CONTI, Stefano (Stephanus Comes)
Nacque alla fine del sec. XII da Riccardo, fratello di Innocenzo III e da una Luciana di cui non conosciamo il casato. Il padre svolse un ruolo importante nel consolidamento del dominio pontificio nella Campagna romana, nel 1204ricevette la signoria di Poli e fu conte di Sora dal 1208 al 1221. Il C. ebbe due fratelli, Paolo, il futuro capo del ramo di Valmontone, e Giovanni, che avrebbe capeggiato il ramo dei signori di Poli.
Il C. è ricordato per la prima volta dalle fonti nel 1208, quando Innocenzo III decise in suo favore la vertenza sulla titolarità di un beneficio nella diocesi di Bayeux che gli era contestato da un ecclesiastico di quella diocesi. È possibile che in quegli anni egli si trovasse in Francia, forse per motivi di studio. Nel 1213 gli furono assegnate rendite della chiesa di Leighton, nella diocesi di Lincoin; ed è probabile che tale concessione - insieme con la pensione di cinquanta marchi proveniente a lui, come al padre, dall'Inghilterra - gli sia stata procurata dal re Giovanni Senzaterra il quale - com'è noto - distribuì benefici e danari in Curia per cercar consensi e sostegni. Il C. conservò le due rendite anche dopo l'elevazione a cardinale. Il necrologio della cattedrale di Parigi annota che egli vi era canonico e aveva donato a Notre-Dame una croce d'oro con un piede d'argento.
Nel suo ultimo concistoro, probabilmente il 5 marzo 1216, Innocenzo III nominò il nipote cardinale con il titolo diaconale di S. Adriano. Il C. sottoscrisse per la prima volta un privilegio pontificio il 21 marzo 1216. Negli ultimi mesi di pontificato dello zio sembra aver goduto della particolare fiducia di questo: quando il papa all'inizio di maggio 1216 si recò a Orvieto per predicare la crociata, il breve resoconto dell'ultimo viaggio di Innocenzo III ricorda prima di tutti il C.; e i rappresentanti di Camaldoli, che il 17 giugno 1216 assistettero a una riunione del papa con i cardinali chiamati a decidere della loro controversia con il vescovo di Arezzo, notarono soprattutto il Conti.
Durante il pontificato di Onorio III il C. perse una gran parte della precedente autorità. Nel 1221 cercò di aiutare il padre a conservare i suoi diritti comitali a Sora revocatigli da Federico II: mentre il resto della contea tornava all'imperatore, egli continuò invece a resistere a Rocca d'Arce all'assedio di Ruggero d'Aquila, ma fu costretto a consegnare la fortezza dopo breve tempo. Onorio III gli affidò, comunque, più volte incarichi giurisdizionali, affidandogli l'esame preliminare di vertenze portate davanti alla Curia.
Il C. si occupò della lite tra l'archimandrita di S. Salvatore di Messina e l'arcivescovo del luogo il quale esigeva la subordinazione della comunità basiliana alla giurisdizione arcivescovile; intervenne nella controversia tra il monastero cisterciense di Dundrennan nella diocesi scozzese di Whithorn-Galloway e un nobile della regione; nel 1223 mediò un accordo tra il preposito della chiesa di Arad (oggi nel Banato romeno) e un potentato locale; nel 1226 stabilì, insieme con il cardinale vescovo Niccolò di Tuscolo, che la direzione dell'ospedale di Vienne e della locale cappella di S. Antonio spettasse all'espedale romano di S. Spirito in Sassia. Al di fuori della Curia il C. sembra aver continuato a godere di un certo prestigio: a lui e a Stefano dei SS. Apostoli si rivolse l'abate Gervasio di Prémontré nei primi anni del pontificato di Onorio III con la preghiera di intervenire a favore della chiesa premonstratense di S. Maria de Parvo Ponte a Brindisi.
