spettroscopio
spettroscòpio [Comp. di spettro- e scopio, der. del ted. Spektroskop, termine coniato nel 1860 da R.W. von Bunsen] [LSF] (a) Dispositivo per produrre e studiare spettri di radiazioni acustiche (s. acustico, in partic. s. sonoro o ultrasonoro), elettromagnetiche (in generale s. ottico e, in partic., s. radio, nell'infrarosso, nel visibile, nell'ultravioletto, per raggi X, s. gamma) o corpuscolari (s. alfa, beta, per elettroni, per neutroni, ecc.); nel-l'uso corrente si alterna, non sempre propr., con spettrografo e spettrometro, per cui si rinvia anche a queste due voci per un quadro più generale. (b) Apparecchio per produrre e studiare lo spettro di segnali acustici, elettrici, ecc. (s. acustico, in partic. sonoro e ultrasonoro, s. elettrico, ecc.), lo stesso che analizzatore di spettro (→ spettro). ◆ [OTT] S. ottico: in senso proprio, strumento per produrre e osservare lo spettro di una radiazione luminosa, e quindi nel campo di lunghezze d'onda tra 400 nm (estremo convenzionale basso del violetto) e 800 nm (estremo convenzionale alto del rosso): v. spettrografia ottica; il termine è usato anche per indicare strumenti analoghi operanti nel campo di radiazioni elettromagnetiche non luminose (ultraviolette, infrarosse, radio). Uno s. ottico propr. detto è essenzialmente costituito (v. fig.) da una sottile fenditura regolabile, larga qualche μm, che delimita l'apertura del fascio di raggi luminosi emessi dalla sorgente in esame, da una lente collettrice che rende paralleli i raggi provenienti dalla fenditura, da un elemento disperdente (un prisma in condizioni di deviazione minima, come nella fig., oppure un reticolo di diffrazione) e da un cannocchiale d'osservazione: l'osservatore vede attraverso l'oculare del cannocchiale lo spettro della sorgente, costituito da una successione, a seconda dei casi continua o discreta, di tante righe variamente colorate (immagini della fenditura) quante sono le luci monocromatiche presenti nella luce policromatica in esame. La fenditura e la lente collettrice sono ordinariamente montate su un unico tubo che prende il nome di collimatore; il cannocchiale, generalm. acromatico, è spesso munito di un reticolo graduato che, sovrapponendosi all'immagine dello spettro, consente, previa taratura, di misurare la lunghezza d'onda delle righe spettrali, avendosi allora propr. uno spettrometro ottico. Se, come spesso accade, il campo del cannocchiale non abbraccia per intero lo spettro fornito dall'elemento disperdente, questo può essere fatto rotare rispetto al collimatore e al cannocchiale, solidali tra loro, in modo che nel campo del cannocchiale sfilino successiv. le varie parti dello spettro; la rotazione si ottiene agendo su un dispositivo a vite micrometrica provvisto di un ampio tamburo di comando graduato in lunghezze d'onda. Se si hanno dispositivi (fotografici o di altro genere) per registrare lo spettro osservabile, si ha uno spettrografo ottico. Negli s. (e anche spettrometri e spettrografi) di grande precisione, lo spettro in esame viene confrontato con uno spettro campione (normalmente quello di un arco elettrico tra elettrodi di ferro puro, di cui sono note con grande accuratezza le caratteristiche), opportunamente proiettato accanto a esso. La principale caratteristica di uno s. è il potere risolutore, cioè la capacità di mostrare ben separate righe corrispondenti a lunghezze d'onda pochissimo diverse tra loro; esso è misurato dal rapporto λ₀/Δλ essendo Δλ la differenza fra le lunghezze d'onda di due righe che appaiono sufficientemente separate e λ₀ il valore di una delle lunghezze d'onda in questione. Negli s. a prisma tale potere vale s (dn/dλ), dove s è il cammino dei raggi entro il prisma e n è l'indice di rifrazione del prisma relativ. all'aria; si può anche dire che il potere risolutore è proporzionale allo spessore della base del prisma e alla dispersività di quest'ultimo. Essendo la dispersività dei prismi di vetro dell'ordine di 104÷105 m-l e s dell'ordine di qualche cm, il potere risolutore risulta dell'ordine delle centinaia, il che corrisponde alla capacità di separare righe che differiscono, in lunghezza d'onda, qualche nm. Per ottenere alti poteri risolutori (dell'ordine delle migliaia) uno degli artifici è quello di usare vari prismi uno di seguito all'altro, ma ne risultano strumenti complicati e poco luminosi, a causa delle perdite nell'elemento disperdente e per riflessione sulle varie facce; negli strumenti a prisma migliori risultati si ottengono usando un solo prisma, piuttosto grande (l'apertura dello spettro visibile che se ne ottiene è di circa 6°), e un cannocchiale con obiettivo di relativ. grande lunghezza focale (si sono raggiunti addirittura 20 m, ma negli strumenti moderni ci si accontenta di circa 1 m, curando molto però l'ortoscopia delle immagini). Quando si vogliono poteri risolutori partic. alti (dell'ordine delle decine di migliaia o più) s'usano reticoli di diffrazione; ai reticoli classici ottenuti per incisione si preferiscono attualmente quelli olografici, che mostrano il vantaggio di essere esenti da difetti, di possedere un maggior potere risolutore a parità di dimensioni illuminate e una maggiore luminosità. ◆ [OTT] S. ottico autocollimatore: tipo di s. in cui una sola len-te serve al tempo stesso da lente collettrice e da obiettivo del cannocchiale. Tra gli s. a prisma, il primo strumento del genere fu (1857) lo s. di Littrow: i raggi provenienti dalla fenditura (v. fig.) vengono deflessi da un piccolo prisma a riflessione totale verso la lente e da questa inviati sul prisma disperdente; solidale al prisma, posteriormente a esso, è uno specchio, sicché i raggi, riflettendosi su questo, riattraversano il prisma (detto prisma di Littrow); nel piano focale della lente si forma così lo spettro, che al rotare del prisma scorre nel campo dell'oculare. Autocollimatori sono anche gli s. a reticolo concavo, nei quali l'elemento disperdente è costituito da un reticolo a riflessione inciso sulla superficie di uno specchio metallico concavo, e dei quali esponente tipico è lo s. di Rowland (v. spettrografia ottica: V 480 c).