SPAZIO INFORMATICO
L'uso in ambito informatico di concetti e metafore spaziali ha assunto negli ultimi anni un'importanza crescente, sviluppandosi lungo due principali linee direttrici: da un lato, realizzazione di macchine e programmi capaci d'interagire con lo spazio esterno; dall'altro, realizzazione di macchine e programmi capaci di ''generare'' uno spazio virtuale con il quale l'utente può interagire. Alla prima tipologia appartengono molte fra le ricerche svolte nell'ambito della robotica e dell'intelligenza artificiale, alla seconda si ricollegano due concetti di più recente introduzione, ma che hanno già dato prova di produttività teorica e applicativa: quelli di realtà virtuale (virtual reality) e di ciberspazio (cyberspace).
Le due tipologie possono sembrare radicalmente alternative, ma si rivelano in realtà spesso complementari. Così, la capacità d'interagire con il mondo esterno si basa di norma su una sua rappresentazione simbolica e semplificata all'interno della macchina.
Un esempio classico al riguardo è rappresentato dal programma SHRDLU sviluppato nel 1971 al Massachusetts Institute of Technology da T. Winograd (1972), capace d'interagire con un mondo costituito di solidi geometrici (per es. cubi e piramidi). Il programma riconosce e manipola tali oggetti, spostandoli ed eventualmente sovrapponendoli in risposta a precise istruzioni da parte del programmatore, e può porre domande per disambiguare le istruzioni ricevute. Un programma di questo tipo può operare sul mondo esterno, se opportunamente interfacciato con una telecamera, un software adeguato di riconoscimento visivo e un braccio robotizzato collocato all'interno di un ambiente che risponda alle specifiche previste (che contenga cioè solo solidi geometrici delle forme e dimensioni stabilite). Ma il programma lavora in realtà manipolando stringhe, e la descrizione del ''mondo di blocchi'' con il quale interagisce è puramente simbolica: in effetti, l'obiettivo principale dell'esperimento di Winograd era l'elaborazione di un programma capace di comprendere in maniera ''intelligente'' descrizioni e istruzioni espresse in un linguaggio vicino a quello naturale. Nell'esperimento originario, il ''mondo dei blocchi'' e le operazioni compiute al suo interno da SHRDLU erano visualizzati unicamente attraverso il monitor di un elaboratore, e costituivano dunque una forma di ambientazione spaziale del tutto virtuale.
D'altro canto le tecniche di realtà virtuale − che si basano sulla costruzione di spazi fittizi generati dall'elaboratore − sono spesso utilizzate per simulare o per pilotare interazioni con il mondo reale (v. realtà virtuale, in questa Appendice).
Quanto al concetto di ciberspazio − del quale più direttamente ci si occuperà in questa sede − l'idea fondamentale che lo caratterizza è quella della costituzione di uno spazio virtuale e condiviso nel quale possano muoversi e interagire utenti (e programmi) connessi fra loro attraverso una rete telematica: operazione che può essere interpretata come la sovrapposizione di una ''geografia'' artificiale a quella reale costituita dalla rete. Gli utenti umani accedono allo spazio virtuale attraverso apposite interfacce (nel caso più semplice, attraverso monitor e tastiera di un terminale), e possono operarvi direttamente, o attraverso la mediazione di un proprio alter-ego fittizio.
La manipolazione di ''oggetti'' indipendenti all'interno di uno spazio virtuale fa parte delle modalità di utilizzazione quotidiana di un personal computer: un esempio comune sono gli ambienti operativi a icone (il primo ad avere una vasta diffusione fu quello realizzato dalla casa costruttrice Apple, inizialmente per l'elaboratore Lisa, in seguito per quelli della serie Macintosh; di più recente introduzione è l'ambiente Microsoft Windows per gli elaboratori IBM-compatibili). Tali ambienti sono spesso organizzati secondo la metafora del ''tavolo da lavoro'' (desktop, workbench): l'ambiente iconico riprodotto sul video segue in tal modo schemi spaziali e funzionali già familiari all'utente. Esempi di particolare interesse vengono anche dai videogiochi, settore del quale sarebbe erroneo sottovalutare il rilievo teorico, considerato l'importante influsso da esso avuto sullo sviluppo di concetti e tecnologie (nonché di aspettative sociali) collegati al campo della realtà virtuale e della creazione di spazi virtuali condivisi. Nella maggior parte dei videogiochi, un alter-ego del giocatore si muove e interagisce con un mondo generato dal computer e rappresentato o attraverso descrizioni testuali (text-adventure) o graficamente sullo schermo (graphic adventure, arcade games). Giochi di questo tipo possono anche essere multiutente, ovvero più giocatori s'incontrano in un ambiente virtuale condiviso, e possono interagire fra loro o con oggetti e personaggi generati dall'elaboratore. La multiutenza, a sua volta, può avvenire in sede locale (tutti i giocatori sono fisicamente collegati allo stesso elaboratore) o attraverso una rete; a quest'ultima classe appartengono i cosiddetti MUD (Multi-User Dungeons o Multi-User Dimension).
