DURAZZO, Stefano
Nacque a Multedo, alle porte di Genova, il 5 agosto 1594, ultimogenito di Pietro e di Aurelia Saluzzo: apparteneva al ramo principale di una delle più importanti famiglie "nuove" di Genova. Fu inviato a Roma nel 1611 affinché intraprendesse la carriera ecclesiastica. Divenne sacerdote soltanto nel 1618: non sappiamo cosa abbia fatto nel frattempo, per quanto una tradizione agiografica parli di studi letterari e filosofici. Tra il 1618 e il 1620 frequentò l'università romana, dove divenne dottore in utroque iure.
Nel 1621 fu nominato referendario di entrambe le Segnature grazie all'appoggio dei ben sette cardinali genovesi allora presenti nella Curia. Nel 1623 si comprò il chiericato di Camera e l'anno successivo divenne prefetto dell'Annona. Nel 1624 evitò alla città i pericoli della carestia acquistando grano in Sicilia con l'aiuto del cardinale Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo.
Nel 1627 successe a G. Vidoni quale tesoriere generale; due anni dopo fu designato protettore di un nuovo Monte di pietà. Oltre alle sue attività ufficiali svolse anche compiti diplomatici per la Santa Sede e per la Repubblica genovese, da lui regolarmente informata degli avvenimenti romani. Nel 1633 fu fatto cardinale, con il titolo di S. Lorenzo in Panisperna dal gennaio dell'anno seguente: continuò comunque a reggere la Tesoreria quale prosegretario sino alla primavera del 1634.
Il 2 maggio 1634 fu nominato legato di Ferrara, dove ebbe ancora occasione di trattare con Venezia e con la Francia quale rappresentante della Santa Sede.
A Ferrara dovet te combattere la carestia e il brigantaggio: la sua azione estremamente autoritaria lo mise in urto con l'arcivescovo di Ferrara, L. Magalotti, con il personale della legazione e persino con le autorità militari. Si interesso infatti anche delle opere di fortificazione, specie a Comacchio, e del vettovagliamento delle truppe francesi del marchese di Bagis nel 1636.
Il D. rimase a Ferrara sino al 1637, ma il 5 maggio 1635 fu nominato arcivescovo di Genova. Prese possesso della sua diocesi per procura e vi inviò come vicario G.A. Marliani, patrizio genovese e suo antico compagno di studi a Roma. Questi iniziò, dietro suo ordine, la costruzione di un nuovo edificio per il seminario diocesano. Tra il 1635 e il 1637 il D. mantenne strettissimi rapporti con la Curia romana, dove si legò soprattutto con il cardinale F. Barberini. Entrò a far parte delle congregazioni dell'Immunità ecclesiastica e di Stato: di quest'ultima fu tesoriere nel 1636 e nuovamente nel 1639-41. Ebbe a che fare anche con la congregazione di Propaganda Fide riguardo alla creazione dell'arcidiocesi di Cartagine, da lui contestata nel 1637.
Fra il 1633 e il 1635 il D. era rimasto in stretto contatto con la Repubblica genovese. Questa corrispondenza si interruppe nel 1635 con l'annuncio della nomina ad arcivescovo di Genova. Il D. richiese di essere trattato con tutti gli onori dovuti al suo rango e in particolare di poter entrare in città sotto il baldacchino e di essere chiamato con l'appellativo di "eminenza". Il Senato si oppose e ne nacque una controversia destinata a durare trent'anni.
Dietro a quel rifiuto e ai successivi scontri vi erano ragioni formali, ma anche questioni più specifiche di politica interna. Il D., infatti, sin dalla nomina aveva minacciato gli equilibri tradizionali fra potere civile e potere ecclesiastico. Già il 22 ag. 1635 aveva decretato che gli aspiranti al seminario arcivescovile dovessero essere esaminati dal rettore dello stesso semmario e non dalle autorità civili, come voleva la tradizione genovese. Inoltre il D. era velatamente filofrancese, in un momento in cui la nobiltà genovese era lacerata fra "vecchie" famiglie filospagnole e "nuove" famiglie filofrancesi.
L'entrata a Genova del nuovo arcivescovo fu procrastinata sino al novembre 1637. Il D. parti da Ferrara alla volta di Legnago e Verona, da qui si recò a Pavia, dove incontrò il governatore di Milano, che gli espose le sue lagnanze contro il Senato genovese, ed infine giunse a Genova. In quello stesso mese rifiutò di incoronare doge Agostino Pallavicini, il primo doge di Genova che avrebbe dovuto ricevere attributi regali, e quindi rifiutò il permesso per erigere un baldacchino sul seggio dogale nella cattedrale.
