DALL'ARZERE, Stefano
La prima notizia certa (Sartori, 1976) informa che nel 1540 il D. aveva dipinto o stava dipingendo un organo 9.1 Santo a Padova; ciò rende plausibile l'ipotesi del Grossato (1966) che egli sia nato intorno al 1515 piuttosto che nel 1520 come invece indicato dal Moschetti (1908). Dove sia nato è pure incerto: il Moschetti (1908) suppone a Merlara nel Padovano, perché risulta che il D. nel 1564 vi possedeva dei terreni e che vi esisteva una contrada "dell'arzer [argine] novo e vecchio", da cui il cognome. Se si pensa però che quest'indicazione si riferisce alla maturità dell'artista, che egli si firmava talora "Stephanus patavinus" (Brandolese, 1795; Moschetti, 1908), che infine esisteva anche in Padova, presso il convento di S. Giovanni da Verdara, un borgo dell'Arzere (Moschini, 1826; Sartori, 1976, p. 78) da cui derivano il cognome il pittore Battista e il figlio di questo, Gualtiero, che era anch'egli pittore, si deve allora concludere che con ogni probabilità anche il cognome del D. e quindi la nascita risalgano al borgo padovano (Moschini, 1826; Fiocco, 1966), senza tuttavia inferire alcuna parentela diretta con i due omonimi artisti.
Nel 1541 il D. era ancora impegnato all'organo al Santo (Sartori, 1976); nel 1542 firmò e datò la pala con la Beata Vergine in gloria, s. Mattia e altri quattro santi, oggi nel duomo di Portogruaro ma proveniente dal convento di S. Mattia di Padova; il 30 dic. 1548 aveva eseguito per la "veneranda Fragia de Mr. S. Jacorno e Xforo da Ponte Molin" un dipinto "de valor e pregio de scudi trenta quattro d'oro come dalla stima di Domenego Campagnola e Geronimo Cesaro depentori ..." (Pietrucci, 1858; Sartori, 1976, p. 53); il 12 e 14 ag. 1551 ricevette pagamenti dall'amministrazione della Ca' di Dio (De Kunert, 1898). L'accordo del 2 luglio 1552 con la famiglia de Lazara impegnò il D. ad una tavola con Cristo risorto al Santo (Moschini, 1826; Pietrucci, 1858). Nel 1559, i giorni 7 giugno, 9 luglio e 16 e 17 agosto, ricevette pagamenti per affreschi nel capitolo superiore dell'oratorio di S. Rocco (Moschetti, 1930). Da una polizza del 9 luglio 1562 risulta abitare nella Ca' di Dio (Sartori, 1976); da un estimo del 10 maggio 1564 risulta possedere proprietà fondiarie a Merlara nel Padovano (Moschetti, 1908). Il 4 apr. 1565 è nominato arbitro in una perizia artistica per la cappella antica di S. Prosdocimo in S. Giustina (Sartori, 1976); nel 1568 rinuncia all'incarico di massaro della sua fraglia (Moschini, 1826); nel 1569 rende testimonianza all'abate di S. Giustina sulla condotta dei preti della chiesa di S. Giuliana (o S. Apollonia) a Padova (Sartori, 1976). Nel 1573 eseguì il ritratto di Maria Mussato (Moschini, 1826).
Il D. risulta ancora vivo in un documento del 1575 mentre è ricordato come già morto in un altro del 5 maggio 1581 (Sartori, 1976). Aveva sposato una certa Angela avendone tre figli: Marcantonio, Giovan Battista, Orazio (ibid.).
Importanti testimonianze e attribuzioni, dallo Scardeone (1560) al Brandolese (1795), ad A. Venturi (1934), al Grossato (1966), hanno esteso il catalogo del D.; ma vanno tenute presente anche significative riduzioni, dal Ronchi (1936) alla Mason Rinaldi e al Fiocco (1966), alla grande mostra padovana Dopo Mantegna (1976) che, stimolando un rinnovarsi e approfondirsi della ricerca sulla pittura padovana del Cinquecento, hanno avuto riflessi anche sul D., pur senza giungere a specifici e organici scritti (Olivato, Merkel, Saccomani).
