statuto
Solo in Pd XXI 95 è impiegato s., ed è con etterno, per cui dovrebb'essere perspicuo che sia una designazione sinonima di " legge eterna ", espressione usata in Pd XXXII 55, derivata, com'è noto, dalla concezione filosofico-teologica che va da s. Agostino a s. Tommaso (e oltre), risalente, attraverso la mediazione di Cicerone e con la reinterpretazione mistico-religiosa del neoplatonismo, allo stoicismo della prima Stoa. Gl'interpreti di D. risolvono, invece, s. in " ciò che è stabilito ", assegnando, per implicito o esplicitamente, valore avverbiale all'aggettivo.
Sappiamo che statutum (" statuta sive constituciones ", Boncompagno da Signa) indicava l'autoregolamento in legge ‛ fondamentale ', con elementi assunti dalla consuetudine, delle comunità autonome politiche, i comuni, e di ogni associazione, corporazione d'arti e mestieri, e di mercanti (statuti del mare). S. così era una legge particolare in contrapposto alla lex (o ius) generale rappresentata dal diritto comune (romano). L'antitesi, però, non era terminologicamente rigorosa, se s. poteva anche dirsi lex, o se comunque i due termini venivano usati in giustapposizione più o meno sinonima anche in autori di rigorosa scienza politico-giuridica, quali ad es. Baldo, Tolomeo da Lucca (Reg. princ. II 8), Agostino Trionfo, ecc.; e in tale valore prossimo di legge passò nel volgare del tempo di D.: G. Villani VII 16; Boccaccio Dec. VI 7.
In conseguenza dell'interpretazione corrente di s., inteso quale participio sostantivato, si vede in esso significata la predestinazione, o la Provvidenza divina (Luiso, Casini-Barbi, Pecoraro, Giacalone; mentre il Ramat, in un fugace cenno, vede indicata con s. sia la predestinazione che la Provvidenza). Va da sé che predestinazione o divina Provvidenza non sono altro che il ‛ vigore ' della legge eterna attuato per opera diretta di Dio, e sono quindi in parallelo o insite nella stessa legge. Epperò nell'espressione etterno statuto è indicata proprio la legge eterna, com'è vero che D. altre volte per designarla fa ricorso ad altri sinonimi, come editti etterni (Pg I 76). Ma per D., più ancora che per Agostino e Tommaso, data la visione poetica che ha dell'universo, Dio governa il mondo in atto eterno, ciò che da lui si esprime con divina Provvidenza (o anche con giustizia, che pure nel linguaggio della Vulgata vale spesso " legge ": Ps. 18, 9; Deut. 4, 5) e, più spesso, col presupposto del governare, che è appunto l'atto di volontà e di ragione, vale dire ‛ consiglio ' divino, naturalmente eterno, ed è perciò che Dio è detto rege etterno (Pg XIX 63) o 'mperador che sempre regna (Pd XII 40), o anche etterno valore (I 107).
Il prologo del Paradiso canta e più figura l'ordine e l'armonia dell'universo, nell'assetto e nei moti onde tutte le creature tendono e si volgono al lor fine e a Dio; e il tutto è una ‛ parafrasi ' della legge eterna mostrata in azione; e che a quella si riferisca il poeta ci è manifesto per i termini ‛ legalistici ': norma (Pd I 108) o sito decreto (v. 124); e l'assetto dell'universo e il moto dei cieli e la tensione delle cose sono a un tempo riferiti alla provedenza, che cotanto assetta (v. 121). Anche nell'opera dottrinaria la legge eterna è significata solo per relazione all'unica legge universale dell'imperatore, ed è senz'altro il motore superno dei cieli (Mn I IX 2-3). Pier Damiano si richiama all'etterno statuto per acquietare, eludendolo, il desiderio di D. di sapere perché lui e non altri gli fosse andato incontro; lo s. eterno, onde tutto è ordinato e preordinato, si profonda nell'abisso del consiglio di Dio, sì che vien meno alla ragione la possibilità di penetrarvi. All'altra domanda, più generica, perché gli sia andato incontro, il santo può dare piena spiegazione: le anime beate sono pervase di tanta carità che le fa essere soggette, eppure volenti spontanee, al volere divino: spontaneità e necessità, come coincidenza di voleri, s'identificano. E D. è tanto invaghito di questa idea di perfezione conciliatrice di volontà del singolo con la ‛ volontà ' del tutto che la vorrebbe attuata nel mondo umano fatto perciò stesso veramente perfetto; non esita ad affermare che la vera e la più piena libertà degli uomini consiste proprio nell'obbedire e più nel conformarsi alla legge unica dell'imperatore, che a sua volta si conforma, e cioè imita, alla ‛ iustitiae naturalis ymago ', che è l'assetto e l'ordine stesso metafisico e fisico dell'universo (Ep VI 22-23).
