spegnere
È verbo che, " come anche ‛ morire ', piglia di begli atti nella lingua nostra ", dice il Cesari commentando un passo del Purgatorio (XXXI 8). Infatti D. piega il verbo agli usi più vari (figurati nella quasi totalità), e se ne serve per esprimere una vasta gamma di significati. Alcune metafore sono legate più o meno esplicitamente al concetto della luce o del calore, altre no; a tutte le accezioni è comune, però, il senso di " cancellare ", " annullare ", o - quando s. sia nella forma pronominale - di " estinguersi ", " venire a mancare ". Anche i costrutti sono vari: prevale quello assoluto (per lo più nei tempi passati, a indicare l'azione nei suoi effetti), accanto ai pochi casi di uso transitivo e ai più numerosi in cui ricorre la forma pronominale; frequente il participio, in funzione attributiva o predicativa.
Il senso proprio si limita all'estinguersi delle fiamme sui margini che delimitano il Flegetonte nel sabbione dei violenti, sopra i quali ogne vapor si spegne (If XIV 142; il fuoco - come avverte, fra gli altri, il Chimenz - era " considerato allora come vapore acceso "); al lume spento, cioè " a l'amortar de candela " (Lana) che accompagnò le esequie dello scomunicato Manfredi (Pg III 132), e ai carboni spenti assunti a termine di paragone (If XX 102).
Alla metafora del calore va ascritto il passo di Pd XXIX 47 spenti / nel tuo disio già son tre ardori, sicché " tre tuoi desideri son già pienamente soddisfatti " (Torraca). Così anche Rime dubbie III 5 9 [dagli occhi della donna] discende / una saetta, che m'asciuga il lago / del cor pria che sia spenta, dove l'uso di s. è giustificato dal fatto che si tratta di una saetta calda di... ardore, com'è spiegato nella prosa che segue (§ 7).
Un traslato abbastanza frequente è quello che, partendo dall'immagine della vita come fiamma (e la vita rimane spenta quando l'anima si va via, Rime LXVII 36), assegna a s. il significato di " togliere la vita ", " uccidere ": Almeone la propria madre spense (Pd IV 104); nei bassorilievi del Purgatorio Niobe è rappresentata fra i suoi figli spenti dalle saette di Apollo e Diana (Pg XII 39; cfr. anche If XII 112); e ancora " uccidere " vale la perifrasi con cui Francesca designa Gianciotto, colui che a vita ci spense (V 107; diffuse anche le lezioni vita, in vita: cfr. Petrocchi, ad l.), dove l'aggiunta a vita completa l'azione espressa dal verbo, che qui è più esattamente quella di " togliere ", " sottrarre " (e vita può essere quella terrena o anche quella eterna, " la salvazione in Dio " [Mattalia], in quanto la morte violenta tolse ai due amanti la possibilità di pentirsi e quindi di salvarsi). Il participio attributivo nel senso di " estinto ", detto, con valore più pregnante, di una generazione, in Pg XVI 134 qual Gherardo è quel che tu per saggio / di' ch'è rimaso de la gente spenta...? Anche il linguaggio può " morire ": nel Paradiso Adamo ricorda che la lingua da lui usata fu tutta spenta prima che Nembrot si accingesse alla costruzione della torre di Babele (Pd XXVI 124; per una diversa opinione dello stesso D., cfr. VE I VI 4-7). Analogo il passo di Cv IV VI 16. In I V 9 s. vale, contestualmente, " cadere in disuso ": D. afferma ne le cittadi d'Italia... molti vocabuli essere spenti e nati e variati (si noti l'accostamento a nati). Altri esempi sono legati alla metafora della luce: così quello in cui il verbo è più vicino al valore proprio - 'l dì fu spento, Pg V 115 - o l'altro in cui si tratta di una luce metaforica qual è quella di ragione (Cv IV VII 4). L'immagine della luce è riferibile anche alla vista, che può essere abbagliata e quindi " amortada ", come dice il Lana, da un'altra luce più forte: Mentr'io dubbiava per lo viso spento, / de la fulgida fiamma [di s. Giovanni] che lo spense / uscì un spiro (Pd XXVI 1 e 2. Per una causa diversa, cioè per l'oscurità dell'enorme baratro in cui si trova, D., in groppa a Gerione, vede spenta / ogne veduta [" dileguata ogni visione ", Porena] fuor che de la fera: If XVII 113). Il tipo d'immagine della fiamma che ‛ spegne ' è affine a quello di Pg XVI 109 L'un l'altro ha spento, riferito ai metaforici soli (il papa e l'imperatore) cui era affidato il compito di mostrare agli uomini l'una e l'altra strada, cioè quella del mondo e quella di Deo: ma qui il verbo ha un significato molto più energico: " il papa ha ridotto a nulla l'imperatore " (Torraca).
