Stabilità finanziaria
La salvaguardia della s. f. è uno dei principali obiettivi della moderna politica economica. Tuttavia, l'esistenza di importanti differenze nei modelli economici che spiegano le crisi nonché il sovrapporsi delle cause che le innescano hanno impedito l'affermarsi di una definizione unanimemente condivisa di ciò che costituisce stabilità finanziaria.
Le diverse definizioni di stabilità finanziaria
Un primo modello è quello monetarista di A.J. Schwartz (1986), secondo cui una crisi finanziaria ha luogo quando il pubblico, temendo che a nessun costo sia possibile reperire mezzi di pagamento sul mercato, corre in massa a ritirare il denaro depositato presso le banche. Queste ultime, nel tentativo, vano, di compensare il deflusso di liquidità, richiedono il rimborso anticipato dei prestiti, ne rifiutano il rinnovo oppure vendono attività, accentuando la situazione di panico. Per effetto di questi comportamenti la quantità di moneta cala drasticamente, generando un'acuta recessione. La crisi può essere prevenuta o risolta mantenendo la massa monetaria al livello precedente la crisi, attraverso operazioni di mercato aperto o usando lo strumento del credito di ultima istanza a favore di singole banche. In base alla prescrizione monetarista, il mantenimento di un determinato livello della quantità di moneta sarebbe, pertanto, condizione sufficiente per preservare la s. f. e quella dei prezzi. La letteratura distingue il caso in cui la crisi dipende da errori della politica monetaria (Friedman, Schwartz 1963) da quello in cui si verifica il panico bancario (sulle cause di questo si rinvia a: Diamond, Dybvig 1983; Calomiris, Gorton 1991; Bhattacharya, Boot, Thakor 1998). Non costituirebbero, invece, crisi finanziaria, ma solo pseudocrisi, i fallimenti o il crollo dei prezzi delle attività finanziarie e reali. Né lo sarebbero, sempre secondo la Schwartz, l'insolvenza degli Stati sovrani e i crolli del cambio. I primi sarebbero, infatti, fisiologici in un'economia di mercato, mentre l'insolvenza degli Stati o il collasso del cambio sarebbero solo il risultato di politiche economiche errate.
Un secondo modello, basato sulla teoria del ciclo economico, asserisce che la fragilità finanziaria aumenta, endogenamente, nelle fasi ascendenti del ciclo, quando il credito, gli investimenti e i prezzi delle attività finanziarie e reali crescono a dismisura, in funzione di aspettative sempre più svincolate dall'andamento delle determinanti fondamentali dell'economia. L'inversione del ciclo, causata, per es., da uno shock esogeno che muti il segno delle aspettative, sarebbe drastica e anch'essa cumulativa. La crisi consisterebbe in "un deterioramento violento, breve, non ciclico di tutti gli indicatori finanziari o della maggior parte di essi - tassi a breve, prezzi delle attività (azioni, fabbricati, terra), e fallimenti delle istituzioni finanziarie e delle imprese commerciali" (Goldsmith 1982, p. 42). Ch.P. Kindleberger (1978, 19892) è coerente con questa linea di pensiero, ma, come H.P. Minsky (1982), di cui addotta il modello, sostiene la tesi estrema che i sistemi finanziari sono intrinsecamente instabili a causa dell'irrazionalità e dell'intento patologicamente speculativo degli operatori.
Di diversa ispirazione, perché l'enfasi è posta sul malfunzionamento dei mercati, è il terzo filone interpretativo, che si basa sulla teoria delle asimmetrie informative (Stiglitz, Weiss 1981). Queste si verificano quando una delle parti di un contratto finanziario non dispone sull'altro contraente di tutte le informazioni necessarie per poter prendere decisioni corrette. Vi sono due tipi di asimmetrie informative: quelle ex ante (selezione avversa) e quelle ex post (azzardo morale). Nel primo caso, la mancanza di informazioni complete può indurre il prestatore a scegliere come controparte del contratto finanziario il richiedente di fondi più rischioso, ossia quello che può dar luogo al risultato economico meno favorevole al prestatore (Akerlof 1970). Nel secondo caso, invece, il prestatore può essere indotto a scegliere una controparte che, successivamente alla stipula del contratto finanziario, s'impegna in attività molto rischiose, che aumentano la probabilità di fallimento dell'iniziativa finanziata.
