TEMPIA, Stefano.
– Nacque a Racconigi il 5 dicembre 1832 da Giovanni Battista (imprenditore nel settore laniero e in seguito maestro di banda dell’esercito) e da Giovanna Merlino; ebbe un fratello, Angelo, anch’egli compositore e didatta della musica, nonché padre di Giovanni Stefano, studioso di diritto e autori di vari saggi di giurisprudenza.
Dai cinque anni apprese dal padre i primi rudimenti di musica e dai sette iniziò a studiare violino e pianoforte, indi composizione, sempre sotto la guida del padre. Pochi anni dopo la sua nascita, la famiglia si era trasferita nel Midi francese, ad Alais (oggi Alès), dove il ragazzo studiò presso il locale collegio e iniziò a comporre i primi brani musicali. Nel 1849 la famiglia tornò a Torino, dove Tempia proseguì gli studi di composizione nella scuola civica di musica, sotto la guida di Luigi Felice Rossi, didatta ricordato soprattutto per aver tradotto importanti trattati di armonia e contrappunto.
Nel 1850, morto il padre, Tempia iniziò a mantenersi soprattutto grazie ai proventi delle lezioni di musica, attività che restò poi sempre la sua fonte di reddito primaria. Fra gli allievi spiccano Giuseppe Ippolito Franchi-Verney della Valetta, ossia il futuro critico musicale noto semplicemente come Ippolito Valletta, e la futura regina Margherita, dedicataria di diverse sue composizioni. In quegli anni ottenne anche l’incarico di direttore del coro e dell’orchestra del teatro Sutera di Torino (situato in via Po e distrutto da un incendio nel 1942).
Nel 1853 si trasferì a Trino: l’incarico di maestro di cappella in collegiata stimolò la composizione di vari brani di musica da chiesa, genere al quale Tempia si mostrò poi sempre incline. Di questo periodo è, ad esempio, una Messa per voci maschili e orchestra, dedicata al suo maestro Rossi e pubblicata dall’editore Lucca a Milano (1859). L’esperienza di Trino si concluse quando, nel 1859, Tempia fu richiamato a Torino dalla proposta di svariati incarichi presso alcuni teatri cittadini: violino di spalla e poi direttore d’orchestra al Carignano, e direttore d’orchestra al Rossini (già Sutera) e al Nazionale. Nel 1861 vinse il concorso per il posto di primo violino nella Regia Cappella, istituzione secolare ma ormai travolta da una crisi irreversibile (fu sciolta nel 1870).
La fase ascendente della carriera proseguì, nel 1864, con la commissione da parte del governo di una Messa per celebrare il quindicesimo anniversario della morte di Carlo Alberto: l’opera fu eseguita in cattedrale a Torino il 28 luglio, riscuotendo ampi apprezzamenti, che gli valsero l’onorificenza di cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
Nella produzione di musica da chiesa Tempia palesa una notevole maestria nell’arte del contrappunto, frutto della completa assimilazione dei modelli classici conseguita grazie allo studio con Rossi, che a sua volta era stato allievo a Bologna di Stanislao Mattei, fra i sommi docenti di contrappunto della sua generazione. A Tempia tale perizia fu più volte riconosciuta nei numerosi concorsi di composizione cui partecipò: vinse tra l’altro, a partire dal 1867, varie edizioni del concorso di composizione annualmente indetto dalla Reale Accademia di Firenze, che infine lo nominò tra i propri soci corrispondenti.
Dal 1863 la sua attività didattica si istituzionalizzò grazie a vari incarichi in scuole torinesi: succedette dapprima al suo maestro, Rossi, nell’insegnamento della musica e del canto corale nell’Istituto della Provvidenza e alla Scuola delle aspiranti maestre; ricoprì poi lo stesso incarico anche in altri istituti scolastici. Nel 1868 gli venne affidata la cattedra di violino al liceo musicale, insegnamento che praticava già in forma privata e che aveva incoraggiato la produzione di musica violinistica a carattere didattico, come le Ricreazioni del giovine violinista nonché la traduzione italiana del Metodo elementare e progressivo di Charles Dancla, pubblicati entrambi da Lucca rispettivamente nel 1862 e nel 1863. L’incarico nel liceo musicale fu però breve, giacché Tempia vi rinunciò quattro anni più tardi, per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento del canto corale nella scuola di canto corale di Torino e nella scuola magistrale di canto. L’impegno nella didattica del canto corale si concretò anche in pubblicazioni come Il canzoniere delle scuole e delle famiglie ossia Raccolta di facili canzoni educative (Torino 1873), la Raccolta di canti per le feste scolastiche (Torino s.d.) e la Raccolta di canti educativi (Milano 1875).
Questa vasta azione didattica lasciò un segno tangibile nella realtà torinese e culminò nel 1875 nella fondazione dell’Accademia di canto corale, un proponimento maturato in seguito a un viaggio in Germania nell’estate di quello stesso anno, durante il quale Tempia poté visitare associazioni corali di diverse città tedesche, fra cui il Riedel-Verein, fondato a Lipsia da Carl Riedel. Il progetto trovò concreta attuazione pochi mesi dopo il ritorno a Torino, anche grazie al concorso di un circolo di amici cultori della musica antica, cui appartennero Valletta, Giuseppe Melano, Giuseppe Bertone e Benedetto Mazzarella.
Morì a Torino il 25 novembre 1878 a causa di una malattia cardiaca che nell’ultimo anno lo obbligò a ridurre notevolmente l’attività didattica e compositiva. A lui è intitolato il premio annuale per il miglior allievo del conservatorio di Torino.
