STEFANO di Anagni
STEFANO di Anagni. – Figlio di Giovanni di Anastasio, Stefano nacque ad Anagni nel corso dell’ultimo quarto del secolo XII. Ebbe almeno un fratello, Tommaso miles anagninus, e una sorella, Altruda.
In passato è stato supposto che Stefano appartenesse alla medesima famiglia anagnina di papa Gregorio IX, ma, come è stato dimostrato (Mercantini 1994, p. 119), si tratta di un’ipotesi destituita di fondamento; tuttavia è ragionevole ritenere che Stefano facesse comunque parte di quel pulviscolo di nipoti di secondo e terzo grado della parentela allargata del pontefice anagnino. Si potrebbe in tal modo identificare in lui lo Stefano nipote di Gregorio IX rettore della chiesa di Carlton (Cambridgeshire), dipendente dal priorato di Lewes, negli anni 1225-27.
I legami col territorio d’origine rimasero saldi. Già un rogito del 1214 mostra Stefano intento a incrementare il suo patrimonio immobiliare con l’acquisizione di terre nel territorio anagnino; a tale acquisto ne seguirono molti altri, effettuati a volte attraverso procuratori. Inoltre, dal 1221 Stefano è ricordato come magister e canonico della cattedrale della sua città. Sette anni dopo aveva già assunto la carica di cappellano papale, conferitagli quasi certamente dal suo conterraneo Gregorio IX, assurto al soglio pontificio l’anno precedente. La prima testimonianza che riguarda Stefano contenuta nei registri delle lettere papali risale al 15 gennaio 1230 quando Gregorio IX gli impose di rinunciare alla corresponsione del censo di una marca che egli esigeva dal monastero inglese di Faversham.
Nel giugno del 1232 Stefano è ricordato tra i nunzi pontifici inviati dal papa presso la corte del re d’Inghilterra Enrico III. Alla fine di quello stesso anno doveva però aver già fatto ritorno in Italia; infatti compare tra i testimoni di un atto rogato nella sua città natale il 21 dicembre 1232.
Il 26 febbraio dell’anno successivo Stefano è chiamato a dirimere in qualità di arbiter un contenzioso in atto tra il pontefice e alcuni residenti del castrum di Paliano, villaggio fortificato situato nel Lazio meridionale che era passato da pochi mesi sotto il diretto controllo della Chiesa di Roma.
Si ha ulteriore testimonianza della sua attività al servizio di Gregorio IX in una lettera di quest’ultimo dell’8 gennaio 1236, nel quale si ricorda che Stefano aveva concesso proprio a nome del pontefice il tenimentum de Frusinone ad Amatone di Ferentino.
Circa un mese più tardi a Stefano era stato assegnato il prestigioso incarico di rettore di una delle province dello Stato papale, quella di Campagna e Marittima, coincidente grosso modo con le attuali province di Frosinone e Latina (il 21 gennaio 1236 l’ufficio risulta ancora ricoperto dal precedente rettore, Dono).
Nel 1237 dovette affrontare una questione spinosa: il pontefice gli affidò il giudizio in una causa vertente tra i membri della comunità insediata presso il monastero di S. Pietro di Villamagna e Corrado di Sgurgola, al tempo uno dei più importanti signori del Lazio meridionale.
Non risultano chiari i motivi del contendere. Comunque, alcune lettere che Stefano ricevette dal camerlengo papale Giovanni da Ferentino (o che gli indirizzò) testimoniano che sia l’abate del monastero di S. Pietro sia il rappresentante della comunità di Villamagna lo avevano ricusato come giudice e si erano appellati direttamente al giudizio del papa.
Nel dicembre di quello stesso anno in qualità di rettore provinciale e nella sua stessa residenza anagnina presenziò a una permuta di beni tra il monastero cistercense di S. Maria di Marmosolio e quello di S. Maria della Gloria ad Anagni, verso il quale Gregorio IX mostrava una particolare attenzione.
È certo che Stefano mantenne la carica di rettore provinciale di Campagna e Marittima non oltre i primi mesi del 1239, ma non è dato sapere quali furono i motivi che portarono alla sua rimozione o alle sue dimissioni. A quanto sembra, tuttavia, ciò non dipese da un calo della fiducia nei suoi confronti da parte di Gregorio IX, fiducia del resto accordatagli anche dai successori di quest’ultimo.
Per gli anni successivi, le notizie su Stefano d’Anagni scarseggiano. È certo che, per la sua influente posizione all’interno della Curia papale e per i meriti che egli aveva acquisito nei confronti dei pontefici, il 3 settembre 1245 fu concesso in feudo ereditario a suo fratello Tommaso il castello di Fumone, situato nella provincia di Campagna. Da un atto del 29 maggio 1252, si apprende poi che egli fino ad allora aveva goduto di un canonicato e una prebenda nella cattedrale inglese di Hereford.
Un mandato di Alessandro IV del 20 dicembre 1256 ricorda Stefano come ormai defunto, imponendo all’allora vescovo di Anagni Nicola di non incamerare nel patrimonio della mensa vescovile anagnina quanto il defunto cappellano papale aveva lasciato per testamento alla chiesa di S. Maria della Gloria. Dal testamento, redatto ad Anagni dal notaio verolano Andrea il 4 dicembre 1256, si evince con chiarezza che Stefano (che morì dunque tra il 4 e il 20 dicembre) poteva allora vantare un consistente capitale finanziario e un insieme di proprietà immobiliari di notevole entità, comprendente palazzi, case, casali agricoli, terreni e vigneti, variamente dislocati, che alla sua morte andarono per la maggior parte al suo omonimo nipote ed erede universale, figlio del fratello Tommaso.
Fonti e Bibl.: F. Carafa, Il testamento di Stefano d’Anagni cappellano di Alessandro IV (4 dicembre 1256), in Archivio della Società romana di storia patria, CIV (1981), pp. 97-117; A. Mercantini, Stephanus de Anagnia, domini pape capellanus, in Latium, XI (1994), pp. 113-190; P. Montaubin, Bastard nepotism. Niccolò di Anagni, a nephew of pope Gregory IX, and «camerarius» of pope Alexander IV, in Pope, church and city. Essays in honour of Brenda M. Bolton, a cura di F. Andrews - C. Egger - C.M. Rousseau, Leiden-Boston 2004, pp. 134, 148, 156.