RIVAROLA, Stefano
RIVAROLA, Stefano. – Nacque a Genova il 10 novembre 1755 da Negrone, marchese di Murazzano, e da Marianna Pellegrina Cambiaso. Discendente di una famiglia radicata nel territorio chiavarese, la sua educazione si svolse tra le mura domestiche, quindi presso il collegio dei nobili di Modena e il Clementino di Roma. Nel 1777 era alunno dell’Accademia dei nobili ecclesiastici, l’istituzione che formava i chierici destinati al servizio diplomatico della S. Sede.
Rientrato a Genova nel 1778, si addottorò in legge; a fine 1780 si trovava a Torino dove, per pochi mesi, fu ufficiale di uno dei maggiori reggimenti sabaudi di cavalleria, il Piemonte Reale. Secondo l’ambasciatore pontificio Antonio Codronchi, era «fuggito di casa» (Merlotti, 2015, p. 448); in realtà il soggiorno presso i Savoia era legato alla cura degli interessi nel marchesato di Murazzano, sito in territorio piemontese.
Nel marzo del 1782 Caterina II, per assicurare porti sicuri nel Mediterraneo alla flotta russa, nominò Alexander Mordvinov incaricato di affari presso la Repubblica insistendo affinché anche Genova inviasse un rappresentante a Pietroburgo. Il Senato era restio sia per motivi di opportunità internazionale sia perché avrebbe preferito intavolare negoziati a Genova con l’incaricato russo: alla fine scelse di nominare per un solo anno un plenipotenziario incaricato di recare i complimenti della Repubblica a Caterina II senza mandato di avviare trattative. Dopo il rifiuto opposto da Ippolito Durazzo, il governo nominò Rivarola che partì il 3 agosto. Lungo il tragitto ebbe importanti incontri, tra i quali quello con Vittorio Amedeo II, con il cancelliere austriaco Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg e con Giuseppe II. Giunto a Pietroburgo, il 30 novembre fu ricevuto dall’imperatrice. Malgrado i suoi tentativi di ottenere la conferma per un altro biennio, i Serenissimi non prolungarono l’incarico. Il 6 marzo 1785 ottenne l’udienza di congedo; differì la partenza per attendere la praticabilità delle strade e congedarsi dai tanti amici russi. Sulla via del ritorno, a Sanssouci il 17 giugno si intrattenne in colloquio con Federico II; poi rientrò a Genova. Attese quindi molti mesi prima di ricevere udienza dal Senato e presentare la sua Relazione sulla missione di Russia (28 aprile 1786; la relazione è pubblicata in Berti, 1957, pp. 795-809).
All’incarico si era preparato con cura ricorrendo anche all’esperienza di Girolamo Grimaldi (già ministro di Carlo III di Spagna). Rivarola comprese con grande acume il contraddittorio sviluppo interno della Russia sottolineando le sue mire espansionistiche e come essa si fosse trasformata in arbitra tra Prussia, Polonia, Austria e Impero ottomano. Evidenziò il peso assunto dalla marina da guerra e le potenzialità economiche offerte dall’instaurazione di stabili rapporti commerciali con gli spazi russi. La sua relazione rappresenta «il quadro più esatto e più approfondito sulla situazione interna e sulla posizione internazionale della Russia tracciato da un ministro italiano in quegli anni» (ibid., pp. 56 s.) e forse non solo italiano.
Nel 1791 fu nominato governatore di Chiavari e in quella veste promosse la fondazione, il 15 aprile, della Società Economica dando l’impulso decisivo al suo decollo. Coinvolto nelle vicende della Società patria d’arti e manifatture di Genova (ne fu presidente nel 1794), fu per il resto della vita il motore della Società chiavarese: promosse le esposizioni annue per valorizzare le manifatture sostenute dalla Società; istituì una scuola «per fanciulle» (1794) per insegnare l’utilizzo del curletto nella filatura di lana e lino e una scuola di architettura e ornato; fondò un vivaio e promosse la coltivazione di varie piante. Favorì la fondazione della biblioteca della Società ed ebbe un ruolo fondamentale nell’avvio della produzione delle ‘sedie di Chiavari’ (1807) affidata all’artigiano Giuseppe Gaetano De Scalzi. Nel 1819 fece erigere un ospizio per istruire venti orfane nella filatura di cotone e lana.
La radicalizzazione delle vicende rivoluzionarie francesi trovò in Rivarola un giudice severo, schieratosi anche contro i «faziosi novatori» interni che nel 1794 avevano tentato una ‘cospirazione’ antioligarchica.
Dopo gli eventi del 22-23 maggio 1797 – l’insurrezione dei patrioti filofrancesi soffocata da facchini e carbonai fedeli al governo aristocratico –, il 27 Rivarola fu nominato inviato straordinario presso il Direttorio francese con l’incarico di giustificare l’operato del governo genovese. L’8 giugno era a Parigi: prese subito contatti per cercare di limitare l’ingerenza degli agenti francesi nelle vicende italiane e fece pure pubblicare alcuni articoli sui giornali parigini (Rotta, 1971-1973, II, pp. 278 s.); ma si trovò in una situazione insostenibile poiché la convenzione sottoscritta il 6 giugno a Mombello da Napoleone Bonaparte e dai rappresentanti della Repubblica prevedeva la decadenza del regime oligarchico il 14 giugno. Fu il ministro degli Esteri francese a comunicargli che il suo incarico era decaduto insieme al governo che l’aveva nominato. Rivarola lasciò Parigi il 16 luglio e mentre era a Torino fu raggiunto dalle accuse di aver tramato contro la ‘democratizzazione’ di Genova. Vista la loro gravità riparò a Losanna dove preparò un testo a sua difesa (Stefano Rivarola a’ suoi concittadini, Genova 1797), ma fu deferito alla Commissione criminale e i suoi beni confiscati. Infine prosciolto, poté tornare a Chiavari il 2 aprile 1798.
