GIORDANO, Stefano
Nacque a Messina in data imprecisata. La sua produzione artistica, che si colloca intorno alla metà del secolo XVI, documentata da alcune opere firmate e datate e da altre a lui riferite dai biografi e dalle guide locali, si delinea nell'ambito della scuola messinese di Polidoro da Caldara, detto Polidoro da Caravaggio. In una revisione critica, iniziata in tempi relativamente recenti, si va affermando sempre più l'ipotesi che il G. abbia fatto parte, intorno al 1534-35, della sua bottega: a lui spetterebbe infatti il completamento della Natività della chiesa dell'Altopascio o Altobasso nel Messinese, nonché il S. Giacomo della chiesa parrocchiale di Camaro (Marabottini; Leone de Castris, 1988; Pugliatti), il S. Giorgio della Walter Art Gallery di Liverpool, e la Madonna del latte di collezione privata romana (Sricchia Santoro), dipinti già ritenuti autografi di Polidoro, ma probabilmente eseguiti dal G. su traccia del maestro.
Dopo tali prove, il G., restando fedele a questo stile, continua un percorso che si delinea in opere di grande respiro, come il trittico eseguito per l'ospedale di S. Angelo alla Caperrina con l'Ultima Cena, datata 1538, affiancata da sportelli laterali con i Ss. Luca e Marco (talvolta identificati con i Ss. Crispino e Crispiniano) e i Ss. Cosma e Damiano, datati al 1540. Quando l'ospedale di S. Angelo fu trasferito, l'imponente complesso (oggi nei depositi del Museo regionale di Messina) rimase nella vecchia sede, poi occupata dal monastero di S. Gregorio, dove è ricordato dalle fonti (Susinno; Hackert - Grano; Grosso Cacopardo) che lo definiscono una grande fatica del pittore.
Appartengono a questa fase stilistica anche per contiguità cronologica, il S. Benedetto tra i ss. Mauro e Placido firmato e datato 1541, citato da Susinno, e ricordato da Hackert e Grano come S. Benedetto moribondo tra i discepoli, una volta nella chiesa di S. Maria della Scala e adesso al Museo regionale di Messina; le quattro tavole nella Galleria di Palazzo Abatellis a Palermo raffiguranti la Madonna in trono col Bambino poppante tra s. Michele Arcangelo e s. Nicola di Bari e in alto il Cristo risorto, complesso datato 1541 nella tavola centrale ma non firmato, restituito al G. da Abbate (1980) e facente parte di un polittico in origine in S. Nicolò lo Reale, chiesa attigua a S. Francesco, dove esso presumibilmente fu trasferito nel Settecento, quando la chiesa di S. Nicolò venne rinnovata. È possibile che di questo polittico facesse parte una tavoletta con l'Andata al Calvario, quale frammento della predella, acquistata sul mercato antiquario per la stessa Galleria palermitana, che deriva dalla pala di Polidoro già nella chiesa del Carmine a Messina (Leone de Castris, 1988; Pugliatti).
Di un momento strettamente affine alle opere che si collocano tra il 1534 e il 1540 si può ritenere la tavola con la Madonna in trono tra le ss. Barbara e Caterina, altrimenti ricordata dalle fonti come Madonna del Rifugio, nel Museo regionale di Messina, proveniente dalla chiesa di S. Andrea Avellino, ma originariamente in S. Barbara, opera che nel volto della Vergine reca caratteri affini alla Madonna della Natività dell'Altopascio e palesa nelle espressive fisionomie delle sante un patetismo derivato dalle appassionate creature polidoresche.