Il quarto filone di ricerca è quello che riguarda gli attacchi speculativi ai regimi di cambio fisso. La letteratura distingue due principali modelli. Il primo, detto di prima generazione (Krugman 1979) argomenta che l'attacco avviene quando il credito esteso per il finanziamento del bilancio pubblico determina un completo depauperamento delle riserve valutarie. Tale meccanismo è coerente con le ripetute crisi di cambio avvenute in America Latina negli anni 1970-1980, quando vi fu un'estesa monetizzazione di deficit fiscali eccessivi. Alternativamente, in base ai modelli detti di seconda generazione (Obstfeld 1996), esistono diversi livelli del cambio di equilibrio, ciascuno dei quali coerente con una particolare configurazione della politica economica. Alla radice del problema vi è una potenziale incompatibilità fra i diversi obiettivi perseguiti dal governo (per es., sviluppo del reddito e dell'occupazione e stabilità del cambio). L'attacco avviene quando gli operatori percepiscono che i costi del mantenimento della parità (bassa crescita) divengono maggiori dei benefici che esso consente di ottenere (stabilità dei prezzi). Diversi analisti hanno sostenuto che questo schema teorico spiega l'attacco alla sterlina inglese del 1992. Nonostante le differenze, quindi, in entrambi i modelli l'attacco non è il risultato dell'attività di speculatori irrazionali o di manipolazioni del mercato, ma la conseguenza di decisioni razionali degli operatori, motivate dal profitto e assunte quando si consolida la convinzione che i molteplici obiettivi perseguiti dalla politica economica non sono coerenti con il mantenimento di parità di cambio fisse.
Poiché normalmente più cause concorrono a innescare una crisi, occorre che la definizione di s. f. sia ampia e coerente con più modelli, come, per es., quella proposta da G.J. Schinasi: "Un sistema finanziario si trova in un'area di stabilità quando è capace di facilitare (invece che di impedire) il funzionamento dell'economia e di eliminare gli squilibri finanziari che si formano endogenamente o per effetto di importanti eventi negativi non previsti" (2006, p. 83).
Questa definizione sottolinea, in primo luogo, che la s. f. è un concetto ampio, che riguarda tutte le istituzioni finanziarie, i mercati e le infrastrutture operative. In secondo luogo, che vi sono differenti livelli di s. f., corrispondenti al diverso grado in cui il sistema finanziario è in grado di svolgere le sue funzioni di allocazione delle risorse, di riduzione dei rischi e di promozione dello sviluppo. Il sistema è stabile quando si situa oltre una soglia minima socialmente accettabile, misurata, spesso imperfettamente, da una molteplicità di indicatori. In terzo luogo, che occorre che il sistema possieda requisiti di robustezza in grado di impedire che singoli eventi destabilizzanti ingenerino, attraverso una catena di istituzioni e di mercati, una sequenza di perdite tale da compromettere l'intero sistema e anche di provocare ingenti danni all'economia reale.
Le riforme per la stabilità finanziaria
È solo dopo che la moneta cartacea soppianta quella metallica che diviene pressante il bisogno di creare istituzioni e strumenti a presidio della stabilità finanziaria. Il presupposto dell'intervento trae origine dal fatto che quando la moneta è priva di valore intrinseco viene a mancare la fiducia che la banconota possa svolgere le tre funzioni fondamentali della moneta: mezzo di pagamento, riserva di valore e unità di conto (Hicks 1967). La moneta cartacea è, infatti, soggetta al duplice rischio di comportamenti opportunistici degli emittenti (frode e contraffazione) o di emissione eccessiva. È pertanto necessario un assetto istituzionale che si dimostri capace di istillare nel pubblico la fiducia che i pagamenti siano finali (l'obbligazione è estinta con il passaggio di mano della moneta) e che la moneta conservi nel tempo il potere d'acquisto.
L'adattamento istituzionale a garanzia della s. f. è avvenuto, con il tempo, come conseguenza dello sviluppo della finanza e per limitare gli elevati costi delle crisi.
