FALZAGALLONI, Stefano
È molto incerta la fisionomia del F., pittore ferrarese, cui G. Baruffaldi dedica un intero capitolo delle sue Vite (1675); l'unico elemento sicuro è costituito dalla data della sua sepoltura avvenuta il 17 genn. 1500, nella chiesa di S. Apollinare a Ferrara, registrata nei Libri dell'Arciconfraternita della morte della stessa città. Nella ricostruzione assai poco attendibile della sua personalità il Baruffaldi giunse a proporre l'identificazione del F. con lo "Stefano ferrarese" menzionato dal Vasari (1568) quale amico di Mantegna, allievo dello Squarcione, a cui lo stesso Vasari attribuiva erroneamente i perduti affreschi nella cappella antica dell'Arca di S. Antonio e la Madonna del pilastro nella basilica del Santo a Padova, sebbene cronologicamente precedenti. Nel XVIII secolo Cesare Cittadella (1782) ne stese una fantasiosa biografia, ribadendo l'alunnato del F. presso Mantegna a Padova e riconoscendogli, oltre alle prove padovane sopracitate, la pala con la Madonna in trono e santi (la cui data era allora letta 1531), già in S. Maria in Vado a Ferrara e oggi nella Pinacoteca nazionale della città, da tempo restituita al Maestro dei dodici apostoli.
Le incongruenze stilistiche e biografiche che per tutto il Settecento avevano caratterizzato la lacunosa biografia del F. spinsero gli studiosi successivi, dal Lanzi (1789) al Boschini (note in Baruffaldi, 1844), dal Milanesi (in Vasari, 1878) al Gruyer (1897), a ipotizzare l'esistenza di due artisti omonimi vissuti in epoche diverse.
L'uno è quello Stefano da Ferrara ricordato dal Vasari e da Michele Savonarola nel suo Commentariolus de laudibus Patavii, scritto verso il 1440, quale autore degli affreschi della cappella dell'Arca di S. Antonio nell'omonima basilica padovana e identificato con il baruffaldiano Stefano Falzagalloni. L'altro è un artista che operò in pieno Cinquecento e la cui fisionomia, che oscilla tra Dosso e Garofalo, è stata chiarita da Savonuzzi (1950) e da Bargellesi (1955), aggregando un gruppo di opere già assegnate al F. attorno al nome di comodo del Maestro dei dodici apostoli, nome mutuato dalla serie dei Dodici apostoli della Pinacoteca ferrarese, cui si aggiungono altre opere tra cui la pala della chiesa ferrarese di S. Maria in Vado (1530), la Resurrezione e la Pentecoste (nella Pinacoteca di Ferrara), la Visitazione di Brera (di recente tale artista ha ritrovato anche il proprio nome in Giovan Francesco Dianti dell'Argento; cfr. A. M. Fioravanti Baraldi, Garofalo e Girolamo da Carpi tra Ferrara e Bologna, in Il Carrobbio, XVIII [1992], pp. 153, 160 n. 8).
È chiaro che, se l'insostenibilità di assegnare tali opere al F., morto nel 1500, aveva permesso di confutare definitivamente gli errori di C. Cittadella (1782; ma cfr. anche Avventi, 1838, Laderchi, 1838, e note in Baruffaldi, 1844) e di togliere dal suo percorso tali opere, purtuttavia la personalità di questo artista appariva molto confusa ancora alla fine dell'Ottocento.
