la Repubblica delle proprie vittorie in Ungheria, Tiepolo, che in quell’anno era stato eletto per la prima volta consigliere ducale, fu scelto come ambasciatore straordinario al sultano, per rendergli omaggio. Giunto alla Porta nella primavera del 1545, vi rimase fino al gennaio del 1546: pagò le rate del tributo dovuto al sultano per l’isola di Cipro e per Zante; si fece rilasciare autorizzazioni per le esportazioni di grano e di soda verso Venezia, e ottenne nel novembre del 1545 un ordine del sultano al sangiacco di Bosnia Ulama bey di non molestare i villaggi veneti del territorio di Zara.
Accomiatatosi dal sultano nel gennaio del 1546 e rientrato in patria, respinse con sdegno nell’aprile di quell’anno i tentativi di monsignor Giovanni Della Casa, nunzio pontificio, di ottenere – anche con il sostegno di un breve papale – l’annullamento della taglia che ancora gravava sul genero uxoricida Pietro Massolo.
Nell’ottobre del 1547, nella crisi successiva all’assassinio di Pierluigi Farnese, fu eletto provveditore generale in Terraferma, con l’incarico «di ordinar e regolar le cose delle fortificazioni delle città, e andar attorno» (de Leva, 1881, p. 375); nel corso del 1548 fu a Brescia e a Verona. Fece stilare una importante Descrittione delle anime che sono nelle cittadi et territori dell’Ill.ma Signoria di Venezia, che è tuttora alla base degli studi di storia demografica veneta (Beloch, 1994, p. 411). Il 31 dicembre 1548 fu eletto savio di Consiglio e il 22 dicembre 1549 consigliere ducale. Il 2 marzo 1550 fu nominato dal Senato podestà di Padova, carica che assunse il 15 giugno. Durante il suo rettorato ebbe a occuparsi delle fortificazioni cittadine e dei lavori nella basilica del Santo. Ma già il 25 aprile 1551 i timori di manovre turche nel Mediterraneo portarono alla sua seconda elezione a capitano generale da Mar, seguita da una terza nel marzo del 1552 (nel frattempo era stato anche rieletto consigliere ducale il 21 dicembre 1551).
L’appartenenza di Tiepolo alla più ristretta oligarchia di governo è attestata dal fatto che dal 1552 fino alla morte fu regolarmente rieletto per un semestre all’anno alla carica di savio di Consiglio e nel 1555-56 entrò nella Zonta del Consiglio dei dieci. Ma la tappa culminante della sua carriera fu rappresentata dall’elezione, il 6 giugno 1553, a procuratore di San Marco, una dignità che spesso apriva la via al dogato. Tiepolo fu infatti candidato a tre elezioni ducali, nel 1553, nel 1554 e con maggiori speranze nel giugno del 1556. Ma in quest’ultima elezione prevalse su di lui Lorenzo Priuli.
Redasse il proprio testamento il 16 aprile 1550 (Davis, 1962, p. 63). Le sue proprietà erano cospicue: era uno dei maggiori proprietari del Trevigiano, con terreni per 329 ettari, stimati lire 3282, compresi quasi tutti nella podesteria di Mestre e in particolare a Mogliano Marocco (Pitteri, 2006, p. 82).
Morì il 30 maggio 1557 e fu sepolto ai Ss. Apostoli.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., s. I, 23, Storia veneta: M. Barbaro, Genealogie patrizie, VII, p. 84; Avogaria di Comun, Balla d’oro, reg. 165-IV, c. 355rv; Segretario alle voci, Elezioni del Maggior Consiglio, regg. 1, c. 171v; 2, cc. 7v-9v, 127v-128r, 195v; 3, c. 72v; Segretario alle voci, Elezioni del Senato, regg. 1, cc. 16v, 18v, 26r, 34r, 37v, 42r, 53v, 60v; 2, cc. 6v-7r, 50v-51r, 59v-60r; Dieci Savi alle decime, redecima 1514, b. 16 (Ss. Apostoli), n. 126; Notarile, Testamenti, b. 1214, n. 978.
F. Sansovino, Venetia citta nobilissima et singolare, Venetia 1581, cc. 132r, 258r, 259v, 282r; P. Paruta, Dell’historia vinetiana, in Degl’istorici delle cose veneziane, i quali hanno scritto per pubblico decreto, IV, Venezia 1718, pp. 148, 155, 198, 231, 236; A. Morosini, Historia veneta ab anno MDXXI usque ad annum MDCXV, ibid., V-VII, Venezia 1718-1720, V, pp. 477, 594, 597, 631, VI, pp. 25, 45, 55, 103; G. Della Casa, Opere, II, Venezia 1752, pp. 176 s.; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita, e le opere degli scrittori viniziani, II, Venezia 1754, p. 576; A. Valier, Dell’utilità che si può ritrarre dalle cose operate dai Veneziani, Padova 1787, p. 336; G. Della Casa, Lettere [...] a Carlo Gualteruzzi da Fano, a cura di L.M. Rezzi, Imola 1824, p. 25; M. Sanuto, I diarii, Venezia 1879-1902, XII, XIV- XVI, XX, XXII, XXIV s., XXVIII-XXXI, XXXIV-XXXVII, XXXIX-XLIII, XLV-XLVII, XLIX-LVIII, ad indices; G. de Leva, Storia documentata di Carlo V in correlazione all’Italia, IV, Padova 1881, p. 375; Archivio di Stato di Venezia, Dispacci degli ambasciatori al Senato. Indice, Roma 1959, p. 2; A. Da Mosto, I dogi di Venezia nella vita pubblica e privata, Milano 1960, pp. 255, 260, 263 s.; J.C. Davis, The decline of the Venetian nobility as a ruling class, Baltimore 1962, pp. 62-64; M. Membrè, Relazione di Persia (1542): ms. inedito dell’Archivio di Stato di Venezia, a cura di G.R. Cardona, Napoli 1969, pp. LXII s.; Relazioni dei rettori veneti in terraferma, a cura di A. Tagliaferri, IV, Podestaria e capitanato di Padova, Milano 1975, p. L; P.F. Grendler, The leaders of the Venetian State, 1540-1609: a prosopographical analysis, in Studi veneziani, n.s., XIX (1990), p. 66; A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del Quattrocento e Cinquecento, Milano 1993, p. 387; K.J. Beloch, Storia della popolazione d’Italia, Firenze 1994, pp. 411, 414, 417-419, 423, 425-427, 429, 434, 438, 444, 457, 468, 470, 473, 494; I “documenti turchi” dell’Archivio di Stato di Venezia, a cura di M.P. Pedani Fabris - A. Bombaci, Roma 1994, pp. 111, 137-141, 143, 145-148, 150 s., 156, 170 s., 284; C. Cairns, Pietro Aretino and the Republic of Venice. Researches on Aretino and his circle in Venice, 1527-1556, Firenze 1995, pp. 25-27; M. Pitteri, Indizi di ville nelle campagne trevigiane del XVI secolo, in Villa. Siti e contesti, a cura di R. Derosas, Treviso 2006, pp. 80-83; R. Krischel, Porträt eines Diplomaten: Jacopo Tintorettos Bildnis des Paolo Tiepolo, in Wallraf-Richartz-Jahrbuch, LXXIII (2012), pp. 120-124, 183 s.