spirito (ispirito; spirto; spiro)
Dal latino spiritus, " soffio ", " vento ", " esalazione ", che a sua volta è calco dal greco πνεῦμα assumendone tutta la ricca gamma di significati, derivanti dall'uso in contesti e tradizioni diverse. I valori del termine possono raccogliersi attorno a due nuclei principali: l'uno medico-fisiologico, che considera lo s. come elemento materiale, con caratteristiche di levità, invisibilità e mobilità, atto a spiegare gran parte della fisiologia animale e quindi umana; l'altro, più squisitamente filosofico, per il quale il termine viene utilizzato sia a livello antropologico, sia a livello generalmente cosmologico per identificare sostanze attive, immateriali (siano esse l'anima o le intelligenze celesti); in questa prospettiva il termine acquista ulteriore caratterizzazione in senso religioso e teologico, a indicare la terza persona della Trinità, lo Spirito Santo.
Ambedue questi campi semantici, in tutte le loro sfumature, sono in genere compresenti negli autori medievali, pur operando con differente ampiezza a seconda dell'ambito del discorso: il primo nucleo di significati prevale in sede di filosofia naturale, il secondo in trattazioni teologiche. D. usa il termine in ambedue le principali accezioni, ma nella Commedia il significato teologico-religioso è prevalente, mentre nelle altre opere predomina l'uso in chiave medico-fisiologica.
La varietà di significati del termine e quindi la sua possibile equivocità è in genere presente agli autori, che ne tentano una distinzione; così nello pseudo-agostiniano Liber de spiritu et anima (ma attribuito ad Alchero di Clairvaux) si legge: " Spiritus dicitur multis modis. Dicitur namque Spiritus Deus, et aer iste, et flatus aeris qui a corde receptus et inde per totum corpus emissus mortalium vitam flatu necessario continet. Iste tamen spiritus iure anima dici non potest, quia aeris varietate dissolvitur. Dicitur spiritus anima, sive hominis, sive pecoris. Dicitur spiritus mens rationalis, ubi est quaedam scintilla tamquam oculus animae, ad quem pertinet imago et cognitio Dei. Oculus animae est mens ab omni corporis labe pura, mentis aspectus est ratio, intellectus visio. Tria haec omni animae necessaria sunt: ut sanos oculos habeat ut aspiciat, ut videat... Spiritus etiam est quaedam vis animae, mente inferior, ubi corporalium rerum similitudines exprimuntur. Nec ipse spiritus corpus est, sed corpori similis. Quae enim spiritu videntur non sunt corporalia, sed corporalibus similia. Rationale nostrum, quo ratiocinamur, intelligimus, et sapimus, spiritum dicimus. Hunc autem spiritum Apostolus mentem vocat, cum dicit, ‛ Renovamini spiritu mentis vestrae ' [Ephes. 4, 23] " (Patrol. Lat. XL 785-786). Tommaso d'Aquino, nel verificare se il nome s. sia giustamente usato per indicare la terza persona della Trinità, trova un denominatore comune dei diversi significati nell'esser sottile: " Respondeo dicendum, quod spiritus est nomen positum ad significandum subtilitatem alicuius naturae; unde dicitur tam de corporalibus quam de incorporeis: aer enim dicitur propter subtilitatem; et exinde attractio aeris et expulsio dicitur inspiratio et respiratio; et exinde ventus etiam dicitur spiritus; et exinde etiam subtilissimi vapores, per quos diffunduntur virtutes animae in partes corporis, dicuntur spiritus; et similiter incorporea propter suam subtilitatem dicuntur spiritus; sicut dicimus Spiritum Deum, et Angelum, et animam. Et inde est etiam quod dicimus duos homines amantes se, et concordes, esse unius spiritus vel conspiratos; sicut etiam dicimus eos esse unum cor et unam animam; sicut dicitur Eth. IX [c. 10]: Proprium amicorum est, unam animam in duobus corporibus esse. Subtilitas autem dicitur per remotionem a materialitate; unde ea quae habent multum de materia vocamus grossa, sicut terram; et ea quae minus, subtilia, sicut aerem et ignem. Unde cum removeri a materia magis sit in incorporeis, et maxime in Deo, spiritualitas secundum rationem significationis suae per prius invenitur in Deo, et magis in incorporeis quam in corporalibus; quamvis forte secundum impositionem nominis spiritualitas magis se teneat ad corporalia, eo quod nobis qui nomina imposuimus, eorum subtilitas magis est manifesta " (In I Sent. X 4).
