spirantizzazione
La spirantizzazione (detta anche fricativizzazione) è un processo fonetico per cui un suono (tecnicamente, un fono; ➔ fonetica) è realizzato come fricativo o, in altri termini, spirante (➔ fricative). Le consonanti più spesso soggette a spirantizzazione sono le ➔ occlusive.
Dal punto di vista articolatorio, la spirantizzazione di un’occlusiva si ha quando gli organi articolatori non pervengono a chiusura completa: di conseguenza, l’aria non risulta bloccata, ma fuoriesce attraverso una stretta diaframmatica con un grado variabile di turbolenza, come nel toscano musica > [ˈmuːziha]. La spirantizzazione può coinvolgere anche le ➔ affricate: tale processo è talvolta indicato come deaffricazione. In questo caso si tratta di una semplificazione del suono: il segmento perde la propria fase di occlusione conservando quella di frizione: ad es. nel toscano pace > [ˈpaːʃe].
La spirantizzazione è uno dei processi di ➔ indebolimento più frequenti nelle lingue. Stando a quanto riportato in letteratura, la spirantizzazione sarebbe più frequente tra le occlusive sonore che tra le sorde. Ciò non sorprende, considerato che la sonorità rende i segmenti intrinsecamente più deboli e ne fa quindi bersagli ideali di fenomeni di erosione articolatoria, come per l’appunto la spirantizzazione o l’approssimantizzazione. Quanto detto è ben rappresentato dallo spagnolo, in cui le occlusive sonore, intervocaliche o in contesto nasale, diventano fricative o, più spesso, approssimanti: dedo «dito» > [ˈdeðo], tortuga «tartaruga» > [torˈtuɣa].
Nelle lingue del mondo, la spirantizzazione non intacca sempre l’intera serie delle occlusive; quando ciò accade, i primi suoni coinvolti sono in genere quelli posteriori, ad es. ➔ velari; la riduzione del gesto occlusivo è in questo caso favorita da precipue dinamiche fisiologiche, quali minore spazio articolatorio e minore mobilità degli articolatori attivi nel gesto velare (cfr. Lavoie 2001). Anche le occlusive geminate possono subire spirantizzazione, ma ciò avviene solo come mutamento secondario a una precedente fase di degeminazione.
I processi di spirantizzazione in Italia, sia in diacronia che in sincronia, sono numerosi. In diacronia, nell’evoluzione dal latino, /b/ intervocalica si è spirantizzata realizzandosi prima come fricativa [β], poi come [v]. Questo mutamento, che ha avuto luogo anche in altre lingue romanze, ha creato un fonema nuovo, cioè /v/: habere > it. avere, fr. avoir, port. haver; caballum > it. cavallo, fr. cheval, port. cavalo (cfr. Tekavčić 19802: § 2.1).
In sincronia, il processo di spirantizzazione più appariscente è di certo la ➔ gorgia toscana, tipico fenomeno dell’area centrale della Toscana che determina la pronuncia fricativa delle occlusive scempie sorde e, in modo più variabile, anche di quelle sonore poste tra vocali, dopo legamento o consonante liquida: ricordo > [riˈhordo]. Il centro propulsore della gorgia è Firenze, ma gli effetti fonetici del fenomeno si estendono in una vasta area del territorio toscano (➔ toscani, dialetti), originando un ricco ventaglio di ➔ allofoni.
Le varianti della gorgia non coincidono sempre con un suono fricativo: la trafila di riduzione è più complessa e include anche occlusive leni, segmenti variamente sonorizzati e realizzazioni approssimanti. Per questo motivo, la gorgia è da intendersi, più che come una mera spirantizzazione, come un processo di progressivo indebolimento consonantico. È un mutamento fonetico soggetto a diverse restrizioni, dato che il suo dominio di applicazione è il sintagma intonativo (➔ pronuncia): la gorgia è infatti bloccata in presenza di confine prosodico o di pausa, ma anche in presenza di ➔ raddoppiamento sintattico, un contesto che determina la geminazione postlessicale dell’occlusiva, ad es. tre case > [treˈkːase]. Il processo è inoltre asimmetrico, poiché agisce in primis sulle occlusive velari; storicamente, la spirantizzazione dei fonemi velari /k/ e /g/, attestata fin dall’inizio del XIV secolo, ha preceduto di circa 250 anni quella di /t/ e di /p/ (cfr. Izzo 1972), confermando così la naturale predisposizione delle occlusive velari verso lo scadimento articolatorio.
Nel toscano si ha anche la spirantizzazione delle affricate /ʧ ʤ/ > [ʃ ʒ]: per es., vicino > [viˈʃiːno]; il fenomeno travalica i confini toscani essendo presente (ma solo per /ʧ/) anche nell’Italia centrale. Nel toscano, l’allofono [ʃ] si sovrappone alla resa fonetica del fonema /ʃ/; il tratto differenziante risiede in una diversa durata: il fonema /ʃ/ è infatti intrinsecamente rafforzato (ad es., uscire > [uˈʃːiːre]), mentre la variante allofonica è breve e anche meno intensa (ad es., luce > [ˈluːʃe]).