Gregorio IX promosse il C., nell'autunno 1228, a cardinale prete di S. Maria in Trastevere (la sua ultima sottoscrizione come cardinale diacono di S. Adriano è del 1° ott. 1228; già il 16 novembre il papa lo qualifica come cardinale prete). Con Gregorio IX, suo.lontano parente, il C. godette di nuovo del favore di cui aveva goduto sotto Innocenzo III ed ebbe numerosi compiti nell'amministrazione giudiziaria di Curia e nel governo del Patrimonio di S. Pietro. Poco tempo dopo la sua promozione il monastero di S. Croce di Sassovivo accolse la sua mediazione nella lite con gli abitanti della zona. Nello stesso periodo il C. fu uditore in una causa di eredità nella quale i cittadini di Orvieto si erano appellati al papa. Si trattenne quasi sempre in Curia, a Perugia fino al febbraio del 1230, Poi a Roma e ad Anagni, dal giugno 1231 nelle regioni settentrionali del Patrimonio, dall'agosto 1232 di nuovo ad Anagni, dalla metà di marzo 1233 nel Laterano.
In quel periodo di tacito accordo tra il papa e l'imperatore, che doveva portare a un compromesso durevole sulla questione della lega lombarda, il 24 maggio 1233 i rappresentanti di una parte dei Comuni alleati presentarono a Roma le loro richieste a una commissione di cardinali, di cui il C. faceva parte insieme con Giovanni Colonna e Oddone di S. Nicola in Carcere Tuiliano. I Lombardi si dimostrarono poco inclini ad accettare un compromesso, chiedendo il riconoscimento esplicito della loro organizzazione e vari impegni da parte dell'imperatore. L'arbitrato di Gregorio IX del 5 luglio 1233 accolse solo in minima parte le loro richieste. L'attività del C. come uditore curiale è poi abbondantemente documentata a partire dall'autunno 1233: egli esaminò un'elezione contrastata nell'abbazia benedettina di St.-Pé-de-Génères nella Francia meridionale; si occupò dei conflitto tra il conte Raimondo di Tolosa, che aveva dovuto accettare una grave limitazione dei suoi poteri, e il priore della chiesa di Manso; prese in esame le rimostranze dei monaci di St-Jean-en-Vallée contro il loro abate e il vescovo di Chartres; infine si occupò della lite tra l'arcivescovo di Milano e il preposito della chiesa di Coronate. Il 12 genn. 1234 il papa lo nominò rettore di Campagna e Marittima, ma il C. continuò a rimanere a Roma e fu sostituito in questo ufficio dopo pochi mesi.
Nel conflitto tra il papa e i Romani che rivendicavano una maggiore autonomia comunale, il C. funse da rappresentante pontificio, insieme con Romano di Porto e Giovanni di S. Prassede, nei colloqui che nell'aprile del 1235 portarono alla conclusione della pace. A tale fine il C. nel febbraio del 1235 aveva abbandonato la Curia che nel giugno del 1234 si era trasferita a Perugia. Vi tornò solo nella primavera del 1236. Anche negli ultimi anni dei pontificato di Gregorio IX operò varie volte come uditore nel tribunale della Curia, risolvendo o almeno avvicinando alla soluzione, con grande perizia a quanto pare, i casi più svariati: un'elezione contrastata nella diocesi di Rochester; la questione della subordinazione di S. Nicola a Bari sotto la giurisdizione dell'arcivescovo; il conflitto tra i benedettini di Kapornak e il vescovo di Vezprém; una visita pastorale al monastero di Vézelay che aveva suscitato proteste; una controversia per l'elezione del vescovo di Elvora in Spagna. Nel giugno del 1239 emise una sentenza nel processo tra Sassovivo e il vescovo di Orte.
Insieme con nove altri suoi colleghi il C. passò nella prigionia del Septizontum le degradanti e penose settimane che precedettero l'elezione di Celestino IV, avvenuta il 25 ott. 1241.
Il senatore Matteo Rosso Orsini aveva fatto rinchiudere i cardinali nel palazzo fortificato ai piedi del Palatino per costringerli a eleggere il nuovo papa con la massima rapidità. Forse si riferisce al C. il racconto della brutalità nei confronti di un cardinale canuto, che fu trascinato nel conclave sulla terra pietrosa, l'ultimo pezzo di strada avvolto in un tappeto.
Secondo Matteo Parisiense, il C. e quattro altri cardinali, nei quali si può identificare la fazione che pendeva verso l'imperatore, si decisero sin dall'inizio per Goffredo Castiglioni, eletto soltanto dopo l'elezione fallita di Uberto di Romans. Non è sicuro quali fossero i cardinali che subito dopo l'elezione del 25 ottobre fuggirono ad Anagni per sottrarsi a nuove vessazioni del senatore nell'eventualità di una prossima morte, che avvenne infatti già il 10 nov. 1241, del vecchissimo papa. È comunque molto probabile che il C. fosse tra di loro.
