Vedi STATONIA dell'anno: 1966 - 1997
STATONIA (etr. Statnes - Staties; lat. Statonia)
Città dell'Etruria interna, la cui ubicazione è stata molto controversa. È stata infatti identificata con i centri, sia di Ischia di Castro, sia di Farnese, sia di Pitigliano. È stata posta anche presso il lago di Mezzano o presso il lago di Bolsena. Ma più verosimilmente è da riconoscersi nella località detta Le Sparne, sulla destra del fiume Fiora, circa a metà distanza dai centri abitati di Pitigliano e di Manciano, su di un ripiano tufaceo, chiuso tra un' ansa del fiume Fiora ed i fossi Bavoso e Rubiano, divisa, ad O, dalla necropoli di Poggio Buco da un fossato in parte naturale ed in parte scavato artificialmente, dove si riconoscono i resti di una città antica, che il Pellegrini propose di identificare con la città di S. soprattutto in base alle ghiande missili iscritte trovate presso le sue mura (v. più avanti).
S. è ricordata da Seneca (Nat. quaest., iii, 58, 8) e da Plinio (Nat. hist., ii, 209) che parlano di un lacus Statoniensis, che alcuni autori moderni hanno supposto fosse il lago di Bolsena, ma oggi è generalmente identificato con il piccolo lago di Mezzano a circa 14 km da Poggio Buco. È menzionata da Strabone (Geogr., 226), che la ricorda come una delle piccole città dell'Etruria interna, contrapponendola alle grandi città costiere. Secondo Vitruvio (De arch., ii, 7, 3) e Plinio (Nat. hist., xxxvi, 168) fu ordinata a praefectura come civitas sine suffragio, dopo la caduta di Vulci in mano dei Romani nel 278 a. C.
S. è il nome latino, che la città ebbe dal III-II sec. a. C. Non si conosce con certezza il nome etrusco precedente; forse era Staties o Statnes. Una ghianda missile in piombo, non usata, con l'iscrizione statnes in alfabeto etrusco, fu trovata presso le mura della città riconoscibile nella località Le Sparne. In seguito, nella stessa località furono trovate altre ghiande missili in piombo, di cui una con iscrizione Staties. Il territorio, l'ager statoniensis, doveva estendersi tra quelli di Saturnia e Sovana a N; di Tarquinia a S; di Volsinii ad E; e di Vulci a O.
Il centro abitato delle Sparne mostra di aver avuto un periodo di fioridezza a partire dal VII a tutto il VI sec. a. C. Poi si nota un interruzione; ma una ripresa di vita della città è documentata dal III-I sec. a. C.
Della città sono stati trovati resti della cinta muraria, in opus quadratum, che una volta si estendeva per un circuito di circa 3 km e racchiudeva un'area dell'estensione di circa 9 ettari. Si trattava quindi di una piccola città. A N dell'acropoli sono state trovate alcune statuette ed oggetti votivi in terracotta ed alcune terrecotte decorative architettoniche arcaiche relative ad un tempio, di cui è stata trovata soltanto l'area. Dalla decorazione architettonica provengono varie lastre fittili di rivestimento. Una di queste presenta un fregio di tipo orientalizzante con cervi e grifi alternati, unico, finora, come soggetto, nelle lastre di rivestimento architettonico etrusco (Copenaghen, Gliptoteca Ny Carlsberg). Altre lastre sono conservate nelle collezioni archeologiche di Monaco di Baviera. Nonostante certi tratti arcaici le lastre saranno da attribuirsi alla seconda metà del VI sec. a. C. e all'artigianato locale: accanto a influssi ionici tardi mostrano l'attardamento di un centro provinciale. Un secondo gruppo di terrecotte decorative architettoniche tarde attesta il rifacimento del tempio in epoca etrusco-romana.
Si accedeva alla città solo per tre strade.
Le necropoli si trovano nelle località di Poggio Buco, Valle Vergara, Selva Miccia e Podere Insuglietti.
Più vasta ed interessante è la necropoli di Poggio Buco; è concentrata in un altipiano tufaceo con tombe di vario tipo, che si sovrappongono anche in tre o quattro ordini, tanto che l'intero altipiano risulta completamente forato da ogni parte e da questo deriva certamente il suo nome attuale. Mancano completamente le tombe a pozzetto del periodo villanoviano. La necropoli di Poggio Buco, insieme a quelle del Podere degli Insuglietti e di Valle Vergara ha dato un numero grandissimo di tombe di età arcaica (VII-VI sec. a. C.) ed altre, ma in minor numero, di età etruscoromana (III-I sec. a. C.).
La ceramica arcaica più andante è di produzione locale, quella più elaborata o non etrusca (vasi protocorinzî e i varî vasi corinzî e attici) o quella etrusca che imita la produzione corinzia appare tutta proveniente da Vulci. Alcuni buccheri pesanti mostrano contatti con Chiusi.
Il materiale proveniente da queste necropoli è in gran parte al Museo Archeologico di Firenze, in parte al Museo Civico di Grosseto ed in parte all'estero (nell'Antiquarium di Berlino; al Museo Antropologico dell'Università di California; a Filadelfia; al Peabody Museum di Cambridge nel Massachussets). Il materiale, venuto in luce negli ultimi scavi regolari, (1962), è conservato presso il Museo Archeologico di Firenze e a Saturnia presso la proprietaria Signora Adele Vaselli.
Bibl.: G. Dennis, Cities and Cemeteries of Etruria, Londra 1883, pp. 492-495; G. Gamurrini, in Not. Scavi, 1892, pp. 260-261; O. Montelius, Civil. Prim., II, Stoccolma 1895-1910, tavv. 206-212; G. Pellegrini, in Not. Scavi, 1896, pp. 263-283; 1898, pp. 429-450; id., in Atene e Roma, 1899, pp. 7-14; J. Boehlau, in Jahrbuch, XV, 1900, pp. 155-195; R. Mancinelli, Inventario degli oggetti contenuti nei 7 corredi di tombe etrusche nella necropoli di Poggio Buco, Università di California 1902; G. Gamurrini, in Not. Scavi, 1903, pp. 267-279; D. Van Buren, Figurative Terracotta Revetments in Etruria and Latium in the VI and V Centuries b. C., Londra 1921, tavv. XXIII, XXIV, XXXVIII, pp. 59, 63, 71; E. Galli, in Boll. d'Arte, 1922, pp. 176-184; R. Bianchi-Bandinelli, Clusium, in Mon. Ant. Lincei, XXX, 1925, pp. 209-578; id., Sovana, Firenze 1929, pp. 14-16; Philipp, in Pauly-Wissowa, III A, 1929, c. 2225, s. v. Statoniensis lacus; A. Andrén, Architectural Terracottas, Lund 1940, pp. 76-79, tav. XXV, 89, 90, 91; G. Matteucig, Statonia, Università di California 1951 (con bibliografia precedente completa); L. Banti, Il mondo degli Etruschi, Roma 1960, p. 73; A. Mazzolai, in Società Stor. Maremmana, fasc. II, Grosseto 1960.