L’Accademia corale, che poco dopo la morte del fondatore ne assunse il nome, divenne poi una delle massime istituzioni musicali della città di Torino. Rimasta fino a oggi ininterrottamente attiva, è la più antica istituzione corale italiana, e si ispira alle molte società corali che nell’Ottocento nacquero al di là delle Alpi per riscoprire e divulgare i grandi repertori della musica vocale dal Cinque al Settecento. L’Accademia nacque come realtà associativa autofinanziata, a vocazione amatoriale e senza fini di lucro, con lo scopo di educare alla prassi del canto corale e contribuire alla conoscenza di repertori di raro ascolto. Debuttò con un concerto nel ginnasio Gioberti il 12 marzo 1876; seguirono numerosi altri concerti, recensiti subito in termini lusinghieri. L’Accademia affiancò alla rassegna concertistica varie attività di promozione della musica corale, fra cui l’organizzazione di concorsi per la composizione di nuovi brani. Notevoli furono le collaborazioni con direttori di spicco, chiamati a dirigere alcuni concerti dell’Accademia dopo la morte di Tempia (Giovanni Bolzoni, Giuseppe Martucci, Lorenzo Perosi, Arturo Toscanini), nonché la realizzazione di rilevanti eventi musicali come la prima esecuzione in Italia del Giuda Maccabeo di Georg Friedrich Händel (1° marzo 1885) e la prima esecuzione a Torino della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven (18 marzo 1888).
Di una certa rilevanza fu anche l’attività di pubblicistica musicale portata avanti da Tempia. Per la rivista La scena di Venezia scrisse una serie di articoli recanti proposte di aggiornamento e miglioramento della notazione musicale, confluiti poi nei suoi Studi sulla musicografia (Venezia 1873). Dal 1874 svolse attività di critico musicale per varie riviste, tra cui la Gazzetta piemontese e la Gazzetta musicale di Milano, recensendo soprattutto spettacoli operistici.
Se Tempia è ricordato soprattutto per aver divulgato la pratica del canto corale, la sua produzione musicale – in buona parte inscritta nell’alveo della musica d’intrattenimento, votata a un gusto salottiero e di elegante descrittivismo – è rimasta fino a oggi scarsamente eseguita. Il catalogo delle sue opere (quelle inedite sono conservate specialmente nella biblioteca del conservatorio di Torino) spazia in diversi ambiti: alla produzione sacra, cui si è accennato, si affianca la produzione per orchestra, che comprende, fra le altre cose, sei sinfonie giovanili (la Sinfonia n. 6 op. 30 fu pubblicata da Racca nel 1854) e una certa quantità di musiche d’intrattenimento, come ballabili e fantasie su temi d’opera. Il settore della musica da camera è rappresentato da opere per vari organici, in cui figurano quasi sempre gli archi; una certa circolazione ebbero le tre raccolte di Sei duettini per violino e pianoforte op. 115, op. 117 e op. 121 (Milano 1867, 1868 e 1869). Non mancano le opere per violino solo, come i Cinque capricci op. 37 (Milano 1854), e per pianoforte solo e a quattro mani. Per la banda compose perlopiù marce e ballabili. Nutrita è anche la produzione di musica vocale da camera. Da ricordare sono anche incursioni nel teatro d’opera, come il melodramma in tre atti e un prologo Nicolò de’ Lapi (I Palleschi e i Piagnoni), libretto di Carlo Alisone ricavato dal romanzo di Massimo D’Azeglio (non rappresentato), e Amore e capriccio, operetta comica in due atti di Luigi Rocca, data il 6 dicembre 1869 al Circolo degli artisti di Torino e ripresa nel marzo del 1871 al teatro d’Angennes (oggi teatro Gianduja).
Tra le altre sue composizioni (pubblicate a Milano, ove non specificato): La carovana e Patria, sinfonie caratteristiche per orchestra (inedite); La margherita, per canto e pianoforte (Torino s.d.); Tantum ergo op. 34, per tenore solo e organo (Torino s.d.); Sogno di un angelo op. 126, per pianoforte (Torino s.d.); 12 studi per violino op. 76 (1861); O salutaris hostia, per coro femminile e organo (1863); Le sponde del lago op. 95, duettino per arpa e violino, e Le ricordanze op. 98, per pianoforte (1864); Il marinaro, per canto e pianoforte, e Ave Virgo singularis, per coro e organo (1873).
Fonti e Bibl.: G. Roberti, S. T. studiato dal vero, Firenze 1878; A. Serra, S. T.: cenni biografici, Torino 1879; G. Masutto, I maestri di musica italiani del secolo XIX, Venezia 1884, pp. 184 s.; G. Roberti, L’Accademia di canto corale S. T. 1876-1901, Torino 1901; G. Depanis, I concerti popolari ed il Teatro Regio di Torino. Quindici anni di vita musicale, I, Torino 1914; A. Basso, Il Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Torino: storia e documenti dalle origini al 1970, Torino 1971, pp. 61, 63, 70, 72 s., 81, 84 s., 100, 337, 340, 373 s.; E. Bassi, S. T. e la sua Accademia di canto corale, Torino 1984; G. Berutto, Il Piemonte e la musica, 1800-1984, Torino 1984, p. 229; D. Sorani, Giuseppe Depanis e la Società di concerti. Musica a Torino fra Ottocento e Novecento, Torino 1988, pp. 20-23; M. Anesa, Dizionario della musica italiana per banda, I, Bergamo 1993, p. 514; M. Centini, La grande enciclopedia di Torino, Roma 2003, p. 649; A. Sessa, Il melodramma italiano, 1861-1900, Firenze 2003, p. 465.