SPETTROSCOPIO
. Strumento per l'analisi spettrale della luce emessa da una sorgente. Questa luce penetra nello strumento attraverso una fessura, e in generale ogni spettroscopio ha due lenti: una si chiama il collimatore, e riunisce i raggi provenienti dalla fessura, inviandoli in fascio parallelo sulla superficie di uno o più prismi (treno di prismi), o su di un reticolo dì diffrazione; l'altra è l'obiettivo del cannocchiale. Questo ha il compito di ricevere i raggi dispersi che lasciano l'ultima superficie del prisma, o escono dal reticolo, e di riunirli in un punto focale. Per osservare con l'occhio l'immagine prodotta nel fuoco è necessario ancora un oculare. Poiché la purezza dello spettro, che è di capitale importanza per la separazione delle diverse lunghezze d'onda, dipende dalla larghezza della fessura, si comprende che questa deve essere lavorata con grande precisione, perché l'apertura che è dell'ordine di pochi centesimi di mm. deve risultare in tutta la sua lunghezza esattamente uguale. Più stretta è la fessura e tanto meno luce entra nello spettroscopio; per lo studio di deboli sorgenti di luce bisogna contentarsi di una minore purezza dello spettro usando la fessura più allargata. In generale per ogni spettroscopio è necessario di poter variare entro certi limiti la larghezza della fessura; e per questo è necessario che ambedue o almeno una delle due parti della fessura siano mobili. Gli spigoli della fessura debbono essere paralleli e combaciare perfettamente e si dà ad essi una forma a cuneo col lato inclinato rivolto verso l'interno dello strumento per evitare riflessioni del fascio di raggi che entra nella fessura.
Irregolarità o granelli di polvere fra i due spigoli della fessura intercettano la luce, ed è per questo che spesso si vedono gli spettri attraversati per tutta la loro lunghezza da righe nere perpendicolari alle righe di Fraunhofer. Per poter muovere le due parti della fessura, queste scorrono in una cornice su due guide parallele; e si può misurare la larghezza della fessura per mezzo di una vite micrometrica con la testa divisa.
Le lenti che costituiscono il collimatore e il cannocchiale sono generalmente dell'ordinario tipo di obiettivi acromatici che dànno insieme con l'oculare, di solito del tipo di Ramsden, una buona immagine di tutto lo spettro visibile. All'oculare può essere unito un micrometro che permette la misura della lunghezza d'onda delle righe spettrali.
I prismi possono essere fatti di diverse sostanze liquide o solide, come il solfuro di carbonio, il vetro, il quarzo, la calcite, la fluorite, il salgemma, ecc. Il vetro è naturalmente la sostanza più usata per la grande varietà di potere dispersivo in cui può essere costruito e per la facilità di lavorazione e d'impiego. Il solfuro di carbonio ha un potere dispersivo molto forte, ma il suo uso è poco conveniente essendo liquido; il quarzo, la calcite e la fluorite sono usati quando si vogliano studiare le regioni ultraviolette dello spettro e il salgemma quelle infrarosse. I prismi vengono costruiti con diversi angoli rifrangenti, spesso 60°, o altre combinazioni, come in quella ideata da G. B. Amici nel prisma a visione diretta, costituito da un prisma di vetro flint racchiuso fra due prismi di vetro crown con diversi angoli rifrangenti. In questa combinazione, specialmente utile per l'uso astronomico, la dispersione non è accompagnata da sensibile deviazione cosicché lo spettro si osserva nella direzione stessa da cui proviene la luce.
La dispersione dϑ/dλ. (v. spettroscopia) dipende dal mezzo dispersivo, cioè dalla sostanza di cui sono fatti i prismi, dalla grandezza del loro angolo rifrangente e dal loro numero. Una semplice formula ne dà il valore angolare fra due righe determinate dello spettro quando si conosca l'angolo rifrangente dei prismi e l'indice di rifrazione per le varie lunghezze di onda. Si dimostra che il potere risolutivo di un prisma, cioè la sua capacità a mostrare distintamente due righe vicine dello spettro dipende dalla grandezza della base del prisma, mentre l'angolo rifrangente non ha alcuna influenza. Il rapporto fra la lunghezza d'onda media di una coppia di righe, che possono essere risolte in un dato spettroscopio, e la differenza in lunghezza d'onda fra le due componenti, cioè λ/Δλ si chiama potere risolutivo dello spettroscopio. Così uno strumento che risolve le righe D del sodio (λ media = 5893 Å e Δλ − 6 Å) si dice che ha un potere risolutivo di 987.
Le righe spettrali in uno spettroscopio a prismi si presentano sempre incurvate con la convessità verso l'estremità rossa dello spettro. Ciò dipende dal fatto che soltanto i raggi che provengono dal centro della fessura passano per un piano principale. Negli spettroscopî si possono usare, come mezzo dispersivo, i reticoli di diffrazione o anche i reticoli in unione con i prismi. I reticoli (v. reticolo di diffrazione) possono essere a riflessione, del comune tipo di Rowland, o per trasparenza, nel qual caso si adoperano anche le copie tratte dai reticoli originali. Benché i reticoli abbiano in generale meno luminosità dei prismi, venendo la luce diffratta nei varî ordini, pure il loro uso è molto conveniente quando invece dello spettro prismatico si desideri uno spettro normale o quasi normale, e per avere maggiore dispersione nella regione rossa dello spettro. La dispersione dϑ/dλ nel caso dei reticoli è uguale al numero d'ordine dello spettro diviso per il prodotto della costante del reticolo per il coseno dell'angolo di deviazione. La dispersione sarà dunque minima quando ϑ = 0, cioè quando il cannocchiale viene diretto perpendicolarmente al piano del reticolo e in questo caso piccole variazioni di λ producono deviazioni proporzionali in ϑ, o, in altre parole, lo spettro è normale.
Uno spettroscopio oggi molto usato in laboratorio è quello rappresentato nella fig. 1 in cui il cannocchiale e il collimatore sono fissi, ad angolo retto fra loro, e le varie parti dello spettro si fanno entrare nel cannocchiale rotando il prisma. Il prisma di flint pesante ha la sezione rappresentata nella fig. 2 e si può considerare formato dalla riunione di due prismi di 300 e di un prisma a riflessione totale di 900, fatto però di un solo pezzo. Con questa disposizione i raggi che entrano nel cannocchiale, nella direzione del suo asse, sono sempre quelli i quali hanno attraversato il prisma nelle condizioni di deviazione minima, che sono quelle migliori per l'osservazione di una data regione spettrale. Nell'oculare di questo spettroscopio si trova un reticolo e il movimento del prisma è comandato da un tamburo graduato, che scorre dinnanzi a un indice: la graduazione dà senz'altro la lunghezza d'onda della riga che si è puntata col filo del reticolo. Nella fig. 3 è rappresentato uno spettroscopio a visione diretta, attaccato a un cannocchiale astronomico, specialmente adatto per le osservazioni delle protuberanze solari. Nella parte bianca dello strumento si può mettere un prisma a visione diretta di Amici, o un treno di tre prismi, che dànno una notevole dispersione per la riga rossa dell'idrogeno. Il cannocchialino è munito di micrometro e tutto lo spettroscopio può rotare attorno all'asse del cannocchiale, rispetto al quale si può spostare lateralmente per puntarlo al lembo del Sole.
Bibl.: Handbuch der Experimentalphysik, XXI, Lipsia 1927; E. C. C. Baly, Spectroscopy, Londra 1929; Handbuch der Astrophysik, I, Berlino 1933; E. Persico, Ottica, Milano 1932.