L'accezione medico-fisiologica ha le sue origini nella scuola medica italica e in quella ippocratica, ma la dottrina più consolidata, che tramite la medicina araba (fra gli altri Alì el Abbâs Pantegni, Avicenna Canon totius medicinae, Costa Ben Lucae De Differentia animae et spiritus) è presente nel tardo Medioevo, è di origine galenica (Galeno Meth. med. IX 10; De Plac. Hipp. et Plat. VI-VII). Secondo tale sistemazione gli s., composti di materia sottilissima e mobilissima, propagandosi in un organismo, sono gli artefici di ogni sua funzione attiva. Essi sono di tre tipi: lo s. naturale (πνεῦμα φυσικόν) ha origine e sede nel fegato, e si spande in tutto il corpo tramite le vene, provvedendo alla nutrizione; esso è nel contempo la base per la formazione dello s. vitale; quest'ultimo (πνεῦμα ζωτικόν) si forma nel cuore, si propaga tramite le arterie, di cui provoca la pulsazione, provvede alla vita dell'organismo ed è parte del processo della respirazione. Dall'ulteriore purificazione, rarefazione e raffreddamento dello s. vitale deriva lo s. animale (πνεῦμα ψυχικόν) con sede nel cervello. Gli s. animali raggiungono tramite i nervi gli organi di senso e assicurano la trasmissione delle sensazioni al cervello, dove spostandosi da un ventricolo all'altro mettono in funzione di volta in volta l'immaginazione, la cogitativa, la memoria (cfr. E. Bertola, Le fonti medico-filosofiche della dottrina dello s., in " Sophia " XXVI [1958] 45-61).
È in quest'ambito di dottrine che D. usa s. nel descrivere gli effetti dell'amore. All'inizio della Vita Nuova, narrando la prima apparizione di Beatrice, D. esamina analiticamente e diffusamente gli effetti di tale visione sui diversi s.: In quello punto dico veracemente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente; e tremando disse queste parole: " Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi ". In quello punto lo spirito animale, lo quale dimora ne l'alta camera ne la quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro percezioni, si cominciò a maravigliare molto, e parlando spezialmente a li spiriti del viso, sì disse queste parole: " Apparuit iam beatitudo vestra ". In quello punto lo spirito naturale, lo quale dimora in quella parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole: " Heu miser, quia frequenter impeditus ero deinceps! ". D'allora innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima (Vn II 4-7). Qui vediamo indicati i tre tipi di s. (spirito de la vita, II 4 [e Rime dubbie XI 13; cfr. lo spirito maggior di Rime LXVII 67]; spirito animale, II 5; spirito naturale, II 6, IV 1), le loro sedi, le loro funzioni; in questo contesto si precisa la denominazione degli s. che collegano lo s. animale agli organi di senso come spiriti sensitivi (II 5, XI 2). Ma in D. si ha denominazione più precisa per quegli s. sensitivi che si collegano agli occhi: spiriti del viso (Vn II 5, XI 2, XIV 5); spiriti de li occhi miei (Cv II II 2, III IX 15); spirito visivo (IX 5); spirto visivo (Pd XXVI 71); spiriti visivi (Vn XIV 14, Cv III IX 9, Pd XXX 47); lo spirito naturale, infatti, che ha sede nella parte anteriore del cervello, prende denominazione dall'organo in cui opera: cfr. Alberto Magno Liber de sensu et sensato I 10, in Opera, IX, ediz. Borgnet, Parigi 1890, 25 b: " spiritus visivus a nervo optico ad oculos decurrens, ab anteriori parte cerebri quasi a canali descendit "; sempre in relazione alla vista si ha spirito, in Rime LI 12, Cv III IX 14. La preminenza data agli s. visivi è fondata sull'indicazione aristotelica del vedere come momento necessario del nascere dell'amore (Arist. Eth. Nic. IX 5, 1166b 31- 1167 a 6).