Un MUD (Rheingold 1993) consiste in una sorta di ''arena'' virtuale comune ai vari partecipanti, gestita da un programma ospitato da un server collegato a una rete, e dunque raggiungibile da utenti fisicamente remoti. Ogni partecipante può muoversi liberamente all'interno di tale arena attraverso comandi di movimento digitati alla propria tastiera: il programma risponderà con una descrizione della locazione nella quale si trova il personaggio, ovvero il suo alter-ego all'interno del gioco. La descrizione comprenderà anche oggetti con i quali il giocatore potrà compiere azioni, nemici con i quali potrà combattere, e altri giocatori con i quali potrà allearsi o competere. Oltre ai comandi di movimento, ogni partecipante avrà a disposizione comandi per l'esplorazione, l'interazione sociale, il combattimento; potrà procurarsi oggetti, mangiare, bere, riposarsi. Il programma fornisce a ogni partecipante la descrizione del comportamento degli altri giocatori che si trovano nella sua stessa ''locazione'' virtuale, e assegna una serie di parametri numerici alle sue abilità principali all'interno del gioco (per es., le capacità di movimento di un personaggio che non riposa, non mangia e non beve da molto tempo tendono a ridursi). L'interazione con un MUD avviene normalmente in maniera testuale, ma iniziano a diffondersi anche MUD grafici, alcuni dei quali sfruttano tecnologie di realtà virtuale (caschi-visore e guanti) per aumentare la sensazione d'immersione del giocatore nell'ambiente virtuale (Rheingold 1992).
L'introduzione del termine ciberspazio si deve allo scrittore di fantascienza W. Gibson, autore del fortunato romanzo Neuromancer (1984). Il romanzo di Gibson è collocato in un futuro nel quale i dati conservati all'interno della rete mondiale di elaboratori costituiscono un unico spazio virtuale (la ''matrice'') entro il quale si muovono sia programmi sia operatori umani. Questi ultimi vi accedono attraverso interfacce concettualmente non dissimili − anche se nella finzione del romanzo tecnologicamente assai più avanzate − da quelle utilizzate in applicazioni già esistenti di realtà virtuale: per es. caschi-visore (head-mounted display) e tute o guanti (data suit, data glove) forniti di appositi sensori. Secondo la definizione fornita da Gibson (1984) − che ne esplora in primo luogo le implicazioni sociali e politiche − il ciberspazio è dunque "un'allucinazione consensuale... una rappresentazione grafica di dati tratti dalle banche dati di ogni computer nel sistema umano". L'evoluzione della tecnologia consente di ritenere verosimili molte fra le idee proposte da Gibson, il che ha portato allo sviluppo di una discussione teorica articolata sulla definizione del concetto di ciberspazio. Tale concetto è interpretato da alcuni, estensivamente, come il ''luogo'' fittizio che viene a costituirsi attraverso qualunque forma di scambio informativo a distanza, anche una telefonata.
Un concetto di questo tipo era già alla base di esperimenti svolti verso la metà degli anni Settanta utilizzando videocamere e mixer grafici; un esempio è rappresentato dall'installazione VIDEOPLACE realizzata tra il 1975 e il 1977 da M. Krueger: "VIDEOPLACE è un ambiente concettuale privo di esistenza fisica. Riunisce persone situate in luoghi differenti all'interno di un'esperienza visiva comune, permettendo loro di interagire in modi inaspettati tramite il mezzo video. Il termine VIDEOPLACE è basato sulla premessa che l'atto della comunicazione crei un luogo che è composto da tutte le informazioni che i parlanti condividono in quel momento" (cit. in Rheingold 1992). A questa concezione del ciberspazio si ricollega B. Sterling: "il ciberspazio è il ''posto'' nel quale una conversazione telefonica sembra avvenire. Non all'interno del tuo telefono, l'oggetto di plastica sul tuo tavolo; non all'interno del telefono del tuo interlocutore, in qualche altra città. Ma in un ''luogo intermedio'' fra i due telefoni, l'indefinito ''posto'' nel quale tu e il tuo interlocutore vi incontrate e comunicate effettivamente" (Sterling 1992).
