MEDOLAGO ALBANI, Stanislao
– Nacque a Bergamo il 30 luglio 1851 dal conte Gerolamo e da Benedetta de Maistre, nipote del pensatore Joseph, sposata nel 1849.
Benedetta morì in conseguenza del parto e il M. venne allevato dalla sorella della madre, Filomena, che il padre sposò nel 1855. Dopo la morte del padre, avvenuta poco dopo il secondo matrimonio, il M. fu educato dalla matrigna nello «spirito dei De Maistre». La sua infanzia venne segnata da due gravi malattie, contratte a sette e a undici anni, dalle quali guarì in concomitanza di fatti ritenuti miracolosi.
Dal 1860 al 1872 il M. ebbe come precettore il sacerdote G. Torri, intimo di casa Medolago. Lettore di s. Tommaso, non ignorava gli scritti e le pastorali dei vescovi W.E. von Ketteler e G. Bonomelli, come dimostrano le copie presenti nella sua biblioteca, fittamente appuntate a margine. Pertanto si guadagnò una certa fama, riconosciutagli da Leone XIII che lo additò come un maestro del pensiero sociale cattolico.
Il M. esordì nel movimento cattolico, a 17 anni, nel Circolo S. Luigi della gioventù cattolica italiana (1868) e nell’Associazione cattolica bergamasca per la promozione degli interessi cattolici, sorta probabilmente nel 1869 (fu presidente di uno e segretario dell’altra).
Nel 1873 si unì in matrimonio con Maria Luisa Callori di Vignale, dalla quale ebbe quattro figli: Gerolamo, Pio Leone, Federico e Benedetta.
Nel 1876 alcuni membri dell’Associazione e molti operai fondarono il Circolo operaio cattolico S. Giuseppe, di cui il M. venne eletto presidente.
Il Circolo, i cui soci da 176 salirono a 885 nel 1881, esercitava il mutuo soccorso, il prestito d’onore, una certa attività culturale e, nel 1888, si organizzò secondo criteri corporativi.
Il complesso delle attività dei cattolici di Bergamo dipendeva dal comitato diocesano dell’Opera dei congressi, costituitosi nel 1877 e di cui il M. venne subito eletto presidente; ebbe come collaboratori G. Caironi, N. Rezzara e il sostanziale appoggio del vescovo G.C. Guindani. Nel giugno del 1880 il M. fece il suo ingresso nel Consiglio comunale di Bergamo, dove sedette per oltre un trentennio. Due anni più tardi guadagnò anche un seggio nel Consiglio provinciale, divenendone vicepresidente nel 1889 e presidente dal 1894 al 1909.
Le sue idee furono strettamente collegate con le vicende del movimento sociale cattolico, di cui fu uno dei massimi dirigenti. Il M. criticava il concetto di eguaglianza del socialismo, in sé e per le conseguenze cui dava origine, ma ancora più il liberalismo e l’individualismo. Non rigettava, tuttavia, gli spunti positivi che poteva accettare dell’uno e dell’altro. In vari interventi svolti fra gli anni Settanta e Novanta affermò che le richieste provenienti dalla classe operaia riguardavano diritti intoccabili, ma anche che il solidarismo degli imprenditori e la cooperazione fra costoro e gli operai erano necessari. Egli negò il carattere di merce al lavoro e respinse l’idea della spontanea convergenza delle classi, dichiarandosi a favore di una soluzione istituzionale che individuava nella corporazione. Più d’una volta sostenne che la corporazione non contrastava con la libertà economica, ma designava una nuova complessa forma organizzativa, basata sull’istituzionalizzazione dei rapporti fra le organizzazioni dei padroni e quelle degli operai. L’importanza attribuita alle istituzioni giungeva sino a infrangere la barriera posta dai cattolici intransigenti nei confronti dello Stato unitario. Tanto che nel congresso cattolico di Lodi (1890) auspicò un intervento legislativo dello Stato nelle questioni sociali, riservando alle relazioni fra le organizzazioni operaie e padronali la parte contrattuale.
