SPINA (XXXII, p. 373)
A partire dal 1954, il prosciugamento del bacino lagunare Pega ad occidente di Comacchio ha permesso la ripresa degli scavi nella zona archeologica di S., di cui tra il 1922 e il 1935 era stata esplorata la ricchissima necropoli di valle Trebba. I risultati delle due fasi di ricerca - eccezionali in sé, tanto che lo scavo di S. è da considerarsi la più importante impresa archeologica nell'ambito dell'Italia settentrionale preromana - forniscono elementi determinanti per l'esegesi delle notizie tramandate dalle fonti letterarie antiche sulla scomparsa città greco-etrusca.
In particolare è ormai definita la situazione topografica di S. come centro di foce del Po: delle cinque bocche del delta padano elencate da Plinio il Vecchio (N. H., III, 120) S. occupò quella mediana, denominata Sagis, a cui fece capo - in direzione di Comacchio-Portogaribaldi - il ramo deltizio del Sandalo-Rero. Né c'è incompatibilità con l'appellativo di ostium Spineticum attribuito da Plinio medesimo alla più meridionale foce del Primaro-Reno: trattasi probabilmente di indicazione itineraria della navigazione entrolagunare con cui si raggiungeva Spina. Naturalmente il sito della città marinara va posto in relazione con la mutevole morfologia dell'antico delta, e in particolare con il primitivo lido sabbioso. Già il Lombardini nel 1869 aveva indicato il battente marino dell'età etrusca a circa 10-12 km ad occidente della linea attuale di spiaggia, dove si riconoscono tipici fasci di dune con andamento rettilineo e parallelo, da nord a sud. Appunto su questi cordoni sabbiosi, che un tempo emergevano sul circostante paesaggio lagunare, si sono verificati tutti i trovamenti archeologici: quelli di valle Trebba si allungano per oltre due chilometri a nord della strada provinciale Ostellato-Comacchio; per altrettanto a sud di essa quelli dell'adiacente valle Pega.
Con l'ausilio della fotografia aerea è stato anche possibile nel 1956 riconoscere, sui dossi antistanti alle necropoli, le tracce dell'abitato di S.: il loro frazionamento in una vasta area indicherebbe tra l'altro il carattere sinecistico della comunità spinetica. I pochi saggi di accertamento finora praticati denunciano caratteristiche struttive assai modeste: abitazioni lignee su palafitte di fondazione, e insulae urbane con vie d'acqua tracciate secondo schemi ortogonali. Particolarmente notevole appare, in valle Pega, l'alveo di un canale artificiale rettilineo - della larghezza di m 15-20 e della lunghezza di circa km 2 - mediante il quale l'emporio si mantenne in efficiente collegamento con il mare che si allontanava.
Fecondissima e significativa l'esplorazione delle necropoli: alle 1213 tombe di valle Trebba, gli scavi dal 1954 al 1959 ne hanno aggiunte altre 2201 da valle Pega. Le due necropoli non sono soltanto topograficamente contigue, ma storicamente unitarie: analoghi risultano i limiti cronologici delle suppellettili tombali (dalla fine del VI sec. al III sec. a. C.), la commistione dei riti funebri con sensibile prevalenza degli inumati sui cremati, le caratteristiche esteriori e rituali dei seppellimenti; identico infine il tono di ricchezza dei corredi funerarî e l'abbondanza degli oggetti esotici, indici di attive correnti commerciali e di complessi aspetti culturali.
La grandiosa documentazione non riguarda per ora l'eventuale S. pre-etrusca: pelasgica (Hellanic., fr. 1 e Dionys. Halic., 1, 18) o tessalica (Justin., XX, 1, 11) o diomedea (Plin., III, 120) della tradizione leggendaria. Gli scavi hanno tradotto in realtà archeologica quel periodo della vita di S. che fu contrassegnato dalla "talassocrazia" nell'Adriatico e dalla costituzione di un "tesoro" a Delfi formato con le decime dei guadagni commerciali (Dionys. Halic.,1,18; Strabo, V, 1, 7 e IX, 3, 8; Plin., III, 120). I più antichi vasi greci rinvenuti a S., che non vanno oltre l'ultimo quarto del sec. VI, indicano che la floridezza dell'emporio padano fu conseguente a due eventi storici generali della seconda metà di quel secolo: l'espansione etrusca nell'Italia settentrionale e la penetrazione commerciale greca nell'alto Adriatico.
