FIESCHI, Stefano
Nacque da Manfredo tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo a Soncino (ora in provincia di Cremona). Le prime notizie certe su di lui si traggono dalle sue lettere. Nel 1424-25 era in Normandia, dove svolse per cinque anni le funzioni di segretario presso Zanone Castiglioni, vescovo di Lisieux, come risulta da due lettere (Bergamo, Bibl. civ. A. Mai, Γ, IV, 26, cc. 61v-62r, e Berlino, Staatsbibl., Lat. fol. 643, cc. 41v-42r) raccolte nell'epistolario del destinatario Francesco Oca, mediocre umanista attivo nell'università di Pavia. Il F. si accingeva allora (lettera datata Milano 1429) a seguire per un altro anno le lezioni di Gasparino Barzizza, per le quali chiedeva in prestito all'Oca i libri di testo, ma il maestro morì nel 1430. Da Padova nel 1435 giunsero due lettere agli amici trevigiani Giovanni da Schio e Andrea Orsenigo (Vienna, Österreich. Nationalbibl., 3481, cc. 95v-97r e 103r-104v; la seconda anche nel Vat. lat. 3194); al secondo il F. chiedeva di intercedere presso il suocero, il cancelliere A. Redusio da Quero, autore di un Chronicon Tarvisinum, per mantenergli un non meglio precisato privilegio.
Nel 1441 il F. era cancelliere a Ragusa, in Dalmazia, dove poi, dal 1444 al 1459, ebbe la carica di "rector scholarum". Nel 1444 scriveva all'esattore di Padova, P. Busenello (Treviri, Stadtbibl., Mss. 1879/74, cc. 125v-126r), allegando (ibid., cc. 126r-130r) un'epistola Adchristianos principes e rammentando al funzionario che l'anno precedente, 1443, aveva scritto "principibus Ungariae ... contra Theucros" (cioè contro i Turchi), a papa Eugenio IV, al doge Francesco Foscari, a Federico III, Filippo Maria Visconti, Carlo VII e ad altri, fra cui Alfonso V d'Aragona, Filippo il Buono duca di Borgogna e Ladislao III. Questi ultimi sono citati fra i destinatari delle tredici lettere del F. conservate ad Oxford (Bodleian Library, Can. Misc. 268). Sempre ad Oxford (ibid., Can. Class. Lat. 58, c. 176v) si trova un'altra lettera, ma di carattere privato, a G. A. Gallina, presenteanche nel ms. H 49 inf., cc. 134v-135r, della Bibl. Ambrosiana di Milano.
Il 12 nov. 1460 il F. risulta "rector scholarum S. Marine" a Venezia, e il 12 nov. 1462 è menzionato per l'ultima volta. Si ignora la data della sua morte.
Del F. ci restano anche altre epistole: una a F. Patrino da Crema (München, Bayer. Staatsbibl., Cod. Lat. 7612, cc. 222v-223v) e quelle "exercendi ingenii causa" ad uno "Jacobum Falconum de Pedemontium" (Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. H 192 inf., cc. 74r-78v), scritte in italiano con traduzione latina. Un'orazione del F., De laudibus ducis Mediolani, èconservata nella Biblioteca civica di Bergamo.
Frutto dell'attività di grammatico del F. è l'opera De prosynonymis o Synonyma sententiarum, dedicata nel Vat. lat. 6870 della Bibl. apost. Vaticana a G. Meglioranza, amico del Busenello, e nel manoscritto Δ I 17 della Biblioteca civica di Bergamo ai propri figli Giovanni, Bartolomeo e Francesco. Ai figli è pure dedicato il De inventione imitationis verborum et sententiarum o Synonymaverborum. La prima pagina delle Regulae summaticae (altrove grammaticae) della Biblioteca universitaria di Padova (ms. 1283) reca l'annotazione di mano coeva, secondo cui il F. era padre dei monaci benedettini Eusebio di S. Giustina a Padova e Fortunato di S. Nicolò del Lido a Venezia: ma non sappiamo se questi siano i nomi di religione di due dei tre figli dedicatari del manoscritto bergamasco. Secondo il Sabbadini ai Synonyma verborum composti nel 1436 il F. aggiunse i Synonyma sententiarum nel 1456;ma la data testimoniata dalla tradizione manoscritta per questi ultimi è quella del 1437.Esula dalle precedenti composizioni scolastiche il Luctus Soncinensis del 1453, in cui il F. piange la morte del padre, avvenuta quell'anno a Ragusa.