Fra le molte opere del comitato diocesano alle quali in modo più o meno diretto partecipò, occorre ricordare la stampa e la spettacolare articolazione delle società economiche e sociali, che nel 1903 riguardava circa 10.000 persone.
Bergamo, peraltro, non rimase immune dai conflitti che investirono l’organizzazione nazionale dei cattolici nel campo sindacale e politico-elettorale, e che infine indussero il M. a dimettersi dalla direzione diocesana (1906). In particolare, sul versante sindacale, l’Ufficio del lavoro (1906) procedette con decisione all’organizzazione dei lavoratori in sindacati di categoria, garantendo, in ambito locale, la supremazia della componente cattolica. Ma, nonostante il sostegno del nuovo vescovo di Bergamo G.M. Radini Tedeschi, essi furono accusati di utilizzare metodi di lotta socialisti e ciò contribuì a raffreddare i rapporti con il Medolago. Il contrasto maturò in occasione dello sciopero di Ranica (1909), che il M. giudicò una «gran birbonata», proclamato «con imperdonabile leggerezza dai dirigenti dell’Ufficio del lavoro» (Cova, p. 232; Gios, p. 580) e fallimentare per gli operai coinvolti. Questi avvenimenti, comunque, non estraniarono completamente il M. da Bergamo poiché nel 1910 venne nominato presidente della neonata Scuola sociale cattolica.
Nel 1885, frattanto, il M. era divenuto presidente della II sezione (poi II gruppo) dell’Opera dei congressi, denominata Economia sociale cristiana. Al medesimo anno risale l’inizio della sua lunga e operosa amicizia personale e di lavoro con G. Toniolo. Da subito il suo slancio iniziale sembrò stridere con l’immobilismo della dirigenza dell’Opera. Il M. scelse personalmente e accuratamente il gruppo direttivo della sezione; gli diede una regola giornaliera di vita spirituale e un metodo di lavoro forse ispirato a quello dell’Unione cattolica internazionale di studi economici e sociali di Friburgo, cui partecipava. In occasione del congresso di Lucca (1887) varò un ampio programma di studio e d’azione e nel 1889, quando fu eletto il nuovo presidente G.B. Paganuzzi, ottenne la carica di vicepresidente dell’Opera. Ma anche Paganuzzi, pur assecondando l’attivismo sociale della II sezione, ne ostacolava l’autonomia d’azione poiché la voleva subordinata alla originaria natura politico-religiosa dell’Opera, intesa come strumento per affermare le ragioni della Chiesa cattolica nella sua contrapposizione allo Stato italiano.
Un importante episodio di questa controversia riguardò l’Unione cattolica per gli studi sociali (1889) che, progettata con Toniolo, avversata da Paganuzzi ma approvata e sostenuta dalla S. Sede, era stata fondata al di fuori della II sezione. Essa incontrò l’adesione di una generazione di giovani cattolici, attirati dall’autorevolezza culturale del suo presidente Toniolo e rappresentò un eccellente strumento per recepire l’impulso trasmesso dalla Rerum novarum (1891). Questa enciclica spinse clero e laici a interessarsi dei problemi sociali e indusse la S. Sede a sostenerne l’iniziativa, equilibrandola con la tendenza del cattolicesimo più intransigente. Nel frattempo, la fiducia del M. verso Paganuzzi e lo spazio di riformismo possibile si allentavano. Nel 1899 egli auspicava il nascere di organizzazioni parallele e guardava in particolare al movimento della Democrazia cristiana, che presso i giovani stava sostituendo all’influenza di Toniolo quella di R. Murri. Il M. (con Toniolo) pensava di farne l’avanguardia del movimento cattolico mediante una riformulazione altrettanto viva ma più ortodossa delle idee democratico-cristiane. L’impresa impegnò la mediazione del M. e grazie all’appoggio della S. Sede ebbe un certo successo. La nomina al vertice dell’Opera di G. Grosoli (21 ott. 1902), vicino ai giovani murrini, rialzò però gli atteggiamenti autonomistici ed eterodossi dei democratici cristiani. Essi dedicavano poca considerazione al Non expedit e ostentavano una mentalità razionalista quanto alla religione e socialista quanto all’azione, che sempre meno il M. riusciva a comprendere. Costoro s’infiltravano nell’Opera sospinti dall’atteggiamento favorevole di Grosoli, con cui il M. sentiva di aver perso l’antica intesa, tanto da compendiare così il suo stato d’animo: «Non vado d’accordo con quelli di ieri, non mi sento di seguire quelli di domani: resto ablativo assoluto» (cit. in Cova, p. 224).
