spazio dei moduli
In geometria algebrica gli spazi di moduli sono spazi che parametrizzano classi di isomorfismo di oggetti di tipo fissato e appaiono solitamente nella classificazione di tali oggetti. Il termine ‘moduli’ sta appunto per parametri. Esempi tipici sono gli spazi di moduli di curve di genere g maggiore o uguale a 2, di varietà abeliane, di superfici K3, di fibrati stabili su una curva, di superfici di tipo generale etc. Limitiamoci per semplicità a varietà su un campo k algebricamente chiuso. In ciascuno degli esempi precedenti è associato un problema di moduli o, più precisamente, un funtore F che associa a una varietà V su k le classi di isomorfismo di famiglie di oggetti, del tipo che vogliamo classificare, parametrizzate da V. Diremo che il problema di moduli in questione è rappresentabile o ammette uno spazio dei moduli fine se esiste una varietà M e una famiglia S sopra M tale che ogni altra, parametrizzata da una varietà V, si ottiene da S per cambiamento di base tramite un unico morfismo V→M. Per es., il funtore che associa a V le classi di isomorfismo di rette nello spazio affine n+1-dimensionale su V ammette lo spazio proiettivo ℙn come spazio dei moduli fine. Purtroppo nelle situazioni sopra menzionate gli spazi di moduli fini non esistono o meglio esistono solo aggiungendo strutture supplementari. Per es., il problema dei moduli delle curve di genere g e di grado 6(g−1) in ℙN(ℂ), con N=5g−4, 3-canonicamente immerse è rappresentabile. David B. Mumford ha introdotto dunque una nozione più debole che ovvia a tale difficoltà. Diremo che il problema di moduli in oggetto ammette una varietà M come spazio dei moduli grezzo se ogni classe di isomorfismo di una famiglia di oggetti parametrizzata da una varietà V produce un morfismo V→M cosicché M è massimale con tale proprietà e tale corrispondenza induce una biezione da F(k) ai k-punti di M. Segue che M è unico. Osserviamo che non richiediamo che M sia provvisto di una famiglia universale.