Allo stato attuale degli studi, è possibile proporre il seguente (prudenziale) catalogo del D. (le opere non altrimenti indicate si trovano a Padova): partecipazione agli affreschi dell'oratorio del Redentore (1537), con Cristo dinanzi a Pilato e Cristo coronato di spine;partecipazione alla decorazione della sala dei Giganti (1539-40), dove però l'individuazione dei singoli apporti è filologicamente ancora sub iudice; la pala con la Beata Vergine in gloria, s. Mattia e altri quattro santi (1542) nel duomo di Portogruaro; la tavola con Cristo risorto (1552) al Santo; gli affreschi riapparsi nel capitolo superiore dell'oratorio di S. Rocco (1559); S. Pietro (1560) agli Eremitani; la partecipazione alla decorazione dell'oratorio di S. Bovo (1560 c.), con Cristo e la Veronica, Cristo inchiodato alla croce, Cristo sulla croce (Cessi, 1960; Olivato, 1976); la pala con S. Barbara (1561-62 c.) al Museo civico (proveniente dall'oratorio dei Bombardieri); la partecipazione alla decorazione della Scuola dei Carmini (1560-70) con l'Adorazione dei pastori, l'Adorazione dei magi, la Purificazione di Gesù.
Opere d'incerta datazione: la Deposizione in S. Sofia (L. Olivato, 1976, p. 97); la Crocefissione proveniente da S. Giovanni da Verdara, oggi al Museo civico; la Consegna delle chiavi a s. Pietro nella abbaziale di Praglia (Mazza, 1976); la Madonna dei ciechi al duomo; la Madonna dei lumini al Carmine (affresco originariamente in casa Selvazzi); la Madonna col Bambino e i ss. Sebastiano e Girolamo nella chiesa dei servi.
Tizianismo (Lanzi, 1809) e manierismo (Venturi, 1934), suggestioni pordenonesche ed esemplarità del Campagnola sono le coordinate linguistiche dell'arte del D. tutt'oggi riconosciute, con le precisazioni del Pallucchini (1969) d'una formulazione "in senso più romanista" della componente campagnolesca, d'una affinità "al modulo saiviatesco" degli affreschi alla Scuola dei Carmine, d'un tizianismo nella Padova del quarto decennio fondato non solo sulle opere giovanili dei maestro cadorino, ma anche su quelle del "momento mediano", tramite l'interpretazione del Sustris e del Calcar. La personalità dell'artista tuttavia non ne resta soffocata, ma è individuabile nella rudezza e piglio delle immagini, nel compiacersi di forti caratterizzazioni fisionomiche, nei cromatismi non tonalistici (Grossato). Il D. godette di buona fama fino dai suoi tempi, tanto da essere collocato fra i "clari pictores" di Padova (Scardeone, 1560), fama poi negatagli soprattutto dal Venturi (1934). Sarà il Fiocco (1966) a riconsiderarlo entro la cornice d'una "patavinitas" artistica di grande valore e specificità rispetto a Venezia, come riconoscerà anche il Puppi (in Dopo Mantegna …, 1976, pp. 62-72), il quale formula inoltre l'ipotesi di una vera e propria "scuola artistica" cittadina, che comprende pure il Dall'Arzere.
