SPETTROSCOPIA (XXXII, p. 347; App. II, 11, p. 876; III, 11, p. 792)
La definizione di s. come studio dei livelli energetici di un sistema atomico e molecolare eseguito sfruttando l'interazione con la radiazione elettromagnetica, ha subìto via via successive estensioni, sino a includere, dal primitivo spettro della radiazione visibile, l'intero spettro delle radiazioni elettromagnetiche, dai raggi X alle radiofrequenze. La naturale, successiva estensione a frequenze, e quindi a energie sempre maggiori, ha portato a considerare la s. ottenibile con radiazione γ energeticissima e a intravvedere una naturale suddivisione della s. in tre parti, relative a porzioni ben separate dello spettro elettromagnetico e a sistemi fisici elementari ben distinti. Si parla così di una "s. atomica e molecolare", per la quale i livelli di energia dei sistemi interessati sono dell'ordine dell'eV, di una "s. del nucleo", con livelli energetici dell'ordine del MeV, e di una "s. delle particelle elementari), con livelli energetici dell'ordine del GeV. Mentre si rinvia a nucleo e a particelle elementari e antiparticelle, in questa App., per le due ultime s., che peraltro più prettamente confinano con la fisica del nucleo e delle particelle, per la prima si può dire che un notevole sviluppo degli studi si è avuto negli ultimi anni con l'introduzione della radiazione ottenibile da cavità maser e laser, quale mezzo di eccitazione dei sistemi fisici in studio.
Previamente occorre ricordare che nei metodi convenzionali di s. le sorgenti e i rivelatori della radiazione non sono selettivi di una data ristretta banda di frequenze, ma che occorre fare uso di un dispositivo (monocromatore) atto a selezionare la radiazione nelle sue componenti monocromatiche. La possibilità d'impiegare sorgenti e rivelatori, che siano monocromatici e accordabili su di una vasta gamma di frequenze, ha semplificato notevolmente i metodi.
Sorgenti monocromatiche accordabili. - I laser costituiscono sorgenti altamente monocromatiche: la loro riga spettrale di emissione è tuttavia, in generale, fissa, così che sono necessari opportuni sistemi per rendere le sorgenti accordabili su lunghezze d'onda diverse. Per i laser a gas si può ottenere una variazione della riga di emissione all'interno della "campana Doppler" del sistema atomico emittente, variando la lunghezza della cavità oscillante. L'accordabilità della sorgente è in questo caso assai limitata; assai vantaggiosa è stata pertanto, da questo punto di vista, l'introduzione dei laser a coloranti, capaci di oscillare su una banda di frequenze assai più ampia, in genere dell'ordine di qualche diecina di Å. Laser a coloranti di elevata intensità permettono di saturare i livelli atomici o molecolari eccitati e di condurre quindi con ottima efficacia un gran numero di esperimenti di s.: sulla fluorescenza di molecole, sui tempi di vita media dei sistemi, sugli "attraversamenti di livello " (level crossing) e sulla doppia risonanza. Tra le sorgenti laser accordabili sono ancora da ricordare: i diodi laser impieganti varie specie di semiconduttori (Pb1-x Snx Se, Pb1-x Snx Te), nei quali la variazione della frequenza di oscillazione è ottenibile variando la pressione sull'elemento; i laser a ribaltamento di spin dovuto alla diffusione Raman da parte di un portatore di carica in mezzi semiconduttori (InSb), che permettono un'analisi in tempi molto brevi; i laser la cui radiazione stimolata si ottiene attraverso un processo parametrico dei "polaritoni", ovvero di modi ottici e acustici accoppiati.
L'impiego contemporaneo di due laser oscillanti sulle lunghezze d'onda del visibile e dell'infrarosso, uno dei quali sia accordabile, permette poi di estendere la disponibilità di sorgenti monocromatiche e accordabili sino alle lunghezze d'onda dell'infrarosso remoto.