La crescita della finanza potenzia le funzioni della moneta: amplia e innova la tipologia degli intermediari e degli strumenti di pagamento, facilita la messa in comune di fondi e agevola la gestione del rischio mediante la diversificazione e l'assicurazione, fornisce informazioni sui prezzi facilitando le scelte del pubblico, attenua le asimmetrie informative delegando il monitoraggio dei mercati a intermediari specializzati (Merton, Bodie 1995). Ma ciò può comportare una minore liquidità di alcuni strumenti finanziari rispetto alla moneta e una maggiore incertezza circa il valore futuro dei fondi investiti. Storicamente, l'altro catalizzatore dei cambiamenti istituzionali per la s. f. è costituito dalle crisi. Esse rappresentano il momento "in cui prende corpo la domanda di riforme", che sono, poi, introdotte quando esiste "un'imprenditorialità politica che sappia promuovere una risposta istituzionale, aggregando intorno ad essa un sufficiente consenso" (Giannini 2004, p. 36). Quattro esempi illustrano importanti tappe del processo di costruzione istituzionale. Il primo riguarda W. Bagehot, che nel 1873, a seguito di ripetuti episodi di panico bancario, formulò le tre 'regole' per il credito di ultima istanza, che rimangono ancora valide: la banca presti liberamente alle banche illiquide ma solventi, contro garanzie, e a un tasso d'interesse elevato. Il secondo riguarda la creazione, nel 1913, della Federal Reserve, la prima banca alla quale furono attribuiti poteri di vigilanza, per porre fine ai ricorrenti episodi di panico finanziario del periodo 1836-1913. Il terzo è costituito dall'attuazione di uno stretto regime di repressione finanziaria, quale rimedio al disordine monetario degli anni Trenta. Il quarto è costituito dall'accordo di Basilea (1988) sul capitale minimo delle banche, reso necessario dal forte indebolimento patrimoniale delle principali banche internazionali causato dalla crisi del debito degli anni Ottanta. Un successivo accordo, il cosiddetto Basilea 2 (2001-2004), ne rappresenta l'aggiornamento.
L'architettura istituzionale
Gli organismi e il loro coordinamento. - Nonostante le differenze esistenti fra Paesi, si possono distinguere tre modelli di architettura istituzionale. Il primo, quello adottato nel passato dalla quasi totalità delle nazioni, prevede la coesistenza di una pluralità di organismi di vigilanza, specializzati in base alle linee di demarcazione istituzionale dell'industria finanziaria (banche, intermediari in titoli e imprese di assicurazione). Ormai tale assetto è poco diffuso. Il secondo modello è quello della specializzazione funzionale: vigilanza sulla stabilità e protezione dell'investitore, come, per es., negli Stati Uniti e in Italia. Il terzo modello, infine, è quello del 'regolatore unico', che accentra in una singola autorità le funzioni di vigilanza su tutta l'industria finanziaria, come in Germania, Giappone e Regno Unito. A sé stante è lo status della Banca centrale europea, alla quale non sono attribuiti la funzione di vigilanza e i poteri riguardanti il credito di ultima istanza, che rimangono nella responsabilità dei singoli Paesi dell'Unione monetaria europea. Molti osservatori hanno rilevato che tale assetto può comportare notevoli difficoltà di coordinamento fra Paesi nel caso di insolvenza di banche che svolgono attività di intermediazione transnazionale. I vantaggi e gli svantaggi dei diversi modelli sono stati analizzati sotto il duplice profilo teorico e dell'applicazione pratica (Briault 1999, Padoa-Schioppa 2004), senza però giungere a conclusioni univoche.
Indipendentemente dall'assetto istituzionale, rimane ampia, in tutti i Paesi, la responsabilità assegnata alle banche centrali per la salvaguardia della stabilità finanziaria. Tale ruolo discende sia dalla funzione di sorveglianza sui sistemi di pagamento, sia dalla prerogativa di decidere dell'erogazione del credito di ultima istanza, sia dalla vigilanza sulle banche che gli istituti di emissione esercitano in alcuni Paesi (come l'Italia, i Paesi Bassi e gli Stati Uniti).