Fonti e Bibl.: Bernardini Scardeoni canonici Patavini De antiquitatibus urbis Patavii, Basileae 1560, p. 373; A. Portenari, Della felicità di Padova libri nove, Padova 1623, p. 448; Padova, Bibl. del Seminario vescovile, ms. 557: A. Monterosso, Effemeridi di Padova [anno 1638]; Ibid., ms. 645: Id., Succinta relazione di alcune chiese... ; C.Ridolfi, Le maraviglie dell'arte [1648], a cura di D. von Heikamp, I, Berlin 1914, p. 93; G. Zabarella, Aula Heroum sive fasti Romanorum…, Patavii 1674, p. 1; Padova, Bibl. del Museo civico, B. P. 607: G. Ferrari, Istoria compendiosa della città di Padova [1734]; Diario o sia Giornale per l'anno…, Padova 1752, p. 165; 1760, p. 114; 1762, p. 106; 1764, p. 238; 1767, p. 255; 1771, p. 228; G. B. Rossetti, Descriz. delle pitture, sculture ed architetture di Padova, Padova 1765, ad Indicem; P. Brandolese, Pitture, sculture ed altre cose notabili di Padova nuovamente descritte, Padova 1795, ad Indicem; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, III,Bassano 1809, p. 126; G. A. Moschini, Della origine e delle vicende della pittura in Padova, Padova 1826, pp. 78 s.; N. Pietrucci, Biografia d. artisti padovani, Padova 1858, pp. 89 ss.; S. De Kunert, Alcune notizie sulla casa... degli Esposti, Padova 1898, pp. 32 ss.; A. Moschetti, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, II, Leipzig 1908, pp. 169 s., s. v. Arzere, S. dall'; A. Moschetti, La Scuola di S. Rocco, in Padova, IV (1930), 1, pp. 23, 65; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 7, Milano 1934, pp. 22-31; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, VII, W.Arslan, Provincia di Padova. Comune di Padova, Roma 1936, ad Ind.; O. Ronchi, Le pitture di Lodovico Ferracin nel tempio degli Eremitani, in Boll. Parrocchiale degli Eremitani, X (1936), num. speciale, pp. 5s.; C. Gasparotto, S. Maria del Carmine di Padova, Padova 1955, pp. 205-08, 321 s. (recens. di L. Grossato, in Padova, n. s., I [1955], 1,p. 16); F. Cessi, L'oratorio di S. Bovo…, in Padova, n. s., VI (1960), 2, pp. 19-29; Id., In restauro tre affreschi dell'oratorio di S. Bovo..., ibid., 6, pp. 31 ss.; Id., Ancora sui restauri degli affreschi dell'oratorio di S. Bovo, ibid., VII (1961), 10, pp. 9-13; G. Fiocco, Presentazione in L. Grossato, Affreschi..., Milano 1966; L. Grossato, Affreschi del Cinquecento ..., Milano 1966, pp. 171-74, 219-37; S. Mason Rinaldi, Un affresco del Calcar a Padova, in Arte veneta, XX (1966), pp. 241 ss.; C. B. Tiozzo, Gli affreschi delle ville del Brenta, Padova 1968, p. 64; R. Pallucchini, Tiziano, I, Firenze 1969, pp. 207 s., 215; L. Puppi, in S. Bettini-L. Puppi, La chiesa degli Eremitani di Padova, Vicenza 1970, p. 102; N. Ivanoff, in La basilica di S. Giustina. Arte e storia, Castelfranco Veneto 1970, p. 211; C. Semenzato, Guida agli affreschi Padovani del Quattrocento e Cinquecento, Milano s. d., ad Ind.; C.L. Ragghianti, Pertinenze francesi. nel Cinquecento, in Critica d'arte, XXVII (1972), 122, pp. 11, 59 ss. n. 11; G. de Lazara, in Catal. delle pitture..., in A. De Nicolò Salmazo, La catalogaz. del patrimonio artistico nel XVIII sec. 1793-1795: G. de' Lazara e l'elenco delle Pubbliche Pitture d. Prov. di Padova, in Boll. d. Museo civico di Padova, LXII (1973), 1-3, pp. 29-103 passim; Dopo Mantegna. Arte a Padova e nel territorio nei sec. XV e XVI (catal.), Milano 1976, pp. 72, 90 s., 94, 97 (L. Olivato), 98 (B. Mazza) (cfr. recens. alla mostra, di E. Merkel, in Arte veneta, XXX[1976], pp. 264 s.); A. Sartori, Docum. Per la storia d. arte a Padova, Vicenza 1976, pp. 79-80; E. Saccomani, Ancora su D. Campagnola; una questione controversa, in Arte veneta, XXXIII (1979), pp. 46, 49 n. 39; Id., D. Campagnola..., ibid., XXXIV (1980), p. 75 n. 7; G. Mariani Canova, Tracce per una storia del Patrimonio artistico dei monasteri benedettini Padovani, in S. Benedetto e otto secoli (XII-XIX) di vita monastica nel Padovano, Padova 1980, pp. 238 ss.; R. Piva, in A. Cornaro e il suo tempo, Padova 1980, p. 288.