Rivelatori monocromatici accordabili. - A temperature basse un campo magnetico separa le bande di conduzione e di valenza del InSb in un insieme discreto di livelli di Landau, la cui separazione energetica, o frequenza della transizione di risonanza ciclotronica, è proporzionale all'intensità del campo magnetico applicato. Analogamente, si può ottenere un'energia di transizione proporzionale al campo magnetico applicato, qualora la transizione interessi livelli energetici d'impurità presenti, normalmente utilizzate. La risposta di un tale sistema alle diverse frequenze e per valori diversi dell'intensità H del campo è mostrata in fig.1. Poiché, in questo caso, la monocromaticità del rivelatore non è sufficientemente grande per gli usi normali, occorre far uso di un monocromatore accoppiato; purtuttavia, se ne ricavano notevoli vantaggi di semplificazione. La realizzazione di rivelatori monocromatici accordabili è stata anche tentata sfruttando l'effetto di una giunzione Josephson (v. Josephson, in questa Appendice). Non si può ancora dire, però, di avere completamente risolto il problema della rivelazione selettiva e variabile.
La s. Raman (XXVIII, p. 797) ha particolarmente beneficiato dell'introduzione delle sorgenti laser. Per analizzare lo spettro Raman di una sostanza, si dirige sul campione, un liquido in generale, un fascio di luce altamente monocromatico e si esamina la radiazione diffusa, il cui spettro contiene la frequenza della radiazione incidente e alcune debolissime righe di frequenza diversa, separate da quella della radiazione incidente di quantità pari alle frequenze di vibrazione delle molecole della sostanza.
La s. Raman rappresenta un metodo possibile per l'analisi rapida e accurata di miscele, difficili a trattarsi con i metodi di assorbimento; tuttavia, i sistemi utilizzanti sorgenti a vapori di mercurio e filtri chimici atti a isolare le righe spettrali volute trovano il loro limite nella bassa intensità ottenibile della sorgente. Con la luce laser si ovvia in modo naturale a questa difficoltà. Il fascio di luce incidente, altamente monocromatico e collimato, incide sulla cella in cui è contenuta la sostanza campione e le cui pareti sono leggermente convergenti, sì da permettere che il fascio attraversi più volte la cella. La luce diffusa è concentrata sull'apertura d'ingresso di un monocromatore, la cui uscita è rivelata, amplificata e registrata su carta. La chiarezza dei segnali ottenuti è resa così particolarmente buona. Altri vantaggi derivanti dall'impiego della luce laser, in particolare dalle sue caratteristiche di monocromaticità e di polarizzazione, consistono nel fatto che più difficilmente si provoca la fotodecomposizione della sostanza in esame e che con maggiore facilità si possono esaminare campioni colorati, i quali assorbono generalmente le frequenze ottiche più elevate emesse da sorgenti a vapori di mercurio. Inoltre, sono resi assai più semplificati gli esperimenti di depolarizzazione.
Nella s. Raman di sostanze gassose l'impiego di sorgenti laser di alta intensità (ioni di argo) si è manifestato utile nello studio dei modi di pura rotazione e di rotazione-vibrazione di molecole semplici (O2, N2, CO2, NO, ecc.), in connessione con rivelatori sia fotoelettrici, sia fotografici. Con risoluzione molto alta, le bande di assorbimento degli spettri di vibrazione mostrano una struttura fine che è dovuta alla variazione di livelli energetici di rotazione congiunta con transizione tra livelli energetici di vibrazione. L'analisi di tali spettri è piuttosto complessa: si può eseguire e può dare informazioni preziose sulla natura delle molecole, purché queste non contengano troppi atomi.