Infatti persistettero durante tutto il secolo assurde attribuzioni alimentate dalle supposte consonanze stilistiche con quella Madonna del pilastro di Padova che, secondo il Laderchi (1838) e il Lanzi (1789), presenta modi vicini al fare di Giovanni Bellini. In base a ciò nei primi anni dell'Ottocento erano ascritte a Stefano da Ferrara (alias il F.) due importanti pale entrate nella Pinacoteca di Brera in seguito alle spoliazioni napoleoniche. Una era la Madonna col Bambino e i ss. Nicola, Pietro e Bartolomeo di Nicolò Rondinelli, proveniente dalla chiesa di S. Domenico a Ravenna; l'altra era la famosa pala di S. Maria in Porto Fuori (Ravenna) di Ercole Roberti, con la Vergine col Bambino in trono e i ss. Elisabetta, Agostino e il beato Pietro degli Onesti, eseguita intorno al 1479-1481 (A. Mazza, in Musei e gallerie di Milano - Pinacoteca di Brera. Scuola emiliana, Milano 1991, pp. 302 ss.; A. Bacchi, ibid., p. 122): Inoltre, la lacunosa conoscenza di questo artista aveva registrato fin dai tempi della "guida" del Brisighella (sec. XVIII) un altro madornale equivoco riferito a una tavola con i Ss. Giuseppe e Francesco, datata 1524, chiaramente non ascrivibile ad un artista morto nel 1500. Già dispersa nel 1838 (Laderchi), è stata identificata di recente nel dipinto di analogo soggetto, ma datato 1532, comparso alla vendita Fleichner (13-15 maggio 1929) al Doroteum di Vienna e da includersi secondo la Novelli (in Brisighella, 1991) "sulla base di rapporti stilistici nel gruppo che la critica ha radunato intorno al nome di Nicolò Pisano".L'ulteriore sfasatura del testo vasariano, dove lo Stefano menzionato nella Vita di Vittore Carpaccio (Vasari, 1568) viene detto contemporaneo di Giusto de' Menabuoi, ha rafforzato in tempi recenti l'ipotesi che l'autore della Madonna del pilastro nella basilica del Santo a Padova, databile secondo Ragghianti (1987) al 1350, sia da identificare non tanto con lo Stefano ferrarese menzionato da Michele Savonarola (1440 ca.), bensì con un altro "Stephano de' Ferraria quondam ser Benedicti pittore", che compare come teste in un atto della chiesa di S. Vito a Treviso del 6 giugno 1345 insieme con Tommaso da Modena e che pertanto potrebbe essere ritenuto suo compagno di lavoro e autore di parte degli affreschi del palazzo della Ragione di Padova. Inoltre a Padova negli anni 1471, 1472 e 1474 è documentato un pittore Stefano, socio di "Pietro quondam Giacomino da Ferrara" (ibid.), presumibilmente di origine ferrarese. L'ultima persona citata sembra la più indicata ad essere identificata con il F. che poté essere amico di Mantegna, suo coetaneo e condiscepolo nella vasta bottega di Squarcione.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... [1568], a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 407 (vita di A. Mantegna), 638 (vita di V. Carpaccio); G. Baruffaldi, Le vite de' pittori e scultori ferraresi [1675-1755], I, Ferrara 1844, pp. 155-158; C. Brisighella, Descrizione delle pitture e sculture ... della città di Ferrara... [sec. XVIII], a cura di M. A. Novelli, Ferrara 1991, pp. 502, 503 n. 1; C. Cittadella, Catalogo istorico de' pittori e scultori e delle opere loro, Ferrara 1782, I, pp. 124-128; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1789], Venezia 1838, XI, pp. 45 s.; F. Avventi, Ilservitore di piazza. Guida per Ferrara, Ferrara 1838, pp. 80 s.; C. Laderchi, Descrizione della quadreria Costabili, Ferrara 1838, p. 31; L. N. Cittadella, Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara, Ferrara 1846, I, p. 564; G. Rosini, Storia della pittura italiana, III, Pisa 1848, pp. 3, 197; G. Gruyer, L'art ferrarais..., Paris 1897, II, p. 317; C. Savonuzzi, IlMaestro dei 12 apostoli, in La Critica d'arte, s. 3, VIII (1950), 32, pp. 477-80; G. Bargellesi, Opere del Maestro dei 12 apostoli, in Notizie di opere d'arte ferraresi, Rovigo 1955, pp. 99-105; A. Mezzetti-E. Mattaliano, Indice ragionato delle "Vite de' pittori e scultori ferraresi" di G. Baruffaldi, Ferrara 1983, III, p. 130; C. L. Ragghiantì, Pittura fra Giotto e Pisanello, Ferrara 1987, pp. 91-94; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon..., XI, p. 239.