TROJANO, Stanislao
TROJANO, Stanislao. – Nacque a Napoli il 17 novembre 1889, primogenito dei sei figli avuti da Luigi con Anna Bini Trani.
Nel 1907 s’iscrisse al Real Istituto di belle arti, conseguendo nel 1911 il diploma nel corso speciale di pittura di figura e nel 1913 quello di decorazione, grazie al quale vinse una borsa di studio che gli consentì di soggiornare a Roma. Nello stesso anno ottenne l’abilitazione all’insegnamento di disegno nelle scuole.
Tra il liceo e l’Accademia, il giovane Trojano entrò subito in contatto con l’ambiente artistico napoletano ed ebbe modo di frequentare la scuola di restauro della stessa istituzione, seguita dagli allievi dei corsi di pittura e di decorazione. Con ogni probabilità, fu in quel contesto che egli maturò la passione per il restauro e apprese le prime «operazioni tecniche della rifoderatura, il trasporto del colore di dipinti su tela e su tavola, lo strappo dell’affresco [...], con l’esercizio analitico di dipinti antichi che si fa nella Scuola di Storia dell’Arte» (C. Lorenzetti, L’Accademia di belle arti di Napoli (1752-1952), Firenze 1952, pp. 342 s.).
Nel 1914 si avvicinò all’insegnamento e fu nominato assistente alla cattedra di disegno nelle sezioni ginnasiali del liceo Vittorio Emanuele di Napoli; incarico che lasciò nel 1916, giacché chiamato alle armi; tornò a Napoli nel 1919, e nel 1920 vinse il concorso a cattedra di disegno per le scuole medie.
Fu nei primi anni Venti che Trojano incominciò l’attività di restauratore, affiancando probabilmente Pasquale Chiariello, succeduto nel 1923 al padre Umberto nella direzione della scuola di restauro dell’Accademia napoletana e molto attivo presso la Pinacoteca del Museo nazionale di Napoli, nonché membro della commissione per la conservazione dei monumenti, nel restauro di dipinti e affreschi in diverse chiese della città.
In particolare, sin dal 1921 Trojano lavorò in molti cantieri di restauro di chiese e complessi monumentali napoletani, nei quali fu attivo il più anziano maestro, e presso il Museo e la certosa di S. Martino restaurò la Carrozza degli eletti del Popolo (1923) e il Presepe Cuciniello (1925) lavoro, quest’ultimo, che gli valse la qualifica di restauratore di dorature antiche. Ancora nella certosa tornò a lavorare, portando a termine nel 1928 il restauro degli stucchi dorati e degli affreschi del Cavalier d’Arpino nella sacrestia e dimostrando di aver maturato una certa competenza nel restauro di superfici murali, secondo un approccio mimetico seppur ancora interpretativo.
Di formazione eclettica e probabilmente in rapporto con il maestro Paolo Vetri, in quegli stessi anni Trojano fu anche coinvolto in imprese a carattere decorativo per chiese e abitazioni private, e soprattutto partecipò ai lavori di decorazione degli ambienti attigui alla cappella del Monte di pietà di Napoli (oratorio, sala del lavabo, saletta del tesoro), collaudati entro il 1927 dallo stesso Vetri e dall’allora direzione del Museo di San Marino.
Nel 1924 fu nominato professore di ornato disegnato nei corsi del liceo artistico di Napoli, cattedra di cui fu titolare dall’ottobre 1934.
Una più stretta collaborazione di Trojano con la soprintendenza napoletana, diretta dal 1924 al 1935 da Gino Chierici, a cui successe Bruno Molajoli, si attestò sul finire degli anni Venti, quando portò a termine, tra gli altri, significativi cantieri per le chiese di S. Maria di Donnaregina (1928-34, distacco con intonaco e trasporto degli affreschi giovanili di Francesco Solimena nel coro) e di S. Pietro Martire (1929-31, tavola di S. Pietro Martire, già attribuita a Giovanni da Taranto) e restaurò la Crocifissione del XIII secolo in S. Domenico Maggiore (1929), che si giudicò esempio e risultato di un restauro propriamente filologico (S. Ortolani, La crocifissione di S. Domenico in Napoli, in Bollettino d’arte, s. 3, XXV (1931), 2, pp. 53-64). Qualche lavoro, in quegli stessi anni, lo condusse in Puglia, dove, sotto la direzione di Mario d’Orsi, eseguì interventi di restauro a Bari per la Pinacoteca provinciale e per la chiesa dei Cappuccini, oltre che per la cattedrale di Monopoli (Cronache dei ritrovamenti e dei restauri, in Le arti, I (1938), 2, pp. 197-216).
Verosimilmente, era stato ancora Chiariello ad agevolare le commissioni napoletane, e soprattutto fu forse proprio grazie a lui che Trojano era entrato in contatto con Sergio Ortolani, direttore della Pinacoteca di Napoli dal 1930 al 1949 e responsabile del riordinamento portato a termine nel 1937. Sotto tale direzione Trojano fu coinvolto in molti dei lavori di restauro necessari alla riapertura del museo e fu parte attiva nell’ampia opera di tutela dei beni dislocati sul territorio della soprintendenza campana, lavorando come restauratore di fiducia nel Gabinetto di pinacologia e restauro della Pinacoteca di Napoli, istituito nel 1932 da Ortolani e diviso in quattro sezioni (pinacologia e radioscopia, restauro, fotografia, fisica e chimica), come primo organo tecnico ministeriale preposto alla conservazione delle opere d’arte (De Rosa, 2005).