Per uno studio delle sole transizioni rotazionali, non accompagnate da transizioni vibrazionali, si ricorre all'uso di microonde, la cui energia è inferiore a quella della radiazione infrarossa. In tal senso, con la frequenza massima di 813.353.706 MHz ottenuta con la tecnica a microonde per una particolare transizione del 16O12C32S si sono ampiamente sovrapposte le bande energetiche della s. all'infrarosso (v. oltre) e a microonde (v. in questa Appendice). La distinzione tra la s. del lontano infrarosso e quella delle onde millimetriche non risiede più nella banda delle frequenze interessata, ma nelle tecniche sperimentali impiegate. La differenza si manifesta, quindi, per l'uso di sorgenti monocromatiche, e perciò per l'alta risoluzione e precisione della frequenza usata, nella s. con onde millimetriche, rispetto alle sorgenti a larga banda e agli elementi di alta dispersione usati comunemente nella s. all'infrarosso.
Genericamente si può dire che, per la s. a microonde, i campioni molecolari allo stato gassoso si pongono in un tubo, con finestre di mica agli estremi, il quale costituisce la guida d'onda entro cui s'immette la radiazione di microonda generata da un klystron. I segnali sono rivelati in uscita da un diodo a cristallo, amplificati e opportunamente registrati. Le informazioni ottenibili con la tecnica a microonde riguardano: i parametri delle strutture molecolari, i momenti di dipolo elettrico e magnetico, i tensori d'accoppiamento di quadrupolo, le barriere della rotazione interna e i parametri di deformazione centrifuga.
Atomi "vestiti". - Un campo particolare di studio della s. atomica si è aperto di recente sul problema dei cosiddetti "atomi vestiti", ovvero degli atomi immersi nel proprio campo di radiazione. Nella fenomenologia tradizionale valeva la considerazione di base che il sistema fisico in questione (atomico o molecolare) potesse emettere o assorbire radiazione elettromagnetica avente una delle frequenze νi di risonanza del sistema, cioè per le quali νi = ΔE/h, in cui ΔΕ è il salto energetico del sistema interessato e h è la costante di Planck. Il principio d'indeterminazione di Heisenberg non vieta tuttavia a priori che possa esservi interazione tra il sistema e la radiazione anche a frequenze diverse da quelle di risonanza, purché la durata dell'interazione non superi il tempo δt = ℏ/δΕ, (ℏ = h/2π), in cui si è indicata con δΕ la differenza tra l'energia del fotone e ΔΕ. Come si vede, per le frequenze di risonanza la durata dell'interazione può divenire infinita. Al di fuori di tali frequenze, si parlerà di processi virtuali: di omissione, spontanea o indotta, e di assorbimento. Per essi, quando la radiazione elettromagnetica attraversa un mezzo materiale, si deve pensare che gli atomi siano portati per un certo tempo dallo stato fondamentale a un livello proibito, o non stazionario, e che la ricaduta al livello fondamentale origini di nuovo la radiazione assorbita. A questo processo d'interazione virtuale si deve in realtà il cambio di velocità della radiazione nella materia e, conseguentemente, i fenomeni di rifrazione, dispersione e diffusione.
La considerazione di questi processi virtuali porta correttamente a pensare che un atomo può continuamente emettere radiazione di qualsivoglia frequenza, per riassorbirla dopo un tempo dato dalla relazione di Heisenberg più sopra espressa ("atomi vestiti"). Ciò, tuttavia, modifica leggermente i livelli energetici propri dell'atomo di quantità dipendenti dal livello stesso. La differenza, per es., tra questi cambiamenti per i livelli 22S1/2 e 22P1/2 dell'atomo d'idrogeno dà luogo al cosiddetto spostamento di Lamb, per il quale è Δν = 1057,9 MHz (v. elettrodinamica quantistica, in questa Appendice).