Altra denominazione specifica degli s. sensitivi è spirito sensibile che riceve lo suono (Cv II XIII 24); nello stesso ambito degli s. sensitivi si colloca l'occorrenza di Pg XXX 98, e ha origine la determinazione del canto come vocale spirto (XXI 88); l'occorrenza di Fiore V 7 ha maggiore connessione con la respirazione.
Per lo più però D., nel trattare gli effetti d'amore, indica gli s., considerandoli nel loro insieme (spiriti umani, Cv II XIII 24; miei spiriti, Vn XIV 5, 12 9 e 14, XXVII 4 10; ‛ spiriti miei ', Vn XIV 8, XXIII 22, Rime XC 65; li spiriti, Vn XXVII 4 6; lo spirto, Rime CXVI 60; ogni mio spirto, LXX 13). In ciò D. segue la dottrina corrente (cfr. ad es. Alb. Magno De Somno et vigilia I I 7), che, sulla scorta di Avicenna (Canon totius medicinae I, fen. I, dottr. 6, c.1), modifica l'impostazione galenica, accordandola con il pensiero di Aristotele (Part. an. III 3, 665 a 12, 17 e 4, 666 b 14; Sommo et vig. 2, 456 a 5; Morte et vita 3, 469 a 6-12, e 4, 469 b 5) per il quale il cuore è il centro di ogni attività; per questa via gli s. animali e gli s. naturali, pur restando distinti, vengono subordinati agli s. vitali, quanto alla loro origine e composizione, sicché D. può dire: li spiriti umani, che quasi sono principalmente vapori del cuore (Cv II XIII 24; cfr. Riccardo Fishacre In Il Sent. d. 24, cit. da M.-D. Chenu, in ‛ Spiritus ', le vocabulaire de l'âme au XIIe siècle, in " Revue des sciences philosophiques et théologiques " XLI [1957] 225: " Existimo quod anima sensibilis movet spiritus, qui sunt substantiae quaedam luminosae, ut excurrant a corde, quod est fons spiritum, usque ad organorum extrema... Et forte hii spiritus sunt qui ab Augustino in VI Musicae, dicuntur nervi cursores "; in questo passo di D. gli s. sono mossi appunto dalla Musica). Ciò spiega del resto perché l'amore, interessando immediatamente il cuore, possa assorbire tutta l'attività umana e impedire, come si è visto, ogni altra operazione naturale.
La centralità della funzione del cuore nell'organismo umano, e più in particolare la sua indicazione come sede specifica degli s. vitali (Vn XVI 8, Rime LXVII 41, Rime dubbie XV 4, XVII 9), permette di collegare strettamente alla tematica fisiologica la tematica amorosa, che vede l'amore trasformarsi da soave e nobile s. risvegliato nel cuore dal desiderio (‛ spirito d'amore ', Vn XI 2, XX 5 13; spirito amoroso, XXIV 7 2; spirito soave pien d'amore, XVI 7 13; spirito gentile, Rime dubbie XIV 4; spirito ch'ama, XXVIII 12; spirto, Pd X 144; spirito affranto d'antico amor, Pg XXX 34; in senso analogo di sentimento è usato spirto di pietade, If XIII 36) in s. che signoreggia l'anima (Vn II 7) e ne discaccia tutti gli altri s., che è ripresa di un tema diffuso tra i rimatori del dolce Stil nuovo, e in particolare nel Cavalcanti (nel quale è diffusissimo l'uso del termine). Per quanto riguarda la connessione fra dottrine mediche e amore basti qui ricordare il commento del medico Dino del Garbo a Donna me prega del Cavalcanti (G. Favati, La glossa latina di Dino del Garbo a " Donna me prega " del Cavalcanti, in " Ann. Sc. Norm. di Pisa " XXI [1952], in particolare pp. 96-102) e questo significativo passo di Avicenna: " Haec aegritudo [il mal d'amore] est solicitudo melancholica similis melancholiae, in qua homo sibi iam induxit incitationem cogitationis suae, super pulchritudine quarundam formarum, et [figurarum] quae insunt ei... Et signa quidem eius sunt profunditas oculorum, et siccitas ipsorum, et privatio lachrymarum, nisi quum fletus adest, et motus continuus palpebrarum risibilis, quasi