BERIOLI, Spiridione
Nacque a Città di Castello nel 1733 dal conte Filippo e da Artemisia Bontempi. Compiuti gli studi presso il locale Collegio dei nobili, tenuto dagli scolopi, si laureò in utroque iure a Macerata nel 1756, fu ordinato sacerdote nel 1757, e nel 1773 divenne proposto della cattedrale. Oratore pregevole, si distinse con una orazione latina in occasione del sinodo indetto nel 1766 da mons. Lattanzi; ebbe l'onorificenza di cavaliere gerosolirnitano, nel 1781 fu vicario capitolare. Con due scritti, Dissertatio dogmatico-liturgica de sacramento ordinis (1787) e Osservazioni sul libro "Progetto di riforma dell'obbligo del digiuno" (1787), ottenne il favore del papa che lo nominò prelato domestico, assistente al soglio pontificio e arcivescovo di Urbino (8 nov. 1787). La sua attività, in linea perfetta con le direttive della Curia romana, fu subito volta alla lotta contro il giansenismo: nel 1789 istituì l'Accademia ecclesiastica, che doveva impedire ogni movimento contrario all'ortodossia.
Fu in corrispondenza in quegli anni col p. T. M. Mamachi, col p. F. A. Zaccaria e con il concittadino Luigi Cuccagni, direttore del Giornale ecclesiastico di Roma: sotto la loro influenza, da un lato incoraggiava mons. R. Costaguti, vescovo di Sansepolcro, ad accentuare il suo atteggiamento contrario alle riforme ecclesiastiche leopoldino-ricciane, dall'altro tentava di richiamare all'ordine il vescovo di Cagli e Pergola, mons. L. A. Bertozzi, giansenista, le cui idee egli aveva denunciato agli amici romani.
Quest'opera di difesa delle prerogative della S. Sede, che si era esplicata anche con molte omelie e lettere pastorali, culminò nel sinodo diocesano del 1793, i cui atti furono stampati alcuni anni dopo, nel 1796, con l'approvazione papale.
Il suo zelo venne meno con l'avvicinarsi dei Francesi, nel 1797. Ai primi di febbraio, rifugiatosi a Pesaro, mentre si stava organizzando unmoto giacobino, invitò i suoi diocesani alla resa; tornato incittà con le truppe rivoluzionarie, abbandonò di nuovo il suo posto in occasione dell'insorgenza antifrancese della fine di febbraio. Dopo la breve restaurazione pontificia seguita al trattato di Tolentino, con l'avvento della Repubblica romana, si accostò di nuovo, senza intima convinzione, al governo democratico, invitando i fedeli alla sottomissione e predicando la necessità di un accordo fra cristianesimo e democrazia. Queste idee furono prontamente rinnegate al ritorno dell'antico governo; anzi, per farsi perdonare gli errori, il B. pronunciò e stampò un'omelia sul primato di S. Pietro, in cui ribadiva il concetto della universale giurisdizione del papa. Unita Urbino al Regno d'Italia (2 apr. 1808), il B. si uniformò prontamente alle direttive del nuovo governo in materia ecclesiastica, prestando, unico fra i vescovi marchigiani, il giuramento di fedeltà, invitando i parroci a non celebrare il matrimonio religioso se non fosse stato esibito il certificato di stato civile, incitando i fedeli a obbedire alla coscrizione obbligatoria. Particolare scandalo suscitò fra il clero la pastorale dei 5 ag. 1808 che gli meritò una lettera di rimprovero da parte di Pio VII. Ma il B. perseverò nella sua condotta, premiata con la nomina a consigliere della Corona di Ferro (4 nov. 1808), senatore del Regno d'Italia (10 ott. 1809) e "Grande del Regno con pensione (febbraio 1811).
Nel 1811 il capitolo della cattedrale si rifiutò, malgrado l'incitamento del B., di imitare un indirizzo del capitolo di Parigi che rivendicava alle chiese metropolitane il potere di nominare i vescovi.
Dopo la Restaurazione il B. fu costretto a riconoscere gli errori commessi in una lettera al papa (19 maggio 1814), che fu pubblicata e distribuita a tutti i parroci della diocesi, prima che egli potesse andare a Roma per ottenere il perdono. Morì il 17 apr. 1819.
Fonti e Bibl.: Sansepolcro, Arch. d. Curia vescovile, Epist. Costaguti, II, ff. 3-330; VII, ff.110-132; VIII, ff. 40-42; Giornale ecclesiastico di Roma, II (1786-87), p. 158; III (1787-88), pp. 38-39, 93-94, 171-172; IV(1788-89), pp. 107-108, 246; V (1790). pp. 56, 143-144; VI (1791). pp. 163-164; VII(1792), pp. 64, 172; VIII(1793), p. 8; IX (1794). p. 48; X(1795). p. 37; XI(1796), pp. 21-22, 119-120; XII(1797), pp. 7-8; XIII(1798), pp. 32, 92, 85, 95-97; Supplemento al Giornale ecclesiastico di Roma, VIII(1796), pp. 97 ss.; A. Lazzari, De' vescovi d'Urbino con alcuni aneddoti concernenti il dominio temporale de' conti e duchi, Urbino 1806, pp. s, 186-188; G. Muzi, Memorie ecclesiastiche di Città di Castello, III, Città di Castello 1843, pp. 136, 158; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, III ,Venezia 1844, pp. 225-227; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccles., LXXXV, Venezia 1857, pp. 212, 215, 226; 249; 375, 379; P. B. Gams, Series episcoporum…, Ratisbonae 1873, p. 736; G. Garavani, Urbino e il suo territorio nel periodo francese, Urbino 1906-1907, I-II, passim; G. Bourgin, La France et Rome de 1788 à 1797, Paris 1909, pp. 30 s., 62 s., 95, 98, 143, 144, 146, 153, 155; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae, V, Oeniponte 1912, col. 635; B. Ligi, I vescovi e gli arcivescovi di Urbino, Urbino 1953, pp. 207-292; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica…, VI, Patavii 1958, p. 335; Dictionnaire d'Histoire et Géographie Ecclésiastiques, VIII, coll. 497 s.