SPIRANTIA SIGNA
Termine del linguaggio poetico e critico dei Romani per definire statue che sembrano animate di vita interiore grazie all'abilità dell'artista, come se respirassero.
Virgilio (Aen., vi, 848) dice che altri potranno meglio dei Romani modellare animate statue di bronzo e così chiama anche quelle di progenitori nel tempio mantovano: Pari lapides, spirantia signa (Georg., iii, 34) e il termine ritorna più volte negli scrittori romani (Apul., Met., xi, 17: simulacra spirantia) specialmente per ritratti (Mart., Ep., xi, 9; vii, 84). Plinio il Giovane (Ep., iii, 6, 2) descrive un bronzetto corinzio di un vecchio in cui ossa, muscoli, nervi, vene, rughe risaltano come in unà persona viva (ut spirantis); anche Stazio (Silv., i, 3, 43). Petronio riecheggia questo frasario nel dire una pittura di Apelle animorum pictura (Sat., 83, 3) e fa una parodia dell'espressione nel far descrivere a Trimalcione i vasi argentei cesellati con Cassandra che uccide i figli et pueri mortui iacent sie ut vivere putes (Sat., 52, 1).
Bibl.: G. Becatti, Arte e gusto negli scrittori latini, Firenze 1951.