Nel canto, ove si usa proprio l'espressione etterna legge (Pd XXXII 52-56), si ha una situazione identica a quella presentatasi con Pier Damiano: qui non è dato sapere perché creature innocenti, che non erano state in grado per mancanza di discernimento di ben meritare, trovino luogo tra i più eccelsi beati: nella legge eterna tutto è ordinato con assoluta necessità, senza ammissione di accidentalità, ancorché sia imperscrutabile. L'universo, governato da Dio per mezzo della natura - figurata spesso nella cultura medievale quale martello - della quale il sole è il ministro maggior (Pd X 28), è regolato dalla legge eterna che nel mondo fisico si manifesta come legge naturale, emanazione e continuazione di quella eterna (Mn III XIV 2-3): la volontà in atto di Dio, dunque, si surroga, e s'identifica, alla legge eterna, onde ci si conferma che divina Provvidenza (o predestinazione) finisce col valere, sia pure per diversi aspetti, lo stesso che legge eterna. Alla legge eterna, regolatrice del mondo, il poeta si riferisce con molte espressioni sinonime: regola (If VI 9), legge (XIV 21), norme (XXV 103) e leggi d'abisso ed editti etterni (Pg I 46 e 76: espressione biblica, Prov. 8, 27-30, e già Cv III XV 16), e nuova legge (Pg II 106), decreto (III 140) e decreto della redenzione (Pd VII 58) e anche privilegio (Pg XXVI 127). Ma, a parte i termini più o meno ‛ giuridici ', è sempre sottesa la legge eterna in provedenza etterna e proveder divino (Pd XI 28, XXI 75, XXXII 37), e più, in etterno consiglio (Pg XXIII 61, Pd VII 95, XXXIII 3; e cfr. Pg I 47, Pd XIII 141). E non è caso che consiglio sia detto etterno (come s. e legge) e che anch'esso, come s., si perda nell'abisso del volere divino (che è linguaggio biblico; " Iustitia tua sicut montes Dei, / iudicia tua abyssus multa " [Ps. 35, 7], passato poi con fortuna nel volgare: G. Villani XI 1; Fioretti, ediz. Casella, 125; il Guicciardini nei Ricordi, n. 12 [Faggi] cita proprio le parole del salmo). Apparentemente è più remota, ma non perciò meno sicura, la riconducibilità a legge eterna o s. della giustizia divina, sia perché, come già detto, equivale a ‛ legge ' nella Vulgata e sia perché ordine etico, con attuazione del premio e castigo, e ordine metafisico proprio dell'essere in quanto tale, e in particolare degli spiriti beati, fan tutt'uno: If III 4, Pg XXI 65, Pd IX 62, XX 52, VII 119, XVIII 116, XIX 29. Ond'è che l'albero (si pensi soprattutto all' " albero di Porfirio ", così diffuso nelle scuole di retorica nel Medioevo) del Paradiso terrestre simboleggiante la legge (etica) umana, connessa a quella (etica) divina, radicate a loro volta con la legge eterna e quella fisica, è esplicato da D. quale giustizia divina (Pg XXXIII 71).
Bibl. - F.P. Luiso, Il c. XXI del Paradiso, Firenze 1933, 40-45; R. Ramat, Indicazione di lettura per il XXI del Paradiso, in Saggi e ricerche in memoria di E. Li Gotti, III, Palermo 1962, 58-71; M. Pecoraro, Il c. XXI del Paradiso, in Lect. Scaligera III 756 ss. F. Cancelli, La legge in D., in " Riv. Intern. di Filos. del Dir. " XLVIII, fasc. 4 (1971) 432 470.