La produzione del F. è quasi tutta centrata su schematici ed elementari manuali di grammatica, a parte il De compositione styliadornandi, manualetto divulgativo di quell'arsdictandi di cui, in verità, il tenore delle sue lettere dà mediocre prova. Proprio per la loro semplicità gli scritti del F. ebbero una fortuna enorme in tutta Europa durante la sua e la generazione seguente, specialmente all'estero, in quanto i sintagmi, che erano frasi da memorizzare, vennero muniti di traduzioni che rendevano più facile l'approccio al latino. Sebbene il F. sia stato soltanto un maestro elementare con una scarsa cognizione personale dei classici - tanto è vero che si limitava a consigliare la lettura di Cicerone, di Terenzio e delle sue opere - fu considerato allora alla stessa stregua di umanisti di ben altra levatura come Guarino Guarini o Barzizza; le vicende del secondo probabilmente sfiorano appena quelle del F. benché i loro scritti si trovino spesso, intrecciati nella tradizione manoscritta e a stampa e ciò abbia indotto a porli sullo stesso piano, come si legge nella Margarita poetica (c. 160), compilata da Albrecht von Eyb nel 1502.
E proprio in Germania ebbero particolare successo i testi del F. di cui esistono dodici edizioni di incunaboli con traduzione in italiano, dieci in tedesco, tre in basso tedesco, sette in francese, quattro in olandese e due in spagnolo, oltre ad alcune cinquecentine. Riguardo ai codici, grazie all'apporto del III e IV volume dell'Iter Italicum bisogna rilevare che i manoscritti rintracciati nel fondamentale studio di D. Mazzuconi sono circa la metà di quelli presenti complessivamente in Austria, nell'ex Cecoslovacchia, nella Biblioteca nazionale di Parigi, in Germania, in Gran Bretagna e in Polonia. Fra quelli austriaci si segnalano i Flores epistolarum familiarumM. T. Ciceroniscollecti perStephanum Fliscum a St. Paul im Lavanttal, Stiftsbibl., 137/4, cc. 168-85v, e un'Orationuptialis a Schwaz, Franziskanerkloster.
Bibl.: Per i manoscritti, oltre allo studio della Mazzuconi citato più avanti, si veda P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-IV, ad Indices, eper gli incunaboli, Gesamtkatalog der Wiegendrucke, nn. 10000-10037. Si vedano inoltre: F. Arisi, Cremona literata, I,Parmae 1702, pp. 278 s.;F. Argelati, Bibliothera scriptorum Mediolanensium, I, Mediolani 1745, p. 573; F. Galantino, Storia di Soncino, I, Milano 1869, pp. 229-231; III, ibid. 1870, p. 261;R. Sabbadini, La scuola e gli studi di G. Guarini veronese, Catania 1896, p. 55; E.Bertana-G. Della Santa, Documenti per la storia della cultura in Venezia, I, Venezia 1907, pp. 328 s.;R. Sabbadini, Il metodo degli umanisti, Firenze 1922, p. 30; V.Rossi, Maestri e scuole a Venezia verso la fine del Medio Evo, in Scritti di critica letteraria, III, Firenze 1930, p. 55; T. Foffano, Charles d'Orléans e un gruppo di umanisti lombardi in Normandia, in Aevum, XLI (1967), pp. 454 s.; Id., Tra Padova, Parma e Pavia: appunti su tre allievi di Gasparino Barzizza, in Quaderni per la storia dell'Univ. di Padova, II (1969), p; 36; A. Sottili, L'università italiana e la diffusione dell'umanesimo nei paesi tedeschi, in Humanistica Lovaniensia, XXX (1971), pp. 5, 12; D. Mazzuconi, S. F. da Soncino: un allievo di G. Barzizza, in Italia medioevale e umanistica, XXIV (1981), pp. 257-262, 268-285.