Il D. avviò subito la "riforma" della sua diocesi, entrando nuovamente in conflitto con il Senato per il controllo di ospedali e casacce e scontentando anche il clero con i suoi tentativi reiterati di ottenere una maggior disciplina. Il 5 febbr. 1539 richiese la correzione di ogni abuso parrocchiale; il 30 marzo stabili provvedimenti disciplinari per chi non indossasse la veste talare o portasse i capelli lunghi; il 12 ottobre promosse l'attività della Congregazione della dottrina cristiana per l'insegnamento della religione. Si preoccupò anche della riforma dei conventi femminili e invitò i padri teatini a formare delle missioni nell'entroterra genovese. Dal 1638 promosse una visita ad limina minuziosissima.
Nel 1640 si recò a Roma per riferire delle condizioni della diocesi. Riannodò i rapporti con il cardinal F. Barberini, al quale richiese un miglior trattamento degli ambasciatori genovesi da parte del nunzio in Francia. Urbano VIII lo invitò a trattenersi a Roma per alcuni mesi e poi lo nominò legato di Bologna.
Il 12 giugno 1640 il D. era a Bologna, dove si interessó subito delle opere di fortificazione urbane. Promulgò quindi nuove disposizioni di ordine pubblico e istitui un servizio di vigilanza. Nel 1641 riformò le lezioni e le dispute dell'università bolognese contro il parere dei docenti. Nel giugno 1642 proclamò i Bandi misti, sorta di piccola riforma civile ed ecclesiastica. Nel settembre 1642 Odoardo Farnese occupò il Forte Urbano fra Ferrara e Bologna e invitò alla neutralità il legato. Il D. armò i cittadini e chiuse le porte di Bologna, ma non attaccò l'esercito farnesiano, che potè passare indisturbato. Il legato si guadagnò cosi la graditudine dei Bolognesi, ma non quella dei Barberini.
Nel novembre 1642 il D. era di nuovo a Genova, dove ripresero gli scontri con il Senato, che gli tolse il contributo governativo al seminario arcidiocesano. Virginia Centurione Bracelli promosse infine un tentativo di riconciliazione, mentre a Roma una commissione elaborava un compromesso sulla posizione del seggio dogale nella cattedrale. La riconciliazione ebbe luogo il 15 luglio 1645, ma la pace era destinata a durare soltanto sino al 1648.
Intanto il D. riprese la sua opera di riforma e la visita ad limina. Nell'aprile 1643 si tenne un sinodo diocesano che scontentò il clero locale e mise di nuovo in contrasto il Senato e l'arcivescovo sui problemi dei terratici, che il D. voleva pagati in moneta del cartulario di S. Giorgio, proprio quando la Repubblica cercava di sostenere la moneta corrente. La discussione sul pagamento dei terratici si protrasse per quindici anni fra grida del Senato e minacce di scomunica e fu resa più acuta dopo il 1648 dalla volontà del D. di impedire ulteriori usurpazioni dei diritti ecclesiastici e di aumentare il canone annuo agli enfiteuti. Fra il 1648 e il 1650 il Senato ricorse più volte a Roma, chiedendo il trasferimento dell'arcivescovo: richiesta condivisa dal clero genovese che non gradiva la tassa speciale sui benefici ecclesiastici introdotta nel gennaio 1645 e ribadita nel 1647 per sostenere il seminario.
Di fronte alle resistenze genovesi il D. introdusse nuovi Ordini nella sua diocesi: in particolare la Congregazione di S. Vincenzo nel 1645 e i lazzaristi, per i quali costrui a proprie spese una casa a Fassolo nel 1649. Creò le missioni urbane e con l'aiuto dei vincenziani organizzò quelle nell'entroterra, dove fece costruire nuove parrocchie, e a Bastia in Corsica. Appoggiò i gesuiti e istitui ritiri spirituali per il clero. Contemporaneamente cercò di potenziare il seminario, per il quale acquistò nel 1654 una casa e un terreno a Carignano e al quale legò alcuni benefici ecclesiastici.Dopo il 1650 i rapporti con il Senato peggiorarono ulteriormente, salvo una breve parentesi di collaborazione durante la pestilenza del 1656. Nel 1655 arrivò a tralasciare la tradizionale orazione pro Republica Genovensi. Nel 1659 il D. si trasferi a Roma per due anni; nel 1661 tornò a Genova, dove ebbe alcuni incontri diplomatici per mediare le tensioni, aggravate dalla scarsa simpatia di cui godevano i suoi vicari. Nel 1662 si ammalò gravemente e, appena guarito, si recò nuovamente a Roma: la situazione genovese era irrimediabilmente compromessa e, dietro forti pressioni della Curia, rinunciò alla sua arcidiocesi nel 1664. Da allora si dedicò ad aiutare l'opera dei lazzaristi e della Congregazione di S. Vincenzo e a curare la carriera ecclesiastica del nipote Marcello. Nel 1667 partecipò al conclave di Clemente IX.
