PALOCCI, Stefano
PALOCCI, Stefano. – Nacque intorno al 1316 a Roma. Figlio di un certo Paloscius Gocii Pellegrini (Benoît XII, Lettres communes, 1954-89, n. 4501) – da cui probabilmente il cognome attribuitogli di Palocci – appartenne alla domus dei Veneranieri, feudatari ed enfiteuti di numerosi beni nella campagna romana (Tomassetti, I, 1910, pp. 145 s.).
Secondo Ferdinando Ughelli (1717, col. 1354) appartenne al consorzio dei Normanni. La notizia, non confermata da fonti coeve, non è ripresa né da Ciaconio né da Cardella che si limitano ad affermare che Stefano fu un «nobilis romanus» (Chacon, 1677, col. 656; Cardella, 1793, pp. 294 s.). Del nucleo familiare più stretto di Palocci si conosce anche il nome di un fratello, Antonio, il quale è attestato nel 1366 come garante in un accordo tra il capitolo della basilica di S. Maria Maggiore e il monastero romano di S. Silvestro in Capite (Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio del Capitolo di S. Maria Maggiore, cart. 69, n. 130).
La domus dei Veneranieri dimorava in casetorri nelle vicinanze della chiesa di S. Marcello al Corso nel rione Trevi (Katermaa-Ottela, 1981, p. 33, n. 76; Pietrangeli, 1995, pp. 377 s.). Lo zio di Stefano, un tale Venderanerius Gotti Pellegrini, è attestato nel 1331 come testimone alla stesura del testamento del canonico lateranense Aldobrandino Annibaldi (Archivio segreto Vaticano, Arm. XXXV, vol. 14). È probabile dunque che intorno alla fine del XIII secolo il nome Venderanerius, di uso diffuso nella domus, iniziasse ad assumere il valore di cognome.
Il legame della famiglia Veneranieri con quella che sarà l’istituzione ecclesiastica romana più frequentata da Stefano nel corso della sua carriera – la basilica di S. Maria Maggiore – si può far risalire ai decenni finali del XIII secolo: un Angelo de Veneraneriis è attestato, infatti, come presbiter e canonico del capitolo liberiano in due atti di vendita degli anni Novanta del Duecento (Ferri, 1907, nn. 91, 94).
Stefano compare per la prima volta nell’epistolario pontificio nel luglio 1337 in una supplica presentata alla Curia per l’ottenimento di una prebenda canonicale nel capitolo di S. Maria Maggiore (Archivio segreto Vaticano, Registra Avenionensia 51, c. 204v; Benoît XII, Lettres communes, 1954-89, n. 4501): a circa vent’anni era chierico presso la chiesa di S. Maria in Cave nella diocesi di Palestrina, dove gli Annibaldi detenevano numerosi feudi. Dalla medesima fonte si ottengono notizie anche in merito alla sua formazione culturale: si dice infatti che egli avesse studiato grammatica e logica. Qualche anno più tardi, nel febbraio 1343, Stefano presentò una seconda supplica per una prebenda nella medesima basilica del valore di 8 fiorini, nonostante possedesse già un titolo ecclesiastico. Gli esecutori furono il vescovo di Tivoli, Niccolò da Velletri, legato alla famiglia Colonna, l’abate di S. Gregorio e il canonico lateranense Giacomo Malabranca (Archivio segreto Vaticano, Registra Vaticana 156, ep. 1402, c. 356r-v). Nel luglio dello stesso anno presentò una nuova supplica chiedendo la facoltà di collazionare più benefici del capitolo di Bari, il cui valore fu stabilito dal pontefice a 10 once d’oro, e nuovamente una prebenda presso il capitolo liberiano. In questo documento Stefano appare come familiare del canonico lateranense Giacomo Annibaldi, come canonico di S. Lorenzo in Lucina e di S. Maria in Cave. L’estate successiva presentò presso la Curia una nuova richiesta per un canonicato nella diocesi di Ostia e per uno nella chiesa di S. Maria in Domnica a Roma per un valore di 25 fiorini (ibid. 164, ep. 25, c. 14r-v). Non è da escludere che queste prebende fossero funzionali al prosieguo degli studi. Le richieste di benefici inoltrate in Curia in questi anni permettono di cogliere, inoltre, i legami instaurati da Palocci con esponenti delle famiglie baronali più influenti inseriti negli ambienti ecclesiastici romani, in particolare gli Annibaldi e i Colonna.