L’inventario consonantico del toscano acquisisce con questi allofoni maggiore simmetria; il suono [ʒ], assente in italiano, ma in questo territorio variante allofonica di /ʤ/, riporta equilibrio nella serie delle fricative postalveolari. Parimenti, anche per quanto concerne la lunghezza, l’opposizione tra [ʃ], allofono breve di /ʧ/, e /ʃ/, fonema lungo della varietà standard, conferisce al toscano maggior completezza: pece / pesce rispettivamente realizzati [ˈpeːʃe] e [ˈpeʃːe]; incompleta rimane tuttavia la serie delle fricative sonore, non essendoci in toscano il corrispettivo lungo di [ʒ].
Altri processi di spirantizzazione si hanno nell’Italia meridionale (➔ meridionali, dialetti). In diversi dialetti, tra cui il campano, il calabrese e il siciliano (➔ siciliani, calabresi e salentini, dialetti), le occlusive sonore intervocaliche /b d g/ sono pronunciate fricative, cioè [β ð ɣ]: ad es. bocca > [ˈvukːa] o più spesso [ˈβukːa], piede > [ˈpeːðə], la gamba > [aˈɣemːə] (cfr. Rohlfs 1966: § 150). Nei dialetti pugliesi, calabresi e siciliani, /p/ > [β], soprattutto nei prestiti letterari: ad es. coperta > [kuˈβɛrta]; nelle stesse aree /b/ preceduta da /r/ > [v]: ad es., carbone > [karˈvuːne], erba > [ˈɛrva].
L’esito di un processo di spirantizzazione è un suono fricativo il cui luogo di articolazione è di norma omorganico a quello del fonema coinvolto: per la serie delle occlusive gli allofoni più comuni sono rispettivamente /p t k/ > [ɸ θ x] e /b d g/ > [β ð ɣ]; per le affricate si avrà invece /ʦ ʣ/ > [s z] e /ʧ ʤ/ > [ʃ ʒ].
Ogni variante fricativa manifesta specifiche proprietà acustiche dipendenti dalla presenza o assenza di sonorità, dal luogo di costrizione, dalla pressione dell’aria e dall’ampiezza della cavità di risonanza. Consideriamo innanzitutto gli effetti indotti dal tratto di sonorità: le varianti sorde mostrano una durata temporale maggiore rispetto alle sonore e un rumore fricativo più intenso, risultando nel complesso più udibili sul piano percettivo. Il luogo di articolazione del segmento fricativo, al di là del suo statuto fonemico o allofonico, agisce invece sulla distribuzione del rumore spettrografico lungo la scala delle frequenze. Fricative anteriori (ad es., [ɸ β]), mediane (ad es., [θ ð]) o posteriori (ad es., [x ɣ]), hanno precipue caratteristiche acustiche, poiché diversa è la lunghezza della cavità di risonanza che si genera rispetto al punto in cui avviene la costrizione del flusso d’aria.
A proposito, in particolare, della gorgia toscana, si ravvisa una correlazione diretta tra grado di indebolimento dell’occlusiva e sostanza acustica dell’allofono (➔ fonetica). La frequenza spettrale degli esiti spirantizzati tende a decrescere con l’aumentare del grado di posteriorità del suono. La risonanza spettrale di [ɸ] è per questo più alta rispetto a quella di [θ] e, in ordine sequenziale di abbassamento, di [x], [h] e [ɦ]. Anche la durata temporale degli allofoni è condizionata dall’indebolimento del fonema occlusivo, essendo maggiore nelle varianti fricative sorde, intermedia nelle fricative sonore, minima nelle approssimanti. Del tutto speculare è infine il comportamento dell’intensità: le varianti più deboli, come le approssimanti e, in successione, le fricative sonore, sono infatti più intense delle fricative sorde (cfr. Marotta 2001; Sorianello 2003; Villafaña Dalcher 2006).
Izzo, Herbert J. (1972), Tuscan and Etruscan. The problem of linguistic substratum influence in central Italy, Toronto, University of Toronto Press.
Lavoie, Lisa M. (2001), Consonant strength. Phonological patterns and phonetic manifestations, New York, Garland.
Marotta, Giovanna (2001), Non solo spiranti. La “gorgia toscana” nel parlato di Pisa, «L’Italia dialettale» 62, pp. 27-60.
Rohlfs, Gerhard (1966), Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 1° (Fonetica; 1a ed. Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1°, Lautlehre).
Sorianello, Patrizia (2003), Spectral characteristics of voiceless fricative consonants in Florentine Italian, in Proceedings of the XVth international congress of phonetic sciences (ICPhS ’03) (Barcelona, 4-9 August 2003), edited by M.J. Solé, D. Recasens & J. Romero, Barcelona, Universitat Autònoma de Barcelona, 3 voll., vol. 3°, pp. 3081-3084.
Tekavčić, Pavao (19802), Grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1º (Fonematica).
Villafaña Dalcher, Christina (2006), Consonant weakening in Florentine Italian: an acoustic study of gradient and variable sound change (PhD Thesis), Washington (DC), Georgetown University.