In questi termini, il concetto ha un forte aspetto metaforico, che tuttavia sembra ridursi quando questo ''luogo intermedio'' assume caratteristiche proprie e indipendenti, e quando la definizione di ciberspazio viene a precisarsi e limitarsi. Un tentativo in tal senso, che utilizza gli strumenti teorici della teoria dell'informazione, è stato operato da T. McFalden (in Benedikt 1991). McFalden considera il ciberspazio come un caso particolare del più generale concetto di spazio informativo, definito come "uno spazio astratto di informazione acquisita, con una sorgente di informazione e un ricevitore di informazione". Per informazione acquisita s'intende ogni informazione generata da una procedura di trasmissione di messaggi da una sorgente a un destinatario attraverso un canale, e conservata fisicamente nella forma trasmessa (la definizione completa fa riferimento alla discussione delle modalità di trasmissione dell'informazione, in Shannon e Weaver 1963). Da questo punto di vista i libri di una biblioteca costituiscono per es. uno spazio informativo.
Quanto al ciberspazio, esso è definito da McFalden uno spazio informativo avente le seguenti proprietà: a) è connesso da una rete di canali d'informazione tali che, se l'informazione è disponibile a un ricevitore in parte, allora lo è completamente; b) ci sono agenti che hanno la facoltà di cambiare l'informazione, e protocolli condivisi per lo scambio di informazioni fra agenti; questi possono essere o no parte dello spazio informativo, e possono interagire o no col mondo esterno. In sostanza, gli agenti possono essere persone (o alter-ego di persone all'interno dello spazio informativo), ma anche programmi capaci di muoversi autonomamente nello spazio informativo; c) ci sono agenti che possono trasformare, astrarre e rappresentare l'informazione nel ciberspazio in modo tale che gli uomini possano averne esperienza nello stesso modo in cui hanno esperienza dello spazio e degli oggetti quotidiani del mondo. McFalden definisce pre-ciberspazio uno spazio informativo che risponda ai requisiti a) e b), ma non al requisito c).
Una definizione di questo tipo non è certo priva di aspetti problematici, in particolare a causa della relativa indeterminatezza del requisito c). McFalden sottolinea, tuttavia, l'esistenza di esempi concreti che rispondono ai criteri individuati per il pre-ciberspazio. L'esempio principale al quale fa riferimento McFalden è quello della rete INTERNET. In effetti, McFalden non è il solo a considerare la rete INTERNET come la realizzazione esistente che più si avvicina al ciberspazio del quale parla Gibson. L'uso abituale a proposito di INTERNET di metafore quali "navigare nella rete" (il mondo anglosassone usa spesso il termine netsurfing), "spazio dei gopher" (gopherspace), "ragnatela mondiale" (World Wide Web, WWW), "comunità virtuali" (virtual communities), e dello stesso termine "ciberspazio", indica che la considerazione della rete in termini di spazio virtuale condiviso dai suoi utenti è ormai ampiamente acquisita.
La rete INTERNET nasce alla fine degli anni Sessanta come risposta alla necessità di collegare fra loro gli elaboratori dei principali centri di difesa statunitensi. La rete non doveva essere centralizzata, dato che in tal caso l'eventuale nodo centrale sarebbe diventato automaticamente un obiettivo militare prioritario per il nemico, e la sua distruzione avrebbe compromesso il funzionamento dell'intera rete. Alla soluzione del problema lavorarono la RAND Corporation, il MIT (Massachusetts Institute of Technology) e l'UCLA (University of California at Los Angeles). Il risultato fu una rete completamente decentralizzata, nella quale l'informazione (che viaggia a pacchetti) può percorrere una qualunque delle varie strade attraverso cui due nodi sono collegati. L'eventuale venir meno di un nodo implica solo la necessità d'instradare l'informazione attraverso un percorso alternativo, senza compromettere le funzionalità complessive della rete. Inizialmente battezzata ARPANET, la rete entrò in funzione nel dicembre 1969. Nel 1971 i nodi connessi erano 15 e 37 nel 1972: la crescita del loro numero aumentava la resistenza della rete ad attacchi esterni o a guasti, e veniva quindi incoraggiata. All'inizio, l'informazione circolava utilizzando un protocollo sperimentale di trasmissione dati denominato NCP (Network Control Protocol). Ben presto, tuttavia, l'NCP fu sostituito dal protocollo TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), più flessibile nel permettere il collegamento di elaboratori con hardware e sistemi operativi diversi. La crescita di ARPANET proseguì velocemente durante gli anni Settanta; proprio a causa dell'aumento del numero dei nodi connessi (che poteva pregiudicare la sicurezza dei dati), la rete militare che era stata all'origine del sistema se ne staccò nel 1983 assumendo il nome di MILNET. La ''laicizzazione'' di ARPANET, divenuta autosufficiente e trasformata ormai principalmente in una rete per la