STATERE (gr. στατήρ; lat. stater)
È in origine il peso completo che deve essere posato sui due piatti della bilancia per stabilirne l'equilibrio, cioè il peso doppio della unità = dramma; quindi in origine è sinonimo di didramma, dove non si deve sottintendere né un determinato quantitativo, né un determinato metallo.
Con questa parola si sono denominate poi varie specie di monete, d'oro, d'argento e anche di bronzo.
Ma come la dramma è, senza alcun attributo particolare, da considerarsi l'unità dell'argento, così con la parola "statere", quando nei testi non vi sia altra precisazione, si deve intendere la unità dell'oro. Così è stata designata di solito la moneta d'oro più vastamente nota; quindi successivamente la moneta d'oro di Creso, di Dario, di Filippo di Macedonia e poi di Alessandro il Grande, cioè il criseide, il darico, il filippo e l'alessandro, monete auree che hanno fruito del maggior corso nell'antichità, di valore internazionale, e pesanti tutte tra gr. 8,10-8,60, cioè proprio il doppio della dramma-unità dell'argento.
Lo statere, essendo l'unità per l'oro, lo è stato anche per l'elettro; negli autori e nelle iscrizioni del sec. IV, come nei Lessicografi (Polluce, ecc.), le monete di Cizico, di Focea, di Lampsaco, di Mileto, le une di sistema fenicio (gr. 16,45 in media), le altre di sistema milesio (gr. 14,25 in media), tutte di elettro, sono dette comunemente "stateri".
Considerando lo statere come al centro del sistema ponderale e quindi monetale, ne derivano i seguenti nominali sottomultipli: il mezzo statere, che corrisponde alla dramma; il terzo di statere (tetrobolo) detto "trite"; il sesto di statere (diobolo) detto "ecte"; il dodicesimo di statere (obolo) detto "emiecte", ecc. Ed ancora i seguenti multipli: il distatere o tetradramma di oro; il tetrastatere, di otto dramme; il pentastatere, di dieci dramme di oro, ecc. Non tutti questi nominali sono stati correntemente coniati, anzi alcuni solo raramente. Il mezzo statere è ricordato per Cirene dagli autori, ma lo si conosce essenzialmente per Atene e per Taranto; le tritai e le ectai sono i comuni elettri di Focea e di Mileto, di Mitilene e di Cizico, sovente ricordati dalle iscrizioni e nei testi; lo stesso si dica delle emiectai, oboli d'oro, noti per Atene, per Cirene e ricordati da Polluce; infine per gli altri elettri della costa dell'Asia Minore. Il distatere, o tetradramma d'oro, è stato raramente coniato; ne abbiamo solo per Alessandro il Grande e per i primi Lagidi; il tetrastatere o ottodramma di oro, ricordato da Polluce come moneta di Cirene, non è mai esistito, laddove ne conosciamo della serie tolemaica e seleucidica; è l'ottodramma d'oro di gr. 34-35, di Antioco III il Grande. Il pentastatere, del peso e valore di cinque stateri o dieci dramme, lo si può riconoscere nel decadramma d'oro delle serie di Berenice e di Arsinoe III.
Quando questa denominazione venne applicata all'argento diede luogo sovente a confusione. Sono didrammi di argento gli στατῆρες Αἰγιναῖοι, 'Εϕέσιοι, Κορίνϑιοι, Κρητικοί, Βοιώτιοι, Καλκοδικοί, Κορκυραῖοι delle iscrizioni, dei conti di Delo e dei questori del tempio di Atena; ed è ancora un didramma di argento lo statere ricordato in un trattato fra Litto e Mallo di Creta; anche la dramma di argento del sistema corinzio è, a sua volta, una trite, perché 1/3 del didramma attico.
Nell'epoca ellenistica e romana la parola "statere" viene a designare non più il didramma ma il tetradramma di argento, probabilmente per la circostanza che in alcuni sistemi allora più vastamente in uso, come in quello attico e poi in quello tolemaico, il nominale principale della serie, il più coniato e diffuso, è il tetradramma e non più il didramma. Con questa parola è designato il siclo giudaico di argento nel Nuovo Testamento (Matt., 17, 27).
Bibl.: Fr. Hultsch, Griech. u. röm. Metrologie, 2ª ed., Berlino 1882, s. v.; E. Babelon, Traité des monn. grecq. et rom., I, i, Parigi 1901, s. v.; Fr. v. Schrötter, Wörterbuch d. Münzkunde, s. v. (v. anche dramma).