All'inizio del 1242 egli trattò con l'imperatore la liberazione dei cardinali catturati presso Montecristo. Fu anche tra gli elettori di Sinibaldo Fieschi, eletto il 25 giugno 1243 ad Anagni dopo una sede vacante di diciannove mesi. Innocenzo IV gli affidò nello stesso anno e in quello successivo alcune controversie giuridiche nelle quali aveva dato prova di tanta perizia: tra l'altro una lite per l'elezione nel monastero di St.-Jean a Sens; il conflitto tra il capitolo di Veroli e i signori di Babuco relativo alla chiesa di S. Stefano di Roiano; quello tra S. Angelo de Massa nella diocesi di Narni e una chiesa nella città di Roma.
Il C. fu certamente tra quei cardinali che non volevano lo scontro frontale con Federico II. L'imperatore si dichiarò, ancora nel marzo del 1244, disposto ad accettare l'arbitrato di quattro cardinali, tra i quali il C., per ristabilire la pace. Ma presero il sopravvento fanatici del tipo di Raniero di Viterbo. Quando nel giugno del 1244 il pontefice abbandonò Roma per combattere l'imperatore dalla sicura Francia, alcuni cardinali rimasero nel Patrimonio, tra i quali il C. insieme con Rainaldo di Ostia, Riccardo Annibaldi e il grande nemico di Federico II, Raniero di Viterbo.
Il loro compito fu quello di difendere la città di Roma e il Patrimonio contro l'imperatore e i suoi seguaci durante l'assenza dei papa. Non seguirono nemmeno l'invito pontificio del 31 genn. 1245 di recarsi a Lione per partecipare al concilio. A partire dal 13 sett. 1245 il Ccompare come vicario pontificio di Roma, ufficio che conservò fino al febbraio del 1251. Successivamente le sue funzioni vennero ampliate: all'inizio del 1246 il pontefice lo nominò, insieme con Raniero di Viterbo, legato pontificio nel Patrimonio, nel ducato di Spoleto, nella Marca d'Ancona e nel Regno di Sicilia. 2 molto probabile che i cardinali rimasti in Italia fossero a conoscenza della congiura contro l'imperatore, ordita nel 1246 da alcuni nobili del Regno. Essi infatti concessero asilo e protezione nello Stato della Chiesa ad alcuni congiurati che erano riuscitì a fuggire. Innocenzo IV intrattenne una vivace corrispondenza con il C. e gli altri cardinali in Italia e conferì loro incarichi importanti, come quello di predicare la croce contro Federico II a Roma e in Campagna e Marittima (1° ott. 1246 e di nuovo il 30 ag. 1248). Durante il suo vicariato il C. fece eseguire il ciclo di affreschi nella cappella di S. Silvestro presso la chiesa dei Ss. Quattro Coronati in Roma. La leggenda di Costantino e di S. Silvestro, ivi rappresentata, è da interpretare come manifesto politico nella lite fra il papa e l'imperatore. Il C., ed insieme con lui Riccardo Annibaldi e Rainaldo di Ostia, furono sostituiti nella legazione siciliana da Pietro Capocci solo nell'aprile del 1249.
Nell'autunno del 1251 il C. si recò a Perugia, dove la Curia aveva stabilito la residenza dopo iI ritorno dalla Francia. Negli ultimi anni di vita lo troviamo di nuovo nell'esercizio della funzione che più di ogni altra aveva svolto nel corso del suo cardinalato durato trentotto anni: quella di uditore del tribunale della Curia. Esaminò la lite tra il cardinale vescovo di Albano e la chiesa romana di SS. Stefano e Lorenzo; tra lo scolastico e l'arcidiacono di Astorga; tra le monache di Andecy (diocesi di Châlons-sur-Marne) e l'abate di Molesme.
Nonostante l'età avanzata nell'autunno del 1254 accompagnò Innocenzo IV a Napoli, dove morì l'8 dic. 1254, un giorno dopo il papa. Fu sepolto a Napoli. Il capitolo generale dei francescani, riunito nel 1260 a Narbona, decise di far celebrare il giorno della sua morte in tutto l'Ordine.
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