Il fondamento giuridico della responsabilità delle banche centrali per il mantenimento della s. f. non è, però, sempre chiaro, derivando, in alcuni Paesi, non dagli statuti ma, indirettamente, da leggi che disciplinano la partecipazione degli organismi nazionali che svolgono compiti di vigilanza, ai comitati interdisciplinari dove avviene la consultazione su temi di interesse comune (Oosterloo, de Haan 2003; European Central Bank 2003). L'incertezza giuridica fa sì che le banche centrali non siano tutte soggette all'obbligo di rendiconto nei confronti dell'autorità politica sull'attività svolta a tutela della stabilità finanziaria.
Va, infine, sottolineata la cooperazione internazionale dei diversi comitati che operano per il mantenimento della s. f. e che hanno localizzato i rispettivi segretariati presso la Bank for International Settlements a Basilea (Markets Committee, Commitee on the Global Financial System, Basel Committee on Banking Supervision, Committee on Payment and Settlement Systems, Financial Stability Forum, International Association of Insurance Supervisors, International Association of Deposit Insurers).
Gli strumenti d'intervento. - Il regime regolamentare e di vigilanza conta una pluralità di strumenti d'intervento, che hanno finalità di prevenzione (come la regolamentazione, la vigilanza e la disciplina di mercato) ovvero sono impiegati per la risoluzione delle crisi. La regolamentazione (l'insieme delle norme volte a conferire solidità e funzionalità al sistema e protezione all'investitore) e la vigilanza (l'attività di verifica del rispetto delle norme e della correttezza) hanno la finalità di contrastare gli effetti di esternalità dannose, quali il diffondersi di situazioni di panico, di limitare l'assunzione, involontaria o deliberata, di rischi eccessivi da parte degli operatori e di evitare lo sfruttamento dell'investitore insufficientemente informato, offrendo protezione a quello che, ragionevolmente, non è in grado di provvedere da sé. La disciplina di mercato consiste principalmente nell'obbligo di rendere tempestivamente disponibili agli operatori tutte le informazioni economiche rilevanti per le scelte finanziarie (obblighi di trasparenza), e costituisce uno strumento complementare alla regolamentazione e alla vigilanza, perché riduce le asimmetrie informative, permette agli organi di vigilanza di individuare più velocemente l'emergere di situazioni di rischio e fornisce al contempo alle autorità gli incentivi e la giustificazione per l'intervento.
La gestione delle crisi. - Gli strumenti che costituiscono la cosiddetta rete finanziaria di salvataggio (safety net) assolvono al duplice compito di infondere fiducia (funzione di prevenzione) e di contenere gli effetti negativi delle crisi qualora si manifestino (gestione e risoluzione). Per conseguire questi obiettivi la rete di salvataggio fornisce protezione assicurativa contro il verificarsi di eventi avversi e/o limita l'autonomia decisionale degli intermediari quando quest'ultima può essere destabilizzante (come nel caso del divieto di aumento dell'esposizione delle banche gravemente sottocapitalizzate). Gli strumenti disponibili, spesso usati simultaneamente, sono molteplici: il credito di ultima istanza, l'assicurazione dei depositi, le garanzie pubbliche a favore di taluni intermediari, le azioni di intervento precoce (structured early interventions), gli interventi di ristrutturazione degli intermediari o la loro chiusura. Per questo motivo l'articolazione interna dei singoli strumenti della safety net e le condizioni per la loro attivazione devono tenere conto delle interazioni (complementarità o incompatibilità) fra strumenti. È possibile, infatti, che uno strumento mal concepito possa indebolire l'efficacia di uno o più altri mezzi di intervento, e condurre a strategie incoerenti. La distinzione fra insolvenza e illiquidità, per es., che limita l'accesso al credito di ultima istanza alle sole banche illiquide, non è credibile se non vi è chiarezza nelle norme che regolano la liquidazione di una banca, o se il salvataggio di banche in difficoltà avviene troppo frequentemente. Le soluzioni, formalmente o informalmente adottate per ovviare a tali potenziali situazioni di conflitto, riguardano il rispetto del criterio di costo minimo, nel caso di ristrutturazioni e/o liquidazioni, e la definizione ex ante del processo attraverso il quale si manifesta il concerto di diversi organismi per l'attivazione delle clausole che permettono il salvataggio di istituzioni insolventi, nelle ipotesi in cui il fallimento potrebbe essere gravemente dannoso per l'economia.
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