L’inizio degli anni Cinquanta del XIV secolo segnò un passaggio significativo della carriera ecclesiastica di Stefano. Egli, infatti, entrò in contatto più diretto con esponenti di rilievo del collegio cardinalizio che risiedevano ad Avignone: nel 1355 è attestato, infatti, oltreché come canonico di S. Maria Maggiore anche come vicario di S. Maria Nova di cui era titolare il cardinale diacono Pierre Roger, futuro Gregorio XI, nipote di Clemente VI e del cardinale prete Hugues Roger (Roma, Archivio di S. Maria Nova al Foro Romano, Tabularium, cart. 3, n. 87). Stefano si era legato, dunque, a una delle famiglie più influenti in Curia della prima metà del XIV secolo. Di Hugues Roger, titolare di S. Lorenzo in Damaso, egli funse da vicario a Roma nel 1359 (Archivio segreto Vaticano, Registra Avenionensia 141, c. 268r-v). I documenti notarili romani di questi anni d’altro canto consentono di cogliere la presenza attiva di Stefano anche nella vita sociale dell’Urbe: egli compare come testimone in numerosi atti di compravendita e patti sociali, in particolare nel contesto urbano del rione Monti, vicino alla basilica liberiana (Mosti, 1982, nn. 299, 319, 321, 401, 420, 433, 437; Roma, Archivio storico Capitolino, Registri notarili, sez. I, t. 649, vol. 5, c. 4v; Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio del Capitolo di S. Angelo in Pescheria, vol. 1, c. 111r). Nel 1360 Stefano è attestato nelle fonti curiali come ambasciatore romano presso il pontefice, segno di un’affermazione sociale ormai consolidata (Archivio segreto Vaticano, Registra Vaticana 143, ep. 58, c. 292r). Il legame con la corte avignonese si rafforzò ulteriormente e Stefano assunse anche la funzione vicariale della chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, di cui nel 1360 era titolare il cardinale prete Etienne Aubert (ibid.). Negli anni seguenti poté contare sempre sull’appoggio in Curia del cardinale Pierre Roger, facendone le veci come vicario di due delle basiliche papali, S. Maria Maggiore e S. Giovanni in Laterano (Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio del capitolo di S. Maria Maggiore, cart. 69, n. 129; Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Normali, 13 febb. 1370, Fiesole, S. Bartolomeo detta badia dei Rocchettini). Nell’aprile 1370 figura anche come vicario del cardinale diacono di S. Maria in Portico, Hugues de S. Martial, allora arciprete della basilica vaticana (Urban V, Lettres communes, 1954-89, n. 25819). Da questa posizione di rilievo, che lo vide contemporaneamente reggente di tre basiliche papali, egli fu nella condizione di poter ottenere ulteriori prebende e benefici: si conta che ottenne nei decenni centrali del secolo più di una decina di titoli ecclesiastici, esclusi gli uffici di vicario nelle chiese di cui erano titolari cardinali e nelle basiliche papali.
L’ascesa al trono papale di Gregorio XI significò per Palocci un’ulteriore possibilità di affermazione ecclesiastica. Nel settembre 1371, infatti, egli subentrò ad Agapito Colonna, di cui era stato familiare (Archivio segreto Vaticano, Registra Vaticana 269, cc. 295v-296r), quale vescovo della ricca diocesi bresciana (Eubel, 1913, p. 147), anche se non sembra avervi mai risieduto. Stefano, del resto, ricopriva contemporaneamente anche l’ufficio di camerario del clero romano. Nel marzo 1373 egli fu nominato vescovo della sede tudertina (ibid., p. 502), mantenendo tuttavia gli uffici di vicario in S. Maria Maggiore, S. Giovanni in Laterano e S. Maria Nova. Come per quella bresciana, è possibile che abbia guidato la diocesi di Todi delegandone l’amministrazione a un suo vicario. Il ruolo giocato da Palocci in questi anni nei rapporti con la Curia papale e in particolare con il collegio cardinalizio dovette essere significativo. Egli, infatti, funse da vicario di altri due cardinali, Pierre Flandrin (S. Eustachio) e Guillame Noëllet (S. Angelo in Pescheria). Non è dunque un caso che abbia giocato un ruolo decisivo, in qualità di custode del conclave (Baluze, 1927, p. 558), nella controversa elezione di Urbano VI all’inizio dell’aprile 1378, come lui stesso confessò in una deposizione successiva agli ambasciatori del re castigliano (Archivio segreto Vaticano, Arm. XLIV, vol. 15; Gayet, I, 1889). Negli anni successivi nei quali si consumò l’inizio dello scisma d’Occidente le sue tracce si fanno flebili. Nel dicembre 1379 è indicato tra gli esecutori testamentari del cardinale Agapito Colonna, uno dei suoi primi sostenitori (Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio del Capitolo di S. Maria Maggiore, cart. 70, n. 144). È più che probabile che Stefano sia stato fra coloro che tentarono di favorire il consolidamento della fragile posizione di Urbano VI. Il pontefice, infatti, nella terza promozione cardinalizia del 1384, che concludeva il suo disegno di totale riorganizzazione della nuova Curia romana, premiandone la fedeltà, lo nominò cardinale prete di S. Marcello.
Palocci fu tra i tredici cardinali che parteciparono al conclave dal quale uscì papa, il 2 novembre 1389, Pietro Tomacelli con il nome di Bonifacio IX. Il neoletto lo nominò cardinale arciprete della basilica di S. Maria Maggiore e gli commissionò la ricostruzione della basilica di S. Paolo fuori le mura (De Angelis, 1616, p. 32).
