Srī Laṅkā
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(App. IV, iii, p. 444; V, v, p. 202; v. ceylon, IX, p. 905; App. II, i, p. 564; III, i, p. 353)
Popolazione e condizioni economiche
di Guido Barbina
Nel 1998, secondo una stima delle Nazioni Unite, la popolazione ammontava a 18.455.000 unità e risiedeva per quasi l'80% in ambiente rurale; l'unica città di notevole ampiezza demografica è la capitale Colombo (615.000 ab. nel 1990). Il paese è teatro di gravi conflitti etnici: infatti il gruppo tamil (circa 2.000.000 di persone di lingua e religione differenti da quelle della maggioranza singalese) rivendica la completa autonomia dei territori in cui è predominante (costa nord-orientale e in particolare penisola di Jaffna).
L'economia dello S. L. ha registrato negli anni Novanta una continua seppure debole espansione, con una crescita del PIL (3,4% medio annuo) superiore a quella della popolazione (1,4%), e un miglioramento generale del tenore di vita, messo però costantemente a rischio dalla guerriglia interna. Dal 1990 il governo ha iniziato a privatizzare alcuni settori importanti, come quello dei trasporti e della produzione di energia, cercando di favorire l'afflusso di capitale straniero. Intorno alla metà degli anni Novanta l'economia locale è stata fortemente danneggiata dalle conseguenze di una lunga siccità che ha penalizzato la produzione idroelettrica, con gravi danni all'attività industriale, e ha ridotto drasticamente la produzione di riso.
Alle attività del settore primario si dedica oltre il 30% della popolazione attiva e la coltura principale è ancora quella del tè, in varietà molto pregiate, praticata in grandi piantagioni già nel periodo coloniale e oggi ancora in espansione, tanto che dal 1990 l'isola ha sottratto all'India il primato mondiale per l'esportazione; altre colture commerciali sono quelle dell'hevea, della palma da cocco e, con minore importanza, del cacao, del caffè e della canna da zucchero, oltre alle spezie che mantengono un posto di rilievo nelle esportazioni. Le produzioni alimentari destinate al consumo interno vedono al primo posto il riso, seguito dalla manioca, dalla patata dolce e dalla frutta tropicale. Ancora importanti sono la pesca e l'allevamento; nell'isola funzionano alcuni centri per l'allevamento e l'addestramento degli elefanti da lavoro.
L'attività estrattiva riguarda le pietre preziose, che un tempo avevano dato all'isola una grande fama: si estraggono ancora zaffiri, rubini e topazi, anche se i giacimenti si stanno impoverendo, e la grafite che è importante come merce di esportazione. Mancano risorse combustibili e l'energia è prodotta per la maggior parte da centrali idroelettriche. L'industria manifatturiera occupa solo il 13,3% della popolazione attiva e riguarda soprattutto il settore alimentare (preparazione del tè, lavorazione delle oleaginose, produzione di birra, raffinazione dello zucchero), quello tessile (filatura del cotone), l'abbigliamento (in cui si vanno sviluppando settori di attività specializzate), la concia e la lavorazione del pellame. Nell'isola sono in funzione due impianti siderurgici di medie dimensioni, qualche cementificio e una raffineria di petrolio.
La bilancia commerciale è passiva e il paese deve ricorrere agli aiuti internazionali o ai prestiti. Il principale fornitore è il Giappone, seguito dalla Cina (Hong Kong), mentre le esportazioni sono dirette prevalentemente verso gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito. I problemi connessi con la difficile situazione interna e l'impossibilità di garantire uno sviluppo equilibrato in tutto il paese provocano una diffusa disoccupazione e un'emigrazione continua, oltre a effetti fortemente negativi sul turismo.
bibliografia
U. Geiser, Indigenous resource management and external development interventions in the dry zone of Sri Lanka: from conflicts to synergies?, in GeoJournal, February 1995, pp. 185-96.
G. Pasta, Terzo Mondo e sviluppo urbano: il caso dello Sri Lanka, in Rivista geografica italiana, 1995, pp. 1-61.
K. Stokke, Sinhalese and Tamil nationalism as post-colonial projects from 'above', 1948-1983, in Political geography, 1998, pp. 83-113.
Storia
di Paola Salvatori
Il conflitto tra la maggioranza singalese e la minoranza tamil, che dal 1976 rivendicava uno Stato indipendente nei territori della provincia settentrionale, a maggioranza tamil, e in quelli della provincia orientale, continuò a dominare la scena politica del paese assumendo, a partire dal 1983, il carattere di una vera e propria guerra civile. La linea intransigente adottata dal governo, espressione del partito conservatore United National Party (UNP), al potere dal 1977, aveva determinato un irrigidimento del fronte indipendentista, capeggiato dal movimento guerrigliero del Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE), che, respinti i tentativi di mediazione operati sulla base di una proposta di decentramento amministrativo, riuscì a conquistare il controllo militare delle zone contestate e diede vita a una violenta campagna terroristica in tutta l'isola.
L'inadeguatezza del governo a fronteggiare il crescente clima di tensione, culminato nel 1993 con l'uccisione del presidente della Repubblica R. Premadasa (eletto nel dicembre 1988), portò, nelle elezioni generali svoltesi nell'agosto 1994, alla sconfitta dell'UNP e alla vittoria dell'Alleanza popolare, costituita da formazioni comuniste e trockiste e dallo Sri Lanka Freedom Party (SLFP) la cui leader, C.B. Kumaratunga, fu eletta primo ministro. Il nuovo esecutivo cercò di riaprire il dialogo con il LTTE puntando a una soluzione negoziale del conflitto e, come segnale di disponibilità, venne revocato parzialmente il blocco economico imposto ai territori occupati dai guerriglieri. Questi ultimi, dal canto loro, accettarono di riprendere i negoziati di pace (settembre 1994) dichiarandosi disponibili a una tregua. La politica di distensione inaugurata dall'esecutivo - nonostante subisse un temporaneo arresto a ottobre in seguito all'uccisione del leader del partito di opposizione, G. Dissanayache, in un attentato terroristico a Colombo attribuito al LTTE - risultò rafforzata dalla vittoria elettorale di Kumaratunga, che nel novembre 1994 venne eletta, con il 62,3% dei consensi, presidente della Repubblica. La guida del governo venne assunta dalla madre, S. Bandaranaike, che tornò così, a 78 anni, a ricoprire l'incarico per la terza volta. A dicembre il LTTE accettò la proposta di una tregua e ripresero i colloqui tra le parti, destinati tuttavia a interrompersi nuovamente nell'aprile 1995.
La nuova ondata di violenza che investì il paese indusse il governo a mutare strategia: pur ribadendo l'impegno ad attuare riforme istituzionali volte ad ampliare le autonomie regionali, nel quadro di un progetto di Stato federale, Kumaratunga decise di lanciare parallelamente una nuova dura offensiva militare volta a riconquistare i territori nord-orientali. Nonostante gli iniziali successi l'esercito non riuscì ad avere ragione del LTTE e gli scontri proseguirono con fasi alterne per tutto il 1997 e il 1998, mentre le proposte di autonomia trovarono in Parlamento la ferma opposizione dell'UNP. La ripresa della guerriglia indebolì il prestigio di Kumaratunga che venne riconfermata alla presidenza nel dicembre 1999 solo con il 51,4% dei voti.
bibliografia
N. Perera, Society and space. Colonialism, nationalism, and postcolonial identity in Sri Lanka, Boulder (Colo.) 1998.
Ø. Fuglerud, Life on the outside. The Tamil diaspora and long-distance nationalism, London 1999.