PITTALUGA, Stefano
PITTALUGA, Stefano. – Nacque a Capomorone, presso Genova, il 2 febbraio 1887, da Luigia Lombardo e da Giacinto. Di famiglia benestante e originariamente proprietaria di alcuni mulini a Genova; ebbe un fratello, Antonio, e una sorella, Adalgisa.
Frequentò un collegio religioso e poi un seminario, dal quale venne però espulso. Dal 1907 iniziò a lavorare presso la piccola azienda paterna, la ditta Pittaluga & C., con sede in galleria Mazzini, addetta all’esercizio del cinematografo Centrale di Genova e al noleggio delle pellicole dei film.
A metà del 1911 entrò nel commercio cinematografico, aggiudicandosi l’esclusiva di alcuni film danesi e americani, insieme al collega Francesco Tassoni, con cui fondò la ditta Pittaluga & Tassoni, poi scioltasi in due differenti imprese nell’aprile del 1912. Partecipò in seguito alle società del cinematografo Parigino, sempre a Genova, e del Volta di Sampierdarena.
Nell’estate del 1913 costituì, con un modesto capitale di 10.000 lire, insieme a Severino Ghiron, la ditta in accomandita Stefano Pittaluga, dedita al noleggio delle pellicole. Già in settembre ne aprì una succursale a Torino, dove si trasferì nel 1914.
Nella capitale umbertina costituì, cinque anni dopo, il 19 marzo 1919 presso il notaio Giovanni Chiaffredo Borgna, la SASP (Società Anonima Stefano Pittaluga). Supportata da un gruppo di amici-soci, l’azienda ebbe un capitale iniziale di due milioni di lire, che già nel settembre 1920 salì a otto. Attiva nel campo della compravendita e del noleggio delle pellicole cinematografiche, nonché dell’esercizio e della distribuzione, non si occupò di produzione, ambito in cui primeggiava l’UCI (Unione Cinematografica Italiana), nata il 9 gennaio 1919.
Nel 1921 fu amministratore delegato della Società anonima immobiliare cinematografica toscana, con sede sempre a Torino, costituita ai fini di acquisto, cessione e locazione di cinematografi. Trasformatasi in seguito da toscana in italiana, con denominazione SAICI, fu con essa che Pittaluga assorbì nel 1923 la FERT di Enrico Fiori, dopo aver acquisito due anni prima la Rodolfi Film, entrambe torinesi. Tra il 1920 e il 1922 aveva inoltre stipulato accordi con altre ditte, come quelle dei fratelli Scalzaferri e di Dante Orlandini, e assunto la proprietà di diverse sale in Piemonte, Liguria, Lombardia e Toscana, e in altri luoghi nel Nord, Centro e Sud d’Italia. Nel biennio successivo, 1924-1925, arrivò a vantare la gestione di un centinaio di cinematografi nazionali, compresi quelli cittadini di Roma, Napoli, Palermo e Catania.
Un’ascesa vertiginosa che si fece minacciosa quando, concluso l’apprendistato distributivo, cercò di inserirsi anche nell’universo produttivo, approfittando della crisi dell’industria cinematografica italiana, a rischio di paralisi nella prima metà degli anni Venti. Decisiva fu la manovra finanziaria della BCI (Banca Commerciale Italiana), che acquistò e poi cedette il pacchetto azionario dell’UCI giustappunto alla SASP. Il passaggio dell’una nelle mani dell’altra venne formalizzato il 6 ottobre 1926, con la ratifica degli azionisti della SASP riunitisi in assemblea, nei locali del cinema Ghersi a Torino, il 7 novembre.
Ai fini dell’operazione, Pittaluga si era assunto gli oneri della liquidazione, ma aveva anche ottenuto un ingente prestito dalla banca. Vide pertanto crescere il suo capitale da cinquanta a cento milioni di lire e finalmente poté dar vita a un sistema di integrazione verticale che prevedeva accanto alla distribuzione, cui tanto si era dedicato, anche la produzione. Punto di forza di questa nuova fase furono le tre pellicole del ‘filone Maciste’: Maciste all’inferno e Maciste nella gabbia dei leoni di Guido Brignone, e Maciste contro lo sceicco di Mario Camerini, tutti del 1926. Nonostante questo lancio, e pur avendo avuto nella primavera del 1927 importanti incontri ai vertici del governo, scontò il mancato decollo dell’industria cinematografica italiana di quegli anni, fortemente gravata dalla pressione fiscale e da mancati rimborsi erariali.