Se l'atomo considerato è immerso in un campo di radiazione, esso può continuamente assorbire energia dal campo e riemetterla seguendo percorsi virtuali e ricadendo o sullo stato iniziale (diffusione alla Rayleigh), o in uno stato diverso (diffusione alla Raman). Ciò porta a una modifica sia del campo di radiazione, sia dell'atomo stesso. Per es., mediante tecniche di risonanza magnetica nucleare (RMN) è possibile misurare la differenza in energia tra due livelli atomici, separati per l'effetto prodotto da un campo magnetico sul momento magnetico nucleare dell'atomo 199Hg. Se una cella contenente atomi di 199Hg in un campo magnetico è irradiata con luce di frequenza diversa dalla frequenza di risonanza corrispondente alla transizione tra il livello fondamentale 61S0 e quello eccitato 63P1, si verifica uno spostamento della frequenza di RMN: ciò dimostra che vi è stata una variazione dell'energia dei due livelli in cui il campo magnetico ha suddiviso lo stato fondamentale. La variazione è stata prodotta sull'uno o sull'altro dei due sublivelli, a seconda della polarizzazione della luce incidente e consiste in un aumento o in una diminuzione della frequenza di RMN, anche a seconda che la frequenza della luce incidente sia superiore o inferiore a quella di risonanza tra i livelli S e P. La dipendenza dell'effetto risultante dalla frequenza della radiazione incidente determina una dispersione anomala del sistema sulla luce.
Bibl.: G. W. Chantry, Submillimetre spectroscopy, New York 1971; Spectroscopy (a cura di D. A. Ramsay), Londra 1972; Progress in optics (a cura di E. Wolf), vol. XI, Amsterdam 1973.
Spettroscopia nell'infrarosso.
Nonostante che l'esistenza della parte infrarossa dello spettro elettromagnetico e l'importanza della s. infrarossa per la determinazione delle costanti molecolari fossero note da lungo tempo, l'uso di questa tecnica spettroscopica ha subìto un forte impulso e ha raggiunto una larga diffusione solo dopo la seconda guerra mondiale. Ciò è stato dovuto ai notevoli progressi tecnici soprattutto nel campo dei rivelatori di radiazione infrarossa che sono stati compiuti durante e successivamente la seconda guerra mondiale a causa delle molteplici applicazioni belliche delle radiazioni infrarosse. Per es., sono state utilizzate sorgenti infrarosse per illuminazione notturna invisibile e si sono sviluppati diversi sistemi di puntamento basati sulla rivelazione della radiazione infrarossa emessa da elementi caldi rispetto all'ambiente. La regione dello spettro utile per tali applicazioni è l'infrarosso vicino e medio (0,75 μm 〈 λ 〈 10 μm) ed è in questa regione che si sono concentrati gli sforzi dei tecnologi portando così a un sostanziale miglioramento dei rivelatori bolometrici e alla realizzazione dei rivelatori a stato solido. Tali progressi tecnici in concomitanza con lo sviluppo dell'elettronica hanno portato alla costruzione di strumenti di laboratorio anche commerciali molto più semplici e più accurati, che hanno reso possibile l'uso della s. nell'infrarosso come un potente mezzo di analisi chimica e d'indagine chimico-fisica; in particolare, un notevole impulso hanno ricevuto le ricerche sulla struttura delle molecole e sull'energia di legami. Più recentemente, è divenuta accessibile la regione dell'infrarosso lontano (10 μm 〈 λ 〈 1000 μm) che prima era praticamente inutilizzabile a causa della scarsa potenza delle sorgenti disponibili e alla bassa efficienza e grande delicatezza dei rivelatori necessari. Questo processo è legato allo sviluppo della fisica dello stato solido, che ha fornito rivelatori più semplici ed efficienti, nonché dell'elettronica a stato solido e degli elaboratori numerici, che hanno permesso di migliorare il rapporto segnale/rumore sia elettronicamente sia numericamente. Inoltre in questi ultimi anni si è rivolta l'attenzione a sorgenti di tipo laser per infrarosso che ovviano all'inconveniente della bassa intensità di radiazione attualmente ottenibile da sorgenti tradizionali. La s. nell'infrarosso lontano ha trovato largo impiego oltre che nella s. rotazionale anche nello studio dei legami chimici deboli e nella fisica degli stati aggregati, nonché, in astrofisica, nello studio della radiazione di fondo dell'universo.