Tra le opere del G. menzionate dalle fonti erano una mezza figura della Vergine col Bambino in seno, citata da Susinno, ma non più nominata dagli storici successivi; una Resurrezione in S. Francesco di Paola ricordata da Gallo, ma già fatiscente ai tempi di Grosso Cacopardo, che ricordava di aver visto soltanto la parte superiore con l'Eterno tra angeletti, ritoccata da monsignor Gaetano Grano; un S. Ignazio già nella chiesa gesuitica di Gesù e Maria in S. Giovanni, distrutta dal terremoto del 1783 (Hackert - Grano; Grosso Cacopardo); il quadro con il Crocifisso nella chiesa di S. Francesco, citato da Grosso Cacopardo che lo dice già perduto; una Discesa dello Spirito Santo in S. Andrea Avellino, ricordata da Hackert e Grano, da identificarsi presumibilmente però con il dipinto firmato da Deodato Guinaccia, originariamente nella chiesa di S. Maria di Basicò e poi venduto dalle monache ai padri di S. Andrea, dove è ricordato come opera di Guinaccia già da Gallo e poi dagli storici e dalle guide successive (Campagna Cicala, 1996). Inoltre, come opera del G., Susinno e Grosso Cacopardo citavano la Madonna in trono col Bambino tra i ss. Agostino e Bernardo sormontata dalla lunetta con L'Eterno Padre, unica parte della pala rimasta in chiesa ai tempi di Grosso Cacopardo, il quale riferiva che la tavola centrale era stata venduta insieme con altri dipinti della stessa chiesa. Questa tavola si trova adesso nel Museo di Capodimonte a Napoli, dove giunse per dono di Ferdinando IV di Borbone da parte del marchese di Montagano nel 1802 insieme con altri quadri (Filangieri di Candida). Il dipinto era ricordato da Samiperi come opera di Mariano Riccio, e come tale è stato ritenuto da Previtali (1978) e da Abbate (1972); mentre in seguito Barricelli, rilevando la notizia di Susinno, restituiva l'opera al G., attribuzione adesso generalmente accolta (Pugliatti: precedentemente, Hyerace vi ravvisava alcune affinità con i modi di Cesare da Napoli).
Non è nota la data di morte del Giordano.
A seguito delle ricerche che nell'ambito degli studi sull'arte del Cinquecento meridionale hanno portato a una migliore conoscenza di molti aspetti della corrente polidoresca messinese, altre opere sono state attribuite al G., più o meno coerenti con il linguaggio con cui si identifica lo stile del pittore. Queste attribuzioni coinvolgono pure il periodo di formazione, che, in mancanza di dati anagrafici, non si è in grado di stabilire se coincida interamente con l'introduzione nella bottega polidoresca o se sia da vedersi anche in un'attività già avviata sulle premesse dell'arte locale, improntata a forme semplici, delineate su una struttura plastico-disegnativa con un chiaroscuro forte e netto, che permane tra le caratteristiche del suo stile maturo. Al di là dell'Annunciazione della chiesa madre di Forza d'Agrò e del grande polittico della chiesa madre di Ficarra, dati al pittore da Bottari (1927; 1954), oggi ritenuti estranei al percorso stilistico del G., altre attribuzioni restano problematiche, anche se attendibili, tenendo presente il loro contesto pittorico permeato dalla cultura di Cesare da Sesto e di Gerolamo Alibrandi, che certamente ebbe un peso nella formazione di pittori poi gravitanti nell'orbita polidoresca, dando luogo a possibili interferenze nella produzione di personalità diverse. Emblematiche di questa compenetrazione tra una cultura più antica e il nuovo "gusto polidoresco" sono le componenti classicheggianti o "archeologizzanti" che caratterizzano gli elementi architettonici, come capitelli o colonne, e le decorazioni delle basi o delle predelle dei troni, riprese dalle architetture polidoresche, ma che possono avere una matrice precedente nei dipinti messinesi di Cesare da Sesto. Questo motivo di rilievi classicheggianti costituisce una cifra quasi costante nella pittura del G., assorbita e adottata poi da quasi tutta la scuola polidoresca che recepisce in essa il segno più rappresentativo e appariscente della cultura rinascimentale. Nell'ambito di questa problematica ancora aperta si inseriscono sia la Madonna in trono col Bambino ed un cesto di frutta della chiesa madre di Bordonaro (Messina), che reca un'attribuzione al G. da parte di Grosso Cacopardo e di Di Marzo, più recentemente trasferita nell'attività di Mariano Riccio (Hyerace), non da tutti accettata (Pugliatti); sia la pala della chiesa della Madonna della Catena a Itala, che raffigura la Madonna della Catena in trono col Bambino tra i ss. Pietro e Paolo, oscillante tra la personalità del G. (Bottari, 1954; Pugliatti) e quella di Mariano Riccio (Hyerace). Attribuzioni recenti, ancorché incerte e problematiche, sono l'Incredulità di s. Tommaso in collezione privata messinese, derivazione del dipinto di Polidoro di stesso soggetto oggi nelle Courtauld Galleries di Londra, già nella chiesa di S. Tommaso a Messina (Campagna Cicala, 1985); una S. Caterina d'Alessandria nella chiesa madre di Salice troppo danneggiata da cadute di colore e ridipinture per poter esprimere un giudizio obiettivo sulle sue caratteristiche stilistiche (Hyerace; Pugliatti); un frammento con quattro storie della vita di S. Caterina sempre nella chiesa madre, forse appartenenti alla stessa opera ma di qualità migliore perché non alterate da interventi successivi, e nelle quali si potrebbe riscontrare la mano del G. (Pugliatti); una Vergine in trono col Bambino tra due santi di collezione privata messinese (Hyerace), in cui si riconoscono palesi influenze da Cesare da Sesto a Gerolamo Alibrandi e a Polidoro, purtroppo molto rovinata.
