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CECILIO, Stazio

di Massimo Lenchantin De Gubernatis - Enciclopedia Italiana (1931)
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CECILIO, Stazio (matius Caesilius)

Massimo Lenchantin De Gubernatis

Originario del paese degl'Insubri e forse di Milano (S. Gerolamo, Chron. anno 1838-179 a. C.), egli è il primo dei Galli che occupi un posto importante nella letteratura latina. Schiavo di nome Stazio, prese poi, come liberto, il gentilizio del padrone Cecilio, a quanto si può dedurre da un passo di Gellio (Noct. Att., IV, 20, 13). Visse in contubernio con Ennio. S. Gerolamo indica per anno della sua morte il 168 a. C. Ma la data non s'accorda con l'aneddoto della vita terenziana di Svetonio (1, p. 4 Wessner), e cioè che Terenzio, per ordine degli edili, abbia dovuto far esaminare da Cecilio l'Andria rappresentata nel 166. Cotesto esame non poteva esser fatto che poco prima della rappresentazione. Né vi è motivo per negar fede all'aneddoto, tanto più che i dati cronologici di Gerolamo sono spesso erronei. L'anno di nascita non è determinabile nemmeno con approssimazione. C. non scrisse che "palliate" sulla falsariga di Menandro, astenendosi anche dalla contaminatio. Da principio egli piacque poco, ma in seguito un capo-comico (dominus gregis) intelligente, L. Ambivio, riuscì a farlo apprezzare dal pubblico. Delle sue commedie ci sono pervenuti meno di trecento versi, spesso molto frammentarî, con 42 titoli tra greci e latini, e taluno in greco e in latino ad un tempo. Il frammento più significativo è quello del Plocium che Gellio cita con il testo menandreo: il solo brano di palliata che possiamo confrontare con l'originale. Interprete relativamente fedele, C. è ben lontano dal garbo e dall'eleganza del suo modello. Notevolissimi i mutamenti nella forma metrica, dovuti alla tecnica del dramma latino (diverbium e canticum), così diversa da quella del dramma greco dell'età ellenistica.

Bibl.: Schanz-Hosius, Gesch. d. röm. Litteratur, I, Monaco 1928, pag. 40; V. Ussani, Storia d. lett. romana, I, Milano 1930. I frammenti in Ribbeck, Comicorum Romanorum Fragmenta, 3ª ed., Lipsia 1898.

Vedi anche
Aulo Gèllio Scrittore ed erudito latino (sec. 2º d. C.). Fu da giovane ad Atene, dove tornò in età matura, e dove compose l'opera detta Noctes Atticae, perché ebbe origine da appunti presi nelle lunghe sere d'inverno in una rustica dimora dell'Attica; è un'opera miscellanea (in 20 libri) giuntaci quasi completa ... Virgìlio Maróne, Publio Poeta latino (n. presso Mantova, ad Andes, forse l'od. Pietole, 70 a. C. - m. Brindisi 19 a. C.). Per la vastità della fama e l'influsso esercitato sulla cultura latina e occidentale, è il principe dei poeti di Roma. Era di una famiglia di agricoltori, probabilmente non troppo modesta (come invece disse ... Tràbea Poeta latino (sec. 3º-2º a. C.) di palliate; ricordato da Varrone prima di Attilio e di Cecilio Stazio per l'abilità nel rendere il pathos; e Volcacio Sedigito gli dà nel suo canone l'8º posto, fra Turpilio e Luscio Lanuvino. Si hanno solo due frammenti, conservati da Cicerone. Volcàcio Sedìgito Erudito romano (2º-1º sec. a. C.), autore di un libro in versi, De poetis, di cui ci resta qualche frammento, tra cui il canone dei 10 più insigni poeti di palliate.
Tag
  • LETTERATURA LATINA
  • ETÀ ELLENISTICA
  • TERENZIANA
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  • MENANDRO
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  • Cecìlio Stàzio
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    Poeta latino, gallo insubre di origine, forse di Milano (n. 230 a. C. circa - m. 166 a. C. circa). Prima schiavo e poi liberato da un Cecilio, visse, secondo notizie non ben chiare, in contubernio con Ennio. Scrisse palliate imitando Menandro, ma senza usare della contaminatio. Dapprima piacque poco, ...
Vocabolario
stàzio
stazio stàzio s. m. [dal lat. statio (-onis), cfr. stazzo e stazione]. – 1. ant. Luogo di dimora e di soggiorno. 2. A Venezia, il punto dove stazionano le gondole.
cecìlie
cecilie cecìlie s. f. pl. [dal lat. caecilia, der. di caecus «cieco»]. – In zoologia, ordine di anfibî, noti anche come apodi.
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