Spettrometri per infrarosso. - A differenza di quanto avviene per la regione del visibile, la s. nell'infrarosso è essenzialmente s. di assorbimento. Uno spettrometro per assorbimento nell'infrarosso consta essenzialmente di tre parti; sorgente, monocromatore, rivelatore. Le sorgenti più comunemente impiegate (dette nernst e globar) sono semplicemente corpi riscaldati e lo spettro emesso è approssimativamente lo spettro del corpo nero alla temperatura di lavoro, che in genere si aggira tra 1200 e 1800 °C. Per l'infrarosso lontano si utilizzano spesso come sorgenti lampade a mercurio, per la loro maggiore emissione a bassissime frequenze dovuta alla radiazione di frenamento degli elettroni. I monocromatori non differiscono nel principio da quelli utilizzabili nella s. in luce ordinaria. La principale differenza è che nell'ottica di uno strumento per infrarosso si preferisce impiegare specchi anziché lenti perché gli unici materiali economici e trasparenti in larghe zone dell'infrarosso sono gli alogenuri alcalini che però, essendo fortemente igroscopici, richiedono particolari precauzioni. Per motivi simili anche l'uso di monocromatori con prisma è limitato all'infrarosso vicino, preferendosi altrimenti usare sistemi con reticoli e filtri.
I rivelatori generalmente utilizzati sono classificabili in due categorie: rivelatori bolometrici e rivelatori fotoconduttori. Alla prima categoria appartengono quei rivelatori che variano la loro temperatura per effetto della radiazione incidente; la variazione di temperatura viene misurata con diverse tecniche. Il bolometro classico è la termocoppia, ancor oggi diffusamente utilizzata, nonostante la scarsa sensibilità, a causa della sua robustezza e del suo basso costo. Molto diffuso è anche l'uso, specialmente nell'infrarosso medio e lontano, della cella di Golay nonostante il suo alto costo e la sua fragilità, a causa di una sensibilità di tre ordini di grandezza maggiore rispetto ai rivelatori a termocoppia. Il funzionamento della cella di Golay è basato sulla rivelazione ottica della variazione di volume di un gas contenuto in una celletta elastica per l'effetto del riscaldamento dovuto alla radiazione incidente.
Recentemente si sono sviluppati diversi tipi di bolometri operanti a bassa temperatura per aumentare il rapporto segnale/rumore. Con il più sensibile dei rivelatori di questo tipo, il bolometro superconduttore, si può ottenere un rapporto segnale/rumore ≈ 104 volte maggiore che con una cella di Golay. Il funzionamento di questo rivelatore è basato sulla rapida variazione di resistenza con la temperatura che un superconduttore ha vicino alla temperatura di transizione.
Molto utilizzati negli ultimi anni sono i rivelatori a fotoconduzione. Questi rivelatori pur essendo molto semplici e poco costosi, hanno l'inconveniente, rispetto ai bolometri, di avere una sensibilità fortemente dipendente dalla frequenza e quindi possono essere utilizzati solo in alcune regioni dell'infrarosso.
La maggior parte degli strumenti utilizzati per la s. nell'infrarosso adotta il metodo del doppio raggio per ridurre gli errori dovuti all'instabilità della sorgente e del rivelatore. Tale metodo consiste nel dividere in due fasci la radiazione emessa dalla sorgente; uno di tali fasci viene fatto passare attraverso il campione; i due fasci vengono poi inviati alternativamente sul rivelatore in modo da misurare contemporaneamente lo spettro della sorgente e quello trasmesso dal campione.