Riapparve in pubblico il 4 giugno 1800 come membro della reggenza che guidò Genova durante la breve occupazione austriaca. Contrario all’annessione della Repubblica Ligure all’Impero francese (1805), finì per adeguarsi se non altro perché essa garantiva stabilità e il ruolo del ‘ceto possidente’. Il 3 ottobre 1808 il Senato di Parigi lo nominò presidente del collegio elettorale del Dipartimento degli Appennini e membro del Corps législatif dell’Impero, riconfermandolo nel 1813. Nel caotico periodo che precedette la caduta napoleonica, Rivarola non esitò a recarsi a Parigi per votare, il 1° aprile 1814, la destituzione di Napoleone: schierato per il ritorno dei Borboni, fece parte della deputazione del Corps législatif che il 29 aprile omaggiò Luigi XVIII a Compiègne, ma fu anche uno dei più attivi sostenitori dei progetti per restituire l’indipendenza alla Repubblica aristocratica genovese e sottoscrisse il ‘memoriale’ redatto da Luigi Emanuele Corvetto.
Al ritorno a Genova, sostenne l’azione di William Bentinck, comandante dell’armata britannica, che aveva restaurato la Repubblica genovese in attesa delle decisioni del Congresso di Vienna. Il 10 giugno fu eletto plenipotenziario a Vienna, ma declinò l’incarico per le polemiche insorte perché fautore troppo rigido del passato sistema costituzionale genovese. Continuò comunque l’impegno pubblico: il 31 luglio fu nominato membro del Minor Consiglio e nel Magistrato dei Padri del Comune; quindi entrò nella deputazione agli Studi.
Si rassegnò all’annessione della Liguria al Piemonte sancita a Vienna e divenne un notabile della monarchia sabauda: consigliere (1818) e gentiluomo di camera del re, componente del Corpo decurionale, sindaco di Genova dal 1823, insieme con Giovanni Quartara, e dal 1824 anche presidente della deputazione agli Studi. Negli anni del suo reggimento la città conobbe l’avvio e la realizzazione di importanti opere di ‘abbellimento civico’ come il teatro Carlo Felice, il parco urbano dell’Acquasola, la civica Biblioteca Berio.
Non meglio definibili gli interessi culturali di Rivarola e i legami con intellettuali quali Giambattista Spotorno e il teologo-filosofo Félicité-Robert de Lamennais. Possedeva una biblioteca fornita di libri rari e manoscritti in parte donati alla Società economica. Fu ‘accademico onorario’ dell’Accademia ligustica di belle arti dal 1804, rivestendone la carica di ‘principe’ nel 1816. Favorì la formazione del pittore Matteo Picasso facendolo studiare a Roma alla scuola di Vincenzo Camuccini.
Nel 1796 aveva sposato Anna Ceccopieri, unione dalla quale nacquero numerosi figli.
Morì a Genova il 17 dicembre 1827. Gli furono tributati i massimi onori funebri, ripetuti il 22 gennaio 1828 a Chiavari; la Società economica lo ricordò il 3 luglio seguente nel corso dell’adunanza annuale.
Fonti e Bibl.: G.C. Gandolfi, Orazione, in Esequie del marchese S. R. celebrate d’ordine pubblico…, Chiavari 1828, pp. 3-42; M. Staglieno, Memorie e documenti sulla Accademia ligustica di belle arti, Genova 1862, pp. 105, 116, 118, 211, 234; G. Colucci, La Repubblica di Genova e la rivoluzione francese, III, Roma 1902, pp. 374-398; R. Guyot, Le Directoire et la République de Gênes (1793-1797), in La révolution française, XLV (1903), pp. 50 s., 55, 59-61; P.L. Levati, I dogi di Genova dal 1771 al 1797, Genova 1916, pp. 706-709; U. Oxilia, Il cardinale Rivarola e l’attentato del 1826, in Rassegna storica del Risorgimento, XIII (1926), 2, pp. 272-309; V. Vitale, Cristoforo Vincenzo Spinola e l’innocuo complotto contro la Repubblica Ligure, in Giornale storico e letterario della Liguria, XI (1935), pp. 81-94; U. Oxilia, Il periodo napoleonico a Genova e a Chiavari, Genova 1938, pp. 107-112; G. Berti, Russia e stati italiani, Torino 1957, pp. 56 s., 94, 107-111, 795-809; S. Rotta, L’illuminismo a Genova, I-II, Firenze 1971-1973, ad ind.; C. Paglieri, Agostino Pareto. Un genovese tra rivoluzione e restaurazione, Genova [1989], ad ind.; R. Sinigaglia, Genova e Russia. La missione R. a Pietroburgo (1783-1785), Genova 1994; Le società economiche alla prova della storia, Chiavari 1996 (in partic. C. Farinella, «Incoraggire coll’esperimento». Il primo trentennio della Società Economica di Chiavari, pp. 249-292, passim; S. Rotta, S. R. (1755-1827), pp. 293-299); R. Sinigaglia, I rapporti tra Genova e San Pietroburgo ai tempi di Caterina II. La missione R., in Grande pittura genovese dall’Ermitage, Milano 2002, pp. 39-44; A. Merlotti, Nobiltà e corte nella Genova della Restaurazione, in Genova e Torino. Quattro secoli di incontri e scontri nel bicentenario dell’annessione della Liguria al Regno di Sardegna, a cura di G. Assereto - C. Bitossi - P. Merlin, Genova 2015, pp. 448, 458; Lettere e carte politiche di monsignor R. governatore di San Severino e Macerata, a cura di L. Sansone, Chiavari 2016.