Mori a Roma l'11 luglio 1667.
Il giudizio dei contemporanei e dei numerosi studi storici dedicati al D. è diviso fra l'apprezzamento della sua opera di riforma e la perplessità per la sua lunga caparbia controversia con il Senato genovese. Uomo dalla personalità difficile e complessa il D. contribui in ogni caso alla notorietà e al potere crescenti della sua famiglia, grazie a una vasta rete di relazioni personali mantenute sino alla morte.
Fonti e Bibl.: Le fonti inedite sono divise fra Genova (Arch. arcivescovile, Arch. di Stato, Arch. Durazzo e Bibl. universitaria), l'Arch. segr. Vaticano e l'Arch. Doria-Pamphili a Roma. Nell'Arch. arcivescovile di Genova è conservata la sua lunghissima visita ad limina (Cartelle Durazzo, Decreta primae Visitationis Diocesis inceptae anno 1638 et terminatae anno 1647). Nell'Arch. di Stato di Genova è conservata la sua corrispondenza con la Repubblica, Litterarum Senato (filza 1983, anni 1619-1624, e filza 1984, anni 1623-1629; Lettere cardinali, 7-2805, "Cardinal Stefano Durazzo") e la corrispondenza del Senato genovese con la Santa Sede, che lo riguarda (Litterarum, reg. 128, lett. 488, 597, 616, 715, e reg. 130, lett. 463, 489, 543, 489, 543, 547). Nell'Arch. Durazzo è conservato il suo testamento (test. n. 65, 16 nov. 1665) e il ms. della sua approvazione della costituzione delle convertite dell'Ordine di S. Agostino (28 nov. 1645, vedi Imanoscritti della raccolta Durazzo, a cura di D. Punculi, Genova 1979, p. 107). Nella Bibl. universitaria di Genova, Mss. B.VII.28, sono infine conservati il compromesso con il Senato del 1645 (Concordato…, p. 276) e il decreto del 1648 che dichiarava nulle le grida del Senato sul pagamento dei terratici (pp. 281, 294-96). Nell'Arch. segreto Vaticano si trova la corrispondenza relativa alle sue legazioni (Legazione di Ferrara, 14-17; Legazione di Bologna, 12-3 e 15); alcuni suoi editti quale tesoriere pontificio e quale legato di Bologna (Archivio di Castel Sant'Angelo, 4667, 4709, 4998, 5866-67, 6639) ed infine la sua corrispondenza con vari cardinali dal 1638 al 1663 (Lettere di cardinali, vol. 9, 130; vol. 13, 22, 309-10, 331; vol. 14, 11, 108, 117, 208, 268, 335, 338-339, 357, 383-386, 438, 500-502, 559, 613-635, 641, 728, 802-803; vol. 15, 67, 301, 332; vol. 16, 16-39, 91, 155, 205-206, 220-223, 267, 276, 286, 342, 379, 398-408, 419-420; vol. 17, 32-34, 85-86, 160-161, 176-177; vol. 18, 11-13, 51-58, 75; vol. 19, 174, 207; vol. 20, 18, 3536, 77, 181; vol. 21, 10-13, 40, 72-74, 152, 175, 192, 205, 241; vol. 22, 16, 134-135, 154, 172, 182, 189, 232; vol. 23, 39-44, 49-50, 170; vol. 24, 7-8, 22-23, 46-49, 91; vol. 26, 67, 103, 116; vol. 27, 11, 74-75, 136; vol. 28, 32-35). Nell'Arch. Doria-Pamphili a Roma è conservata una sua breve biografia manoscritta del 13 maggio 1646 (La giusta statera dei cardinali porporati) ed alcuni documenti concernenti i suoi rapporti con i Doria (93.39.42 e Archiviolo, 192, 257-62, 269-70, 282).