Con questi tipi di strumenti, muniti di monocromatori a prisma o a reticolo, si possono ottenere buoni risultati nell'infrarosso vicino e medio, le misure però divengono assai difficoltose nel lontano infrarosso, a causa soprattutto delle deboli sorgenti di radiazione a spettro continuo attualmente disponibili. Un'alternativa agli strumenti a prisma o a reticolo è costituita dagli spettrometri interferometrici, con i quali è possibile sfruttare meglio la radiazione emessa dalle sorgenti. Tra gli strumenti interferometrici uno dei più diffusi, specialmente nell'infrarosso lontano, è l'interferometro di Michelson. Tale strumento era stato già usato da A. Michelson nel visibile per misurare la larghezza di righe spettrali e la separazione di doppietti di righe all'inizio di questo secolo, già qualche anno prima della celebre esperienza di Michelson e Morley; l'uso dell'interferometro di Michelson per misure di spettri complessi fu proposto nel 1958 e la grande diffusione di questo strumento negli anni successivi è in parte legata al diffondersi dell'uso dei calcolatori elettronici digitali. Lo strumento è schematicamente riprodotto in fig. 2. Supponiamo dapprima d'inviare sull'interferometro un fascio F0 di radiazione monocromatica di frequenza ν0. Quando lo specchio M si muove parallelamente a sé stesso, i fasci F1 ed F2 giungono alla lamina separatrice L dopo aver percorso cammini ottici la cui differenza sia indicata con x. L'intensità P del fascio incidente sul rivelatore oscillerà al variare di x secondo la relazione P = (P0/2)[i + cos (2πν0x/c)], dove P0 è l'intensità del fascio F0 e c è la velocità della luce. La componente alternata del segnale, I(x) = (P0/2) cos (2πν0x/c) è detta "interferogramma". Nel caso di radiazione composta da più frequenze, se a tutte le frequenze dello spettro corrispondono onde in fase a x = 0, la definizione d'interferogramma sarà così generalizzata:
dove S(ν) è la densità spettrale, e quindi dalla trasformata di Fourier in coseno dell'interferogramma I(x) si può risalire alla densità spettrale. Nel caso generale si può dimostrare che è possibile risalire dall'interferogramma allo spettro dalle trasformate di Fourier in seno e coseno di I(x). La differenza di cammini ottici x può essere dedotta misurando lo spostamento dello specchio M. Tale misurazione dev'essere fatta in modo accurato e può essere compiuta come indicato in figura, con l'aiuto di due reticoli a trasmissione, uno fisso R1, l'altro R2 solidale con lo specchio mobile, che dànno luogo a frange moiré. Si noti inoltre che per effettuare la trasformata di Fourier di I(x), tale funzione dovrebbe essere nota nell'intervallo da − ∞ a + ∞. In generale invece l'interferogramma viene misurato nell'intervallo da −L a +L. Ciò implica che il potere separatore con cui è noto lo spettro è dell'ordine di 1/L. Usualmente la trasformata di Fourier di I(x) viene fatta numericamente con l'aiuto di un calcolatore digitale. Il vantaggio dell'interferometro di Michelson sui tradizionali strumenti a prisma o a reticolo è dovuto al fatto che a parità di potere risolutivo si sfrutta meglio la sorgente in quanto la fenditura d'ingresso viene sostituita con un diaframma circolare, di area molto più grande: pertanto, a parità di condizioni, risulta migliorato il rapporto segnale/rumore nello spettro.