Ma a cambiare le sorti, anche di Pittaluga, sopraggiunse un evento di portata rivoluzionaria: il 6 ottobre 1927 fu proiettato al Warner’s Theatre di New York The jazz singer (Il cantante di jazz) di Alan Crosland con Al Jonson, pellicola che decretò la nascita internazionale del sonoro.
Di questa nuova pagina della storia del cinema, Pittaluga fu certamente uno dei più importanti e arguti fautori in Italia.
Già acquisiti con la fusione di alcune ditte italiane, tra cui Celio-Palatino, Caesar Film, Itala Film e Cines, alcuni esercizi e stabilimenti cinematografici, Pittaluga decise da subito di ristrutturare e adeguare alla nuova invenzione quelli in disuso della Cines, situati in via Veio, oltre Porta San Giovanni, a Roma.
Al centro del quartiere popolare capitolino, isolati e dotati di impianto di registrazione RCA Photophone, formati da due teatri sonori di 30×18 metri e da uno muto di 65×30, risorsero pertanto, dopo un lungo periodo inoperoso e a 25 anni dalla loro edificazione, avvenuta nel 1905, gli Stabilimenti Cines. La cerimonia inaugurale, che ebbe luogo il 23 maggio 1930 alla presenza di circa 700 invitati fra cui ministri e autorità istituzionali, artisti e personalità della cultura italiana, fu salutata dai discorsi di benvenuto prima di Pittaluga e poi di Giuseppe Bottai, ministro delle Corporazioni del governo fascista. Fu un connubio tra cinema e regime che segnò non solo la seconda fase dell’avventura imprenditoriale di Pittaluga e della celebre Cines, ma la cosiddetta rinascita del cinema italiano. Moderno capitano d’industria, dotato di un’intelligenza imprenditoriale unica, Pittaluga si rivelò l’uomo nuovo che la cinematografia nazionale attendeva da tempo.
Già nel giugno del 1930 le lavorazioni nei teatri Cines-Pittaluga fervevano e un elenco di registi e attori celebri, tra cui Alessandro Blasetti, Gennaro Righelli, Anton Giulio Bragaglia, Isa Pola, Dria Paola, Lya Franca, Elio Steiner, erano parte della ‘scuderia’. In luglio venne preannunciato il primo film sonoro italiano, che avrebbe dovuto essere Resurrectio di Blasetti, la cui genesi evolse però in una sperimentazione talmente innovativa e incentrata sulle atmosfere dettate dalla triade acustica, musica, parole e rumori, da fargli preferire il più convenzionale filone comico-sentimentale di La canzone dell’amore di Righelli (ispirato a In silenzio, novella di Luigi Pirandello). La disputa, dai contorni ancora poco chiari, ma quasi sicuramente pilotata da Pittaluga, vide già nel mese di agosto incerta la lavorazione della pellicola di Blasetti, mentre parallelamente il rivale Righelli fu invitato a mettere in cantiere la lavorazione della Canzone che, con presumibile tour de force, presentò in prima nazionale al Supercinema di Roma il 7 ottobre 1930, aggiudicandosi il primato di film sonoro italiano.
Il bilancio del primo anno di attività della neo Cines-Pittaluga si chiuse in attivo e anche le previsioni del biennio successivo sembravano ottimistiche.
Il 4 aprile 1931, tuttavia, Stefano Pittaluga morì a 44 anni per le sopravvenute complicazioni di una delicata operazione chirurgica. Era sposato ad Anita Pilotti, la quale pare abbia affiancato il marito nella sua attività imprenditoriale, spesso con capacità decisionali importanti.
Fonti e Bibl.: R. Chiti, Filmlexicon degli autori e delle opere, V, Roma 1962, pp. 661 s.; A. Bernardini, Cinema muto italiano, II, Industria e organizzazione dello spettacolo 1905-1909, Bari-Roma 1981, ad ind.; G.P. Brunetta, Cent’anni di cinema italiano, Roma-Bari 1991, ad ind.; R. Redi, La Cines. Storia di una casa di produzione italiana, Roma 1991, ad ind.; L’anonimo P.: tracce carte miti, a cura di T. Sanguineti, in Cinegrafie, 1998, numero speciale; Id., Storia del cinema italiano, I, Il cinema muto 1895-1929, Roma 2001, ad ind.; V. Buccheri, Stile Cines. Studi sul cinema italiano 1930-1934, Milano 2004, ad ind.; S. Carpiceci, Le ombre cantano e parlano. Il passaggio dal muto al sonoro nel cinema italiano attraverso i periodici d’epoca (1927-1932), I-II, Dublino-Roma 2012-2013, ad ind.; Storia del cinema italiano, IV, 1924/1933, a cura di L. Quaresima, Roma-Venezia 2014, ad indicem.