Statuto dei diritti dei lavoratori
Denominazione con la quale si designa comunemente la l. 300/1970, che ha codificato gli strumenti attraverso i quali si garantiscono l’autonomia e la libertà sindacale dei dipendenti, riconoscendo il diritto alla libertà di opinione sul luogo di lavoro, il diritto di riunione e di attività sindacale, e stabilendo, altresì, una serie di garanzie in caso di licenziamento. La sua approvazione avvenne in un clima caratterizzato da un alto tasso di sindacalizzazione (➔ sindacalizzazione, tasso di) e favorì a sua volta il consolidamento del ruolo del sindacato stesso, ponendo inoltre rilevanti limitazioni all’esercizio del potere dei datori di lavoro. Seppure parzialmente modificato e integrato nei decenni successivi alla sua emanazione, rappresenta ancora oggi, dopo la Costituzione, la fonte più rilevante del diritto del lavoro e del diritto sindacale italiani. La l. 92/2012 (riforma Fornero) ha tuttavia apportato profonde modifiche allo S. dei l. con riferimento in particolare alla disciplina del licenziamento (➔ licenziamento, costi di).
Il titolo I (artt. 1-13) enuncia una serie di principi volti a garantire la libertà e dignità del lavoratore, in particolare in materia di libertà di espressione delle opinioni all’interno del luogo di lavoro e di regolamentazione del potere di controllo da parte dell’impresa, per es. predisponendo il divieto dell’uso di apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Sono regolamentate anche le modalità di esercizio del potere disciplinare da parte dell’impresa (art. 7) e definiti alcuni principi relativi alla sicurezza sul lavoro (➔ sicurezza sul lavoro, leggi sulla) e in tema di mansioni lavorative, imponendo forti limitazioni al datore di lavoro circa la sua facoltà di modificare il contenuto e il luogo della prestazione. Il titolo II (artt. 14-18) è dedicato alla libertà sindacale. È sancito il divieto e la nullità di qualsiasi atto discriminatorio nei confronti di lavoratori sulla base della loro adesione o non adesione a una associazione sindacale. Sono inoltre vietati trattamenti economici discriminatori.
Nell’art. 18 si introduce il principio della tutela reale del posto di lavoro, con l’obbligo di reintegrazione del dipendente licenziato illegittimamente in imprese con più di 15 addetti (➔ giusta causa). La l. 92/2012 (riforma Fornero) ha sostituito l’obbligo di reintegrazione con il pagamento di una buona uscita (indennità risarcitoria) di precisa delimitazione, a esclusione dei casi di licenziamento discriminatorio e di alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare.
Nel titolo III sono presenti norme a sostegno dell’attività sindacale e sono riconosciuti al sindacato diritti soggettivi nei confronti del datore di lavoro, il cui rispetto è garantito dall’art. 28, che reprime la condotta antisindacale da parte dell’imprenditore. L’art. 19, che disciplina la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, è stato modificato nel 1995 in seguito a referendum, eliminando la disposizione che concedeva soltanto alle associazioni confederali la potestà di rappresentare l’ambito di riferimento per la costituzione di rappresentanze sindacali.
Secondo alcuni studiosi, lo S. dei d. dei l., modellato su una realtà produttiva in dissoluzione e sulla protezione del lavoratore subordinato assunto a tempo indeterminato, andrebbe ulteriormente modificato istituendo nuove forme di tutela, in particolare per tener conto che la maggioranza dei giovani e delle donne che entrano nel mercato del lavoro si trova in condizione diversa da quella privilegiata del dipendente a tempo indeterminato.