aspiciat aliquid pulchrum delectabile, aut audiat rumorem iucunditatem aut laetificetur. Et est spiritus eius plurimae interfectionis, et reversionis, et sic multae elevationis, alteratur dispositio ipsius ad risum, et laetitiam et ad tristitiam et fletum, quum amoris cantilenas audit, et praecipue quum fit rememoratio repudii et elongationis, et sunt omnia membra eius arefacta, praeter oculos, quoniam ipsi sunt cum sua profunditate graves, magni, et palpebrae sunt grossae propter vigilias ipsius, et ploratus eius, qui fit cum singultu evaporans ex capite eius, et in eius figuris non est ordo. Et pulsus ipsius est pulsus diversus absque ordine omnino: sicut est pulsus habentium taedium, et eius quidem pulsus, et dispositio ipsius alterantur, quum fit rememoratio eius, quod diligitur et proprie quum obviat ei subito. Et possibile est ex hoc significare, quis sit ille qui diligitur, quum non confitetur ipsum " (Canon III, fen I, tr. 4, c. 23; v. B. Nardi, L'amore e i medici medievali, in Saggi e note di critica dantesca, Milano-Napoli 1966, 253).
Alla tematica amorosa si connette un altro uso del termine s. nel senso di " ciò che spira " e perciò opera, invisibilmente, un'azione a distanza; ciò consente d'intendere lo s. come esplicazione di virtù attiva capace di trarre dalla potenza dell'atto il potenziale amore posto nel cuore dell'amante (spirito, Rime LXIX 6; spirti d'amore, Vn XIX 12 52; spirito gentile, Cv III Amor che ne la mente 64, ripreso in VIII 16; gentile spirito, III VIII 16; spirito cocente, Rime LVIII 8; lo stesso valore ha spiramento d'Amore di Vn XXXVIII 3; in senso analogo, anche se più generico, spirito benegno, XXXI 11 34). Allo stesso modo s. è l'influenza che i cieli, nel caso specifico il terzo cielo, o meglio, come D. sottolinea, la stella Venere, immettono nel cuore umano come pensiero d'amore, che proprio per questa sua provenienza D. chiama spirito celestiale (Cv III VII 12; v. anche spirito, II Voi che 'ntendendo 12, VI 6; spirito, II VI 7 [in integrazione], 8 e 9, due volte; spirito da ciel, III Amor che ne la mente 42). Quest'ultimo tema si riconnette, peraltro, alla boeziana " mentibus hominum veri boni naturaliter inserta cupiditas " (Cons. phil. III II 4; cfr. anche III) come amore naturale dell'anima verso il bene della tradizione neoplatonica, tanto che D. chiamerà il suo pensiero d'amore spirito peregrino (Vn XLI 5; peregrino spirito, in XLI 11 8), usando un'immagine da lui utilizzata in un contesto che ha ascendenze neoplatoniche (Cv IV XII 14-19; del tutto particolare è l'uso di spirto in Pd XX 15, dove il termine indica insieme il flatus, il soffio che fa suonare i flauti, e lo spirito d'amore verso la divinità, mentre in If VIII 106 spirito lasso indica le potenze dell'anima fiaccate dallo sconforto).
Da segnalare, infine, l'uso del diminutivo ‛ spiritello ', che occorre cinque volte sempre nell'ambito della fisiologia dell'amore, per indicare la sottigliezza e la nobiltà degli ‛ spiriti '. Nella Vita Nuova (XIV 6 questi spiritelli) è usato a indicare gli s. sensitivi della vista che lamentano le loro vicissitudini nel mal d'amore. Ancora nella Vita Nuova (XXXVIII 10 10 uno spiritel novo d'amore) e nel Convivio (II Voi che 'ntendendo 42 uno spiritel d'amor gentile; X 4 spiritello d'amore, e XV 10 uno spiritel d'amore) rappresenta il pensiero amoroso che nasce dallo studio della Donna gentile e cioè dall'applicazione dell'intelletto al nobile oggetto; esso infatti muove de li occhi di quella pietosa (Vn XXXVIII 10 13). L'uso del termine si riscontra in particolare nelle rime del Cavalcanti.