Per questo l'affermazione delle tarde fonti greche (Dionys. Halic., 1, 18; strabo, v, 1, 7) su S. città greca non sembra accettabile; anche la più circostanziata notizia dello Pseudo-Scilace (Perypl. 17) di una città greca in territorio etrusco, non può accogliersi nel senso di una vera e propria colonia, ma di un fiorente nucleo di commercianti greci, che raggiunsero condizioni privilegiate di convivenza civile in seno alla comunità etrusca, come del resto indica in sede archeologica la commistione di greci e di etruschi nelle necropoli. La potenza marinara di S. ben s'inquadra in un'azione di polizia del mare Adriatico contro i pirati ad opera degli Etruschi, che nel V sec. tenevano sotto il controllo politico o commerciale gran parte del retroterra padano: non a caso le ceramiche attiche di Felsina appartengono normalmente alle medesime classi di quelle spinetiche.
Gli studì più recenti tendono a definire la funzione di S., scalo dell'Etruria padana, nella penetrazione commerciale e culturale degli Etruschi verso l'Europa centrale; la stessa diffusione degli alfabeti di tipo etrusco nell'Italia superiore appare collegata con la civiltà urbana di Adria e Spina.
Tuttavia nelle suppellettili tombali - oreficerie e bronzi etruschi, paste vitree egiziane, ambre baltiche, ceramiche attiche, italiote, etrusche e quelle, forse locali, denominate "alto-adriatiche" - domina l'aspetto culturale greco. Per tutto il V secolo fu quasi esclusivamente ateniese e di tale entità da conferire al Museo nazionale di Ferrara, depositario dei manufatti spinetici, un primato significativo: la più completa collezione oggi esistente di vasi attici a figure rosse tra i primi decennî del V e i corrispondenti del IV sec. a. C. Questo singolare aspetto storico-artistico è stato notevolmente accresciuto dagli scavi in corso a valle Pega, donde sono provenute ceramiche eccezionali, tra cui un cratere capolavoro del pittore di Kleophon e due insigni coppe del pittore di Pentesilea: una di esse, decorata con ciclo teseico e con le imprese di Aiace Telamonio, è anche la più grande kylix finora conosciuta.
La crisi ateniese del IV sec. e il contemporaneo sfaldamento dell'impero etrusco in seguito all'invasione gallica non ebbero conseguenze fatali per S., sia per la naturale difesa che esercitò il paesaggio lagunare, sia perché nell'Adriatico subentrò la potenza siracusana sotto la cui preminenza S. poté continuare la sua funzione, anche se in tono minore. Solo nel III sec. la decadenza si accentua, ed è verosimile che un assedio dei Galli (Dionys. Halic., 1, 18) abbia posto fine al centro di foce, già reso forse poco efficiente dai mutamenti idraulici verificatisi nel delta del Po.
Sul sito di S. si notano insediamenti sparsi d'età romana, conforme alla notizia di Strabone che parla di un villaggio, distante al suo tempo 90 stadî (pari a circa 16 km) dal mare, mentre nel Medioevo l'ultima manifestazione di vita civile è offerta dalla pieve di S. Maria in Pado Vetere. Vedi tav. f. t.
Bibl.: N. Alfieri e M. Ortolani, Contributo alle ricerche sull'antico delta padano, in Atti del XV Congresso geografico italiano, Torino 1951, pp. 855-860; M. Ortolani, La pianura ferrarese, in Memorie di geogr. economica, XV, Napoli 1956 (ivi bibl. prec. sulla morfologia dell'antico delta del Po); B. M. Felletti Maj, La cronologia della necr. di Spina e la ceramica alto-adriatica, in Studi Etruschi, XIV (1940), pp. 43-87; P. E. Arias e N. Alfieri, Il Museo arch. di Ferrara, Ferrara 1955; P. E. Arias, N. Alfieri e M. Hirmer, Spina, Firenze 1958 (ivi bibl. prec.); Autori varî, Spina e l'Etruria padana (Atti del I Convegno di studi etruschi), suppl. al vol. XXV di Studi Etruschi, 1959; N. Alfieri, Grande kylix del pitt. di Pentesilea con ciclo teseico, in Riv. Istit. Naz. d'archeol. e st. dell'arte, n. s. VIII, (1959), pp. 59-110.