SPINARIO (o Cavaspina)
Statuetta bronzea del Museo dei Conservatori (Roma), rappresentante un fanciullo seduto su una roccia, intento a levarsi una spina dalla pianta del piede sinistro poggiato sul ginocchio destro. Nota fin dal Medioevo, e poi nel XV sec., così da influenzare la scultura del primo Rinascimento, lo S. presenta una ambiguità di stile che ne ha fatto oscillare la datazione fra il 460-450 a. C. e l'età ellenistica, riconoscendovi sia Podaleiros, figlio di Asklepios, guaritore dei piedi, sia un ex voto atletico, sia una scenetta di genere.
La testa serba infatti ancora i moduli dello stile severo, onde i successivi accostamenti alla scuola di Olimpia (Springer-Michaelis), a Kalamis (Brizio; Six; Langlotz), a Pythagoras, a Mirone (Furtwängler), alla scuola beotica (Helbig), a quella peloponnesiaca (Collignon; Gardner), ecc., mentre il trattamento veristico delle membra, la tridimensionalità della figura, il gusto aneddotico della scena sono propri dell'ellenismo. Tali anacronismi suggerivano ad altri che si trattasse della rielaborazione pasitelica (v. pasiteles) di un'opera del IV o del III sec. a. C. (Kekulè von Stradonitz, Della Seta, Lippold, ecc.). E l'esistenza di alcune varianti, quali la statua marmorea Castellani dall'Esquilino al British Museum, un bronzo da Sparta nella Collezione Rotschild a Parigi, una terracotta da Priene, con forme naturalistiche e, quindi, più marcati caratteri ellenistici anche nella testa, fanno propendere per questa ultima ipotesi.
Dello S. esistono numerose repliche più o meno fedeli, derivanti dal prototipo dei Conservatori o da altro affine, a Firenze (Uffizî), a Berlino, a Parigi (Louvre), ecc.; repliche della testa sono al Louvre, all'Ermitage, al Museo Nuovo Capitolino, ecc. Il tipo continua ad essere riprodotto, fin nella tarda antichità, con formule provinciali, da figurine in terracotta della Gallia romana e forse, attraverso queste, trapassa nell'arte delle cattedrali romaniche. Lo stesso motivo si ritrova, ancora con più espliciti intenti epigrammatici e in pieno parallelismo con una immagine di Teocrito (Nom., 50), in un gruppo famoso dell'ellenismo rodio: Pan che cava una spina ad un satiro, del Museo del Louvre (II sec. a. C.), dal quale deriva l'altro del Vaticano, espresso ormai secondo formule manieristiche (fine sec. I a. C.), e la variazione romana con la inversione dei personaggi (ove è Pan che si lascia cavare la spina dal satiro) del piccolo gruppo marmoreo trovato nella Casa di Lucrezio a Pompei e delle scene di più tardi sarcofagi.
Bibl.: Gruppo della Casa di Lucrezio a Pompei: K. Wernicke, in Roscher, III, i, 1897-909, cc. 1447-8, s. v. Pan; L. Laurenzi, in Riv. Ist. Arch. e St. Arte, VIII, 1941, pp. 38-48. Sarcofagi romani: W. Helbig, in Bull. Inst., 1880, p. 28; E. Brizio, in Ann. Inst., XLVI, 1874, pp. 63-73; A. Furtwängler, Der Dornauszieher und der Knabe mit der Gans, 1876, in Kleine Schriften, Monaco 1912, pp. 60-118; R. Kekulè von Stradonitz, in Arch. Zeit., XV, 1883, pp. 230-248; M. Collignon, Hist. de la Sculpt. gr., I, Parigi 1892, pp. 416-19; A. Furtwängler, Meisterwerke, Lipsia-Berlino 1893, pp. 685-686; W. Helbig, Führer, I3, Lipsia 1912, n. 956; J. Six, in Jahrbuch, XXX, 1915, p. 93; G. Lippold, Kopien und Umbildungen, Monaco 1923, p. 26, n. 47; A. Springer-A. Michaelis, Die Kunst des Altertums, Lipsia 1923, p. 245; P. Gardner, New Chapters in Greek Art, Oxford 1926, pp. 188-207; H. Stuart Jones, Catal. Palazzo Conservatori, Oxford 1926, pp. 43-47; E. Langlotz, Frühgr. Bildhauerschulen, Norimberga 1927, p. 174; W. Deonna, in Genava, VII, 1930, pp. 90-97; A. Della Seta, Monum. Ant. Classica, I, Milano 1931, p. 136; D. Mustilli, Museo Mussolini, Roma 1939, pp. 144-145; C. Picard, Manuel, II, Parigi 1939, pp. 172-174; G. Lippold, Die Griech. Plastik, Monaco 1950, p. 387; P. Orlandini, in Arch. Class., IV, 1952, pp. 257-258; G. A. Mansuelli, Galleria degli Uffizi, I, Roma 1958, pp. 148-149, n. 118; M. Bieber, Sculpt. Hellensitic Age, New York 1961, pp. 104, 138. Per la terracotta di Priene: T. Wiegand-H. Schrader, Priene, Berlino 1904, p. 357, figg. 434-35; M. Bieber, Sculpt. Hellenistic Age2, New York 1961, pp. 104-138. Per la conoscenza dello s. e le imitazioni: G. M. N. Ruthporth, Magister Gregorius, in Journ. Rom. Stud., X, 1919, p. 49; W. S. Heckscher, in Reallex. d. deutsch. Kunstgesch., s. v. Dornauszieher, IV, 1958, p. 289 ss.; F. L. Bastet, Simulacrum valde ridiculosum (prolusione), Amsterdam 1966.