Nel marzo 1904 il M. indicò con chiarezza quali caratteri dovessero avere le associazioni sociali cattoliche: cattolicità dichiarata e garantita dall’adesione al II gruppo, organizzazione corporativa sulla base di unioni professionali semplici e commissioni miste operai-padroni. Nel luglio 1904 venne sciolta l’Opera dei congressi, ma non il II gruppo che rimase intatto sotto la presidenza del M. che non identificava il motivo centrale dello scioglimento dell’Opera nella tendenza intransigente ma in un’azione sociale d’impronta murrina sconfinata «dai limiti assegnati al sociologo cristiano» fino ad «abbracciare e confondere in una sola azione questioni filosofiche e religiose […] con concetti e intendimenti che potevano lasciare fondato dubbio sulla ortodossia dei principi» (cit. in Medolago Albani, 1975, p. 19). In conseguenza della riorganizzazione dei cattolici mediante l’enciclica Il fermo proposito (1905) il II gruppo, sempre sotto la presidenza del M., prese il nome di Unione economico-sociale (UES). Nel complesso, tra la fine del secolo e il primo decennio del Novecento, le società di mutuo soccorso, cooperative, casse rurali, banche e unioni professionali raddoppiarono divenendo oltre 5000.
Il M., tuttavia, non era soddisfatto e nel giugno 1905 confidava a Toniolo il fallimento del tentativo di disciplinare la Democrazia cristiana. Se non dai «democratici ultimi», ora i problemi venivano da quei numerosi giovani democratici cristiani che, non estranei al II gruppo e ai margini dei murrini, s’erano impegnati nella concreta attività sociale e politica, imputati di un modernismo sociale altrettanto inaccettabile. Questa volta l’esperienza accumulata indusse il M. ad abbandonare la via delle mediazioni: «non voglio fare più il gioco – dichiarò – dei Murri passati, presenti e futuri» (cit. in Cova, p. 234).
Il M. affermava di voler assumere come unico criterio il giudizio di Pio X, al quale era particolarmente vicino. Emblematiche furono le sue riflessioni sulla questione sindacale, che lo portarono a identificare i sindacati nazionali esistenti come organizzazioni aconfessionali, con una struttura accentrata e categoriale, che dava minore importanza all’elemento territoriale; con essi quindi l’UES non poteva avere rapporti proficui. Dal suo punto di vista, la confessionalità del sindacato simboleggiava i dettati della scuola sociale cattolica, della S. Sede e dei vescovi. Quanto agli aspetti tecnici, nel 1912 il M. denunciò la loro eccessiva dipendenza dal modello socialista, la perenne contrapposizione con i padroni, oltre a interrogarsi sull’utilità e/o sul danno provocato dallo sciopero. In positivo riproponeva la nuova versione della corporazione e audacemente, ma non senza coerenza, annunciava il compito di formare associazioni di soli padroni.