Un altro ambito di significati del termine trae origine dalle versioni latine della Bibbia. Fra coloro che maggiormente utilizzano le accezioni bibliche è Agostino, il quale, pur avendo presenti gli altri usi del termine, tende a considerare quest'ultimo come sinonimo di ‛ anima ', ‛ angeli ' e Dio; egli dice infatti: " Est enim spiritus et Deus... Dicitur etiam spiritus in homine, qui mens non sit, ad quem pertinent imagines similes corporum... Dicitur et hominis anima spiritus... Dicitur etiam pecoris... Dicitur spiritus etiam ventus " (Agost. Trin. XIV 16); e ancora: " Spirituale autem pluribus modis dicitur: nam et corpus quod futurum est in resurrectione sanctorum spirituale appellat Apostolus... Item spiritus dicitur vel aer iste vel flatus eius, id est motus eius... Dicitur etiam spiritus anima sive pecoris sive hominis... Dicitur spiritus et ipsa mens rationalis, ubi est quidam tanquam oculus animae... Dicitur spiritus etiam Deus sicut ait Dominus in evangelio: spiritus est Deus " (Gen. ad litt. XII 7). Tale elencazione di significati si tramanda in testi di tradizione agostiniana, come il già ricordato De Spiritu et anima (c. X, Patrol. Lat. XL 785) e lo pseudo agostiniano De Cognitione verae vitae, attribuito a Onorio d'Autun (" Sex modis in Scripturis spiritus substantialiter dici, non nescio a vobis sciri. Primo summus omnium Deus spiritus appellatur... Secundo angeli spiritus dicuntur... Tertio animae spiritus nuncupantur... Quarto vita brutorum animalium spiritus vocantur... Quinto venti dicuntur spiritus... Sexto aer spiritus scribitur ", c. IV, Patrol. Lat. XL 1009); ma esso ha diffusione amplissima: cfr. il brano su riportato di Tommaso d'Aquino (In I Sent. X 4) e Alberto Magno: " Relinquitur autem ex dictis, quod nomen ‛ Spiritus ' aequivoce dicitur de anima et spiritu corporeo: anima enim apud Platonicos dicitur spiritus, eo quod ista spirat effective ad vitam, unde suum spirare est movere et agere spiritum et informare ad vitae operationem " (De Spiritu et respiratione II II 4; in Calcidio Comm. Tim. 220, ediz. Waszink, Londra-Leida 1962, 232 ss., e in Macrobio Comm. Somn. Scip. I XIV 19, l'identificazione s.-anima è attribuita agli Stoici). In questo senso di ‛ anima ', anche se ancora ambiguamente vista in parallelo all'anima degli animali e quindi ancora con sfumature dell'uso fisiologico, D. si trova a usare s. traducendo il biblico " Quis novit si spiritus filiorum Adam ascendat sursum et si spiritus iumentorum descendat deorsum ", Eccl. 3, 21 (Chi sa se li spiriti de li figliuoli d'Adamo vadano suso, e quelli de le bestie vadano giuso?, Cv IV XV 7) e in senso analogo usa spirito di pecora (Cv II VII 4; per " spiritus anima pecoris ", cfr. Agost. Trin., loc. cit., Gen. ad litt., loc. cit., e il Liber de spiritu et anima, loc. cit.; analogo l'uso di spirito, Cv II IX 7 e Rime C 35, e di spirto in Rime XL 11). Sono sempre citazioni bibliche: Quo ibo a spiritu tuo? et quo a facie tua fugiam? (Ep XIII 62, da Ps. 138, 7-9), e Spiritus Domini replevit orbem terrarum (Ep XIII 62, da Sap. 1, 7) dove s. è interpretato nel senso del divinum lumen, della sua divina bontà, sapienza e virtù; analogo è il Beati pauperes spiritu (Matt. 5, 3) di Pg XII 110; in traduzione da Paolo (Rom. 2, 28) è l'occorrenza di Cv IV XXVIII 10; l'uso di Rime LXVI 2 riprende invece Luc. 23, 46.