Le fonti edite documentano ulteriormente la sua attività di tesoriere pontificio (Bullarium Romanorum Pontificium, XIV, Augustae Taurinorum 1868, pp. 122-123; F. Testi, Lettere, a cura di M. L. Doglio, I-II, Bari 1967, passim) e di riformatore della diocesi genovese (Synodi Diocesanae et Provinciales editae atque ineditae S. Genuensis Ecclesiae, Genova 1863, pp. 698-788; S. Vincent de Paul, Correspondance, II-V, VII, Paris 1920-1925, p. 51; S. Giuseppe Calasanzio, Epistolario, a cura di L. Picayol, II, VII-VIII, Roma 1951-1955, passim). Per la questione degli ambasciatori genovesi in Francia, P. Blet, Correspondance du Nonce en France Ranuccio Scotti (1639-1641), Paris 1965, p. 326. Per il mecenatismo del D., C. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678 (ediz. anast. 1967), passim; L. Abelly, La vie du vénérable… Vincent de Paul, I, Paris 1664, p. 223; Dichiarazione dell'apparato funebre… dell'em.o… S. cardinal D., già arcivescovo di Genova, Genova 1667; A. Ciacconio, Vitae et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium, Romae 1687, p. 594; G. Palazzi, Fasti cardinalium, IV, Venetiis 1703, pp. 170-71; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, p. 906; G. Eggs, Supplementum novum porporae doctae, Augustae Vindelicorum 1729, p. 540; F. A. Vitale, Mem. stor. dei tesorieri pontifici, Napoli 1782, pp. LII, 32, 36; L. Cardella, Mem. stor. dei cardinali di S.R.C., VI, Roma 1793, p. 312; F. Casoni, Annali della Repubblica di Genova, II, 2, Genova 1800, passim; G. B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, I, Torino 1843, pp. 258-265; F. Poggi, S. D., in Elogi di Liguri illustri, a cura di L. Grillo, Genova 1846, II, pp. 273-85; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, XIII, Venezia 1858, pp. 386-88; L. Scarabelli, Delle costituzioni, discipline e riforme dell'antico Studio bolognese, Piacenza 1876, p. 143; L. G. Figuier, La ciencia y sus hombres, II, Barcelona 1880, pp. 1040-1042; L. Levati, I biennalidi Genova, II, Genova 1930, ad nomen; L. von Pastor, Storia dei papi, XIII, Roma 1931, ad Indicem, e XIV, 1, Roma 1932, pp. 14, 311; B. Katterbach, Referendarii utriusque signaturae a Martino V ad Clementem IX, Romae 1931, ad Indicem; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, Genova 1934, ad Indicem; P. Gauchat, Hierarchia catholica…, IV, Monasterii 1935, ad Indicem; A. Coletti, Ilcardinale S. D., Genova 1951; G. A. Musso, Ilcardinale S. D., arcivescovo di Genova, Genova 1959 (rec. di D. Punculi, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XIV [1960], pp. 471-477); A. Kraus, Das päpstliche Staatssekretariat unter Urban VIII., 1623-1644, Freiburg 1964, ad Indicem; E. Grendi, Morfologia e dinamica della vita associativa urbana. Le confraternite genovesi fra i secoli XVI e XVIII, in Atti della Società ligure di storia patria, LXXIX (1965), pp. 239-311; R. Chalumeau, Saint-Vincent de Paul et le Saint-Siège, in Archivum historiaepontificiae, V (1967), pp. 263-288; N. Barbanti Grimaldi, Il Guercino, Bologna 1968, pp. 97-99; G. Colmuto, Chiese barocche liguri a colonne binate, Genova 1970, ad Ind.; J. Metzler, Sacrae Congregationis de Propaganda Fide Memoria rerum, I, 1, Rom-Freiburg-Wien 1971, ad Indicem; L. Alfonso, La fondazione della "Casa della missione" di Fassolo in Genova, in Atti della Società ligure di storia patria, LXXXVI (1972), pp. 131-154, e Aspetti della personalità del card. S. D., arcivescovo di Genova (1635-1644), ibid., pp. 449-515; D. Cambiaso, I vicari generali degli arcivescovi di Genova, a cura di G. M. Carpeneto, ibid., LXXXVI (1972), pp. 11-70; D. Puncuh, La famiglia, in L'archivio dei Durazzo marchesi di Gabiano, ibid., XCV (1981), 2, pp. 9-22; J. M. Roman; S. Vincenzo de' Paoli. Biografia, Milano 1986, ad Indicem.
M. Sanfilippo