ricerca, contribuì alla sua ulteriore crescita. Nel 1989 ARPANET morì come struttura organizzata: proprio il grande successo della rete impediva ormai che essa potesse essere gestita in maniera complessiva da un'unica autorità; il risultato fu INTERNET, una rete priva di strutture centralizzate di controllo e pienamente libera di espandersi. I dati sull'espansione di INTERNET sono eloquenti: la rete collegava 10.000 nodi nel 1987, 100.000 nodi nel 1989; 1.000.000 di nodi nel 1992, circa 4.000.000 di nodi a fine 1994. A quest'ultima data, secondo stime che proprio per il carattere in qualche misura ''incontrollabile'' della rete sono difficili da verificare (Hoffman e Novak 1994), alla rete INTERNET hanno accesso in tutto il mondo circa 30.000.000 di utenti. Nata, come si è visto, per la circolazione di informazioni militari, ben presto − già all'inizio degli anni Settanta − la rete fu utilizzata anche per lo scambio di comunicazioni personali (posta elettronica) fra i ricercatori che lavoravano presso le istituzioni di ricerca connesse. Ci si rese anche conto che era possibile organizzare aree di discussione su soggetti specifici: i relativi messaggi, da qualunque nodo della rete provenissero, erano concentrati in un unico sito e resi consultabili a distanza, secondo il modello della ''bacheca elettronica''. Accanto a queste aree di discussione, che sarebbero diventate le conferenze USENET, nacquero anche ''liste'' postali. Gestite automaticamente da un apposito programma attivo su uno dei nodi della rete, le liste consistono in un indirizzario di persone con un interesse comune, indirizzario al quale ogni utente della rete può, volendo, aggiungere (o dal quale può cancellare) il proprio nome. Ogni messaggio inviato all'indirizzo di posta elettronica della lista viene ''rimbalzato'' automaticamente a tutti gli iscritti: anche le liste si rivelano dunque un efficiente strumento di discussione su tematiche specifiche. Attualmente, all'interno di INTERNET esistono molte migliaia fra conferenze e liste, dedicate agli argomenti più vari.
Gli strumenti che più direttamente giustificano l'applicazione a INTERNET del concetto di spazio virtuale sono l'Internet Relay Chat (IRC), i gopher e il World Wide Web. L'IRC permette la comunicazione a distanza e in tempo reale fra più utenti remoti: il software che lo gestisce consente la creazione di ''canali'' o ''stanze'' dedicate ad argomenti specifici. Gli utenti che ''entrano'' in una di tali stanze ricevono automaticamente sul proprio schermo quanto viene digitato dagli altri utenti che vi si trovano, e possono a loro volta inviare messaggi. Si ritiene che il miglioramento delle tecniche di compressione dei dati e della portata e velocità delle linee di trasmissione potrà permettere nel prossimo futuro l'uso degli IRC anche per la comunicazione audio o video; e non solo per quella testuale. Le comunicazioni ''in diretta'' attraverso IRC costituiscono un potente strumento d'interazione multipersonale a distanza, e sono state recentemente oggetto di studi sociologici e di costume (Reid 1991, Rheingold 1993).
I gopher e World Wide Web costituiscono strumenti di organizzazione e diffusione dell'informazione basati − in maniera più limitata i gopher e più radicale i WWW − sull'applicazione del concetto d'ipertesto. Un ipertesto è un sistema di informazioni organizzate in una struttura reticolare, anziché lineare o gerarchica. Esso consiste dunque in un insieme di blocchi di informazioni, i nodi, e in un insieme di collegamenti (links) che permettono di passare da un blocco di informazioni all'altro. I blocchi d'informazione non sono necessariamente tutti testuali, ma possono anche essere immagini, suoni, sequenze video: in questo caso si avrà un ipertesto multimediale.
Nel caso dei gopher, l'informazione è organizzata attraverso scalette (menu) di voci, ognuna delle quali rimanda o a una singola unità informativa (che può essere un file testuale, un'immagine, un file sonoro, ecc.) o a un ulteriore menu. In alcuni casi, il rimando è a programmi destinati alla ricerca di informazioni su specifiche basi di dati, o può permettere l'attivazione di un collegamento diretto (attraverso l'apertura di una sessione telnet) con un particolare server. Singoli fornitori d'informazione possono rendere disponibili menu strutturati di questo tipo per facilitare l'accesso alle informazioni offerte, ma non è affatto necessario che l'unità informativa (o l'ulteriore menu) alla quale rimanda la voce di un gopher sia collocata fisicamente presso il server di partenza: ogni voce può rinviare a risorse ospitate da sistemi remoti diversi. Non è neanche necessario che l'elenco di voci preesista e sia collocato fisicamente su un qualche server: esso può ''crearsi'' a richiesta dell'utente come risultato di una ricerca sull'intero spazio informativo della rete, o almeno sulla parte di tale spazio informativo che è raggiungibile attraverso gopher (spesso indicata con l'espressione ''spazio dei gopher'', o gopherspace).