Sino al 1937, anno in cui fu chiuso il laboratorio napoletano in previsione della fondazione a Roma dell’Istituto centrale per il restauro, Troiano lavorò insieme a Giovanni (Giannino) Marchig, Umberto Chiariello, Anita Garzia e Selim Augusti, affinando l’iniziale formazione eclettica e accademica alla luce delle più moderne problematiche tecniche e critiche che andavano discutendosi allora per la disciplina del restauro e fondate sul binomio arte e scienza.
Molti furono i lavori di rifodero che Trojano eseguì sui dipinti su tela della Pinacoteca di Napoli, e non pochi furono gli interventi di trasporto della pellicola pittorica da tele o tavole, che ben lasciano apprezzare tecniche e competenze che egli aveva assimilato nell’ambito della scuola napoletana dei Chiariello (S. Ortolani, Il riordinamento della Pinacoteca del Museo nazionale di Napoli, in Bollettino d’arte, s. 3, XXXI (1937), 1, pp. 44-46). Tra i maggiori interventi condotti sotto la direzione di Ortolani si ricordano, tra tutti, i restauri sul Ritratto del cardinale Pietro Bembo di Tiziano (1931-32), sul Paolo III con il camauro del medesimo pittore (1932-35, pubblicato da S. Ortolani, Restauro d’un Tiziano, in Bollettino d’arte, s. 4, XXXIII (1948), 1, pp. 44-53), sulle teste della Vergine e del Bambino del XIII secolo provenienti da S. Aniello a Caponapoli (Id., Inediti meridionali del Duecento, ibid., pp. 295-319), sul Ritratto di Alessandro Farnese (1933-34) attribuito a Raffaello, sulla Circoncisione di Simon Vouet (1934) proveniente dalla chiesa di S. Angelo a Segno, sul S. Antonio Abate (1933-34) e sulla Zingarella (1935) di Correggio, restauro, quest’ultimo, che fu ampiamente dibattuto, suscitando non poche critiche. Si trattò, infatti, di una soluzione che andò a modificare la veste iconografica che il dipinto aveva tramandato sin dall’ultimo quarto del XVI secolo, frutto di un antico intervento che aveva modificato la posizione del Bambino, l’abbigliamento della Vergine e l’intera ambientazione. Fu, con ogni evidenza, un tentativo di riportare alla luce il solo gesto dell’artista, la cui traccia si riteneva di poter riscoprire grazie ai nuovi mezzi della scienza (quali in particolare l’esame a luce radente) e seguendo un criterio esclusivamente filologico, supportato da istanze estetiche allora discusse (R. Causa, Deux inédits du Correge, in L’Oeil, 1968, n. 157, pp. 13-17; Mandolesi, 2003, pp. 141 s.).
Nella stessa temperie nacquero i lavori svolti nell’ambito dell’ampio programma di tutela, restauro e valorizzazione condotto dalla soprintendenza napoletana, che mostrano quanto Trojano continuasse a rivedere negli anni l’iniziale formazione attraverso un aggiornamento di tecniche e un approccio critico che tenesse conto dei dibattiti, non solo italiani, che andavano conducendosi sul restauro. In particolare, tra gli anni Trenta e Quaranta, Trojano fu impegnato nei restauri del ciclo di decorazioni murali della cripta di S. Vincenzo al Volturno (1932-33), si occupò del descialbo, del consolidamento e in parte dello stacco degli affreschi della cappella Loffredo in S. Maria di Donnaregina (1934), gli furono affidati i restauri dell’affresco di Domenichino con S. Gennaro condotto al martirio nella cappella del Tesoro di S. Gennaro (1938), e intervenne finanche sulle tavole con le Storie del Vecchio Testamento e della vita del Battista di Giorgio Vasari (1942-43), già in S. Giovanni a Carbonara.
Durante il secondo conflitto mondiale Trojano fu coinvolto nell’opera di salvataggio del patrimonio artistico nazionale e dovette partecipare al piano di salvaguardia della soprintendenza alle Gallerie della Campania. Tra tutti i lavori di somma urgenza condotti per danni bellici si ricordano gli interventi riguardanti la chiesa di S. Brigida, eseguiti sotto la direzione di Molajoli nel 1944, al fine di mettere in sicurezza gli affreschi della cupola di Luca Giordano con la Gloria di s. Brigida.
Senza mai rinunciare all’insegnamento in Accademia e al liceo artistico, Trojano continuò a lavorare come restauratore fino alla metà degli anni Cinquanta.
Morì il 24 gennaio 1956 a Napoli, dove nel settembre del 1940 aveva sposato Angela Maria Sarri, senza avere figli.
Fonti e Bibl.: Napoli, Archivio storico dell’Accademia di belle arti, s. Professori, b. 154.
Per la vicenda critica e biografica di Trojano si rimanda al saggio di O. Mandolesi, S. T., in Restauratori e restauri in archivio, I, Profili di restauratori italiani tra XVII e XX secolo, a cura di G. Basile, Firenze 2003, pp. 139-152; contributi principali pubblicati prima e dopo sono: M. Cardinali - M.B. De Ruggieri - C. Falcucci, Diagnostica artistica..., Roma 2002, pp. 250-263; F. De Rosa, Per una nuova scienza della conservazione..., in Napoli nobilissima, s. 5, VI (2005), 1-4, pp. 75-106; Ead., Il sistema delle arti a Napoli durante il ventennio fascista. Stato e territorio, Napoli 2012, pp. 40-60 (in partic. p. 57); Snodi di critica: musei, mostre, restauro e diagnostica artistica in Italia, 1930-1940, a cura di M.I. Catalano, Roma 2015, pp. 215-218, 220, 223; R. Garofalo, L’Apoteosi di Santa Brigida di Luca Giordano. Il restauro, la sua storia conservativa e una proposta di valorizzazione, diploma accademico, Accademia di belle arti di Napoli, a.a. 2017-18, aprile 2019.