In vari altri casi, con uso assoluto o pronominale, il verbo indica l'" estinguersi ", il " venir meno ", il " perder vigore " del soggetto, per lo più astratto: gli angeli ribelli filosofare non possono, però che amore in loro è del tutto spento (Cv III XIII 2; cfr. anche XIV 7, dove la contrapposizione a splende, detto dell'amore per la Sapienza, dà rilievo al si fanno oscuri e quasi spenti di tutti li altri amori; una contrapposizione analoga in Pg XXV 13). Nel Paradiso terrestre D. è così intento a mirare Beatrice, che li altri sensi m'eran tutti spenti " e consopiti " (Landino), " inerti " (Scartazzini-Vandelli, a Pg XXXII 3); anche la colpa verso i suoi concittadini, di cui D. potrebb'essere accusato, più lune ha volto il sol poi che fu spenta, / se colpa muore perché l'uom si penta (Rime CIV 89: il parallelo muore conferma per s. il valore di " cancellarsi ", " annullarsi "). In Pg XXXI 8 l'azione è vista nel suo svolgimento, e il si spense rende efficacemente il " venir meno " della voce di D. sopraffatto dalla ‛ confusione ' per le accuse di Beatrice: " gli morì la parola sulle labbra, ovvero tra' denti " (Cesari).
Un'altra immagine, di forte novità semantica, espressa dal verbo è quella dell'ombra del corpo di D. che si spense, " venne a mancare " (Chimenz, a Pg XXVII 68), indicando così a lui stesso, a Virgilio e a Stazio che il sole era tramontato. Il Tommaseo osserva qui che " l'ombra è un testimonio di luce e di vita: è una specie di colore anch'essa; e dal corpo che si muove, ha movimento ". Ancora " venir meno ", " cessare ", in If X 57 (poi che 'l sospecciar fu tutto spento).
Si può accostare qui If XXXIII 105: D. sa che nel fondo dell'Inferno ogne vapore è spento, e quindi si stupisce per l'alquanto vento che gli par di sentire sul viso (si ricordi che " il vento nella metereologia del tempo era considerato come una delle molte manifestazioni d'un elemento unico che si chiamava vapore ", Porena).
Ancora come transitivo, per " annullare ", " distruggere " (avarizia spense a ciascun bene / lo nostro amore, Pg XIX 121), o " debellare ", " rendere impotente " (quell'ira bestial, il Minotauro: If XII 33), o ancora " cancellare ", al participio in funzione predicativa, detto delle piaghe, cioè le P, dall'angelo segnate sulla fronte di D. (Pg XV 79; cfr. Barbi, Problemi I 225). V. anche DISPENTO.
Così anche in Rime LXXI 6: il dolore ha sopraffatto la donna del poeta, al punto da renderla irriconoscibile; la figura sua mi par... spenta, " cancellata, sicché non si ritrova nei lineamenti l'aspetto noto " (Barbi-Maggini, con rinvio a If XXV 76 ogne primaio aspetto ivi era casso).
Si veda infine Rime CXVI 3, uno dei pochi casi in cui il participio è riferito a persona: convien... ch'io... / mostri me d'ogni vertute spento, " privo d'ogni energia " (Pazzaglia).