Spoleto
Città dell'Umbria, già colonia e municipio romano, S. fu sede di un governo provinciale sotto il dominio bizantino; quindi, con la conquista longobarda (571 c.), divenne sede di un vasto e potente ducato che godette, almeno agl'inizi, di piena autonomia nei confronti del potere regio.
La serie dei duchi inizia con Faroaldo (571 c. - 591 c.), quindi c'è Ariulfo (591 c. - 601) e sotto di lui il ducato raggiunge la sua massima estensione, per quanto i suoi confini siano poco documentabili e soggetti a varie modifiche, tranne quelli con altri territori longobardi. Col re Grimoaldo ci fu un tentativo di attirare il ducato sotto la potenza regia, ma ben presto questo riacquistò la sua autonomia. Tale tentativo fu ripetuto da Liutprando che nel 729 conquistò S. e in seguito s'impossessò di tutto il ducato. Ci fu quindi un periodo di soggezione regia e ripetuti tentativi da parte dei duchi di riaffermare la piena autonomia, finché con l'avvento dei Franchi la dipendenza dal re si accentuò al punto che il duca, oramai franco, assunse il carattere di funzionario regio. Nel sec. X il ducato seguì la sorte del regno d'Italia e nel successivo spesso venne conferito dagl'imperatori ai propri vassalli tedeschi.
Nel luglio 1155 la città di S., ancor florida e potente sebbene il ducato si avviasse alla decadenza, fu assalita da Federico Barbarossa che la diede alla fiamme distruggendola quasi completamente " et quia rebellis erat et comitem Guidonem Guerram et ceteros nuncios nostros in captivitate tenebat ", come afferma lo stesso Federico in una sua lettera allo zio Ottone di Frisinga lo storico (Muratori, Rer. Ital. Script. VI 636), o anche perché nel pagare i tributi all'imperatore avessero gli Spoletani consegnata moneta falsa (forse battuta in loco) e usata una vergognosa frode, come aggiunge Ottone di Frisinga (De Gestis Friderici I imperatoris, in Mon. Germ. Hist., Scriptores XX 407 ss.). In seguito l'imperatore investì del ducato suoi fidi. Corrado di Urslingen (1185) fu l'ultimo duca di S.; infatti oramai la Chiesa rivendicava i propri diritti sul territorio, basandosi sulla donazione di Carlo Magno al papa. Nel 1198 Innocenzo III, nella sua ristrutturazione dello stato della Chiesa, affermò il proprio dominio su S. come su altre città dell'Umbria. Ci furono in verità altri tentativi imperiali di riaffermarvi i propri diritti, ma già sotto Gregorio IX il ducato di S. non fu che una delle tante suddivisioni territoriali dello stato della Chiesa sotto rettori pontifici.
D. ricorda la distruzione di S. a opera del Barbarossa in Ep VI 20; egli infatti rimproverando la riluttanza dei Fiorentini e la loro ostilità a Enrico VII li avverte: recensete fulmina Federici prioris, et Mediolanum consulite pariter et Spoletum. Da tale passo emergono due elementi: l'approvazione da parte di D. dell'operato del Barbarossa, come logica conseguenza della dottrina dell'Impero universale e la testimonianza che dopo oltre cento anni tali ricordi continuavano a gravare come un incubo ammonitore.
La biblioteca Comunale di S. non possiede codici danteschi; apparteneva all'erudito Fausto Foggioli, morto a S. nel 1921, un frammento di un codice dantesco del secolo XV, donato però alla sua morte alla città di Ravenna, dove il medesimo frammento era stato rinvenuto.
Bibl. - G.C. Fatteschi, Memorie istorico-diplomatiche riguardanti la serie dei duchi e la topografia de' tempi di mezzo del ducato di S., Camerino 1801; A. Sansi, Storia del comune di S. dal sec. XII al XVII, seguita da alcune memorie dei tempi posteriori, Foligno 1879- 1884; G. Pardi, L'Umbria e il Barbarossa, in " Bull. Deputazione St. Patria Umbria " XXIII (1918) 207-237; L. Fausti, Di alcuni frammenti della Commedia di D. tratti da un codice manoscritto inedito del XV secolo, in " Atti Accad. Spoletina " 445 (1922) 23-25; F. Landogna, Federico Barbarossa e i diritti imperiali, in " Giorn. d. " XXVII (1924) 352-358; E. Gasparrini Laporace, Cronologia dei duchi di S. (569-1230), in " Bull. Deputazione St. Patria Umbria " XXXV (1938) 5-68; A. Del Monte, La poesia popolare nel tempo e nella coscienza di D., Bari 1949, 89-112; M. Apollonio, D. e l'Umbria, in L'Umbria nella storia, nella letteratura, nell'arte, Bologna 1954; R. Morghen, L'excidium di S. del 27 luglio 1155, in " Spoletium " II (1955) 3-15; R. Manselli, L'Umbria nell'età di D., in " Bull. Deputazione St. Patria Umbria " LXII (1965) 156-176.
Il Ducatus è citato da D. in VE I X 7, tra Roma e Tuscia, nell'elenco delle regioni della parte destra del Latium, geograficamente e linguisticamente bipartito dalla dorsale appenninica, e di conseguenza gli ‛ Spoletani ' sono inseriti fra ‛ Romani ' e ‛ Tusci ' nella successiva esemplificazione (§ 8) del variare dei volgari sul territorio italiano: cfr. il Tresor di B. Latini (I CXXIII 7), dov'è pure nominata, nella partizione dell'Italia, " la duchees d'Ispolite ou est la cités de Assise et Reate et .VIII. autres eveschiés ". D. non caratterizza in seguito esplicitamente il dialetto di S., ma lo colloca senz'altro tra quelli che vanno preliminarmente eliminati per la loro bruttezza, di seguito alle parlate dei confinanti Romani e Marchigiani (cum quibus et Spoletanos abicimus, VE I XI 3), avvertendo che i dialetti di queste tre ‛ gentes ' erano frequente oggetto di parodie poetiche (v. MARCA ANCONITANA). Il giudizio negativo, con le relative coordinate geografiche di massima, è ribadito successivamente dove si afferma non è il caso di soffermarsi a considerare che le parlate delle città di Perugia, Orvieto, Viterbo e Civita Castellana propter affinitatem quam habent cum Romanis et Spoletanis (XIII 2).