Il 24 aprile 1396 morì a Roma e fu seppellito in S. Maria Maggiore (Die mittel-alterlichen Grabmäler…, 1981, pp. 171 s., n. XXXII, 5), alla quale lasciò in eredità metà del casale di S. Pastore.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Registra Vaticana 156, c. 356r-v; ibid. 158, c. 280r; ibid. 163, c. 171r; ibid. 164, c. 14r-v; ibid. 158, c. 280r; ibid. 263, cc. 222v-223r; ibid. 269, cc. 295v-296r; Registra Avenionensia 51, c. 204v; ibid. 141, c. 268r-v; ibid. 143, c. 292r; Registra Supplicationum 4, c. 84r; ibid. 32, c. 195v; ibid. 33, c. 258r; ibid. 42, c. 212v; Arm. XXXV, vol. 14; ibid., Arm. XLIV, vol. 15; Biblioteca apostolica Vaticana, Archivio del Capitolo di S. Angelo in Pescheria, vol. 1, c. 111r; vol. 6, c. 31v; Archivio del Capitolo di S. Maria Maggiore, ms. Bianchini, Indiculus canonicorum, p. 166; ibid., cart. 69, n. 129, 130, 132; ibid. cart. 70, n. 144; ibid., Vat. Lat. 8035/1, p. 56, 95, 98, 102; Vat. Lat. 8036/2, p. 74; Roma, Archivio di S. Giovanni in Laterano, Perg. Q. 5.A.4; Archivio di S. Maria Nova al Foro Romano, Tabularium, cart. 3, n. 87; Archivio storico Capitolino, Registri notarili, sez. I, t. 649, vol. 5, c. 4v; ibid., vol. 10, c. 51; Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Normali, 13 febbraio 1370, Fiesole, S. Bartolomeo detta badia dei Rocchettini; P. De Angelis, Basilicae S. Mariae…, Roma 1616, pp. 32, 162 s.; A. Chacon, Vitae et res gestae…, II, Roma 1677, col. 656; F. Ughelli, Italia sacra…, I, Venezia 1717, col. 1354; ibid., IV, 1719, col 554; L. Cardella, Memorie storiche dei cardinali…, II, Roma 1793, pp. 294 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese…, 14 voll., 1869-1884, X, p. 19, n. 27; L. Gayet, Le Grand Schisme d’Occident d’après les documents contemporains déposés aux archives secrètes du Vatican, I, Paris 1889, pp. 44-64; G. Ferri, Le carte dell’Archivio Liberiano dal secolo X al XV, in Archivio della società romana di Storia patria, XXX (1907), pp. 119-168, n. 91 s., 132; G. Tomassetti, La campagna romana antica, medioevale e moderna, I-IV, Roma 1910-26, I, pp. 145 s.; Hierarchia Catholica…, a cura di K. Eubel, Münster 1913, pp. 25, 44, 147, 502; S. Baluze, Vitae paparum avinionensium, a cura di G. Mollat, II, Paris 1927, ad ind.; Repertorium germanicum, II, a cura di G. von Tellenbach, Berlin 1933-61, nn. 144, 648, 649, 806, 968, 1060, 1074; Urbain V (1362-1370), Lettres secrètes et curiales du pape Grégoire XI (1370-1378) relatives à la France, a cura di L. Mirot - H. Jassemin, Paris 1935-1957, nn. 2404, 3664; Lettres communes, a cura di M. Hayez, I-XII, Rome 1954-89, nn. 9559, 9594, 23368, 25819, 27516, 27526; Lettres secrètes et curiales du pape Grégoire XI (1370-1378) intéressant les pays autres que la France, a cura di G. Mollat, Paris 1962-65, nn. 219, 288, 1660, 1772, 2020, 2647, 3197, 3904; A. Esch, Bonifaz IX. und der Kirchenstaat, Tübingen 1969, ad ind.; A. Katermaa-Ottela, Le casetorri medievali in Roma, Helsinki 1981, p. 33, n. 76; Die mittelalterlichen Grabmäler in Rom und Latium, I, Rom-Wien 1981, pp. 171 s., n. xxxii, 5; R. Mosti, I protocolli notarili di Johannes Nicolai Pauli, un notaio romano del ’300 (1348-1379), Roma 1982, nn. 299, 319, 321, 401, 420, 433; Id., L’assalto del comune di Tivoli ai “castra” dell’abbazia di S. Paolo in una fonte notarile del 1367-1368, inAtti e memorie della Società tudertina di storia e d’arte, LVII (1984), p. 156, n. 90; C. Pietrangeli, Scritti scelti, Roma 1995, pp. 377 s.; A. Rehberg, Kanoniker von. S. Giovanni in Laterano und S. Maria Maggiore im 14. Jahrhundert, Tübingen 1999, ad ind.; Id., Kirche und Macht im römischen Trecento. Die Colonna und ihre Klientel auf dem kurialen Pfründenmarkt (1278-1378), Tübingen 1999, ad ind.; V. Saxer, Sainte-Marie-Majeure. Une basilique de Rome dans l’histoire de la ville et de son église (Ve-XIIIe siècle), Rome 2001, ad ind.