L'uso dantesco di s. come sinonimo di anima umana (spiriti umani, If IV 63; umano spirito, Pg I 5), raro nelle altre opere (spiriti beati, Cv II III 10), è assai diffuso nella Commedia dove, in concorrenza con ‛ anima ' (v.), indica l'essenza incorporea e individuale degli abitanti dell'oltretomba.
In Pg XXV 79-108, D. offre una teoria del ‛ corpo aereo ' che, nel caso delle anime abitatrici dell'Inferno e del Purgatorio, si conforma come forma novella - cioè aerea, priva di corporeità - al proprio spirto (v. 99), allo stesso modo in cui nella vita terrena il corpo materiale si era conformato all'anima e alle sue potenze. Il rapporto s.-ombra (vv. 101, 107) è dunque analogo a quello anima-corpo, dove i primi termini indicano i principi formali e informanti del composto e i secondi la materia (spirituale o corporea) che sopporta le affezioni. In tal senso, e nonostante le deroghe, l'ombra dovrebb'essere oggetto di percezione visiva e auditiva, ma non tattile (v. OMBRA: Saldezza delle ombre). Nel caso delle anime del Paradiso, lo s. si rende visibile attraverso lo splendore che in lui deriva, in proporzione al suo amore e ai suoi meriti, dall'irraggiamento di Dio.
Nella Commedia s. è soggetto di predicazione e aggettivazione diverse, a seconda della condizione che ogni s. sortisce nei tre mondi ultraterreni. Nell'Inferno l'aggettivazione di s., in alcuni casi, è in riferimento a quei connotati terreni del dannato che valgano a giustificare il grado della pena, e ciò o mediante l'abbinamento di un toponimo e di una qualificazione etica negativa (peggiore spirto di Romagna, If XXXIII 154 [ma spirto di Romagna è anche in Pg XV 44]; fiorentino spirito bizzarro, If VIII 62) o mediante l'evocazione di una valutazione etica la cui efficacia perdura anche fuori del tempo (spiriti magni, IV 119) o mediante la cruda giustapposizione di dimensione temporale e condizione eterna (antichi spiriti dolenti, I 116; in Pg XXI 122 antico spirto è Stazio). In altri casi, gli s. vengono fissati nella loro situazione attuale e specifica (spiriti spessi, If IV 66; spirito incarcerato, XIII 87) o in quella, più generale, che sanziona la loro dannazione (spiriti mali, V 42; spirito maladetto, la cui ridondanza negativa è accertata da piangere, lutto e lordo [VIII 38]; spirti maladetti, XI 19). In XXV 14 (spirto in Dio tanto superbo) la protervia terrena viene proposta, una volta mutata in pena, come vana vendetta. Altrove il termine, anche senza aggettivazione, è posto in contesti ampiamente compensativi (La bufera infernal... / mena li spirti con la sua rapina, V 32; l'uno spirto... disse, / l'altro piangëa, v. 139; graffia li spirti ed iscoia ed isquatra, VI 18; lo spirto tutti storse i piedi; / poi, sospirando... mi disse, XIX 64; Dentro dai fuochi son li spirti, XXVI 47; credo ch'un spirto del mio sangue pianga, XXIX 20; languir li spirti per diverse biche, v. 66).