Nel 1914 La Civiltà cattolica, pubblicando una serie di articoli dal titolo Sindacalismo cristiano?, sostenne la linea del M.; egli, però, ben sapeva che le sue idee non erano seguite dalla maggior parte dei 100.000 soci che nel 1914 si distribuivano fra le 636 leghe del lavoro cattoliche esistenti. La conclusione momentanea di tale scontro si ebbe con una lettera del segretario di Stato cardinale P. Gasparri del 26 febbr. 1915, documento che, accettando le ragioni di tutti, manteneva inalterata la situazione. L’UES venne sciolta il 25 marzo 1920.
Poco più di un anno dopo, il 3 luglio 1921, il M. morì a Bergamo.
M. Vaussard subito dopo (L’intelligence catholique dans l’Italie du XXe siècle, Paris 1921, p. 54) osservò che il silenzio dei cattolici verso la sua morte «semble-t-il concerté».
Fra gli scritti del M.: Dell’organismo sociale (Bergamo 1887); Il socialismo e le unioni professionali (ibid. 1893); Le unioni professionali (ibid. 1893); Prefazione a G. Monetti, Problemi varii di sociologia generale, I-II (Bergamo 1913); Due campioni dell’azione cattolica bergamasca: prof. comm. Nicolò Rezzara, prof. cav. Giambattista Caironi (Bergamo 1916).
Fonti e Bibl.: Documenti e lettere del M. si conservano nell’Archivio della Curia vescovile di Bergamo, nell’Archivio dell’Opera dei congressi di Venezia, nella Biblioteca apostolica Vaticana e specialmente nell’Archivio personale, custodito a Medolago da Luisa Maddalena Medolago Albani. Qui è anche conservata una biografia inedita del M., a opera di don Paolo de Toth. Si vedano, inoltre: G. Toniolo, Lettere (1871-1918), I-III, Città del Vaticano 1952-53, ad indices; A. Gambasin, Il movimento sociale nell’Opera dei congressi (1874-1904). Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma 1958, ad ind.; B. Malinverni, La scuola sociale cattolica di Bergamo (1910-1932), Roma 1960, ad ind.; X. Toscani, La biblioteca del conte S. M.A., in Rass. di politica e storia, XII (1966), 137, pp. 76-82; C. Brezzi, Cristiano-sociali e intransigenti. L’opera di M.A. fino alla «Rerum novarum», Roma 1971, ad ind.; A. Medolago Albani, Lo scioglimento dell’Opera dei congressi, in Civitas, XXVI (1975), 1, pp. 3-22; Id., Lo sciopero di Ranica del 1909 nelle carte di S. M.A., in Boll. dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, XII (1977), 2, pp. 209-259; L. Trezzi, Confessionalità, neutralità ed organizzazione sindacale negli orientamenti dell’Unione economico-sociale pei cattolici italiani (1906-1911), in Annali della Fondazione Giulio Pastore, VII (1978), pp. 377-411; A. Medolago Albani, L’aspetto di una interessante polemica sul «sindacalismo cristiano» negli scritti lasciati dal conte S. M.A., in Bergomum, LXXIII (1979), 1-2, pp. 165-186; C. Brezzi, M.A., S., in Diz. stor. del movimento cattolico in Italia 1860-1980, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1982, pp. 366-371; G. Battelli, Un pastore tra fede e ideologia. Giacomo M. Radini Tedeschi 1857-1914, Genova 1988, ad ind.; A. Cova, Problemi del movimento cattolico nel carteggio Toniolo - M.A., in Giuseppe Toniolo tra economia e società. Atti del Convegno…, Pieve di Soligo 1988, a cura di P. Pecorari, Udine 1990, pp. 215-238; P. Gios, Nicolò Rezzara e il movimento cattolico in Italia, Roma 1990, ad ind.; M. Invernizzi, I cattolici contro l’Unità d’Italia, Casale Monferrato 2002, ad ind.; La Chiesa e la questione sociale. Il caso di Bergamo, a cura di E. Camozzi, Roma 2008, ad indicem.
L. Trezzi