STAFILOCOCCO (XXXII, p. 448; App. II, 11, p. 886)
Recentemente alcuni autori (C. Shaw, J. M. Stitt, S. T. Cowan) hanno proposto di rivedere la sistematica dei generi Staphylococcus, Gaffkia e Sarcina, riunendo sotto il termine generico Staphylococcus (F. J. Rosenbach, 1884) tutti i microrganismi coccoidi non disposti a catena. Verrebbero, pertanto, raccolti in un unico genere tutti i microrganismi coccoidi che si moltiplicano su due dimensioni o su tre dimensioni e che si presentano, all'esame microscopico, in ammassi o grappoli (σταϕυλή = grappolo). Questa è una delle tante proposte con cui si cerca di risolvere, almeno in chiave pratica e provvisoria, lo stato di confusione che esiste nell'ambito dei generi Staphylococcus, Gaffkia e Sarcina e delle specie comprese in questi generi. Da un punto di vista pratico, se non altro, facilita l'identificazione di questi microrganismi permettendone la sistemazione in un unico genere, in base a criterî esclusivamente morfologici.
Gli autori americani usano il nome Micrococcus (F. Cohn, 1872) al posto di Staphylococcus; altri autori hanno proposto di usare il termine Micrococcus per indicare le specie non patogene. Il criterio ecologico, in questo caso la patogenicità, andrebbe escluso dalla classificazione, e pertanto il nome di genere Micrococcus cade, per ora, in sinonimia e viene usato indifferentemente al posto di Staphylococcus.
Gli s. si presentano, all'esame microscopico, come elementi rotondeggianti o leggermente ovali, di grandezza variabile tra micron 0,7-1,2. Non sono mobili, non hanno ciglia, non formano spore. Sono Gram-positivi, ma sono stati descritti ceppi Gram-variabili o anche decisamente Gram-negativi. Si coltivano facilmente su tutti i normali terreni di coltura.
La maggior parte degli s. è aerobia, ma si conoscono anche specie anaerobiche (Staph. aerogenes, Staph. saccharolyticus e Staph. anaerobius). Gli s. aerobî sono numerosissimi in natura e praticamente ubiquitarî. Le specie più conosciute sono quelle che interessano, sia come agenti di malattia che come saprofiti, l'uomo e gli animali.
Gli s. aerobî che interessano la patologia umana sono catalasi-positivi, riducono il blu di metilene, riducono i nitrati e fermentano il glucosio. Questi caratteri hanno un'importanza relativa e vengono ricordati ai fini della classificazione ma non vengono utilizzati ai fini dell'identificazione. Altri caratteri hanno, invece, un'importanza molto maggiore per riconoscere i ceppi patogeni per l'uomo e verranno elencati più avanti.
Le specie d'interesse umano sono:
Lo Staphylococcus pyogenes con le due varietà: var. aureus e var. albus, distinte in base alla capacità di produrre o meno un pigmento giallo, quando sono coltivati su terreni particolarmente ricchi come terreni all'uovo, al siero, al latte. Alcuni autori fanno di queste due varietà due specie distinte con i nomi: Staph. aureus e Staph. albus, mentre è oggi tendenza generale non prendere in considerazione tale differenza in quanto la capacità di produrre pigmento non è stabile. Questa distinzione aveva un significato più indicativo quando la varietà alba veniva confusa con la specie saprofita dell'uomo, lo Staph. saprophyticus, specie non patogena e che si distingue, oltre che per il fatto che non produce pigmento, anche perché è coagulasi-negativa.
Lo Staph. pyogenes, oltre a ridurre i nitrati a nitriti, fermentare il glucosio, lattosio, saccarosio, glicerolo e mannitolo, è coagulasi-positivo, emolitico, alotollerante e acetoina-positivo. La fermentazione del mannitolo, la coagulasi e la fosfatasi vengono considerati caratteri peculiari dei ceppi patogeni sebbene esistano ceppi sicuramente patogeni che mancano di uno o più di questi caratteri.
Lo Staph. saprophyticus non produce coagulasi e produce acetoina. Si conoscono altre specie non patogene, tra le quali lo Staph. lactis, che non produce coagulasi né acetoina, lo Staph. roseus, che non riduce il blu di metilene e produce un caratteristico pigmento rosa, lo Staph. afermentans, che non fermenta il glucosio.
È stata recentemente descritta una specie (A. Castellani) patogena per l'uomo che produce pigmento rosso-violaceo quando è coltivata in presenza di sali di ferro (Staph. violagabriellae).
Lo studio dei ceppi patogeni per l'uomo è tuttora in via di sviluppo e prosegue su due linee fondamentali: da un lato si studia (P. Oeding) la costituzione antigene degli s., cercando di mettere in relazione alcuni antigeni con il potere patogeno, dall'altro (R. E. O. Williams, ecc,) è stata messa a punto una tecnica d'identificazione degli s. coagulasi-positivi, basata sulla sensibilità ad alcuni batteriofagi. Questa tecnica, a cui si dà il nome di tipizzazione fagica, consente di seguire, nell'ambito di una collettività, la distribuzione dei tipi fagici di stafilococchi e di mettere in relazione i ceppi isolati da lesioni ben definite con i ceppi che si repertano sulle persone sane.
Questo permette di riconoscere gl'individui portatori dei ceppi pericolosi e di escluderli dal contatto con persone particolarmente soggette all'infezione, come avviene, per esempio, nelle corsie chirurgiche dove la tecnica di tipizzazione fagica ha trovato frequente applicazione per escludere dal contatto con gli operati il personale portatore di stafilococchi patogeni. Oltre all'applicazione epidemiologica della tipizzazione fagica con la conseguente applicazione pratica per la profilassi delle malattie stafilococciche, la tipizzazione fagica, ormai applicata su vasta scala in quasi tutti i paesi del mondo, sta permettendo di raccogliere un notevole numero di dati sui tipi fagici più frequentemente trovati nell'uomo. Da questa serie di dati si potrà probabilmente, in un non lontano futuro, definire, nell'ambito della specie magazzino Staphylococcus pyogenes, quali siano i tipi che più frequentemente sono responsabili dell'infezione umana.