Applicazioni della spettroscopia nell'infrarosso. - L'applicazione più estesa di questa tecnica si è avuta per lo studio delle strutture molecolari. Dagli spettri di assorbimento nell'infrarosso di una molecola biatomica è possibile ricavare i valori di alcuni dei parametri caratteristici della molecola (distanze di equilibrio, forze interatomiche, anarmonicità del potenziale). Nel caso di molecole complesse, la determinazione della struttura e delle caratteristiche molecolari non sempre può essere ottenuta univocamente dai soli dati di assorbimento nell'infrarosso, ma spesso l'obiettivo può essere raggiunto utilizzando contemporaneamente la s. nell'infrarosso e la s. Raman. Da questi dati spettroscopici è possibile dedurre il gruppo di simmetria cui appartiene una molecola e alcuni parametri dei potenziali interatomici. Inoltre, la posizione e la forma delle bande di una molecola sono influenzate dalla presenza d'interazioni tra diverse molecole o diversi gruppi della stessa molecola e quindi è possibile ricavare informazioni sui legami chimici deboli (forze di Van der Waals e legame idrogeno) e sulla struttura spaziale delle molecole (sistemazione delle catene nei polimeri, struttura secondaria delle proteine, fenomeni di associazione soluto-solvente). Attualmente particolare interesse presenta lo studio degli effetti spettroscopici delle interazioni intermolecolari in sistemi semplici. Se si osserva lo spettro di assorbimento nell'infrarosso di un gas di molecole all'aumentare della pressione, si nota che le righe si allargano progressivamente fino a fondersi, nella maggior parte dei casi, formando delle larghe bande: questo effetto è dovuto all'interazione di ogni molecola con quelle circostanti. Da questi spettri si possono ricavare informazioni sui potenziali intermolecolari e sui moti molecolari nei sistemi densi. L'interazione tra due molecole può anche rendere attivi per l'assorbimento infrarosso quei modi di vibrazione che sarebbero stati inattivi in una molecola isolata a causa della deformazione della distribuzione delle cariche elettriche dovuta all'interazione intermolecolare. Inoltre, nell'urto tra due molecole può nascere un momento di dipolo nella coppia, dipendente dalla distanza delle molecole, momento che rende spettroscopicamente attivi i gradi di libertà traslazionali. Gli spettri dovuti a questi meccanismi sono detti comunemente "spettri indotti da collisioni" e risultano in generale molto meno intensi degli spettri permessi; possono essere distinti da questi in quanto la loro intensità, essendo proporzionale alla probabilità di collisione, varia quadraticamente con le concentrazioni, anziché linearmente come avviene per uno spettro usuale. Questi spettri sono importanti in quanto permettono di ottenere informazioni sulla dinamica di una molecola in sistemi densi e, specialmente nel caso di liquidi, questa è una delle poche tecniche utili a tal fine. Ciononostante, misure affidabili di tali spettri cominciano a essere disponibili solo in questi ultimi tempi a causa delle difficoltà tecniche che queste misurazioni presentano.
Un esempio di spettro indotto da collisioni è mostrato in fig. 3 per il caso di H2 in argo liquido; si nota chiaramente la riga dovuta alla transizione rotazionale da J = 0 a J = 2 e a frequenze più basse la larga banda dovuta alle transizioni traslazionali.
Gli stessi meccanismi d'induzione del momento di dipolo, che operano in virtù dell'interazione tra atomi e molecole nei gas e nei liquidi, sono presenti anche nei solidi e dànno origine a spettri di assorbimento indotto. Tali spettri sono assai utili per lo studio dei modi normali nei cristalli molecolari. Nel caso dell'idrogeno è stato anche possibile mettere in luce, grazie agli spettri di assorbimento indotti, fenomeni caratteristici di tale solido quantistico, quali la diffusione di ortoidrogeno in paraidrogeno.
Diversamente dai cristalli molecolari, nei cristalli ionici una carica positiva o negativa è associata a ciascun punto del reticolo e pertanto alcuni modi normali di vibrazione reticolare possono diventare attivi nell'infrarosso direttamente, senza bisogno dell'intervento di particolari meccanismi d'induzione del momento di dipolo. Gli spettri di assorbimento dovuti alle vibrazioni reticolari in cristalli ionici si verificano spesso nell'infrarosso lontano. Tutti questi spettri possono essere notevolmente complessi per il fatto che più modi normali possono contemporaneamente intervenire nell'assorbimento di radiazione, dando luogo a processi a più fononi. I modi normali attivi nell'assorbimento di radiazione appartengono alle bande dei cosiddetti modi ottici. Lo studio delle vibrazioni reticolari è fondamentale per capire il fenomeno della transizione di fase nei ferroelettrici.