Nel Purgatorio l'aggettivazione varia in funzione della nuova situazione degli s., con riferimento all'itinerario, al movimento di ‛ ascesa ' o ‛ ritorno ' a Dio, alle tensioni e sollecitazioni dell'amore e ai temi del pentimento e dell'espiazione. In Pg II 120 D., Virgilio e le anime penitenti vengono qualificate di spiriti lenti perché non sollecite a ‛ correre al monte ' della salvezza (qual negligenza, quale stare è questo?, v. 121); viceversa, in XXII 9, si parla degli spiriti veloci che andavano in sù. In XXI 71 i pii / spiriti penitenti sciolgono lodi al Signore perché tosto sù li 'nvii (anche in Pd V 121 le anime beate saranno dette spirti pii). La conformità all'amore naturale verso il bene, che li condurrà alla salvezza, consente a D. di definire le anime del Purgatorio spiriti ben nati (V 60; di contro le anime infernali sono ‛ mal nate ': cfr. If V 7, XVIII 76, XXX 48) e di conseguenza già spiriti eletti, cioè scelti da Dio e ben finiti, cioè la cui vita è conclusa in bontà e perfezione (Pg III 73; spirito eletto, in XIII 143). Significative sono anche le risonanze contestuali. Così in Pg I 5 l'umano spirito, con valore di singolare collettivo, si purga rendendosi degno di salire al ciel; al v. 65 si parla degli spirti che purgan sé. In XI 127 è fatto il caso dello spirito che si penta in punto di morte e che, attendendo nell'Antipurgatorio, qua sù non ascende; in XIII 103 è detto dello spirto che espia per salir; in XIX 91 il pianger è condizione perché lo spirto possa a Dio tornar; in XXV 124 gli spirti dei lussuriosi espiano andando attraverso le fiamme. In XIII 26, infine, gli spiriti che recitano le beatitudini ‛ volano ' nell'aria, mentre in XXX 127 la morte di Beatrice è sentita come un ‛ salire ' di carne a spirto.
Nel Paradiso l'aggettivazione sale ancora di tono, con l'accentuazione ieratica e statica dei temi della luce-ardore, del canto, della bontà e della santità. Così in Pd III 37 Piccarda è ben creato spirito, cioè segnato al bene e alla salvezza dalla sua creazione, che sente la dolcezza dei raggi della vita etterna; in XXIV 124 Pietro è apostrofato da D. come santo padre, e spirito; in VI 113 si tratta dei buoni spirti che furono attivi. Ritornante è beato spirto (IX 20 e 74, e spiriti... beati, in XVIII 31); s. illuminati dalla sapienza e dalla luce di Dio sono l'ardente spiro di X 130 (Isidoro di Siviglia) e gli illustri spiriti di XXII 20. In XXXII 44 gli spiriti dei bambini della candida rosa sono asciolti dalla carne e dalla colpa.
In rapporto al valore originale di spiritus come " soffio vitale ", " esalazione ", in XXV 132 suon del trino spiro è l' ‛ esalare ' o ‛ spirare ' del canto dei tre Apostoli, in XXIV 32 lo spiro / che favellò è il " flatus vocis " che il foco benedetto di Pietro rivolse a Beatrice e così pure, in XXVI 3, lo spiro che uscì dalla fulgida fiamma. Per i valori contestuali ancora da ricordare la connessione tra spirti e ‛ cantare ' e melodia in XIV 32, e la locuzione lume d'uno spirto di X 134.
Per gli altri luoghi ove il termine compare con valore assoluto, segnaliamo: terzo spirito (Pg V 132), spiriti (If IV 32; XXV 35 tre spiriti), spirto (If IX 27, X 116, XII 96, Pg IV 14, XIV 76, XX 30, XXI 86, XXVI 116, Pd XV 38), spirti (Pg XVI 22, XVIII 113, Pd IV 32; cento spirti, Pg II 45; due spirti, XIV 7); e v. anche VE I III 1, Ep II 1, VII 10, VIII 2.
Per lo spirito novo, di vertù repleto, " spirato " da Dio nell'organismo umano (Pg XXV 72), v. INTELLETTO POSSIBILE.
Infine raro è l'uso di s. a indicare gli angeli: spiriti contemplativi, Cv II V 11; spirito, Pg XVII 55 e Pd XII 68 (in quest'ultimo caso è interpretato anche come " ispirazione "); VE I II 4. Le locuzioni etterno spiro (Pd IV 36), Etterno Spiro (XI 98), ardente Spirto (XXIV 138) stanno a indicare lo Spirito Santo in quanto ‛ spirante ' da Dio. La locuzione di spirito profetico dotato (Pd XII 141) risente di formule diffuse nel Medioevo, con specifico riferimento a Gioacchino da Fiore (v.); sempre in connessione al profetismo e alla ‛ ispirazione ' divina è vero spirto di Pd XIV 57 e lo spiritu Dei revelante di Ep VI 25.