World Wide Web, che attualmente (1995) rappresenta la modalità tecnologicamente più avanzata di distribuzione dell'informazione attraverso INTERNET, è il primo strumento che permette l'effettiva diffusione per mezzo della rete d'informazione multimediale integrata. WWW nasce all'inizio degli anni Novanta dalla collaborazione fra il CERN di Ginevra e il National Centre for Supercomputing Applications (NCSA) dell'università dell'Illinois. L'utente lo utilizza ''navigando'' attraverso nodi informativi rappresentati, nella maggior parte dei casi, da pagine che possono integrare testo, immagini, suoni e filmati video. All'interno delle pagine − scritte utilizzando un particolare linguaggio di marcatura ipertestuale denominato HTML (Hyper-Text Markup Language) − alcune zone, dette zone attive, permettono di spostarsi verso un altro nodo informativo. I nodi informativi sono identificati attraverso indirizzi di rete univochi detti URL (Uniform Resource Locator). Le zone attive di una pagina sono segnalate utilizzando un formato grafico particolare (spesso un determinato colore), e per seguire il legame proposto è sufficiente posizionarvi il puntatore e premere un tasto del mouse. La visualizzazione delle pagine WWW presuppone l'uso da parte dell'utente di un programma − detto browser - capace d'interpretare correttamente le informazioni ricevute (e in particolare le istruzioni HTML). I dati relativi alle pagine WWW sono trasmessi da un nodo all'altro della rete utilizzando accanto al protocollo TCP/IP un protocollo di alto livello denominato HTTP (Hyper-Text Transfer Protocol). Attraverso il protocollo SLIP (Serial Line Internet Protocol) e il protocollo PPP (Point to Point Protocol) i dati possono essere scambiati con un elaboratore remoto anche attraverso la porta seriale: è in tal modo possibile l'accesso alla rete e alle pagine WWW anche ''da casa'' utilizzando un qualsiasi personal computer (dotato dell'opportuno software), un modem veloce e una normale linea telefonica.
L'informazione disponibile agli utenti della rete INTERNET per mezzo di strumenti quali gopher e WWW è organizzata attraverso una propria topologia, determinata dai links stabiliti tra un nodo informativo e un altro. Questa topologia è flessibile e può essere modificata in ogni momento: due nodi ''lontani'' (tali cioè che il passaggio dall'uno all'altro richiederebbe un elevato numero di ''salti'') possono essere facilmente avvicinati attraverso la creazione di una nuova pagina comprendente i links opportuni: è sostanzialmente ciò che fanno i diversi programmi esistenti per la ricerca di informazioni all'interno dello spazio informativo su WWW.
L'evoluzione in corso, sia nel campo della telematica sia in quello della realtà virtuale, permette di prevedere ulteriori e rapidi cambiamenti, che renderanno la rete INTERNET − e in generale le ''autostrade dell'informazione'' − sempre più simili a uno spazio virtuale condiviso all'interno del quale sarà possibile non solo fornire e ricercare informazioni, ma anche agire e interagire in modi diversi. L'incontro tra reti telematiche e realtà virtuale sarà sempre più rilevante; il linguaggio VRML (Virtual Reality Modelling Language) costituisce un primo strumento per integrare ambienti tridimensionali alle altre risorse di rete. La versione 1.0 di VRML (1995) non consente ancora l'interazione di più utenti all'interno di tali ambienti, ma ne è previsto lo sviluppo. Un'altra tendenza già manifestatasi con evidenza è quella all'aumento delle transazioni commerciali: un numero crescente di fornitori di informazioni è interessato alla vendita di prodotti attraverso la rete, e su INTERNET iniziano ad apparire veri e propri ''negozi'' virtuali, corrispondenti a singoli nodi informativi o a reti di nodi informativi. La possibilità di utilizzare strumenti multimediali facilita la presentazione dei prodotti; nel 1994 sono stati stabiliti fra i principali operatori i primi accordi miranti alla salvaguardia della sicurezza delle transazioni in rete attraverso carte di credito, nonché alla creazione di una singola ''valuta'' utilizzabile per gli acquisti effettuati su INTERNET.
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