Com'è noto, in alcuni solidi si ha il fenomeno della polarizzazione elettrica spontanea al di sotto di una certa temperatura di transizione. È questo il caso, per es., del titanato di stronzio, SrTiO3, e di molte altre perowskiti. È ormai certo che in tali solidi si ha transizione dalla fase normale alla fase ferroelettrica perché il reticolo diventa instabile rispetto al modo ottico trasversale di frequenza più bassa. Nel caso del titanato di stronzio, per es., si hanno tre branche di modi ottici longitudinali inattivi nell'infrarosso e tre branche alle quali appartengono i modi trasversali ottici che dànno luogo a bande di assorbimento alle frequenze corrispondenti ai numeri d'onde 100; 178; 510 cm-1. Normalmente la frequenza di un modo reticolare cresce al diminuire della temperatura, poiché gli atomi tendono ad avvicinarsi e le forze interatomiche aumentano. In modo opposto si comporta il modo trasversale ottico a frequenza più bassa. La sua frequenza varia con la temperatura secondo la relazione: ν²T0 ≈ (T − Tc), dove Tc è la temperatura di transizione. Si ritiene inoltre che partendo dalla fase normale e raffreddando il solido, all'avvicinarsi della temperatura a Tc, l'ampiezza del modo ottico trasversale di frequenza più bassa aumenti fino al punto che le oscillazioni degli ioni finiscono col determinare la trasposizione del reticolo nella fase ferroelettrica.
La s. nell'infrarosso è di rilevante importanza per lo studio delle transizioni elettroniche nei semiconduttori. In particolare le transizioni interbanda o la formazione di eccitoni sono spesso visibili nello spettro di assorbimento nel vicino infrarosso di molti semiconduttori e le transizioni di elettroni o lacune legate a impurezze sono visibili nella regione dell'infrarosso lontano.
Recentemente tecniche di assorbimento nell'infrarosso lontano sono state usate per misure della risonanza paramagnetica elettronica e soprattutto per lo studio della risonanza di ciclotrone in alcuni tipi di semiconduttori. Se un semiconduttore è posto in un campo magnetico i portatori di carica tendono a rotare attorno alle linee di forza del campo magnetico con frequenza di rotazione νc = eH/(2πm*c), dove e è la carica elettrica, H l'intensità del campo, m* la massa efficace. A causa della complessità delle bande nei semiconduttori, usualmente si hanno molte frequenze di risonanza, dovute sia a elettroni sia a lacune, e le bande di assorbimento presentano strutture, che devono essere risolte. Per ottenere ciò si deve soddisfare la condizione 2πνcτ ≥ 1, dove τ è il tempo di collisione. Per soddisfare la condizione precedente, da un lato si può abbassare la temperatura in modo da far crescere τ, dall'altro si può aumentare νc. In molti casi è sufficiente lavorare con microonde, ma per taluni semiconduttori si è costretti a lavorare nell'infrarosso lontano. I dispositivi per ottenere misure di risonanza di ciclotrone nel lontano infrarosso operano con luce monocromatica, usando un laser come sorgente. Le diverse frequenze di risonanza vengono esplorate misurando la radiazione assorbita al variare del campo magnetico.
La s. nell'infrarosso trova anche largo impiego nel campo dell'analisi chimica qualitativa per scopi applicativi, a causa della semplicità e rapidità di questa tecnica. Meno diffusa per analisi quantitative a causa delle difficoltà che presentano le misure assolute di assorbimento.
Bibl.: J. A. Jamieson e altri, Infrared physics and engineering, New York 1963; Infrared spectroscopy and molecular structure (a cura di Mansel Davies), Amsterdam 1963; H. A. Szymansky, Theory and practice of infrared spectroscopy, New York 1964; L. J. Bellamy, The infrared spectra of complex molecules, Londra 1964; A. E. Martin, Infrared instrumentation and techniques, Amsterdam e New York 1966; L. J. Bellamy, Advances in infrared group frequencies, Londra 1968; J. T. Pankove, Optical process in semiconductors, ivi 1971; G. W. CHantry, Submillimetre spectroscopy, New York 1971; E. E. Bell, Introductory Fourier transform spectroscopy, ivi 1972; Vibrational spectroscopy of trapped species (a cura di H. E. Hallam), ivi 1973; Molecular motions in liquids (a cura di J. Lascombe), Dordrecht 1974.