CASSIO, Spurio (Spurius Cassius Vecellinus, o Vicelinus, Viscellinus)
Console negli anni 502, 493 e 486 a. C., e il solo membro a noi noto di una gens Cassia patrizia. Nel suo primo consolato avrebbe vinto i Sabini, gli Aurunci, nel 501 (per Dionigi nel 498) egli fu maestro dei cavalieri del primo dittatore Sp. Larcio. Nel secondo consolato, ricondusse la plebe in patria dopo una sedizione, e legò il suo nome al trattato di alleanza fra Roma e i Latini, che fino al tempo di Cicerone si conservò nel Foro Romano (Cicer., Pro Balbo, 53, cfr. Livio, II, 33, 9) e del quale i grammatici citano delle parole (Festo, p. 166, 30 Lindsay) e Dionigi (VI, 95) dà un estratto. Il foedus Cassianum dei primi anni del sec. V, nonostante i tentativi moderni di dimostrarne l'età più recente, è uno dei punti solidi della storia romana più antica, e corrisponde a quello che da altre parti sappiamo intorno alla supremazia di Roma sul Lazio nell'età regia, scossa per la caduta della monarchia e parzialmente riaffermata con la battaglia del lago Regillo.
Nel terzo consolato (486) partì in guerra contro i Volsci e gli Ernici, che si sottomisero senza combattere. In seguito egli concluse con gli Ernici un foedus, che li faceva entrare alla pari nell'alleanza romano-latina e che fu suggerito dal comune pericolo dei Latini e degli Ernici di fronte ai Volsci. Dagli Ernici Cassio si sarebbe fatto cedere due terzi del loro territorio, che, con la prima legge agraria della quale si faccia menzione, egli propose di distribuire alla plebe romana e ai Latini (Livio, II, 41; diversamente Dionigi, VIII, 9). Per questa proposta, dopo molte agitazioni e peripezie (Livio e Dionigi dànno particolari spesso diversi), Cassio, terminato l'anno di carica, fu accusato d'aver aspirato alla tirannide e giustiziato nel 485; chi diceva per sentenza del popolo e per delitto di perdueli0ne, chi dal padre dopo un giudizio domestico (Liv., II, 41, 10). Non si può dubitare che Cassio abbia aspirato alla tirannide e sia stato per questo soppresso; e non si può senz'altro escludere che egli abbia inscenato un'agitazione agraria per impadronirsi del potere; i particolari del racconto negli annali sono invece presi dalle agitazioni del tempo dei Gracchi e di Druso. Col peculium del figlio, il padre avrebbe consacrato a Cerere una statua di bronzo; altri dicevano invece che era stata demolita la sua casa e l'area lasciata vuota sino alla costruzione del tempio di Tellure, ciò che non si conciliava con la notizia della condanna per opera del padre. L'annalista Pisone in Plinio (XXXIV, 30) parlava invece di una statua quam apud aedem Telluris statuisset sibi Sp. Cassius, qui regnum affectaverat. Il collegamento di Sp. Cassio con l'oscuro racconto dei nove tribuni della plebe bruciati vivi (Val. Mass., VI, 3, 2; Dione Cassio, fr. 21, 1) o dei nove tribuni militari caduti in guerra contro i Volsci (Festo, p. 180 L.) è forse un tentativo di spiegare perché si dicesse tomba dei nove tribuni un vetusto monumento presso il Circo Massimo.
Fonti Principali: I fasti consolari; Diodoro, XI, 37, 7; Cicerone, De Rep., II, 60; Livio, nel libro II; Dionigi d'Alic., libro VIII.
Bibl.: A. Schwegler, Römische Geschichte, II, Tubinga 1870, pp. 305 seg., 455 seg.; Th. Mommsen, Römische Forschungen, II, Berlino 1879, p. 153 seg.; E. Meyer, Geschichte des Altertums, V, 3ª ed., Stoccarda 1921, pp. 136, 143; id., Kleine Schriften, Halle 1924, II, p. 299; G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, pp. 9 seg., 96 seg., 103 seg.; id., Sul foedus Cassianum, in Atti I Congr. di Studi Romani, Roma 1929; E. Pais, Storia di Roma, 3ª ed., III, Roma 1927, pp. 23, 28, 143 seg., 510; G. Beloch, Römische Geschichte, Berlino 1926, pp. 12, 193, 323; H. Last, in Cambridge Ancient History, VII (1928), pp. 471, 487 seg.; F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., III, col. 1749 segg.; M. Gelzer, ibid., XII, col. 954.