Fonti e Bibl.: P. Sampieri, Messana… duodecim titulis inlustrata (1654), I, Messanae 1742, lib. VI, p. 615; F. Susinno, Le vite de' pittori messinesi (1724), Firenze 1960, pp. 69-73; C.D. Gallo, Apparato agli Annali della città di Messina (1755), Messina 1877, pp. 99, 102, 126 s., 145, 179; F. Hackert - G. Grano, Memorie de' pittori messinesi (1792), a cura di S. Bottari, in Arch. storico messinese, I (1931), p. 18; G. Grosso Cacopardo, Memorie de' pittori messinesi, Messina 1821, pp. 58 s.; C. La Farina, Intorno a S. G. e della Cena del Signore dallo stesso condotta, in Lo Spettatore zancleo, 17 giugno 1835; G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia dal sorgere del sec. XV alla fine del sec. XVI, III, Palermo 1862, pp. 294 s.; A. Filangieri di Candida, La Galleria nazionale di Napoli (Documenti e ricerche), in Le Gallerie nazionali italiane, V (1902), pp. 234, 312 s.; A. Salinas - G. Columba, Terremoto di Messina. Opere d'arte recuperate (1915), a cura di F. Campagna Cicala - G. Molonia, Messina 1998, pp. 22, 40, 115; E. Mauceri, Intorno a S. G., pittore messinese del sec. XVI, in Bollettino d'arte, X (1916), 5-6, pp. 144-146; G.M. Columba, La data del trittico di S. G., messinese, ibid., XI (1917), 1-2, pp. 33 s.; S. Bottari, Forza d'Agrò, Messina 1927, pp. 83-86; Id., La cultura figurativa in Sicilia, Messina-Firenze 1954, pp. 245 s.; A. Marabottini, Polidoro da Caravaggio, Roma 1969, pp. 178 s., 272-274; F. Abbate, La pittura napoletana del '500, in Storia di Napoli, V, 2, Cava dei Tirreni 1972, p. 888; G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino 1978, pp. 6, 28 s., 32-34; V. Abbate, Un trittico di S. G., in Prospettiva, 1980, n. 23, pp. 72-79; G. Consoli, Messina. Museo regionale, Bologna 1980, pp. 29 s.; A. Barricelli, La pittura in Sicilia dalla fine del Quattrocento alla Controriforma, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, pp. 22 s.; F. Sricchia Santoro, Una traccia per Polidoro, in Prospettiva, 1982, n. 28, p. 78; F. Campagna Cicala, Una copia da Polidoro di S. G., in Scritti in onore di Vittorio Di Paola, Messina 1985, pp. 63-72; V. Abbate - V. Scuderi - T. Viscuso, Momenti del Cinquecento meridionale. Restauri e recuperi, Palermo 1985, pp. 20-24; L. Hyerace, SuMariano Riccio e intorno alla pittura messinese della prima metà del Cinquecento, in Nuovi Annali della Facoltà di magistero dell'Università di Messina, Messina 1986, n. 4, pp. 397, 404, 407 s.; C. Vargas, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 729; P. Leone de Castris, Polidoro da Caravaggio tra Napoli e Messina (catal., Napoli), Milano-Roma 1988, pp. 143 s., 153-157; F. Campagna Cicala, in F. Zeri - F. Campagna Cicala, Messina. Museo regionale, Palermo 1992, pp. 94 s.; T. Pugliatti, Pittura del Cinquecento in Sicilia. La Sicilia orientale, Napoli 1993, pp. 141-151; C. Di Giacomo, in Dizionario degli artisti siciliani. Pittura, a cura di M.A. Spadaro, Palermo 1993, p. 234; F. Campagna Cicala, Aspetti della pittura a Messina nel Cinquecento (catal.), Messina 1996, pp. 34 s.; Id., La cultura pittorica nella Sicilia orientale, in Vincenzo degli Azani e la cultura figurativa in Sicilia nell'età di Carlo V (catal.), a cura di T. Viscuso, Palermo 1999, pp. 137 s.; A. Callari, ibid., pp. 283-285; E. De Castro, ibid., pp. 286-289; Museo e Galleria nazionale di Capodimonte. Dipinti dal XIII al XVI secolo. Le collezioni borboniche e post-unitarie, a cura di P. Leone de Castris, Napoli 1999, pp. 150 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 80.