Stafilococcosi. - Come abbiamo visto, la maggior parte delle specie raccolte nel genere Staphylococcus non sono patogene e anche quelle oggi considerate patogene s'impiantano su individui le cui difese sono diminuite. Non impropriamente questi germi sono stati chiamati, assieme alle Candidae e agli Pseudomonas, germi "sciacalli" in quanto hanno bisogno di particolari condizioni nell'organismo ospite (diabete, agammaglobulinemia, condizioni generali scadute, uso improprio di antibiotici, forme virali pregresse, ecc.) per determinare la malattia.
Lo s. può dare tanto delle forme localizzate (foruncolo, acne, flemmone) quanto delle forme generalizzate (setticemia). In realtà le uniche forme veramente localizzate sono quelle che interessano la cute, mentre tutte le altre, anche se colpiscono elettivamente le sierose (pleurite, peritonite e artrite) o i reni (pielonefrite) o le ossa (osteomielite), sono in realtà forme che si accompagnano sempre alla diffusione dei germi in circolo, salvo per le forme broncopolmonitiche da inalazione e salvo alcune condizioni, recentemente descritte, che interessano l'apparato digerente (enterocolite stafilococcica).
Stafilococcosi della cute. - La localizzazione più frequente dell'infezione stafilococcica è a carico della cute e dei suoi annessi (follicoliti, acne pustolosa, foruncoli, idrosadeniti). Queste infezioni restano circoscritte nella maggior parte dei casi, ma talora, specie le stafilococcie della faccia, possono essere il punto di partenza d'infezioni generalizzate a tipo setticemico di notevole gravità.
Infezioni a tipo setticemico. - Hanno generalmente origine da un focolaio cutaneo, talora da un'infezione della mucosa oro-faringea o nasale, delle vie respiratorie, delle vie urinarie, ecc. Più di rado si presentano come forme settiche fin dall'inizio senza che si possa riconoscere la porta d'ingresso dell'infezione. Si tratta in genere di forme acute, con quadro tossinfettivo gravissimo, febbre elevata, compromissione notevole dello stato generale, cui si possono aggiungere altri sintomi in rapporto al focolaio iniziale e alle successive localizzazioni a carico dei più diversi organi. Questa forma, a prognosi costantemente infausta in era preantibiotica, resta tutt'ora gravissima anche dopo l'introduzione in terapia di nuovi antibiotici elettivi contro lo s., come la novobiocina.
Tutti gli organi e apparati possono essere sede d'infezione stafilococcica. A carico dell'apparato cardiovascolare ricordiamo, soprattutto, l'endocardite, generalmente acuta, arteriti e flebiti, particolarmente frequenti a carico dei vasi situati in vicinanza di un focolaio suppurativo. A carico dell'apparato respiratorio ricordiamo che le pneumopatie stafilococciche sono attualmente in aumento e presentano una varietà di quadri clinici con tendenza quasi costante verso la suppurazione. L'infezione polmonare può avvenire per via aerogena o per via ematogena; in questo secondo caso in genere in corso di setticemia. Frequenti le broncopolmoniti stafilococciche in corso d'influenza. Le meningiti e gli ascessi cerebrali e cerebellari stafilococcici sono forme gravissime; originano da infezioni, per lo più auricolari o della cute della faccia. A carico delle ossa abbiamo osteomieliti acute e croniche; a carico dell'apparato uro-genitale ricordiamo soprattutto le pielonefriti, più o meno gravi a seconda della maggiore o minore compromissione del parenchima renale, e le uretriti, che attualmente rìconoscono assai frequentemente una eziologia stafilococcica. A carico dell'apparato digerente sono note le enterocoliti dei bambini, frequenti anche negli adulti, spesso in rapporto a una terapia antibiotica che, inibendo il normale sviluppo della flora batterica intestinale, permette una virulentazione degli s. resistenti.
Una forma particolare è la tossinfezione alimentare legata all'ingestione di alimenti contaminati da particolari ceppi di stafilococco che producono una tossina termostabile. Nelle tossinfezioni alimentari da s. la contaminazione degli alimenti avviene, in genere, ad opera di portatori addetti alla manipolazione delle sostanze alimentari, soprattutto latte e derivati, carne, pesce, ecc. La cottura cui vengono sottoposti gli alimenti può distruggere gli s. ma non la tossina che è termostabile. La sintomatologia della tossinfezione stafilococcica insorge bruscamente a poche ore di distanza dall'ingestione dell'alimento contaminato, con nausea, vomito, diarrea, ipotensione, tachicardia. La temperatura può essere febbrile, pur potendosi talora osservare ipotermia. La prognosi è in genere buona; la guarigione si ha spontaneamente nel giro di poche ore.
Bibl.: C. Shaw, J. M. Stitt, S. T. Cowan, Staphylococci and their classification, in Journal General Microbiology, V (1951), pp. 1010-1023; G. J. Hucker, in Bergey's manual of determinative bacteriology, 6ª ed., a cura di R. S. Breed, E. G. D. Murray e A. P. Hitchens, Londra 1948; P. Oeding, Antigenic properties of Staphylococcus aureus, in Bacteriological Review, XXIV (1960), pp. 374-396; R. E. O. Williams e J. E. Rippon, Bacteriophage typing of Staphylococcus aureus, in Journal of Hygiene, L (1952), pp. 320-353.